Il Segretariato per i non-cristiani, oggi
Pontificio Consiglio per il
dialogo interreligioso, fu istituito da Papa Paolo VI il 19 maggio 1964,
giorno di Pentecoste. L’ispirazione originale risale al Vaticano II, con la
visione di una Chiesa in dialogo, sempre e con tutti. A partire da ciò che
dice nel 1988 la Costituzione Pastor Bonus, la riforma più recente della
Curia Romana, nei paragrafi che riguardano i compiti affidati al Pontificio
Consiglio per il dialogo interreligioso (nn. 159 e 160) si possono distinguere
quattro elementi della sua missione:
-
fare attenzione che la via del dialogo sia praticata;
-
stabilire relazioni con persone appartenenti ad altre religioni;
-
impegnarsi negli studi, soprattutto con una visione della promozione umana;
-
assicurare la formazione di persone impegnate nel dialogo.
Le origini, lo sviluppo
Per spiegare come ciò si sia attuato, non posso non citare la figura e
l’opera dei miei predecessori. La preoccupazione del primo Presidente, il
cardinale Paolo Marella (1964-1973), fu quella di stabilire le giuste basi per
un dialogo fruttuoso. Furono chiamati esperti e con il loro aiuto venne
pubblicata un’intera serie di Linee guida sul dialogo con i buddhisti, gli
hindu, i musulmani e per l’incontro con la Religione Tradizionale Africana.
Questo andò di pari passo con la riflessione teologica e pastorale che fu
resa accessibile al pubblico attraverso un giornale fondato per questo
specifico scopo: Bulletin. Secretariatus pro Non Christianis (in seguito
rinominato Pro Dialogo).
La presidenza del cardinale Sergio Pignedoli (1973-1980) vide una grande
espansione dei contatti con i leader religiosi in diverse parti del mondo. Il
cardinale Pignedoli viaggiò per incontrarli e li incoraggiò anche a venire
in visita a Roma. Furono organizzati incontri formali sia di autorità
cattoliche sia con i rappresentanti di altre religioni, per incoraggiare nella
via del dialogo.
Il breve mandato di S.E. Mons. Jean Jadot (1980-1984) fu un periodo di
riflessione e consolidamento. La riflessione trovò la sua espressione nel
primo documento ufficiale pubblicato dal Dicastero: L’atteggiamento della
Chiesa verso i seguaci di altre religioni (1984), che colloca il dialogo
interreligioso all’interno dell’intera missione della Chiesa e trae dal
Concilio Vaticano II i fondamenti teologici per questo dialogo. Allo stesso
tempo, furono incoraggiate le Chiese locali perché stabilissero strutture
adeguate al dialogo.
Il cardinale Arinze (1984-2002) ha manifestato la propria preoccupazione per
una giusta riflessione teologica che guidasse il dialogo interreligioso, è
stato in prima linea nello stabilire una vasta rete di contatti con persone di
diverse religioni e ha mostrato una grande sensibilità per i bisogni e le
prerogative delle Chiese locali. Un aspetto ulteriore della sua azione è
stato la costante preoccupazione per la formazione al dialogo.
Il Consiglio e il dialogo, oggi
Venendo all’attuale situazione potrei dire che, dopo qualche anno in cui
sono state messe le fondamenta teologiche del dialogo, sia subentrata una
accresciuta consapevolezza della sua necessità e importanza. Il nostro mondo
ha urgente bisogno di pace. Oltre che una profonda riflessione sui modi di
condurre i rapporti internazionali fra Stato e Stato, credo che sia altresì
necessario che anche i leader religiosi siano coinvolti nel formare una
opinione pubblica favorevole alla pace, alla riconciliazione, al dialogo,
contraria alla vendetta, al ricorso alle armi, alla violenza.
È in
quest’ottica che il Consiglio per il dialogo interreligioso promuove e
partecipa a molteplici incontri che, alle volte, sono anche organizzati da
rappresentanti di altre religioni. Si sente spesso dire che coloro che sono
impegnati nel dialogo corrono il rischio di un certo irenismo o relativismo se
non addirittura di cedere al sincretismo. Questo non è certo
l’atteggiamento della Chiesa, come ci mostra lo stesso Papa Giovanni Paolo
II.
Tutte le parole e i gesti del Santo Padre ci dicono come il dialogo non si
debba attuare a scapito dell’identità cristiana. Anzi, se si è fortemente
radicati in essa, si è più liberi di incontrare gli altri senza paure e
riserve. Un ostacolo che si può incontrare sulla via del dialogo è
l’ignoranza. La conoscenza degli altri, della loro religione così come è
vissuta e percepita da loro stessi, aiuterà a commettere meno errori, a
costruire quella fiducia che è terreno indispensabile per coltivare buone e
fruttuose relazioni interreligiose. È altrettanto importante non essere
ignoranti della propria fede, perché spesso i nostri interlocutori di altre
religioni pongono domande impegnative, e non avere timore di testimoniarla con
sincerità e apertura di cuore. Negli ultimi anni, soprattutto dopo la
Giornata di Preghiera per la Pace di Assisi nel 1986, è divenuto molto
importante il contributo del laicato cattolico alla promozione del dialogo
interreligioso. Penso, ad esempio, agli incontri interreligiosi promossi ogni
anno dalla Comunità di Sant’Egidio, alle tante riunioni organizzate dal
Movimento dei Focolari, alle iniziative della Conferenza mondiale delle
religioni per la pace.
Quanto detto, anche se in maniera estremamente succinta, aiuta a comprendere
che in questi 40 anni di vita del Dicastero, c’è stata una presa di
coscienza della necessità del dialogo interreligioso e di moltiplicare le
occasioni di incontro e di scambio. In tal senso è importante rilevare anche
che sono nate tante strutture per il dialogo, quali le Commissioni episcopali,
istituti di studio e di consulenza teologico-pastorale. Ricordando che questo
Consiglio è stato istituito nel 1964, il giorno di Pentecoste, vorrei
sottolineare l’importanza dell’azione dello Spirito Santo nel mondo, nei
cuori delle persone, nel bene esistente nelle loro religioni, tradizioni e
riti. Confidando nella potenza dello Spirito Santo continuiamo sulla via del
dialogo interreligioso.
Michael L. Fitzgerald