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Illustri
Rappresentanti delle Religioni Mondiali,
Amici della città di Aachen,
Amici di ogni parte del mondo,
Stiamo vivendo un evento importante: un evento di pace. Non è
scontato che tanta gente di diverse religioni e culture si
incontri nel nome della pace. Non è scontato in questo mondo
segnato da divisioni profonde. Non è scontato di fronte a tante,
troppe guerre. Eppure è avvenuto ad Aachen. Quando guardiamo alle
incomprensioni in tante parti del mondo, ci accorgiamo come questo
evento sia prezioso. È una realtà e un impegno per il futuro.
La società dei consumi ci abitua a gettare via ogni cosa per
ricomprarla dopo. Ma l'evento di Aachen non è un oggetto, non è
qualcosa che si compra, non è qualcosa che si butta. È una
pianta cresciuta nell'arte del dialogo, che oggi da frutti di
pace. È un albero frondoso di pace, che è un segno di speranza.
E' una pianta che bisogna coltivare. Questa pianta va coltivata
nella terra della propria patria, nelle terre impoverite dalla
guerra, in quelle dei tanti conflitti e in quelle della miseria.
Questo evento è la pianta del dialogo che dà frutti di pace.
Spesso manca la pazienza per coltivare questa pianta. Manca la
tenacia, quella con cui, ogni anno, ci ritroviamo per non smettere
di dialogare, per riannodare i fili di una conversazione fraterna
che non deve essere interrotta. Ci vuole tenacia, quella dei
coltivatori della pace che sanno usare l'aratro del dialogo, uno
strumento molto antico ma sempre nuovo. E' una tenacia che nutre
un sogno perseguito da anni da parte di tutti noi: quello di
un'amicizia larga tra i popoli e tra le religioni. Un sogno? Sì,
certo; ma anche un bisogno profondo in questo mondo dove tutto
sembra vicino, ma dove siamo ancora troppo lontani.
Noi restiamo fedeli a questo sogno: senza paura di smentite, senza
cedere alla logica della violenza, senza piegarci a quella della
guerra, senza confondere il realismo con la rassegnazione. È con
la pazienza che coltiviamo la rete del dialogo, strappata da
incomprensioni secolari e da conflitti recenti. E' la pazienza di
questi giorni nell'ascoltarci e nel capirci, che ha fatto di tanti
e diversi un popolo di pace. Pazienza, tenacia, dialogo sono
valori di cui non ci vergogniamo: sono valori decisivi, se si
vuole costruire un futuro migliore. Sono strumenti di una lotta di
chi non vuole cedere al pessimismo, di chi non vuole rassegnarsi a
credere che niente può cambiare, di chi non vuole lasciare la
scena del mondo alla violenza o alla guerra.
Vogliamo costruire un futuro migliore! Questo sogno esce
confortato e non sconfitto da questi giorni. Le religioni non
debbono e non possono vivere chiuse in se stesse. In questi giorni
non sono mancate autocritiche delle religioni stesse: che abbiamo
fatto di fronte a tante guerre? Che abbiamo fatto di fronte a
tanto odio? C'è bisogno di più amore, di più pace, di più
dialogo.
Ci siamo rivolti verso il Dio unico, pregando per la pace. Ha
detto il Vescovo Mussinghoff: “Dio non è cattolico. Dio non è
evangelico. Dio non è ortodosso. Dio non è nemmeno cristiano.
Dio non è ebreo. Dio non è musulmano. Dio non è buddista... Dio
è Dio, padre di tutti gli uomini. Dio vuole che tutti gli uomini
siano salvati. Dio si preoccupa di tutti gli uomini. Dio è Dio
per tutti. È nostro padre”.
Dio, cari amici, parla di un unico destino nel mondo. Dio parla di
unità.
Il mondo si è globalizzato, ma non è unito. Troppo diviso e
lacerato. Globalizzato, ma non pacificato. Globalizzato ma non
unificato.
Il nome di Dio ha parlato di unità in questi giorni. Deve essere
un punto di arrivo per noi. Unità vuol dire pace. Pace è unità
tra gente diversa, che resta diversa, ma si comprende nello stesso
sguardo di Dio, in una visione di pace. Unità vuole dire non
lasciare cadere una parte del mondo nella miseria e
nell'abbandono. Unità vuol dire solidarietà e giustizia.
Grazie amici dell'Asia, che siete venuti da lontano e ci avete
aperto i tesori della vostra tradizione. Grazie amici africani,
che avete parlato del vostro continente mostrando quanto ha da
dare al nostro e come sia dimenticato dal mondo. Grazie amici del
Medio Oriente: con voi chiediamo pace! Grazie amici delle
Americhe, che vi siete uniti a noi, agli europei che, con i
tedeschi, ci accolgono tutti in questa nostra Europa.
Abbiamo sentito tante voci, diverse, ma non necessariamente in
conflitto. Una sinfonia di parole ed esperienze, che mostrano come
è possibile vivere in pace, che mostrano come la pace sia il
messaggio profondo delle religioni. La pianta deve ancora crescere
molto, dare frutti migliori di pace: ci lavoreremo con lo
strumento antico e attualissimo del dialogo. Non abbiamo smesso di
sognare. E' il nostro modo di costruire un mondo migliore e più
umano.
L'appello per la pace torna
su
All'inizio di questo Millennio, apertosi nel segno della speranza
e allo stesso tempo della paura, noi, uomini e donne di religioni
diverse, provenienti da tante parti del mondo, ci siamo riuniti ad
Aachen, per invocare da Dio il grande dono della pace. E' quella
pace che l'umanità troppo spesso non si sa dare.
Nel cuore dell'Europa, abbiamo guardato alle attese di pace e di
giustizia del mondo; ci siamo interrogati sulle nostre
responsabilità; abbiamo incontrato il dolore del Sud del mondo,
delle guerre dimenticate, delle vittime del terrore e della paura
che genera violenza, di un pianeta impoverito e violato da uno
sfruttamento che consuma tutto, anche il futuro comune. Siamo
stati raggiunti dalle domande dei prigionieri, di chi fin da
bambino ha conosciuto solo violenza e guerre che non finiscono
mai. Abbiamo sentito tutto intero il pessimismo che sale dal
profondo di questo nuovo secolo. Sono arrivate fino a noi le voci
e i lamenti, a volte silenziosi, di milioni di poveri senza
medicine e senza cure, senza sicurezza, senza libertà, senza
terra, senza acqua, senza diritti umani fondamentali.
Ci siamo pure chinati sulle nostre tradizioni religiose, sui libri
santi, nell'ascolto di Dio. Dio parla di pace. Abbiamo meditato e
pregato. Abbiamo sentito il bisogno di migliorare noi stessi, di
realizzare in noi la pace. Per i credenti la pace non è solo un
impegno nel mondo, ma anche un dono da cercare nel cuore.
La pace è nel profondo delle nostre tradizioni. La pace è un
nome di Dio. Abbiamo provato ad ascoltare non solo il nostro
dolore, ma anche il dolore dell'altro. E' per questo che oggi con
forza, in maniera impegnativa, scegliamo nuovamente la via
difficile del dialogo in un mondo che sembra preferire lo scontro.
Il dialogo porta alla pace. È un'arte che strappa al pessimismo
miope di chi dice che non è possibile vivere accanto all'altro e
che le ferite dei torti subiti sono una condanna all'odio per
sempre. Il dialogo è la via che può salvare il mondo dalla
guerra.
Abbiamo riscoperto l'orgoglio del dialogo. E il dialogo è
un'arte, da coltivare, per le religioni, per le culture, per chi
ha più forza e potere nel mondo. Il dialogo non è la scelta dei
paurosi, di quelli che temono di combattere. Non indebolisce
l'identità di nessuno. Provoca ogni uomo e ogni donna a vedere il
meglio dell'altro e a radicarsi nel meglio di sé. Il dialogo è
una medicina che cura le ferite e che apre all'unico destino
possibile, per i popoli e per le religioni: vivere assieme in
questo pianeta da difendere e da offrire alle generazioni che
seguono più vivibile di oggi.
A chi crede che lo scontro tra le civiltà sia inevitabile
diciamo: liberatevi da questo pessimismo opprimente, che crea un
mondo di muri e di nemici, dove diventa impossibile vivere sicuri
e in pace. L'arte del dialogo svuota, nel tempo, anche le ragioni
del terrore e toglie terreno all'ingiustizia che crea risentimento
e violenza.
A chi crede che il nome di Dio possa essere usato per odiare e
fare la guerra, per umiliare e cancellare la vita dell'altro,
diciamo: il nome di Dio è pace. Le religioni non giustificano mai
l'odio e la violenza. Il fondamentalismo è la malattia infantile
di tutte le religioni e di tutte le culture, perché rende
prigionieri di una cultura del nemico, separa dagli altri e stima
la violenza più della pace.
A chi ancora uccide, semina il terrorismo e fa la guerra in nome
di Dio ripetiamo: “Fermatevi! Non uccidete! La violenza è una
sconfitta per tutti! Discutiamo insieme e Dio ci illuminerà”.
Ad Aachen abbiamo sentito il bisogno di un'Europa capace di essere
più aperta allo Spirito. Abbiamo sentito il bisogno di un'Europa
capace di vivere con il Sud del mondo, di essere espressione di
una democrazia attenta ai diritti umani, per contribuire in
maniera decisiva al Terzo Millennio.
Da Aachen abbiamo rivolto a Dio una preghiera profonda e concorde
per la pace. Dio conceda a ogni uomo e a ogni donna, a ogni
governante la pazienza lungimirante e realista del dialogo: liberi
ognuno dall'illusione della guerra purificatrice. Dio è più
forte di chi vuole la guerra, di chi coltiva l'odio, di chi vive
di violenza.
Conceda finalmente Dio al nostro secolo il dono meraviglioso della
pace.
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