Nonostante
le difficoltà, notizie sullo svolgimento del Convegno sugli Armeni
È una grande novità, che noi rischiamo
di sottovalutare, la notizia di un convegno tenutosi in Turchia sulla
«questione armena» e quindi sul terribile genocidio consumatosi dai
primi del Novecento e culminato durante la prima Guerra Mondiale. Fu
una grande tragedia. Ma la Repubblica turca, nata dalla rivoluzione
nazionale e laica di Mustafà Kemal, ha sempre rifiutato fino a tempi
recentissimi di mettere in discussione quel «buco nero» della sua
storia.
La tragedia armena fu un problema
ascrivibile alla rivoluzione che ha portato la Turchia in Europa ai
primi del Novecento. Il vecchio sultanato ottomano non aveva infatti
difficoltà a trattare con i cristiani armeni, per quanto fosse nota
la simpatia di questi ultimi per gli scomodi vicini persiani. Del
resto, del sultanato ottomano si può dir tutto il male che si vuole:
ma non che fosse repressivo o violento nei confronti delle minoranze.
Anche i cristiani greci venivano perseguitati in quanto greci
desiderosi di indipendenza, non certo perché cristiani. Non parliamo
degli ebrei, che nei confronti del mondo turco avevano e hanno tuttora
un «feeling» storicamente radicato. Ma pure i curdi, sunniti
religiosamente parlando al pari dei turchi ma diversi da loro per
lingua ed etnia, erano non di meno fedelissimi al sultano.
Questo complesso quadro va tenuto
presente per valutare il «disgelo» oggi in atto nell'opinione
pubblica turca verso il mondo armeno, riguardo al quale, fino ad
alcuni mesi or sono, ci si rifiutava di riconoscere la storia. Fra
l'altro, va detto che l'ostinazione turca a negare il genocidio armeno
era fino a ieri sostenuta indirettamente dallo Stato di Israele.
Né è una novità che gli armeni in
Israele lamentavano una certa distrazione del governo di Tel Aviv nei
loro confronti. Anche recentemente tentativi di sottolineare il
genocidio armeno, perfino nelle nostre scuole, sono stati ostacolati
da voci di politici e di intellettuali le quali temevano, senza dubbio
a torto, che ciò avrebbe potuto equivalere a sottovalutare o a
mettere da parte il triste primato della Shoah. Preclusioni o
pregiudizi di questo genere, se mai ve ne sono stati, appaiono oggi
abbandonati.
Al suddetto congresso è finalmente
emerso il diritto della nazione armena a veder riconosciute le sue
pene e a fondare i presupposti per una grande nazione armena tra
Anatolia e Caucaso che non riguardi più soltanto il territorio della
ex-repubblica socialista armena già aderente all'Urss.
Ci vorrà molto tempo, e in particolare
la questione della ridefinizione dei confini sarà lunga e penosa: ma
questo è l'obiettivo ultimo. Intanto, si tratta di riconoscere il
peso della storia armena sulla coscienza europea in generale, turca in
particolare. E lo vogliamo dire così, perché non c'è dubbio che
dietro la decisione del governo e dell'opinione pubblica di «aprire»
sul problema armeno vi sia il problema del negoziato volto a far
entrare la Turchia in Europa, che si riaprirà il 3 ottobre.
E qui nascono molti, nuovi problemi. Il
riconoscimento dei diritti degli armeni fa parte del pacchetto di
scelte che l'Unione Europea impone alla Turchia per accettare più
decisivi passi sulla via dell'integrazione; però Ankara deve ancora
risponderci di molti suoi problemi interni, dalla pena di morte alla
repressione di certe minoranze, a certe leggi illiberali, fino
all'altra grande questione curda. Non sarà facile. Toccare il
problema curdo significa puntare il dito sull'equilibrio
vicino-orientale. Sarà possibile in tempi brevi?