"Cari fratelli e sorelle!
La luce che a Natale è brillata nella notte illuminando la grotta di
Betlemme, dove restano in silenziosa adorazione Maria, Giuseppe ed i pastori,
oggi risplende e si manifesta a tutti. L’Epifania è mistero di luce,
simbolicamente indicata dalla stella che guidò il viaggio dei Magi. La vera
sorgente luminosa, il "sole che sorge dall’alto" (Lc 1,78), è
però Cristo.
Nel mistero del Natale, la luce di Cristo si irradia sulla
terra, diffondendosi come a cerchi concentrici. Anzitutto sulla santa Famiglia
di Nazaret: la Vergine Maria e Giuseppe sono illuminati dalla divina presenza
del Bambino Gesù. La luce del Redentore si manifesta poi ai pastori di
Betlemme, i quali, avvertiti dall’angelo, accorrono subito alla grotta e vi
trovano il "segno" loro preannunciato: un bambino avvolto in fasce e
deposto in una mangiatoia (cfr Lc 2,12). I pastori, insieme con Maria e
Giuseppe, rappresentano quel "resto d’Israele", i poveri, gli anawim,
ai quali è annunciata la Buona Novella. Il fulgore di Cristo raggiunge infine
i Magi, che costituiscono le primizie dei popoli pagani. Restano in ombra i
palazzi del potere di Gerusalemme, dove la notizia della nascita del Messia
viene recata paradossalmente proprio dai Magi, e suscita non gioia, ma timore
e reazioni ostili. Misterioso disegno divino: "la luce è venuta nel
mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro
opere erano malvagie" (Gv 3,19).
Ma che cos’è questa luce? È solo una
suggestiva metafora, oppure all’immagine corrisponde una realtà? L’apostolo
Giovanni scrive nella sua Prima Lettera: "Dio è luce e in lui non ci
sono tenebre" (1 Gv 1,5); e più avanti aggiunge: "Dio è
amore". Queste due affermazioni, unite insieme, ci aiutano a meglio
comprendere: la luce, spuntata a Natale, che oggi si manifesta alle genti, è
l’amore di Dio, rivelato nella Persona del Verbo incarnato. Attratti da
questa luce, giungono i Magi dall’Oriente.
Nel mistero dell’Epifania,
dunque, accanto ad un movimento di irradiazione verso l’esterno, si
manifesta un movimento di attrazione verso il centro, che porta a compimento
il movimento già inscritto nell’Antica Alleanza. La sorgente di tale
dinamismo è Dio, Uno nella sostanza e Trino nelle Persone, che tutto e tutti
attira a sé. La Persona incarnata del Verbo si presenta così come principio
di riconciliazione e di ricapitolazione universale (cfr Ef 1,9-10). Egli è la
meta finale della storia, il punto di arrivo di un "esodo", di un
provvidenziale cammino di redenzione, che culmina nella sua morte e
risurrezione.
Per questo, nella solennità dell’Epifania, la liturgia
prevede il cosiddetto "Annuncio della Pasqua": l’anno liturgico,
infatti, riassume l’intera parabola della storia della salvezza, al cui
centro sta "il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto".
Nella liturgia del Tempo di Natale ricorre spesso, come ritornello, questo
versetto del Salmo 97: "Il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli
occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia" (v. 2).
Sono parole che la
Chiesa utilizza per sottolineare la dimensione "epifanica" dell’Incarnazione:
il farsi uomo del Figlio di Dio, il suo entrare nella storia è il momento
culminante dell’autorivelazione di Dio a Israele e a tutte le genti. Nel
Bambino di Betlemme Dio si è rivelato nell’umiltà della "forma
umana", nella "condizione di servo", anzi di crocifisso (cfr
Fil 2,6-8). E’ il paradosso cristiano. Proprio questo nascondimento
costituisce la più eloquente "manifestazione" di Dio: l’umiltà,
la povertà, la stessa ignominia della Passione ci fanno conoscere come Dio è
veramente. Il volto del Figlio rivela fedelmente quello del Padre.
Ecco
perché il mistero del Natale è, per così dire, tutto una
"epifania". La manifestazione ai Magi non aggiunge qualcosa di
estraneo al disegno di Dio, ma ne svela una dimensione perenne e costitutiva,
che cioè "i Gentili sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla
stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della
promessa per mezzo del vangelo" (Ef 3,6).
Ad uno sguardo superficiale la
fedeltà di Dio a Israele e la sua manifestazione alle genti potrebbero
apparire aspetti fra loro divergenti; in realtà, sono le due facce della
stessa medaglia. Infatti, secondo le Scritture, è proprio rimanendo fedele al
patto di amore con il popolo d’Israele che Dio rivela la sua gloria anche
agli altri popoli. "Grazia e fedeltà" (Sal 88,2),
"misericordia e verità" (Sal 84,11) sono il contenuto della gloria
di Dio, sono il suo "nome", destinato ad essere conosciuto e
santificato dagli uomini di ogni lingua e nazione. Ma questo
"contenuto" è inseparabile dal "metodo" che Dio ha scelto
per rivelarsi, quello cioè della fedeltà assoluta all’alleanza, che
raggiunge il suo culmine in Cristo. Il Signore Gesù è, nello stesso tempo e
inseparabilmente, "luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo
Israele" (Lc 2,32), come, ispirato da Dio, esclamerà l’anziano Simeone
prendendo il Bambino tra le braccia, quando i genitori lo presenteranno al
tempio. La luce che illumina le genti – la luce dell’Epifania – promana
dalla gloria d’Israele – la gloria del Messia nato, secondo le Scritture,
a Betlemme, "città di Davide" (Lc 2,4).
I Magi adorarono un
semplice Bambino in braccio alla Madre Maria, perché in Lui riconobbero la
sorgente della duplice luce che li aveva guidati: la luce della stella e la
luce delle Scritture. Riconobbero in Lui il Re dei Giudei, gloria d’Israele,
ma anche il Re di tutte le genti. Nel contesto liturgico dell’Epifania si
manifesta anche il mistero della Chiesa e la sua dimensione missionaria. Essa
è chiamata a far risplendere nel mondo la luce di Cristo, riflettendola in se
stessa come la luna riflette la luce del sole.
Nella Chiesa hanno trovato
compimento le antiche profezie riferite alla città santa Gerusalemme, come
quella stupenda di Isaia che abbiamo ascoltato poc’anzi: "Alzati,
rivestiti di luce, perché viene la tua luce… Cammineranno i popoli alla tua
luce, i re allo splendore del tuo sorgere" (Is 60,1-3). Questo dovranno
realizzare i discepoli di Cristo: ammaestrati da Lui a vivere nello stile
delle Beatitudini, dovranno attrarre, mediante la testimonianza dell’amore,
tutti gli uomini a Dio: "Così risplenda la vostra luce davanti agli
uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre
che è nei cieli" (Mt 5,16).
Ascoltando queste parole di Gesù, noi,
membri della Chiesa, non possiamo non avvertire tutta l’insufficienza della
nostra condizione umana, segnata dal peccato. La Chiesa è santa, ma formata
da uomini e donne con i loro limiti e i loro errori. È Cristo, Lui solo,
che donandoci lo Spirito Santo può trasformare la nostra miseria e rinnovarci
costantemente. È Lui la luce delle genti, lumen gentium, che ha
scelto di illuminare il mondo mediante la sua Chiesa (cfr Conc. Vat. II, Cost.
Lumen gentium, 1). "Come potrà avvenire questo?", ci chiediamo
anche noi con le parole che la Vergine rivolse all’arcangelo Gabriele. E
proprio lei, la Madre di Cristo e della Chiesa, ci offre la risposta: con il
suo esempio di totale disponibilità alla volontà di Dio – "fiat mihi
secundum verbum tuum" (Lc 1,38) - Ella ci insegna ad essere
"epifania" del Signore, nell’apertura del cuore alla forza della
grazia e nell’adesione fedele alla parola del suo Figlio, luce del mondo e
traguardo finale della storia. Così sia!"