Il patriarca ecumenico di
Costantinopoli guarda con fiducia al futuro delle relazioni tra
cattolici e ortodossi E dopo il positivo incontro in Vaticano del
giugno scorso con il Papa, spera di poterlo avere ospite a Istanbul
nel prossimo novembre. Per poter continuare il processo di
riconciliazione tra i fedeli della Chiesa che respira «a due
polmoni». «L'interruzione del dialogo dopo l'incontro di Baltimora
del 2000 non giova a nessuno. Bisogna andare avanti. Non abbiamo che
il dialogo per conoscerci, per risolvere i problemi»
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Avanti col dialogo, perché «non abbiamo che esso
per conoscerci» e «per risolvere i problemi». E «quanto più
sinceramente ci avviciniamo a Cristo, tanto più diventiamo vicini tra
di noi». La speranza è che la prossima, auspicata visita del Papa al Fanar
possa segnare «un grande passo» in questa direzione.
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A poco più di in
mese dalla sua visita in Vaticano e dalla firma della Dichiarazione
congiunta con Giovanni Paolo II, il Patriarca Ecumenico di
Costantinopoli Bartolomeo I guarda con fiducia al futuro delle relazioni
cattolico-ortodosse. Nel suo studio della sede patriarcale affacciata
sul Bosforo - dove il prossimo 30 novembre spera di poter accogliere il
Papa al quale, come promesso, a metà luglio ha rinnovato in maniera
formale l'invito a ritornare, 25 anni dopo la prima visita - in questa
intervista ad Avvenire Bartolomeo I sottolinea le «buone
intenzioni» dimostrate da Roma per risolvere i «problemi pratici» e
le «importanti novità» in campo dottrinale. Soprattutto, rileva che
se nell'ortodossia qualcuno può sembrare contro la ripresa del dialogo,
si tratta di «opinioni personali», e non «della posizione ufficiale
delle Chiese». Ed è «ottimista» che dalla prossima Commissione
interortodossa possa finalmente emergere una «linea comune» di dialogo
con Roma.
La Dichiarazione, firmata poco più di un mese
fa, e dopo nemmeno 15
giorni l'annuncio del ritorno in Russia dell'Icona di Kazan: sbaglia chi
vede in questi fatti un'accelerazione positiva nei rapporti ecumenici?
Certamente questi eventi costituiscono segnali di miglioramento nei
rapporti delle Chiese ortodossa e romano-cattolica. Credo però che
occorra andare oltre il qualificare queste relazioni come
"ecumeniche", in quanto questa definizione limita l'ampiezza
delle relazioni a un settore, quello del movimento ecumenico, che
costringe eccessivamente il concetto delle relazioni cristiane, e quasi
le imprigiona nel formalismo di una situazione "impersonale".
Dobbiamo insomma andare al di là di un termine tecnico, verso relazioni
più cordiali, più fraterne, più umane.
Fino a poco tempo fa le distanze sembravano ancora abissali. Che cosa
di nuovo è maturato in questi mesi?
Il nostro cuore è sempre stato vicino ai nostri fratelli, al nostro
prossimo, anche se ancora ci dividono questioni di fede. Su queste
differenze non sono stati ancora costruiti dei ponti, ma il dissenso non
impedisce l'amore, come anche l'amore non elimina il dissenso. Il nostro
amore è stato riscaldato, spinto dall'amore stesso, senza altri motivi
che non il desiderio dell'unione in Cristo, come augurio e come
prospettiva.
Lei ha invitato Giovanni Paolo II a tornare a Costantinopoli il
prossimo 30 novembre. Se, come tutti sperano, ciò avverrà, quali
frutti ulteriori potrà portare questa visita?
L'auspicio è che possa rassicurare i nostri fratelli romano cattolici
sulla sincerità del nostro amore e sull'ampiezza dei nostri orizzonti.
Li convincerà che, senza cancellarli, possiamo superare i nostri
dissensi e che siamo in grado di discutere senza passioni, e ancor più
direi con simpatia, senza chiusure di sorta verso i cristiani che per
ragioni storiche appartengono alla Chiesa Romano Cattolica.
Gli ultimi quindici anni di relazioni cattolico-ortodosse sono stati
resi più "faticosi" dalle questioni pratiche che dalle
divergenze dottrinali. Riguardo alle prime, partendo da Roma lei ha
riconosciuto che, su di esse, la posizione della Santa Sede è
"corretta". Pensa dunque che si sia vicino al loro
superamento?
Nelle questioni pratiche Roma ha dimostrato ultimamente buone intenzioni
verso la Chiesa Ortodossa. Si è proceduto alla restituzione di sacre
reliquie e di chiese, e si progettano nuove restituzioni di icone e di
sacre reliquie. Questi sono atti molto positivi. Tuttavia in regioni
dove esistono tensioni tra ortodossi e greco-cattolici aspettiamo che
quelle questioni siano concretamente affrontate con maggior senso di a
more e di comprensione. Purtroppo non possiamo affermare che siamo
vicini al superamento di tutte le differenze pratiche e dogmatiche,
salutiamo però con ottimismo i passi positivi nel settore
dell'appianamento delle questioni pratiche.
Negli stessi 15 anni le stesse Chiese ortodosse sono state, e ancora
sono in parte, travagliate da non pochi problemi, al loro interno e tra
di loro. Non crede che anche questi contrasti abbiano contribuito a
rendere più confuso, e dunque di fatto a ostacolare, il cammino
ecumenico?
È normale, purtroppo, che certe cose succedano. Certo, se ci fosse
stata più collaborazione tra di noi, la nostra attitudine verso il
cattolicesimo sarebbe stata più omogenea. Ma ciò, come sappiamo, non
è accaduto, e l'impossibilità di una linea comune ha sicuramente
pesato nelle relazioni con la Chiesa romano-cattolica. In autunno si
svolgerà la riunione della Commissione interortodossa, e vedremo se
c'è, come spero, questa possibilità di una linea comune.
Cosa pensa lei al riguardo?
Voglio essere ottimista. L'interruzione del dialogo dopo Baltimora (dove
nel 2000 si riunì per l'ultima volta la Commissione mista
cattolico-ortodossa, ndr) non giova a nessuno. Bisogna andare
avanti. Forse qualcuno è contro, ma si tratta di opinioni personali,
non delle posizioni delle Chiese ufficiali. Non abbiamo che il dialogo
per conoscerci, per risolvere i problemi. È l'unico mezzo. In questa
prospettiva penso che la visita del Papa possa essere un grande passo,
davvero spero che si realizzi.
All'inizio del 2004, in un'intervista, lei ha fotografato gli ultimi
decenni di dialogo ecumenico come "molto poveri in risultati
spettacolari, ma positivi nella profonda operazione interna delle
coscienze". Oggi, con il ridimensionamento dei problemi pratici e
la ripresa del confronto sul piano dottrinale, quali pensa potranno
essere i primi risultati?
I risultati dipenderanno dalla disposizione d'animo con cui ci si
incontrerà. Il disinteresse, l'amore per la verità, la fiducia, la
sincerità, la ricerca della volontà di Dio e l'abbandono della
volontà degli uomini: questi sono gli elementi necessari. Di
conseguenza, anche se non si dovessero manifestare risultati immediati,
l'importante è che nel profondo delle coscienze germogli quel seme che
più tardi produrrà il frutto dell'avvicinamento, perché quanto più
sinceramente ci avviciniamo a Cristo, tanto più diventiamo vicini tra
di noi.
Ancora sul confronto dottrinale. Quando riprenderanno concretamente i
lavori della Commissione teologica mista? E quale peso ritiene potranno
avere su di essi documenti come l'enciclica "Ut unum sint" che
su molte questioni - per esempio il primato petrino - ha aperto
prospettive inedite?
Sulla ripresa dei lavori della Commissione ancora nulla è stato
stabilito, ma pensiamo molto presto. Quanto all'enciclica
Ut unum
sint, essa è diventata oggetto di studio approfondito da parte di
importanti teologi ortodossi, e sono stati segnalati gli aspetti
positivi e quelli negativi, o quelli secondo noi ancora dubbi.
Certamente però tutti questi saranno discussi in maniera ampia e
dettagliata, e non possiamo non notare importanti novità nella
posizione della Chiesa romano-cattolica.
Europa, terrorismo, dialogo con l'islam, difesa della vita,
protezione del creato: per la Dichiarazione congiunta sono queste le
sfide che cattolici e ortodossi devono "affrontare insieme".
Quale potrà essere, secondo la sua prospettiva, il contributo originale
che verrà da questa collaborazione?
Si tratta di argomenti importanti, per ognuno dei quali è necessaria
l'informazione e il coinvolgimento della pubblica opinione, cosa che
presuppone posizioni chiare da parte delle autorità spirituali. Di
sicuro l'opinione pubblica non potrà essere convinta se dovesse
ascoltare ciascuna Chiesa sostenere punti di vista diversi. Quello che
allora dobbiamo offrire, con le nostre dichiarazioni congiunte, è
questa comunanza di intenti e di prospettive nei confronti di quei temi
fondamentali. Questa sarà l'espressione autentica della fede di tutti i
cristiani che hanno coscienza.