La “Lectio divina”
potrebbe portare una nuova primavera spirituale, suggerisce Benedetto
XVI ed esorta le Chiese a promuoverla anche con “metodi nuovi”
Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!
Porgo il mio più
cordiale saluto a tutti voi che partecipate al Congresso su: La
Sacra Scrittura nella vita della Chiesa, convocato per
iniziativa della Federazione Biblica Cattolica e del Pontificio
Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani,
nell’intento di commemorare il quarantesimo anniversario di
promulgazione della Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei
Verbum. Mi congratulo per questa iniziativa, che si riferisce ad
uno dei documenti più importanti del Concilio Vaticano II.
Saluto i Signori
Cardinali ed i Vescovi, che sono i testimoni primari della Parola di
Dio, i teologi che la invèstigano, la spiegano e la traducono nel
linguaggio odierno, i Pastori che cercano in essa le soluzioni
adeguate per i problemi del nostro tempo. Ringrazio di cuore tutti
coloro che lavorano a servizio della traduzione e della diffusione
della Bibbia, fornendo i mezzi per spiegare, insegnare e interpretare
il suo messaggio. In questo senso, un ringraziamento speciale va alla
Federazione Biblica Cattolica per la sua attività, per la pastorale
biblica che promuove, per l’adesione fedele alle indicazioni del
Magistero e per lo spirito aperto alla collaborazione ecumenica in
campo biblico. Esprimo la mia profonda gioia per la presenza al
Congresso dei «Delegati Fraterni» delle Chiese e Comunità
ecclesiali d’Oriente e d’Occidente e saluto con cordiale deferenza
gli intervenuti in rappresentanza delle grandi Religioni del mondo.
La Costituzione
dogmatica Dei Verbum, della cui elaborazione fui testimone
partecipando in prima persona come giovane teologo alle vivaci
discussioni che l’accompagnarono, si apre con una frase di profondo
significato: “Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans,
Sacrosancta Synodus ...”. Sono parole con le quali il Concilio
indica un aspetto qualificante della Chiesa: essa è una comunità che
ascolta ed annuncia la Parola di Dio. La Chiesa non vive di se stessa
ma del Vangelo e dal Vangelo sempre e nuovamente trae orientamento per
il suo cammino. È una annotazione che ogni cristiano deve raccogliere
ed applicare a se stesso: solo chi si pone innanzitutto in ascolto
della Parola può poi diventarne annunciatore. Egli infatti non deve
insegnare una sua propria sapienza, ma la sapienza di Dio, che spesso
appare stoltezza agli occhi del mondo (cfr 1 Cor 1, 23).
La Chiesa sa bene che
Cristo vive nelle Sacre Scritture. Proprio per questo - come
sottolinea la Costituzione - essa ha sempre tributato alle Divine
Scritture una venerazione simile a quella riservata per il Corpo
stesso del Signore (cfr DV 21). Proprio in considerazione di
questo, giustamente asseriva san Girolamo, citato dal documento
conciliare, che l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo (cfr
DV 25).
Chiesa e Parola di Dio
sono tra loro inscindibilmente legate. La Chiesa vive della Parola di
Dio e la Parola di Dio risuona nella Chiesa, nel suo insegnamento e in
tutta la sua vita (cfr DV
8). Perciò l’Apostolo Pietro ci ricorda che «nessuna Scrittura
profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà
umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono
quegli uomini da parte di Dio» (2 Pt 1, 20).
Siamo grati a Dio che
in questi ultimi tempi, grazie anche all’impulso impresso dalla
Costituzione dogmatica Dei Verbum, é stata più profondamente
rivalutata l’importanza fondamentale della Parola di Dio. È
derivato da ciò un rinnovamento nella vita della Chiesa, soprattutto
nella predicazione, nella catechesi, nella teologia, nella spiritualità
e nello stesso cammino ecumenico. La Chiesa deve sempre rinnovarsi e
ringiovanire e la Parola di Dio, che non invecchia mai né mai si
esaurisce, è mezzo privilegiato a tale scopo. È infatti la Parola di
Dio che, per il tramite dello Spirito Santo, ci guida sempre di nuovo
alla verità tutta intera (cfr Gv 16, 13).
In questo contesto,
vorrei soprattutto evocare e raccomandare l’antica tradizione della Lectio
divina:(1) l’assidua lettura
della Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera realizza
quell’intimo colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e,
pregando, Gli si risponde con fiduciosa apertura del cuore (cfr DV
25). Questa prassi, se efficacemente promossa, recherà alla Chiesa -
ne sono convinto - una nuova primavera spirituale. Quale punto fermo
della pastorale biblica, la Lectio divina va perciò
ulteriormente incoraggiata, mediante l’utilizzo anche di metodi
nuovi, attentamente ponderati, al passo con i tempi. Mai si deve
dimenticare che la Parola di Dio é lampada per i nostri passi e luce
sul nostro cammino (cfr Ps 118/119, 105).
Nell’invocare la
benedizione di Dio sul vostro lavoro, sulle vostre iniziative e sul
Congresso al quale partecipate, mi unisco all’auspicio che vi anima:
Che la Parola del Signore corra (cfr 2 Tes 3, 1)
fino agli estremi confini della terra, affinché mediante l’annuncio
della salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri,
sperando ami (cfr DV
1). Grazie di cuore !
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(1) Anche
se la lettura orante della Bibbia risale agli inizi del cristianesimo,
il primo ad utilizzare l’espressione “Lectio divina” è stato il
teologo Origene (circa 185-254), che affermava che per leggere la
Bibbia con profitto è necessario farlo con attenzione, costanza e
preghiera. In seguito la “Lectio divina” è diventata la colonna
vertebrale della vita religiosa. Le regole monastiche di Pacomio,
Agostino, Basilio e Benedetto avrebbero fatto di questa pratica,
insieme al lavoro manuale e alla liturgia, la triplice base della vita
monastica. La sistematizzazione della “Lectio divina” in quattro
gradini proviene dal XII secolo. Verso l’anno 1150 Guido, un monaco
certosino, scrisse un libretto intitolato “La scala dei monaci”,
in cui esponeva la teoria dei quattro gradini: lettura, meditazione,
preghiera e contemplazione. “Questa – affermava – è la scala
attraverso la quale i monaci salgono dalla terra in cielo”.