Erdogan
sostiene il gesto di dialogo. Politici e giornalisti del suo partito
temono “la vaticanizzazione della Turchia”.
La
Turchia conferma i preparativi per la visita del Papa
Antiochia. S.Pietro (clicca
per ingrandire)
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Il Nunzio di
Ankara, Edmond Farhat, ha caldeggiato la presenza di Papa
Benedetto XVI in Turchia per un Simposio internazionale dal
titolo “Incontro di civiltà”, che si terrà dal 25 al 30
settembre ad Antiochia, nella regione dell’Hatay.
L’incontro è promosso dal Prefetto Abdulkadir Sari, insieme
al sindaco di Antiochia e ad altre rappresentanze civili e
religiose musulmane.
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Esso vuole incentivare
la pace e il dialogo tra le civiltà e le religioni, possibili solo
attraverso la conoscenza reciproca e il rispetto. Almeno 170
personalità da varie parti del mondo sono invitati al Simposio.
La regione dell’Hatay
- con capoluogo Antiochia - si stende nell’estremo
sud della Turchia, a confine con la Siria (a cui apparteneva fino al
1939) . La zona è famosa perché là le tre religioni monoteiste
(Islam, cristianesimo, ebraismo) convivono in pace, tanto da essere
candidata all’Unesco come “Regione del dialogo”.
Il premier Recep Tayyip
Erdogan – che appartiene al Partito Islamico Turco (AKP) - ha
appoggiato con soddisfazione l’iniziativa, sostenendo che la regione
dell’Hatay è “un esempio importante” per lanciare
un messaggio positivo all’Europa. “Ogni sforzo in questa direzione
– ha detto – va incoraggiato ed emulato”.
Ma non tutti, anche
all’interno del Partito del premier Erdogan, condividono la stessa
opinione. Alcuni deputati dell’AKP
-
rappresentanti dell’Hatay - hanno cercato di ostacolare l’
iniziativa e di metterla in cattiva luce con false accuse di
proselitismo.
La notizia è finita
subito sulla prima pagina del quotidiano nazionale Milliyet,
con l’esclamazione diffamatoria di Fuat Gecen: “l’Hatay si sta
Vaticanizzando”. Sì, secondo questo politico islamico sotto l’uso
della parola pace, si nasconde l’intenzione di vaticanizzare la
gente: “Dicono pace, dialogo, ma l’intenzione è danneggiarci”,
ha affermato, ripetendo il solito ritornello: “la Chiesa aiuta i
poveri, dà i soldi agli studenti bisognosi perché cambino religione.
Le conversioni giorno dopo giorno aumentano sempre di più” e ha
auspicato che si prendano seri provvedimenti contro queste azioni
“missionarie”.
Immediata la replica,
giunta non tanto dai cristiani, ma da politici e personalità turche
che non vogliono si confonda ideologie e religioni.
Mehmet Soydan,
anch’esso deputato regionale AKP, ha messo a tacere il suo collega
sostenendo che ognuno prima di tutto è tenuto ad agire e a vivere
sempre il proprio credo, nel rispetto e nella stima degli altri e chi
ha da dire sull’operato della Chiesa e sulla sua espansione, si
preoccupi prima di conoscere l’agire dei membri della propria
religione e aiuti a migliorare la vera conoscenza e un autentico
studio del Corano. Tutti devono preoccuparsi di costruire la pace e di
vivere in essa piuttosto che farsi guerra. “In Europa – ha
proseguito Soydan, sul quotidiano – i turchi musulmani vivono
nella libertà di professare il proprio credo, non sia mai che proprio
noi proibiamo agli altri la loro fede, del resto fin dai tempi remoti,
nel nostro Paese le tre religioni monoteiste hanno convissuto
insieme”.
Dello stesso parere
anche Ismail Soylu, altro deputato islamico dell’Hatay, che ha
aggiunto: “Giudeo, cristiano, musulmano che sia,
l’importante è che ogni persona sia prima di tutto ritenuta un
essere umano. Affermare, inoltre, che nell’Hatay i musulmani sono
fatti cristiani è una grossa bugia. Non è vero: ognuno è
semplicemente invitato a vivere secondo la propria fede, nel rispetto
reciproco”.
E lo scopo del I
Simposio Interreligioso ad Antiochia è proprio questo. Voluto e
organizzato, per la prima volta in assoluto, da musulmani.
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[Fonte: AsiaNews 3 settembre
2005]
La Turchia conferma
i preparativi per la visita del
Papa
torna su
Città del Vaticano -
Si rafforzano le possibilità che Benedetto XVI possa veder realizzato
il suo desiderio di recarsi in visita in Turchia. Il governo turco ha
infatti reso noto ufficialmente che sono in corso trattative col
Vaticano per definire i termini del viaggio papale che dovrebbe
svolgersi tra il 28 ed il 30 novembre (gli stessi giorni, 26 anni
dopo, della visita di Giovanni Paolo II), anche se di date ancora non
si è parlato.
Nei giorni scorsi il
cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la
promozione dell’unità dei cristiani, aveva detto che il Papa “ha
intenzione di recarsi in Turchia” per visitare il Patriarcato
ecumenico. C'è, aveva specificato, l'invito del patriarcato, manca
l'autorizzazione del governo, ma "la stiamo aspettando".
L’invito da parte di
Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, c’è
praticamente dal giorno dell’elezione dell’attuale papa e, a
quanto si sa, dovrebbe riguardare una data che comprende il 30
novembre, giorno della festa di Sant'Andrea, l'apostolo considerato il
fondatore di quella Chiesa.
Per ciò che riguarda
il governo turco, oggi un comunicato del Ministero degli esteri
afferma che “sono in corso lavori sulle date della visita” e che
“la Turchia dà grande importanza alla questione del viaggio di
Benedetto XVI”. Il ministero ha anche smentito un’informazione
data dal giornale turco Radikal, secondo il quale il Papa avrebbe
espresso il desiderio di potersi recare a pregare, ad Istanbul, in
Santa Sofia, oggi moschea, un tempo chiesa cristiana. In questo
stadio, ha precisato, “non è stato deciso alcun particolare della
visita”.
Quanto a Benedetto XVI,
all’origine del suo desiderio di recarsi dal primo, anche se solo
“in onore” dei patriarchi ortodossi trova la sua ragione nella sua
volontà di far progredire il cammino ecumenico, che ha posto tra gli
impegni fondamentali dell’intero pontificato.
Non ci si nascondono,
però, preoccupazioni di sicurezza. La stampa turca ha molto
sottolineato alcune affermazioni dell’allora cardinale
Ratzinger non particolarmente favorevole all’ingresso del Paese
nella Ue, il che gli è valso talora una qualifica di “nemico”. In
Occidente, invece, qualcuno ha già ricordato che in occasione della
visita in Turchia di Giovanni Paolo II ci fu un uomo, condannato per
omicidio, che dall’interno del carcere lo minacciò di morte. Si
chiamava Ali Agca.
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[Fonte: AsiaNews 10 settembre 2005]