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L’islam è un tema sul quale, negli
anni, Joseph Ratzinger ha scritto poco. Ma è un tema che gli è ben
presente, tanto più da quando è divenuto papa. Lo scorso settembre,
a Castelgandolfo (vedi foto), egli ha dedicato proprio all'Islam due
giornate di studio a porte chiuse.
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Dell’incontro, con
due
esperti islamologi ed un gruppo di suoi ex allievi di teologia, era trapelata la notizia. Ma fino allo scorso 5
gennaio nulla si sapeva di ciò che vi si era detto.
Il 5 gennaio, però, uno degli ex allievi di Ratzinger che hanno
partecipato all’incontro, il gesuita americano Joseph Fessio,
rettore della Ave Maria University di Naples in Florida e fondatore
dell’editrice Ignatius Press, ne ha fornito un ampio resoconto in
uno dei più ascoltati talk show radiofonici degli Stati Uniti: Hugh
Hewitt Show.
Nell’intervista, padre Fessio ha riferito anche il pensiero espresso
dal papa nel corso della discussione. A suo giudizio, Benedetto XVI
riterrebbe inconciliabili l’islam e la democrazia.
Tuttavia, interpellato da www.chiesa, un altro dei partecipanti
all’incontro, Samir Khalil Samir, gesuita egiziano, professore di
islamologia all’Université Saint-Joseph di Beirut e al Pontificio
Istituto Orientale di Roma, ha dato una diversa interpretazione del
pensiero del papa. A giudizio di padre Samir, Benedetto XVI riterrebbe
sì molto difficile conciliare islam e democrazia, ma non impossibile.
Intervenendo nella discussione, il papa avrebbe proprio voluto
spiegare le ragioni di questa difficoltà.
L’incontro dello scorso settembre a Castelgandolfo è stato
l’ultimo di una serie di incontri di Ratzinger con suoi ex allievi,
uno all’anno.
I primi furono quando Ratzinger era professore di teologia a Ratisbona.
Divenuto arcivescovo di Monaco, lo pregarono di continuare ed egli
accettò. Lo stesso avvenne quando si trasferì a Roma come prefetto
della congregazione per la dottrina della fede. Gli incontri duravano
un finesettimana e avvenivano di solito in un monastero. Al termine
dell’incontro del 2004 i partecipanti si lasciarono con già fissato
il tema dell’anno seguente: l’islam, o più precisamente, il
concetto islamico di Dio. Già fissati erano anche i due esperti che
avrebbero introdotto la discussione: padre Samir Khalil Samir e un
altro gesuita islamologo, Christian Troll, tedesco.
Nella primavera del 2005, eletto Ratzinger papa, i suoi ex allievi
pensarono che la cosa sarebbe finita. Ma non fu così. Benedetto XVI
disse loro che ci teneva moltissimo a continuare. Il che sta
avvenendo. Per l’incontro del 2006 il tema sarà il rapporto tra
cristianesimo e scienza.
Ecco dunque i passaggi centrali del resoconto radiofonico di padre
Joseph Fessio, intervistato da Hugh Hewitt:
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”E il Santo Padre, con la sua calma beata ma con
nettezza, disse...”
Da: The Hugh Hewitt Show, 5 gennaio 2006
JF: La relazione introduttiva di padre Troll fu molto interessante. La
basò su uno studioso musulmano del Pakistan di nome Rashan, per vari
anni professore all’Università di Chicago, e la posizione di Rashan
era che l’islam può entrare in dialogo con la modernità, ma solo
se reintepreta radicalmente il Corano, e prende la specifica
legislazione del Corano, come il taglio della mano per i ladri, o
l’avere quattro mogli, o altre cose, e coglie i principi sottostanti
a queste specifiche norme che risalgono all’Arabia del VII secolo, e
li applichiamo oggi, e li modifichiamo, per una nuova società in cui
le donne sono rispettate nella loro piena dignità, in cui la
democrazia ha rilevanza, la libertà religiosa ha rilevanza, e così
via. E se l’islam fa questo, allora sarà in grado di entrare in
dialogo effettivo e di vivere con le altre religioni e gli altri tipi
di cultura.
HH: Era ottimista? Pensava che ciò possa accadere?
JF: Lui lo era. Ma è interessante notare che in tutti i seminari che
ricordo Joseph Ratzinger, padre Ratzinger, ha sempre lasciato che gli
studenti parlassero. Se interveniva, lo faceva alla fine. Invece
questa è stata la prima volta, a mia memoria, in cui egli è
intervenuto subito. E io sono ancora scosso dal suo intervento, tanto
è stato poderoso.
HH: E che cosa ha detto il papa?
JF: La tesi, dunque, che era stata proposta da padre Troll era che
l’islam può entrare nel mondo moderno se il Corano è
reinterpretato prendendo la specifica legislazione e ritornando ai
principi, e poi adattando questo ai nostri tempi, specialmente alla
dignità che noi riconosciamo alle donne e che è arrivata attraverso
il cristianesimo, naturalmente. E subito il Santo Padre, con la sua
calma beata ma con nettezza, disse che questo pone un fondamentale
problema, poiché, disse, nella tradizione islamica Dio ha dato la sua
parola a Maometto, ma è una parola eterna. Non è parola di Maometto.
È così com'è per sempre, è sempre uguale. Non c’è possibilità
di adattarla o di interpretarla, mentre invece nel cristianesimo,
nell’ebraismo, la dinamica è completamente differente, è Dio che
agisce attraverso le sue creature. E quindi non è solo la parola di
Dio, è la parola di Isaia. Non è solo la parola di Dio, ma è la
parola di Marco. Dio ha fatto uso delle sue creature e le ha ispirate
a dire la sua parola al mondo, e quindi ha stabilito una Chiesa nella
quale egli dà l’autorità ai suoi seguaci di trasmettere la
tradizione e di interpretarla. C’è un’intima logica nella Bibbia
cristiana, che permette ciò e richiede che sia adattato e applicato
alle nuove situazioni. Io sono stato... Vorrei proprio saper dire
questo con la calma e la bellezza con cui lui si espresse, ma lui è
il papa e io no, vero? Questa è una delle ragioni. Una fra tante, ma
il suo vedere questa distinzione tra il Corano che è visto come
qualcosa che scende dal cielo e che non può essere adattato o
applicato, e la Bibbia che è una parola di Dio che arriva attraverso
una comunità umana, ecco, questo mi ha davvero scosso.
HH: E allora è corretto descriverlo come pessimista circa la
prospettiva di una modernità che si adatti all’islam nel modo in
cui la modernità s’è adattata al cristianesimo?
JF: Beh, direi al contrario.
HH: Sì. Intendo questo.
JF: Appunto, che il cristianesimo possa adattarsi alla modernità come
ha fatto... come gli ebrei fecero con l’Egitto o i cristiani fecero
con la Grecia. Poiché noi possiamo prendere ciò che lì è buono e
possiamo elevarlo attraverso la rivelazione di Cristo nella Bibbia. Ma
l’Islam è bloccato. È bloccato a un testo che non può essere
adattato, o nemmeno interpretato appropriatamente.
HH: E quindi il papa è pessimista sul cambiamento, poiché esso
richiederebbe una radicale reinterpretazione di ciò che il Corano è?
JF: Appunto, cioè non è possible per niente, poiché va contro la
vera natura del Corano, così come inteso dai musulmani.
HH: E dunque, anche quel processo dialettico che è stato la Riforma
non è possibile nell’islam?
JF: No. E poi una seconda cosa che egli non disse, ma che io avrei
detto, avrei potuto dire in quel momento... e questo da un punto di
vista cattolico, è che non c’è nessuno che interpreti il Corano
ufficialmente. La Chiesa cattolica ha un interprete ufficiale, che è
il Santo Padre con i vescovi.
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Dunque, stando al resoconto di padre Fessio, Benedetto XVI
giudicherebbe l’islam incompatibile con la democrazia.
Stando invece a un altro partecipante al medesimo incontro, l’islamologo
gesuita Samir Khalil Samir, il papa sarebbe meno pessimista.
Riterrebbe possibile l’incontro tra islam e democrazia, ma “a
condizione di una radicale reinterpretazione del Corano e della
concezione stessa della rivelazione divina”.
Nel secondo giorno del colloquio di Castelgandolfo, intervenendo come
esperto, padre Samir sviluppò proprio questo aspetto della questione.
La disputa non è solo teorica. L’una o l’altra interpretazione ha
forti riflessi anche geopolitici. La complessiva strategia americana
in Iraq e nel Grande Medio Oriente è fondata proprio sulla possibilità
che in quelle regioni musulmane nasca e cresca la democrazia.
E così il futuro dei milioni di immigrati musulmani in Europa. Un
islam conciliato con la democrazia ne consente l’integrazione. Un
islam incapace di distinguere tra Dio e Cesare li trattiene in stato
di “alienazione”.
È quanto scrisse anni fa Ratzinger in uno dei suoi rari commenti
sull’islam, in tre pagine del libro-intervista “Il sale della
terra”, pubblicato in Germania nel 1996, negli Stati Uniti l’anno
seguente – per i tipi dell’Ignatius Press, l’editrice di padre
Joseph Fessio – e in Italia nel 2005 dalle Edizioni San Paolo.
È il brano riportato qui sotto. Da leggersi con l’avvertenza che da
quando fu scritto sono passati quasi dieci anni densissimi di
avvenimenti e di ulteriori riflessioni:
“La shari’a plasma una società da cima a
fondo...”
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:.
di Joseph Ratzinger
Anzitutto, si deve ricordare che l’islam non è una grandezza
unitaria, non ha nemmeno un’istanza unitaria, perciò il dialogo con
l’islam non è sempre un dialogo con determinati gruppi. Nessuno può
parlare a nome di tutto l’islam, che non ha un magistero dottrinale
comune. Indipendentemente dalle divisioni tra sunniti e sciiti, esso
si presenta anche in diverse varianti. C’è un’islam “nobile”
rappresentato ad esempio dal re del Marocco, e c’è quello
estremista e terrorista, che però non deve neppure essere
identificato con l’islam in generale, poiché gli si farebbe
comunque torto.
È importante chiarire che l’islam pensa e organizza in maniera
completamente diversa i rapporti tra società, politica e religione.
Se oggi si discute in Occidente della possibilità di facoltà
teologiche islamiche o del concetto di islam come ente di diritto
pubblico, si presuppone allora che tutte le religioni siano ovunque
strutturate in modo uguale; che esse si adattino tutte a un sistema
democratico, con i suoi ordinamenti e i suoi spazi di libertà,
garantiti proprio da questi stessi ordinamenti. Tutto questo, però,
appare in contraddizione con l’essenza stessa dell’islam, che non
conosce affatto la separazione tra la sfera politica e quella
religiosa, che il cristianesimo portava in sé fin dall’inizio. Il
Corano è una legge religiosa che abbraccia tutto, che regola la
totalità della vita politica e sociale e suppone che tutto
l’ordinamento della vita sia quello dell’islam. La shari’a
plasma una società da cima a fondo. Di conseguenza l’islam può
sfruttare tali libertà, concesse dalle nostre costituzioni, ma non può
porre tra le sue finalità quella di dire: sì, ora siamo anche noi
ente di diritto pubblico, ora siamo presenti come i cattolici e i
protestanti. A questo punto esso non ha ancora raggiunto pienamente il
suo vero scopo, si trova ancora in una fase di alienazione.
Diversamente dai nostri modelli, l’islam pensa la realtà della vita
e della società in maniera assolutamente totalizzante, esso abbraccia tutto e il suo ordinamento della vita è diverso dal
nostro. Esiste un chiaro assoggettamento della donna all’uomo, come
anche un ordinamento del diritto penale e delle relazioni sociali
molto rigido e opposto ai nostri moderni concetti di società. Deve
esserci chiaro che non si tratta di una confessione come tante altre,
e non si inserisce nello spazio di libertà della società
pluralistica. Se lo si presenta così, come oggi talvolta capita,
l’islam è declinato secondo un modello cristiano e non è visto
nella sua vera essenza. Perciò il problema del dialogo con l’islam
è naturalmente molto più complicato di quanto avvenga nel dialogo
tra cristiani.
Il rafforzamento mondiale dell’islam è un fenomeno che presenta
vari aspetti. Da una parte vi concorrono degli aspetti finanziari. Il
potere finanziario raggiunto dai paesi arabi permette loro di
costruire dappertutto grandi moschee e di assicurare una presenza di
istituzioni culturali musulmane. Questo però è sicuramente solo un
fattore. l’altro è una identità rafforzata ed una nuova
autocoscienza.
Nella situazione culturale del secolo XIX e dell’inizio del secolo
XX, dunque fino agli anni Sessanta, la superiorità dei paesi
cristiani era militarmente, politicamente, industrialmente e
culturalmente così significativa, che l’islam era confinato in
secondo piano e le civiltà di tradizione cristiana si potevano
configurare come la potenza vittoriosa della storia mondiale. Poi è
sopravvenuta la grande crisi morale del mondo occidentale, che è poi
il mondo cristiano. Di fronte alle profonde contraddizioni
dell’Occidente e alla sua confusione interiore – di fronte alla
quale contemporaneamente si sviluppava una nuova potenza economica dei
paesi arabi – si è risvegliata l’anima islamica: siamo noi che
abbiamo una identità migliore, la nostra religione resiste, voi non
ne avete più nessuna.
Oggi sono proprio questi i sentimenti del mondo musulmano: i paesi
occidentali non sono più in grado di portare nessun messaggio di
carattere morale, hanno da offrire al mondo solo know-how; la
religione cristiana ha abdicato, non esiste più come religione; i
cristiani non hanno più morale né fede, ci sono solo i resti di
qualche moderna idea illuministica; noi abbiamo la religione che
resiste.
Così i musulmani hanno ora la consapevolezza che l’islam, alla
fine, è davvero rimasto sulla scena come la religione più vitale,
che essi hanno da dire al mondo qualcosa e che sono dunque la vera
forza religiosa del futuro. Prima la shari’a e tutto il resto erano
usciti di scena, ora c’è il nuovo orgoglio. Così si è risvegliato
un nuovo entusiasmo, una nuova intensità nel voler vivere l’islam.
Questa è la sua grande forza: abbiamo un messaggio morale, che è
ininterrotto dall’epoca dei profeti, e diremo al mondo come si può
vivere, i cristiani non lo possono più fare. Con questa forza
interiore dell’islam, che sta affascinando anche gli ambienti
accademici, dobbiamo sicuramente confrontarci.
Il libro da cui è stato tratto il brano:
Joseph Ratzinger, “Il sale della terra. Cristianesimo e Chiesa
cattolica nel XXI secolo”, un colloquio con Peter Seewald, Edizioni
San Paolo, Cinisello Balsamo, 2005, pp. 330, euro 18,00.
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Castelgandolfo
rivisitato. I gesuiti accorrono in difesa del papa
Padre Fessio dà
ragione ai confratelli Troll e Samir. E insieme testimoniano che per
Benedetto XVI l’islam è riformabile e può accordarsi con la
modernità. Ma a caro prezzo
Poche ore dopo la messa in rete del precedente servizio di www.chiesa
su Benedetto XVI e l’islam, il contrasto d’interpretazioni circa
il pensiero del papa si è appianato.
Il contrasto verteva sulla riformabilità dell’islam, e di
conseguenza sul rapporto tra l’islam e la modernità.
Il gesuita americano Joseph Fessio – che assieme ad altri ex
allievi di Joseph Ratzinger aveva partecipato, lo scorso settembre a
Castelgandolfo, a un incontro di studio col papa sul concetto di Dio
nell’islam – aveva riferito in un’intervista radiofonica del 5
gennaio che, in quell’incontro, il papa aveva definito
inconciliabili islam e modernità.
Ma altri partecipanti all’incontro, i gesuiti islamologi Christian
W. Troll, tedesco, e Samir Khalil Samir, egiziano, avevano dato una
diversa versione del pensiero del papa. Stando alla loro
testimonianza, Benedetto XVI aveva giudicato sì molto difficile
conciliare islam e modernità, ma non impossibile.
Negli Stati Uniti, il drastico giudizio del papa sull’irreformabilità
dell’islam – così come inizialmente riferito da padre Fessio
– non è passato inosservato. È stato vivacemente discusso sui
forum online di “Asia Times” e “National Review”, e
commentato da due celebri columnist: Daniel Pipes su “The New York
Sun” del 17 gennaio e Diana West su “The Washington Times” del
20 gennaio.
Scarsa attenzione, invece, è stata data all’altra versione,
quella dei padri Troll e Samir.
Che però era la versione che riferiva più correttamente il
pensiero del papa.
Come lo stesso padre Fessio ora riconosce.
In una lettera del 20 gennaio a “The Washington Times” e in un
messaggio del 23 gennaio a www.chiesa, padre Fessio ammette di aver
“riferito male ciò che il Santo Padre effettivamente disse”.
Riconosce che “la messa a punto di Samir Khalil Samir è accurata”.
E spiega:
“La più importante chiarificazione [che intendo fare] è che il
Santo Padre non ha detto, né io ho detto, che ‘l’islam è
incapace di riforma’. [...] Ho fatto un serio errore di precisione
quando ho detto che il Corano ‘non può essere adattato o
applicato’ e che ‘non c’è possibilità di adattarlo o
interpretarlo’. Questo è certamente ciò che il Santo Padre non
ha detto. Sicuramente il Corano può essere ed è stato interpretato
e applicato. Ho fatto una sintesi (troppo) sbrigativa della
distinzione che il Santo Padre ha fatto tra il dinamismo interiore
del Corano come testo divino consegnato come tale a Maometto, e
quello della Bibbia che è sia parola di Dio sia parola di uomini
ispirati da Dio, dentro una comunità che contiene interpreti
autorizzati divinamente nominati (i vescovi in comunione col papa)”.
Padre Fessio aggiunge d’essere incorso anche in incomprensioni di
linguaggio:
“L’incontro del Santo Padre con i suoi ex allievi era informale.
L’introduzione e la discussione erano in tedesco e il Santo Padre
non parlava su un testo preparato. Il mio tedesco è passabile, ma
non interamente affidabile. I miei successivi commenti in un’intervista
radiofonica in diretta furono estemporanei. Penso di aver
parafrasato il Santo Padre con una complessiva fedeltà, ma l’aver
riferito da parte mia ciò che egli disse è stata una mancanza di
discrezione, e le mie parafrasi improvvisate in un’altra lingua
non dovrebbero essere usate per una accurata esegesi del pensiero
del Santo Padre”.
Insomma:
“Vorrei che siano rimesse le cose al giusto posto e che sia
evitata una difficoltà non necessaria al Santo Padre. La verità è
sempre cruciale, ma specialmente qui dove la posta in gioco è così
alta. Sono dispiaciuto di aver oscurato la verità con i miei non
chiari commenti”.
__________________________
Il 17 gennaio è intervenuto a chiarire il pensiero del papa anche
padre Troll, con una lettera a Daniel Pipes.
Eccola qui di seguito:
“Ho preso parte al seminario di cui parla padre Fessio e mi è
capitato di essere la persona che ha tenuto la relazione
introduttiva su Fazlur Rahman, da lui citata.
“Posso solo dire che le parole riportate del Santo Padre, tra l’altro,
mettono a fuoco il ben noto punto di differenza essenziale tra la
teologia classica musulmana e quella cattolica, concernente la
parola di Dio e la rivelazione/ispirazione. Esso suggerisce anche
che il pensiero teologico musulmano deve tener conto del peso delle
sue profondamente radicate convinzioni di fede e della visione
teologica cui continua a dar forma.
“Comunque assolutamente non ricordo che il Santo Padre abbia detto
le parole riportate alla fine di un paragrafo della nota di D. Pipes,
‘The Pope and the Koran’, secondo cui ‘non c’è possibilità
di adattarlo o di interpretarlo’.
“Il Santo Padre è abbastanza bene informato per sapere che sono
esistite ed esistono tuttora, probabilmente in crescita, altre
interpretazioni della realtà coranica in rapporto a una teologia
della rivelazione. Queste visioni e ricerche musulmane, sembra, non
informano (ancora?) il pensiero e la ricerca di un considerevole
movimento od organizzazione islamica – e non sappiamo quali futuri
problemi si prospettino a questo riguardo – ma esistono e sono
vivacemente discusse in molti luoghi, sia nell’accademia che
fuori.
“Un dibattito aperto su queste materie non sembra ancora possibile
nel mondo arabo, ma la società turca e quella indonesiana
consentono uno spazio relativamente maggiore per esporre e discutere
simili idee, e i paesi cosiddetti occidentali offrono anche più
spazio.
“Recentemente ho pubblicato il saggio ‘Progressives Denken im
Zeitgenössischen Islam’ (‘Rassegna critica sul pensiero
progressista nell’islam contemporaneo’) nel numero 4 di ‘Islam
und Gesellschaft’, che esamina questo pensiero religioso. L’originale
tedesco e la traduzione inglese possono essere richiesti a Franziska
Bongartz, Friedrich-Ebert-Stiftung. D-10785 Berlin, Hiroshimastr.
17, e-mail: Franziska.Bongartz@fes.de”.
____________________
Infine, il 24 gennaio, è pervenuta a www.chiesa la seguente
chiarificazione da parte del professor Stephan Horn, tedesco,
salvatoriano, coordinatore del Ratzinger-Schülerkreis, ossia del
circolo degli ex allievi dell’attuale papa:
“Caro Sandro Magister, a proposito dell’incontro privato (non
segreto) del Ratzinger-Schülerkreis col Santo Padre, confermo la
correzione che padre Joe Fessio ha inviato al direttore del
Washington Times. Anche il vostro servizio ‘Islam e democrazia”
ha bisogno di una correzione. L’argomento dell’incontro non era
‘Islam e democrazia’. Parlando dell’intervento del prof. Troll,
padre Fessio si richiamò alle tesi proposte da un teologo musulmano
per spiegare il Corano al moderno mondo occidentale. Nel far questo,
padre Fessio spiegò la cosa agli ascoltatori di The Hugh Hewitt
Show usando anche la parola ‘democrazia’. Egli fece riferimento
a un intervento fatto dal Santo Padre che in realtà riguardava un
tema teologico: la differenza del concetto di rivelazione nel Corano
e nella rivelazione cristiana. Così l’articolo dà ai lettori un’impressione
erronea riguardo al pensiero del Santo Padre. Il rispetto per il
Santo Padre e per la verità mi obbliga ad offire questa correzione
della presentazione da voi fatta, a nome del Ratzinger-Schülerkreis”.
_______________________
In più, hanno
inviato a www.chiesa dei commenti su tali questioni Gerald E. Nora
dagli Stati Uniti e Stefano Ceccanti dall’Italia.
Nora – che insegna diritto alla Loyola University di
Chicago – sottolinea che “è importante distinguere i differenti
contesti delle distinte affermazioni del papa sull’islam. L’intuizione
del papa che l’islam ha un impedimento a cambiare che il
cristianesimo non ha (cioè un Corano che è la letterale, non
interpretabile parola di Dio, contrapposto alla Bibbia che contiene
molteplici parole di umani ispirati da Dio) è importante metterla
in evidenza quando degli occidentali anticipano con slancio
superottimistico una riforma dell’islam. Dunque ha fatto bene il
papa ad evidenziare questo punto quando il gruppo di discussione a
Castelgandolfo si è messo sulla strada sbagliata. Ciò è coerente
con altre sue osservazioni che riconoscono le molte forme (cioè gli
aspetti non monolitici) che l’islam ha assunto nella sua storia
dentro i limiti posti dalla legge coranica e i diversi sistemi di
governo”.
Ceccanti – che insegna diritto costituzionale all’Università
di Roma La Sapienza – ricorda che “studiando le dichiarazioni
islamiche dei diritti, ho notato che ciò che osta al riconoscimento
di democrazia e di diritti è esattamente il peso del Corano, che è
usato direttamente come norma vigente, dato che è visto come parola
di Dio senza mediazioni. Per risolvere durevolmente il nodo
giuridico e politico bisogna prima affrontare e risolvere quello
teologico. Infatti, esaminando poi le singole costituzioni dei paesi
musulmani, si trovano sino ad oggi solo equilibri pragmatici (tipo
definire la Shari’a ‘una fonte del diritto’) che non mettono
al riparo da ondate di involuzione. L'evoluzione del mondo musulmano
verso la democrazia è dunque possibile, ma trova ostacoli seri”.