I rapporti fra Chiesa cattolica, religione e
stato ebraici sono ormai a un punto maturo anche per gli ebrei ortodossi,
che in passato consideravano il cristianesimo un’idolatria politeista.
Il 15 settembre 2005, in Vaticano, ulteriore passo avanti nell'incontro e
nel dialogo.
Egregi Signori,
è con grandissimo piacere che vi do il benvenuto qui oggi ed esprimo il mio
apprezzamento per il fatto che la vostra visita intenda sottolineare i
risultati positivi scaturiti dalla dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra
Aetate, della quale celebriamo quest’anno il quarantesimo
anniversario. Vedo la vostra visita come un ulteriore passo nel processo
di costruzione di più stretti rapporti religiosi tra cattolici ed ebrei,
un percorso che ha ricevuto nuovo impulso e nuova energia dalla Nostra
Aetate e dalle molte forme di contatto, dialogo e cooperazione che
trovano la propria origine nei principi e nello spirito di quel documento.
La Chiesa continua a compiere ogni sforzo per implementare la visione
conciliare di una nuova era di maggiori comprensione, rispetto e
solidarietà tra di noi.
La Nostra Aetate ha
dimostrato di essere una pietra miliare nel percorso che conduce alla
riconciliazione dei cristiani con il popolo ebraico. Essa afferma chiaramente
che “gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i
cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento” (n. 4).
Oggi dobbiamo portare avanti la ricerca di strade che permettano di
realizzare quella responsabilità di cui ho parlato durante la
mia recente visita alla Sinagoga di Colonia: quella “di passare la
fiaccola della speranza che da Dio è stata data agli ebrei come ai
cristiani, perché ‘mai più’ le forze del male arrivino al dominio e
le generazioni future, con l'aiuto di Dio, possano costruire un mondo più
giusto e pacifico in cui tutti gli uomini abbiano uguale diritto di
cittadinanza”.
Gli occhi del mondo sono costantemente rivolti alla Terra Santa, la Terra
ritenuta sacra da ebrei, cristiani e musulmani. La nostra attenzione,
purtroppo, è troppo spesso attirata da atti di violenza e terrore, che
provocano immenso dolore a chiunque viva in quei luoghi. Dobbiamo
continuare ad insistere sul fatto che la religione e la pace procedano di
pari passo.
In questa occasione, i miei pensieri vanno anche alle comunità cristiane
della Terra Santa, presenza e testimonianza vivente fin dagli albori del
cristianesimo attraverso tutte le vicissitudini della storia. Oggi questi
fratelli e queste sorelle nella fede devono affrontate sfide nuove e
sempre più numerose. Lieti del fatto che le relazioni diplomatiche tra la
Santa Sede e lo Stato di Israele abbiano portato a forme di cooperazione
più solide e stabili, attendiamo con impazienza la messa in pratica
dell’Accordo Fondamentale su questioni ancora in sospeso.
Cari Rabbini Capo, come leader religiosi ci troviamo di fronte a
Dio con una seria responsabilità per gli insegnamenti che diamo e le
decisioni che prendiamo. Possa il Signore sostenere la nobile causa di
promuovere la sacralità della vita umana e difendere la dignità umana di
ogni persona, affinché la giustizia e la pace possano fiorire nel mondo.
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[Traduzione dal testo originale in
inglese a cura di Le nostre Radici]