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Il Papa ai Parroci romani:

Sul rapporto tra la Bibbia e la Chiesa e sulla diversità dal Corano; sull'ecumenismo...

Nessuno crede solo da se stesso. Noi crediamo sempre in e con la Chiesa. [...] Dobbiamo lasciarci cadere, per così dire, nella comunione della fede, della Chiesa. Credere è un atto cattolico in sé: è partecipazione a questa grande certezza, che è presente nel soggetto vivente della Chiesa. Solo così possiamo anche capire la Sacra Scrittura nella diversità di una lettura che si sviluppa per mille e mille anni. È una Scrittura espressione di un soggetto, il popolo di Dio, che nel suo pellegrinaggio [...] non parla da sé, ma è un soggetto creato da Dio – l’espressione classica è “ispirato” – un soggetto che riceve, poi traduce e comunica questa parola. Questa sinergia è molto importante. Sappiamo che il Corano, secondo la fede islamica, è parola verbalmente data da Dio, senza mediazione umana. Il Profeta non c'entra. Egli solo l'ha scritta e comunicata. È pura parola di Dio. Mentre per noi, Dio entra in comunione con noi, ci fa cooperare, crea questo soggetto e in questo soggetto cresce e si sviluppa la sua parola. [...] Chi vive della Parola di Dio può viverla solo perché è viva e vitale nella Chiesa vivente.

Sul rapporto tra Chiesa Cattolica e Chiesa Ortodossa

È importante che i cristiani non siano chiusi tra di loro ma aperti, e proprio nei rapporti con gli ortodossi vedo come le relazioni personali siano fondamentali. In dottrina siamo in gran parte uniti su tutte le cose fondamentali, tuttavia in dottrina sembra molto difficile fare dei progressi. Ma avvicinarci nella comunione, nelle comune esperienza della vita della fede, è il modo per riconoscerci reciprocamente come figli di Dio e discepoli di Cristo. E questa è la mia esperienza da almeno quaranta, cinquant’anni quasi: questa esperienza del comune discepolato, che finalmente viviamo nella stessa fede, nella stessa successione apostolica, con gli stessi sacramenti e quindi anche con la grande tradizione di pregare; è bella questa diversità e molteplicità delle culture religiose, della culture di fede. Avere questa esperienza è fondamentale e mi sembra, forse, che la convinzione di alcuni, di una parte dei monaci dell'Athos contro l'ecumenismo, risulti anche dal fatto che manchi questa esperienza nella quale si vede e si tocca che anche l’altro appartiene allo stesso Cristo, appartiene alla stessa comunione con Cristo nell’eucaristia. Quindi questo è di grande importanza: dobbiamo sopportare la separazione che esiste. San Paolo dice che gli scismi sono necessari per un certo tempo e il Signore sa perché: per provarci, per esercitarci, per farci maturare, per farci più umili. Ma nello stesso tempo siamo obbligati ad andare verso l'unità e già andare verso l'unità è una forma di unità.
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[Fonte: www.chiesa.it 7 marzo 2006]

   
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