Se
due di voi sopra la terra si
accorderanno per domandare qualunque
cosa, il Padre mio che è nei cieli ve
la concederà» (Mt 18,19). Questa
solenne assicurazione di Gesù ai suoi
discepoli sostiene anche la nostra
preghiera. Ha inizio oggi la ormai
tradizionale «Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani»,
appuntamento importante per riflettere
sul dramma della divisione della
comunità cristiana e domandare assieme
a Gesù stesso «che tutti siano una
cosa sola affinché il mondo creda» (Gv
17,21). Lo facciamo oggi anche noi qui,
in sintonia con una grande moltitudine
nel mondo. In effetti, la preghiera
«per l’unione di tutti» coinvolge in
forme, tempi e modi diversi cattolici,
ortodossi e protestanti, accomunati
dalla fede in Gesù Cristo, unico
Signore e Salvatore.
La preghiera per l’unità fa parte di
quel nucleo centrale che il Concilio
Vaticano II chiama «l’anima di tutto
il movimento ecumenico» (Unitatis
redintegratio, 8), nucleo che
comprende appunto le preghiere pubbliche
e private, la conversione del cuore e la
santità di vita. Questa visione ci
riporta al centro del problema ecumenico
che è l’obbedienza al Vangelo per
fare la volontà di Dio con il suo aiuto
necessario ed efficace. Il Concilio lo
ha esplicitamente segnalato ai fedeli
dichiarando: «Con quanta più stretta
comunione essi saranno – saremo –
uniti con il Padre, con il Verbo e con
lo Spirito Santo, con tanta più intima
e facile azione potranno accrescere le
mutue relazioni fraterne» (ibid., 7).
Gli elementi che, nonostante la
divisione permanente congiungono ancora
i cristiani, sostengono la possibilità
di elevare una preghiera comune a Dio.
Questa comunione in Cristo sorregge
tutto il movimento ecumenico e indica lo
scopo stesso della ricerca dell’unità
di tutti i cristiani nella Chiesa di
Dio. Ciò distingue il movimento
ecumenico da ogni altra iniziativa di
dialogo e di rapporti con altre
religioni e ideologie. Anche in questo
era stato preciso l’insegnamento del
decreto sull’ecumenismo del Concilio
Vaticano II: «A questo movimento per l’unità,
chiamato ecumenico, partecipano quelli
che invocano la Trinità e professano la
fede in Gesù Signore e Salvatore» (ibid.,
1). Le preghiere comuni che si svolgono
nel mondo intero particolarmente in
questo periodo, oppure attorno alla
Pentecoste, esprimono inoltre la
volontà di comune impegno per il
ristabilimento della piena comunione di
tutti i cristiani. Queste preghiere
comuni «sono senza dubbio un mezzo
molto efficace per impetrare la grazia
dell’unità» (ibid., 8). Con tale
affermazione il Concilio Vaticano II
interpreta in sostanza quanto dice Gesù
ai suoi discepoli ai quali assicura che
se due si accorderanno sulla terra per
chiedere qualcosa al Padre che è nei
cieli, egli la concederà «perché»
dove due o tre sono riuniti nel suo nome
egli è in mezzo a loro. Dopo la
resurrezione egli assicura ancora che
sarà sempre con loro «tutti i giorni
fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
È la presenza di Gesù nella comunità dei
discepoli e nella nostra preghiera, che
ne garantisce l’efficacia. Tanto da
promettere che «tutto quello che
legherete sopra la terra sarà legato
anche in cielo e tutto quello che
scioglierete sopra la terra sarà
sciolto anche in cielo» (Mt 18,18).
Ma non ci limitiamo ad impetrare.
Possiamo anche ringraziare il Signore
per la nuova situazione faticosamente
creata dalle relazioni ecumeniche tra i
cristiani nella ritrovata fraternità
per i forti legami di solidarietà
stabiliti, per la crescita della
comunione e per le convergenze
realizzate – certamente in modo
diseguale – tra i vari dialoghi. Ci
sono tanti motivi per ringraziare. E se
c’è ancora tanto da sperare e da
fare, non dimentichiamo che Dio ci ha
dato molto nel cammino verso l’unione.
Perciò gli siamo grati per questi doni.
Il futuro sta davanti a noi. Il Santo
Padre Giovanni Paolo II di felice
memoria – che tanto ha fatto e
sofferto per la questione ecumenica –
ci ha opportunamente insegnato che
«riconoscere quanto Dio ha già
concesso è la condizione che ci
predispone a ricevere quei doni ancora
indispensabili per condurre a compimento
l’opera ecumenica dell’unità» (Ut
unum sint, 41). Pertanto, fratelli e
sorelle, continuiamo a pregare perché
siamo consci che la santa causa del
ristabilimento dell’unità dei
cristiani supera le nostre povere forze
umane e che l’unità in definitiva è
dono di Dio
___________________
[Fonte: Zenit 18 gennaio 2006]