Se i musulmani chiedono le chiese “vuote” dell'Europa…
Samir Khalil Samir
Riprendiamo dal
sito Asianews un articolo di Samir Khalil Samir pubblicato il
15/3/2011. In Francia un’organizzazione islamica ha proposto alla Chiesa
francese la possibilità di pregare nelle chiese non utilizzate. E se i cristiani
in Egitto e Algeria chiedessero l’uso delle moschee la domenica? Se vuole
evitare conflitti crescenti in Europa, l’islam deve diventare culturalmente e
mentalmente occidentale. [E ospitare luoghi di culto cristiani nelle sue terre,
come già chiesto]
Un gruppo musulmano ha chiesto di poter utilizzare le
chiese vuote in Francia per farvi pregare i musulmani, risolvendo (a spese dei
cristiani) i problemi del traffico causati dai fedeli islamici che pregano nelle
strade. Sull'imbarazzante proposta ecco la riflessione di p. Samir Khalil Samir,
esperto islamologo, che chiede all'islam in Europa di diventare più "europeo" e
meno "arabo".
Venerdì 11 marzo 2011, con una comunicato, il Collettivo «Banlieuses Respect»
ha chiesto alle strutture responsabili dell’organizzazione della Chiesa di
Francia “la messa a disposizione delle chiese vuote per le preghiere del
venerdì” dei musulmani. Hassan Ben M.Barek, portavoce del Collettivo, ha
dichiarato che questa misura permetterebbe “di evitare che i musulmani preghino
per strada” e non siano “ostaggi dei politici”.
In effetti, da vari anni, ogni venerdì, a fianco delle dozzine di moschee
francesi, i musulmani bloccano le strade circostanti per una o due ore, stendono
tappeti e stuoie per terra, per pregare. In molti casi, le autorità locali
chiudono gli occhi su questa infrazione, e in alcuni casi la polizia è là per
garantire la sicurezza proprio di quelli che bloccano le strade. Questa
situazione si allarga sempre di più in Francia (per esempio a Lione, Marsiglia,
Montpellier. Montreuil, Nizza, Parigi, Puteaux, Strasburgo, Torcy…). Una
situazione che si ritrova in tutto il mondo (Atene,Bruxelles, Birmingham,
Cordova, Mosca New York…) e anche in Italia (Albenga, Canicattì, Como,
Gallarate, Milano, Modena, Moncalieri, Napoli, Roma…). Nel mondo musulmano
questo fenomeno è ben presente, specialmente in Egitto. Il 10 dicembre, a Lione,
Marine Le Pen (Fronte Nazionale) aveva denunciato le “preghiere di strada” dei
musulmani, il che ha comportato reazioni negative verso la comunità musulmana di
Francia.
Farei tre osservazioni:
- la prima sulla causa di questa richiesta, cioè la mancanza di spazio nelle
moschee;
- la seconda su una delle conseguenze di questa mancanza di posto, cioè il
fatto di bloccare le strade vicine alle moschee;
- la terza sulla soluzione proposta per risolvere questo problema, cioè “la
messa a disposizione delle chiese vuote per le preghiere del venerdì”.
Mancanza di spazio nelle moschee
Ci sono a Parigi circa 75 luoghi di culto musulmani, di cui si può trovare il
dettaglio in ciascuno dei 20 arrondissements. Moahmmed Moussaoui, presidente del
Conseil francais du culte musulman (Cfcm) professore di matematica
all’università di Avignone dal giugno 2008, in un intervento molto moderato e
riflessivo fatto il 15 dicembre 2009 su Europe 1 afferma che se si calcola il
numero dei musulmani in Francia a cinque milioni (altri dicono quattro milioni)
e supponendo che il 17% di essi vadano alla moschea il venerdì, ci sarebbero
circa 850mila persone. Calcolando che per ogni persona ci vorrebbe un metro per
due, sarebbe necessaria una capacità dei luoghi di culto musulmani di 850mila
metri quadrati. Attualmente sono circa 250mila. Ci vorrebbe dunque tre volte in
più di spazio nelle moschee. Le cifre sono evidentemente fluttuanti. E’
praticamente impossibile stimare il numero dei musulmani in Francia, dal momento
che nessun documento francese indica la religione. Quanto alla proporzione dei
praticanti, è ancora più difficile da valutare. D’altra parte, è inusuale che le
donne musulmane vadano alla moschea per pregare; quelle che vogliono pregare lo
fanno più volentieri a casa, il che riduce la superficie necessaria per i luoghi
di culto.
Un anno più tardi in un’altra intervista dello stesso Mossaoui, datata 22
dicembre 2010, si può leggere: “uno studio sulla superficie cultuale musulmana
afferma che 300mila metri quadrati sono attualmente disponibili in Francia. Ce
ne vorrebbe il doppio, secondo il Cfcm. Oggi, 150 progetti sarebbero in corso di
costruzione su tutto il territorio”. Il che costituisce “un innegabile recupero”
per Massaoui.
Anche supponendo che ci voglia il doppio dello spazio, sta alla comunità
musulmana risolvere il problema. Lo Stato o la Chiesa non c’entrano. Lo stesso
Mossaoui ha affermato, nell’intervista televisiva del dicembre 2009, che non è
lo Stato francese che deve finanziare le moschee, ma i fedeli musulmani con
l’aiuto di finanziamenti che vengono dall’estero. D’altronde, se non si vogliono
alimentare le reazioni negative verso la comunità musulmana, bisognerebbe
riconsiderare la pratica piuttosto generalizzata dei sindaci di concedere dei
terreni in enfiteusi (il più sovente per un euro all’anno) per la costruzione
delle moschee. L’ordinanza del 21 aprile 2006 ha permesso tali concessioni “in
vista dell’attribuzione a un’associazione di culto di un edificio di culto
aperto al pubblico”. In molti casi il tribunale amministrativo ha stimato che
queste pratiche “sono assimilabili a una sovvenzione mascherata”, il che è
contrario alla legge del 1905.
Bloccare le strade vicine alle moschee per pregare
Come abbiamo detto, questo uso è frequente nei Paesi musulmani. In effetti la
crescita demografica, come anche un rinnovato fervore religioso, hanno fatto sì
che le moschee e i luoghi di preghiera esistenti non siano più sufficienti a
contenere tutti i fedeli il venerdì a mezzogiorno. Dato che ci si trova in Paesi
musulmani e che la separazione fra religione e politica è praticamente
inesistente, i fedeli hanno preso l’abitudine di occupare i marciapiedi e le
strade vicine alle mosche, di deviare il traffico.
Da una buona decina di anni questo fenomeno si sviluppa anche in Europa,
anche se è perfettamente illegale, dal momento che la strada appartiene a tutti
i passanti come agli automobilisti. Questa situazione è riconosciuta come
totalmente inaccettabile da tutte le persone ragionevoli, indipendentemente dal
principio di laicità.
Lo diventa ancora di più se si tiene conto del fatto questa eccezioni non ha
più nulla di eccezionale, dal momento che si ripete ogni venerdì. E dal momento
che non si applica che a una religione precisa, l’islam, l’impressione di molti
è che si tratti di una “invasione” di territorio, di una specie di “conquista”
del territorio nazionale da parte dei “musulmani”. Non ci sono motivi per
giustificare queste occupazioni.
Al contrario, se un gruppo di cittadini (musulmani, cristiani o di altra
religione) chiedesse in forma eccezionale l’occupazione di una strada per un
tempo limitato, per una festa o una cerimonia, questo non poserebbe problemi. Mi
sembra che la situazione attuale non faccia che rinforzare la reazione di
islamofobia, e la giustifichi. E questo mi sembra un punto fondamentale. E’
diventato banale parlare, a torto e a ragione, di “islamofobia”. Ci possono
essere certo delle motivazioni più o meno razziste, il che è totalmente
inammissibile, anche se accade ovunque. Ma se delle persone, in nome del loro
gruppo di appartenenza si comportano in maniera contraria alle leggi e alle
norme, o semplicemente agli usi e ai costumi, queste persone sono responsabili
della reazioni di rigetto che hanno provocato. Nella fattispecie, i musulmani
sono in parte responsabili dell’islamofobia che tende ad allargarsi in tutta
l’Europa. E sta ai musulmani stessi protestare contro coloro che prestano il
fianco queste reazioni e educare i loro correligionari.
D’altronde, il fatto che il fenomeno della preghiera per strada sia nato e si
mantenga soprattutto nei Paesi musulmani, significa che il problema non è
proprio dell’occidente, ma dell’islam. Mi spiego: molti giustificano questo
comportamento aberrante (l’occupazione di un luogo pubblico da parte di un certo
gruppo) col fatto che non c’è posto per questo gruppo. Questo lascia capire che
questo gruppo (in questo caso i musulmani) è maltrattato o discriminato. Non è
così, perché nei paesi musulmani la situazione è identica, e anche più diffusa.
La spiegazione è che il “sistema della preghiera musulmana” non è stato
ripensato per la città moderna. Se si applicasse questo sistema ai cristiani,
per esempio, le strade sarebbero completamente bloccate. Se tutti i cristiani
dovessero obbligatoriamente riunirsi domenica a mezzogiorno, è sicuro che
nessuna chiesa potrebbe contenerli. Era questo anticamente un problema, e lo è
ancora per la Chiesa copta. Non c’è che una sola celebrazione della messa per
chiesa, la domenica, che raccoglie tutta la comunità.
Da qui la necessità di costruire due luoghi di culto sovrapposti (nella
Chiesa copta) o di accettare di avere un gran numero di messe per chiesa.
Inoltre, durante il Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica ha autorizzato di
anticipare la messa domenicale al sabato sera, contrariamente a tutta la
Tradizione, per permettere al più grande numero di fedeli di partecipare
all’eucaristia. E’ un problema interno alla comunità, che, se è viva, deve
trovare delle soluzioni per adattarsi al mondo, e non chiedere al mondo di
adattarsi a lei!
Infine, nelle decine di video che mostrano musulmani in preghiera per strada,
che si possono vedere su Youtube, per esempio, non ho mai visto donne in
preghiera. Delle due l’una: o è perché non è conveniente, e allora è altrettanto
sconveniente per un uomo; o perché non è un obbligo, pregare venerdì nella
moschea, e allora questo vale per tutti. A meno che non sia perché la preghiera
pubblica è “una questione per uomini”, probabilmente perché ha, in questo caso,
un aspetto “politico”.
Messa a disposizione delle chiese vuote per la preghiera del venerdì
La proposta del Collettivo dell’11 marzo scorso, che chiede alla Chiesa di
Francia la “messa a disposizione delle chiese vuote per la preghiera del
venerdì” dei musulmani, è sorprendente. Queste “chiese vuote” sono luoghi
consacrati e non verrebbe in mente a un cristiano di utilizzarli per qualche
cosa che non siano le funzioni sacre, o per la musica sacra – un’eccezione
sempre possibile. Sarebbe impensabile di utilizzarle per celebrare un culto non
cristiano.
D’altronde, una chiesa che servisse da moschea dovrebbe necessariamente
essere ri-arredata per le necessità della preghiera musulmana. Bisognerebbe
sopprimere molti elemento tipicamente cristiani e aggiungerne altri tipicamente
musulmani. E soprattutto queste “chiese vuote” non sono destinate a restare
vuote, ma al contrario a essere occupate non appena possibile da una comunità
cristiana o da una comunità monastica, come accade sempre di più ovunque in
Europa. Ora sembra difficile che un tale locale, una volta trasformato più o
meno in moschea, possa essere “ripreso” e trasformato di nuovo in chiesa.
Sarebbe allora un gran danno per la comunità musulmana e rischierebbe di creare
molta amarezza e conflitti interreligiosi. I cristiani sarebbero allora accusati
di essere islamofobi, revanscisti, irrispettosi della sensibilità musulmana,
poco fraterni verso di loro, ecc.
Infine, per un istante immaginiamo il contrario. Se in un Paese musulmano
(l’Egitto o l’Algeria, per esempio) i cristiani autoctoni (in Egitto) o emigrati
(in Algeria) chiedessero ai musulmani di cedere loro una moschea, dal momento
che ne hanno tante, o di prestarla per la domenica, o solamente per le grandi
feste: Natale, l’Epifania, l’inizio di Quaresima, Pasqua, la Pentecoste e
l’Assunzione, quale sarebbe la reazione dei musulmani?
Conclusione
In conclusione, mi sembra importante che si stabilisca in Francia e in Europa
un nuovo rapporto fra la comunità musulmana e la popolazione europea, un
rapporto basato sulla cooperazione, l’amicizia e la stima reciproca. Esistono
dalle due parti delle frange estremiste, che bisogna aiutare a de-fanatizzarsi.
I musulmani francesi rappresentano meno del 10% della popolazione; altrove in
Europa la proporzione è minore. L’islam pone un problema all’Europa, dal momento
che non è vissuto semplicemente come una religione, ma anche come una cultura
che penetra in tutti i settori della vita quotidiana. Di conseguenza, ci può
essere un conflitto di culture. L’Europa ha lavorato, per secoli, a separare
religione e società, e tutto è segnato da una cultura cristiana secolarizzata.
Penso che la comunità musulmana debba fare uno sforzo serio per accettare che
il fenomeno religioso resti, per quanto è possibile, un affare privato. Più
l’islam andrà in questa direzione, meno opposizioni troverà. Il che non
significa affatto essere meno musulmani, ma, ben al contrario, essere in maniera
diversa, più interiore.
Chiedere alla Chiesa di mettere a disposizione dei musulmani le chiese
attualmente non utilizzate è mettere la Chiesa cattolica in un grande imbarazzo,
nel momento stesso in cui lo sforzo dei credenti è quello di ri-evangelizzare
quelli che si sono allontanati dalla pratica cristiana. Chiedere allo Stato e
alla popolazione delle sovvenzioni sotto la forma dell’enfiteusi, è mettere in
imbarazzo lo Stato e la popolazione che vi vedrà necessariamente un sotterfugio.
E’ meglio contare sulle proprie forze, e sulla solidarietà dei credenti
musulmani (senza però che questo aiuto venuto dall’estero non sia sottoposto ad
alcune condizioni).
Secondo il presidente del Cfcm ci sarebbero attualmente circa 150 luoghi di
culto in costruzione. Bisogna insistere affinché le municipalità non pongano
ostacoli ideologici alla costruzione delle moschee, se si adattano alle norme
urbanistiche. A mio parere, affinché i musulmani e l’islam non siano vissuti
come un corpo estraneo, il grosso sforzo da fare è nella formazione di imam
francesi, che siano perfettamente integrati nella cultura e nella mentalità
francese, (o più largamente europea).
Fino a che l’islam sarà culturalmente “arabo”, finché i musulmani avranno il
sentimento che per essere un vero musulmano bisogna riavvicinarsi alla cultura
araba originaria, ci sarà malessere. Questa è, secondo me, la vocazione dei
musulmani europei: creare un’interpretazione occidentale (francese, europea…)
dell’islam, che armonizzi la fede e la spiritualità musulmane con la modernità
occidentale, e cioè con la laicità e i diritti dell’uomo. Sono convinto che
questo sia possibile, - ed è già in cammino – ma questo presuppone uno sforzo da
parte di tutti per giungere a destinazione, e soprattutto il desiderio di volere
un islam così concepito.
Infine, come suggerivo al punto 3, bisogna forse chiedersi come mantenere il
principio della “preghiera di comunità” (salât al-jumu’ah) ripensandone però le
modalità per tenere conto delle realtà pratiche e culturali. In altri termini,
se c’è conflitto di interessi, bisogna prima di tutto cercare l’obiettivo voluto
nella Legge (maqâsid al-shari’ah) piuttosto che nella lettera della shari’ah.
torna su
Radio Vaticana 2 ottobre 2012 - Non una proclamazione astratta
della libertà religiosa, ma un segno concreto che apre nuovi orizzonti di
reciprocità e di dialogo. Un’associazione musulmana a Vienna, «Iniziativa
musulmani liberali Austria» (Ilmoe), ha sollecitato la costruzione di una chiesa
in Arabia Saudita, Paese dove la professione pubblica della religione cristiana
è vietata. «Come l’islam in Europa, anche il cristianesimo deve veder
riconosciuto il diritto alla libertà di culto», si legge in uno scritto
dell’organizzazione inviato all’ambasciatore saudita a Vienna, Mohammed
al-Salloum, citato dall’agenzia Apa. Il presidente dell’Ilmoe, Amer al-Bayati,
ha chiesto al diplomatico un colloquio «per esporre le idee per la realizzazione
del progetto». Il fatto che la professione pubblica di fede cristiana in Arabia
Saudita sia vietata - riporta L'Osservatore Romano - rappresenta «una violazione
eclatante del principio della libertà di confessione», scrive Bayati. Dal
momento che l’Arabia Saudita sostiene massicciamente, anche finanziariamente, la
costruzione di moschee e luoghi di culto in Europa, la mancanza di libertà di
religione per i cristiani è fonte di «grande disappunto». L’organizzazione aveva
annunciato in primavera alle autorità saudite il permesso di costruzione di una
chiesa dopo che il gran mufti saudita aveva chiesto la distruzione di tutte le
chiese cristiane nella penisola araba. Ilmoe aveva sottolineato che l’islam non
vieta la costruzione di chiese cristiane. Nella Penisola arabica per i cristiani
la vita non è facile, soprattutto nei Paesi dove è proibito costruire chiese e
celebrare la messa. Dal 2006 le autorità saudite si sono impegnate a garantire
ai non musulmani il diritto di pregare in privato, nelle loro case. Ma ai fedeli
non musulmani continua a essere vietato pregare in pubblico. Vietate anche le
conversioni dall’islam al cristianesimo. Il 15 settembre prossimo a Riad, la
capitale saudita, comincia il processo contro un cristiano libanese e un
cittadino saudita accusati di aver fatto convertire al cristianesimo una
ragazza, impiegata in un’agenzia di assicurazioni, che ora abiterebbe in Gran
Bretagna. L’opinione pubblica saudita chiede che i due uomini siano puniti in
modo esemplare per conversione forzata. (L.Z.)