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I rapporti fra le Chiese cristiane a margine dell'incontro interreligioso di Cipro

Il sorprendente cammino dell'ecumenismo
 

Nicosia, 19.11.2008 - "Abbiamo tante cose in comune ed è sorprendente il cammino che abbiamo fatto insieme": il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, presente al Meeting interreligioso di Cipro, commenta così i progressi fatti in campo ecumenico tra le Chiese cristiane. Una convinzione, quella del porporato, maturata grazie anche a un documento, che sarà presentato a dicembre, sulla ricezione della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della Giustificazione del 1999. Il cardinale ha spiegato che attraverso il movimento ecumenico si "è lavorato per la pace" e che soprattutto in Europa, che ha sperimentato prima la divisione con gli ortodossi e poi la Riforma protestante, "non si può raggiungere una piena unità senza ecumenismo". "Siamo chiamati all'unità cristiana perché questo darà credibilità al nostro messaggio - ha aggiunto il cardinale - ma la riconciliazione ha anche valore politico perché dimostra che è possibile superare le ferite e le difficoltà della storia". Il cardinale Kasper ha sottolineato che l'ecumenismo non è solo "produzione di documenti", ma un processo che coinvolge la vita attraverso "l'amicizia", "l'amore reciproco" e la "costruzione di relazioni".

Durante l'incontro interreligioso organizzato a Cipro dalla Comunità di sant'Egidio, si è parlato anche del dialogo tra ebrei e cristiani, che ha raggiunto "traguardi irreversibili", ed è "inevitabile" che sia chiamato ad aprirsi alla famiglia dell'islam, secondo quanto si è affermato nel corso della tavola rotonda dedicata al tema Ebrei e cristiani: il dialogo ineluttabile. "È indubbio - ha detto monsignor Ambrogio Spreafico, Rettore Magnifico della Pontificia Università Urbaniana - che il rapporto ebraico-cristiano, soprattutto dopo il Vaticano ii, ha raggiunto traguardi irreversibili. È nostro compito non permettere che incidenti di percorso mettano in discussione il prezioso cammino di riflessione compiuto in questi anni, pur nel rispetto della nostra diversità e nella libertà delle nostre scelte. Qui a Cipro - ha aggiunto monsignor Spreafico - nel cuore del Mediterraneo, dove l'ebraismo e il cristianesimo hanno vissuto l'uno accanto all'altro da sempre, scopriamo la forza di una vocazione che ci lega indissolubilmente, radicata in quella chiamata rivolta da Dio ad Abramo, quella di essere donne e uomini che si affidano al Dio onnipotente, Padre dell'umanità, e si fanno guidare solo da lui. Questa vocazione può essere per ognuno sorgente di umanità e di misericordia nell'incertezza e nello spaesamento del mondo". Il cardinale Theodore Edgar McCarrick, arcivescovo emerito di Washington, ha invece sottolineato che il dialogo "è inevitabile". E lo è perché "per la maggior parte della nostra storia siamo stati spiritualmente una cosa sola"; "il cristianesimo è apparso meno di 2000 anni fa", ma la storia del popolo di Israele, "il popolo scelto da Dio", è "una storia che condividiamo e senza la quale saremmo vuoti e senza scopo". "In tutto questo - ha concluso l'arcivescovo - spero di vedere la chiamata per un altro dialogo inevitabile che è il dialogo con la famiglia dell'islam. Anche loro sono figli di Abramo e accettano l'unicità di Dio che ci ama. Anche con loro dobbiamo imparare a condividere e a lavorare insieme per tutte le cose buone che Dio ci vuole fare avere e per tutte le benedizioni che derivano dal trovarci insieme qui in questo mondo sempre più piccolo che siamo chiamati a rendere un luogo di pace e armonia, dove capiremo che siamo tutti fratelli e sorelle dell'unica famiglia umana di Dio".

Un appello sentito all'"umanesimo di tutti" è stato poi rivolto ieri, a conclusione del meeting, dall'arcivescovo ortodosso di Nea Giustiniana e di Tutta Cipro, Chrysostomos. Il patriarca ha ricordato che "mentre l'Europa è unita, Nicosia è divisa dal muro" e "noi non abbiamo il diritto di far ritorno nelle nostre case". Chrysostomos si è appellato ai "sentimenti religiosi di tutti perché anche noi possiamo trovare giustizia e pace" e ha concluso dicendo che "la pace è la coesistenza della libertà di uno con la libertà di tutti gli altri: siamo convinti che non resterete sordi a questo appello".

Un appello alla pace rilanciato già dal segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, nel messaggio inviato in occasione dell'apertura dei lavori del meeting: "Non possiamo non essere fermamente convinti - è scritto nel messaggio che contiene anche il saluto del Papa ai partecipanti all'incontro di Cipro - che la pace, come ricorda il Santo Padre Benedetto XVI, "è insieme un dono e un compito": dono e compito che va accolto perché proviene dalla multiforme sapienza di Dio, ma anche custodito, fatto crescere e maturare perché i rigogliosi frutti che possono scaturire da questa feconda pianta dipendono anche dalla nostra personale responsabilità e dal nostro instancabile impegno".

Che a Cipro qualcosa debba cambiare è anche la convinzione espressa dalla Comunità di sant'Egidio attraverso le parole del suo fondatore Andrea Riccardi. Si tratta di un Paese, ha ricordato Riccardi, diviso in due e dove dagli Anni '70 si sta vivendo una "situazione di dolori profondi, case abbandonate, monumenti e luoghi di culto distrutti", "in una pace che non viene mai e una guerra che è divenuta normalità". Per queste ragioni, ha proseguito Riccardi, "abbiamo scelto Cipro come tappa della carovana della pace, per favorire una cultura di pace e di riconciliazione e attirare l'attenzione su una situazione dimenticata". Riccardi ha poi reso noto che in occasione del meeting, una delegazione di leader religiosi (ne hanno fatto parte anche il rappresentante di Pax Christi Francia, i rabbini David Rosen e Israel Singer, e lo stesso monsignor Spreafico) ha incontrato e parlato con i due negoziatori del governo cipriota e della comunità turco-cipriota e con il rappresentante speciale delle Nazioni Unite. Nel corso dei colloqui sono state anche individuate "piste di lavoro" nel campo soprattutto della ristrutturazione dei luoghi sacri (chiese e moschee), colpiti dall'odio etnico.


(©L'Osservatore Romano - 20 novembre 2008)

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