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«Il rito pagano nella
Cattedrale di Bari. Un'autentica pagliacciata!»
La pagliacciata organizzata da mons. Franco Lanzolla nella cattedrale di Bari merita qualche commento. Non certo per affondare il coltello nella piaga di questo dilagante uso profano delle nostre chiese, quanto per chiarire, nell'ambito della storia dell'architettura sacra, il senso di questi fenomeni che correlano i fenomeni astronomici al sacro. Anzitutto mi preme far presente che l'iniziativa del parroco della cattedrale di Bari è stata "sponsorizzata" dalla banca BNL - BNP Paribas. La cosa dovrebbe quanto meno indignare: possibile che si ritenga opportuno sprecare dei fondi, per quanto minimi possano essere, per la realizzazione di un "evento" del genere? E soprattutto cosa crede il buon don Franco che i suoi parrocchiani di Bari vecchia possano aver appreso da questa scenografica esibizione di danza e dall'accompagnamento di soprano, pianoforte e voci recitanti? Suppongo che i devoti parrocchiani abbiano colto ben poco dell'armamentario pseudo filosofico ispirato alla Repubblica platonica, imbanditogli dal loro parroco. Anzi, temo che ne abbiano ricavato un'impressione sbagliata: l'idea cioè che i loro progenitori fossero a metà strada fra una religiosità simbolico-pagana ed una devozione asettica fatta di pietre e architetture ambiziose. Nulla di più falso! Molto semplicemente le chiese medievali riflettevano una religiosità più autentica e radicale che tendeva a leggere (correttamente) nell'interazione fra spazio cosmico e spazio sacro la sintesi della presenza divina. Pertanto le chiese erano anzitutto orientate, guardavano al sole che sorge quale espressione del Cristo che ritorna nel giorno del Giudizio. Erano dunque inserite in una dimensione cosmica che non ha nulla di esoterico, di arcano, di misterioso. Al contrario si tratta di un fatto limpido, evidente, ingenuamente solenne: la chiesa, lo spazio reso sacro dalla presenza di Dio, abita uno spazio più grande che è opera di Dio, il Creato. Onorare il creato, sollevare gli sguardi verso l'alto, studiare le meravigliose movenze del reale, quali riverberi della divina creazione, questo era per l'uomo medievale uno dei modi per rendere grazie a Dio del dono della vita. Così il segno visibile del solstizio d'estate raccordava in sé due elementi chiave della storia sacra cattolica: da un lato il sole è simbolo per eccellenza della Santissima Trinità. Catturare il solstizio d'estate nell'architettura di un luogo sacro significava d'altronde amplificare il significato di quell'evento che altrimenti sarebbe passato inosservato. E cosa ci racconta il solstizio d'estate? Ci racconta che il sole in quel giorno splende più a lungo rispetto a tutto l'anno. Così la speranza della luce che annienta le tenebre deve permanere nei cuori degli uomini. Dopo la Pasqua, l'Ascensione e la Pentecoste il segno astronomico si inserisce nell'anno liturgico quasi a confermarne l'armonica ritualità. D'altronde sappiamo che il segno del solstizio è legato alla festa di San Giovanni Battista. E' proprio San Giovanni che in Giovanni 3,30 afferma "Lui deve crescere, io invece diminuire." E quasi a confermare le parole del Battista la luce solare comincia a decrescere a partire dal giorno della sua nascita, il 24 giugno, e al contrario, la luce cresce a partire dal giorno della nascita di Cristo, in prossimità del solstizio d'inverno.
In tutto ciò non bisogna leggere l'eredità di rituali pagani, o una visione naturalistica della religione di stampo pre-cristiano. L'uomo medievale riusciva a vivere il cattolicesimo in maniera integrale. E pertanto anche i fenomeni astronomici "rituali" dell'anno rientravano in una lettura cristiana della storia e dell'intero creato. Perciò è avvilente constatare che molti contemporanei e specialmente taluni uomini di Chiesa, prestano il fianco ad una costante paganizzazione della religione cattolica. Paganizzazione che è sì vissuta artisticamente, ma che proprio in questo suo estro creativo/interpretativo della religiosità del passato dimostra di averne completamente superato il senso e la bellezza. La religiosità medievale diventa così luogo dell'esoterismo, del simbolismo, della riflessione filosofica, della promiscuità fra sacro e profano. E viene rievocata con quel nauseabondo tocco di esibizionismo fra il folkloristico e il pacchiano tipico di un certo provincialismo ecclesiastico per il quale il simbolismo ha più valore del realismo, l'interpretazione supera la constatazione e l'evento mondano sostituisce più degnamente il rito religioso. Stupisce in tutto questo il silenzio del Vescovo di Bari, Mons. Cacucci. Eccellenza, per favore dica qualcosa contro quest'uso indecente delle nostre chiese quale palcoscenico per danze di ballerine. La chiesa è un luogo sacro, perché aprirlo al profano? Perché proprio mentre i grandi liturgisti più progressisti mettono continuamente in risalto la sacralità del rito di dedicazione della chiesa, d'altro canto ci si riprende quella sacralità aprendo le chiese ad esibizioni profane del genere? Che le nostre chiese siano sempre più vuote e che la religiosità sia sempre più superficiale lo riconoscono tutti, trasformarle però in tende da circo o palcoscenici teatrali per captare l'attenzione dei fedeli lo trovo invece non solo ridicolo, ma soprattutto patetico!
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