Lo studioso francese Dennis
Gira, in un saggio appena uscito, analizza il rapporto possibile fra le due religioni
L'esperienza
l'abbiamo fatta un po' tutti. Incontrarsi faccia a faccia, parlarsi con chiarezza, permette di superare tanti problemi e
pregiudizi. Valido nei rapporti personali e di famiglia, il criterio può essere applicato anche nel confronto con altre
culture e fedi differenti. Se vissuto in modo corretto e con la dovuta preparazione il dialogo infatti non significa
rinunciare a una parte di sé. Anzi, può voler dire l'esatto contrario. Il confronto autentico parte da una corretta
conoscenza della propria identità, matura nel desiderio di presentare all'altro il meglio che si ha.
In La scelta che non divide. Buddhismo o cristianesimo (Paoline, pagine 172,
euro 12; con prefazione di Marco Guzzi) Dennis Gira applica lo stile del dialogo al rapporto tra cristianesimo e
buddhismo. Di primo acchito un confronto quasi impossibile se è vero che la tradizione orientale spiega, senza Dio,
tutto ciò che nella fede cristiana non si può comprendere senza di Lui. L'obiettivo del resto non è la convergenza o
una sintesi tra le due fedi, ma dimostrare che si può amare una tradizione senza per forza di cose aderirvi. In questo
cammino di ricerca l'autore, direttore aggiunto dell'Istituto di scienza e teologia delle religioni presso l'Institut
catholique di Parigi e caporedattore della rivista Questions actuelles parte
dall'esperienza di otto anni vissuti in Giappone.
Nel contatto quotidiano con la «via della saggezza», è cresciuta la sua attenzione, prima embrionale, per una
religione definita rigorosa e capace di rispondere «con coerenza ai grandi enigmi dell'esistenza come la sofferenza e
la morte». Sbaglia però chi pensa di trovare nel libro un'introduzione al buddhismo o il racconto di una conversione
che, come detto, non c'è stata. Pagina dopo pagina, anzi Gira ci spiega come attraverso la conoscenza degli
insegnamenti del Buddha abbia capito meglio lo specifico cristiano, sia riuscito a interiorizzarne l'essenziale. E il
cuore della fede va cercato in Cristo, soprattutto, secondo lui, nella sua capacità di intessere relazioni con gli
altri. In Gesù - spiega Marco Guzzi nell'introduzione - noi vediamo che l'uomo è pura relazione (d'amore) con Dio e,
insieme, indissolubilmente, sempre più piena relazione d'amore con gli altri, con le sorelle e i fratelli».
Educato, per così dire alla scuola del Signore, Gira trova nel rapporto interpersonale il luogo in cui crescono e
maturano gli elementi fondanti il cristianesimo. Un patrimonio non da custodire con gelosia ma da condividere. Il
dialogo interreligioso è quindi particolarmente importante perché, coltivandolo, i cristiani possono rendersi conto
che tutti, i buddhisti come i musulmani, gli ebrei come gli scintoisti, sono loro compagni di strada sul sentiero della
vita. E sanno che ognuno di loro ha qualcosa di importante da dire sul mistero di quel Dio che credono presente in ogni
uomo. Quanto allo stile da applicare, l'autore si affida a una nota espressione di Albert Camus: «Voglio dirvi che il
mondo ha bisogno di vero dialogo, che il contrario del dialogo è la menzogna ma anche il silenzio e che quindi l'unico
dialogo possibile è quello tra persone che restano ciò che sono e che parlano in modo autentico».
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[Fonte: Avvenire del 9 dicembre 2004]
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