«E se Don Georg ricorda
Ratisbona...»
Antonio Socci, su Libero 28 luglio 2007
[Testo integrale
dell'intervista]
GLI INASCOLTATI E ACCORATI APPELLI DEL PAPA…
29.07.2007 Benedetto XVI è una voce che grida nel deserto?
È stupefacente che sia stato così snobbato l’Angelus del Papa di domenica
22 luglio, dove, molto realisticamente, si lanciava l’allarme sulla
guerra, evocando anche l’opera nefasta del Maligno nel mondo. Del resto
sono passati inosservati anche due importanti articoli della Civiltà
Cattolica che – con dovizia di dati – illustravano l’allucinante corsa
al riarmo che è in corso dal 2001 e soprattutto il colossale rischio di
“guerra nucleare” che oggi si è fatta addirittura incombente e
paradossalmente innanzitutto per la difficoltà di controllare questi
ordigni. Perché il Papa, come i profeti biblici, non viene ascoltato?
“Anche al tempo di Noè gli uomini mangiavano e bevevano…..”, dice la
Scrittura. Se ne infischiavano di chi li ammoniva di tornare a Dio…
“Quando ero bambino” ha scritto Jean Guitton “nessun destino dei
personaggi della Storia Santa mi appariva così misero quanto quello di
Noè, per il diluvio che lo tenne rinchiuso nell’Arca per quaranta
giorni. Più tardi, fui spesso ammalato e per lunghi giorni costretto
anche io a restare nell’Arca. Capii che mai Noè poté vedere così bene il
mondo come dall’Arca, malgrado essa fosse chiusa e facesse notte sulla
terra”.
Ha fatto clamore don Georg Gaenswein,
segretario del Papa, il quale ha dichiarato alla Sueddeutsche Zeitung:
“I tentativi di islamizzare l’Occidente non vanno taciuti. Ed il
pericolo connesso per l’identità dell’Europa non può essere ignorato a
causa di una falsa idea del rispetto”. Il prelato ha sottolineato che
“la parte cattolica vede molto chiaramente (tale pericolo) e lo dice
anche”. Il discorso del Papa a Ratisbona del settembre scorso – ha
affermato – “dovrebbe servire a contrastare una certa ingenuità”. E’
un allarme esagerato? Può apparire tale solo alle “anime belle” che
ignorano la storia. Che ci viene ricordata da due storici (peraltro
non cattolici). “Per quasi mille anni” ha scritto Bernard Lewis “dal
primo sbarco moresco in Spagna al secondo assedio turco di Vienna,
l’Europa è stata sotto la costante minaccia dell’Islam”. Samuel
Huntington ha ricordato inoltre che “l’Islam è l’unica civiltà ad aver
messo in serio pericolo e per ben due volte, la sopravvivenza
dell’Occidente”.
Il Papa conosce molto bene la storia. E anche l’attuale situazione.
Fece impressione, al sinodo dei vescovi del 1999, monsignor Giuseppe
Bernardini, arcivescovo di Smirne, in Turchia, il quale riferì che,
durante un incontro ufficiale di dialogo islamo-cristiano,
un’autorevole personalità musulmana si rivolse ai cristiani con queste
parole dure e calme: “Grazie alle vostre leggi democratiche vi
invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo”. Dunque
in Vaticano si torna a ricordare quanto il Papa disse a Ratisbona
anche se quel discorso scatenò le violente reazioni del mondo
islamico. Finora non era mai stato rievocato, perché, paradossalmente,
fu proprio il papa, insultato e minacciato, a doversi quasi scusare
con gli intolleranti e i violenti. In quel clima di grave tensione il
Vaticano fu indotto a dare il suo “sì” all’ingresso della Turchia
nella Ue, contraddicendo quanto Ratzinger aveva sempre sostenuto da
cardinale. Anche nei giorni scorsi il Segretario di Stato ha ribadito
questa nuova, disastrosa posizione. Il fatto che in Vaticano oggi si
torni a citare il discorso di Ratisbona – che, sottolinea La
Repubblica, “piacque molto” fra gli addetti ai lavori, come l’ex
segretario di stato americano Kissinger - può significare che il Papa
tornerà a far prevalere la cautela sulla questione turca?
L’allora cardinal Ratzinger, nell’ottobre 2004, mi diceva che era
molto preoccupato per l’ingresso in Europa di un Paese di 70 milioni
di musulmani: “l’amicizia e il rispetto sono necessari verso tutti i
Paesi, ma inserire la Turchia in Europa mi sembra contraddittorio.
Sono proprio la storia, la cultura e la religione ad aver disegnato il
confine dell’Europa con la Turchia. Non si possono ignorare tutte
queste cose”.
Se è vero, com’è vero, che incombe su di noi una minaccia di
islamizzazione, non si vede perché mai si dovrebbe spalancare la porta
dell’Europa a un Paese che non è mai stato europeo e che all’apice
della sua potenza, in passato, ha ferocemente tentato di invaderci
(l’Europa moderna è nata letteralmente opponendosi all’invasione
turca). Un Paese, la Turchia, la cui democraticità è molto discussa,
che oggi è governato da un partito islamico, che ancora reprime chi
parla del genocidio armeno (il primo del Novecento: un milione e mezzo
di cristiani armeni massacrati dai turchi). Con l’ingresso della
Turchia nella UE ci troveremo 70 milioni di islamici in casa. Più
islamizzazione di così…
Ma in queste ore un’altra voce si è fatta sentire, quella del nuovo
capo della polizia Antonio Manganelli il quale, alla Commissione
Affari Costituzionali della Camera, ha affermato che il terrorismo
internazionale “preoccupa perché l’Italia è oggetto di invettive”. La
stessa cosa, giorni fa, aveva detto, nella stessa sede, il capo dei
Carabinieri, generale Siazzu.
Manganelli indica – come fatto che deve allarmare – l’operazione che
ha sbaragliato una presunta cellula che si muoveva attorno alla
moschea di Ponte Felcino, a Perugia. “Il modo di operare dell’imam di
Perugia” ha affermato il capo della Polizia “è simile a quello
riscontrato nei progetti degli attentati di Londra del 21 luglio 2005,
dove non sono stati usati tritolo o dinamite, ma una miscela di
prodotti chimici legali, come fertilizzanti ed altro, acquistabili
anche al supermarket”.
Il “caso Ponte Felcino” è molto istruttivo. Il paese, alla periferia
di Perugia, ha 7 mila abitanti e gli immigrati sono circa il 10 per
cento della popolazione. Una percentuale abnorme. E’ in miniatura
l’esempio della società multiculturale che la Sinistra invoca per il
nostro futuro. Qua gli immigrati hanno trovato le porte spalancate che
la Sinistra indica come antidoto alla “guerra di civiltà”. Ma proprio
qua, guarda caso, pochi giorni fa è stato arrestato, fra gli altri, l’imam
della locale moschea per le imputazioni di cui hanno parlato tutti i
giornali.
Il Gip giustamente ricorda che poi il giudizio spetterà alla
magistratura. Ed è giusto essere garantisti con tutti. Va però
sottolineato che questo imam, in pubblico, non si presentava affatto
come un estremista. Il periodico “Quattrocolonne” (della Scuola di
giornalismo che ha sede proprio lì), in un suo numero recente si era
occupato proprio dell’immigrazione a Ponte Felcino. Si riportavano le
dichiarazioni degli immigrati che chiedevano agli italiani di
mostrarsi “aperti”. E le risposte delle istituzioni che si fanno in
quattro per “integrare”, per favorire l’incontro, per “fare largo all’interculturalità”.
Secondo l’idea del “dialogo” cara alla Sinistra che governa l’Umbria e
a qualche gruppo cattolico, gli stranieri “sono una risorsa e non un
problema”.
Su “Quattrocolonne” si parlava anche dell’imam di Ponte Felcino come
uno impegnato a favorire l’avvicinamento tra comunità musulmana e
quella italiana. L’imam dichiarava che, con la Circoscrizione, “stiamo
organizzando per aprile una manifestazione per pulire le sponde del
Tevere che vedrà impegnati, fianco a fianco, immigrati e italiani. C’è
un muro di sfiducia” denunciava ancora l’imam “nei confronti dei
musulmani e questa barriera va abbattuta. La gente ha paura perché
pensa che siamo venuti qui per rubare il lavoro. Si tratta di una
falsità. Conto molto sull’opera dei musulmani italiani che frequentano
la moschea. Il loro aiuto potrebbe essere determinante nel percorso di
integrazione di noi musulmani stranieri nella vostra società”. Parole
che acquisteranno un significato opposto se la magistratura accerterà
la fondatezza delle accuse o la loro infondatezza. In ogni caso il
problema immigrazione resta colossale anche a prescindere dal fenomeno
terroristico. Il Gip di Perugia, Nicla Flavia Restivo, che ha firmato
le ordinanze di custodia cautelare, ha pronunciato parole su cui
riflettere seriamente: “A Ponte Felcino il controllo dello Stato è
stato latitante per anni. Un intero quartiere di Perugia, che
ufficialmente era territorio italiano, nella pratica era ed è
un’isola”.
L’immigrazione può essere il “cavallo di Troia” dell’islamismo
terrorista e anche dell’islamizzazione (due fenomeni da non
confondere). Ma è pure un problema drammatico in sé quando è governato
male. Secondo le rilevazioni dell’istituto americano Pew Research
Center, condotto in 47 stati, il 64 per cento degli italiani ritengono
l’immigrazione un enorme problema nazionale. E’ un primato mondiale.
Ma la nostra classe di governo pensa l’esatto opposto e impone agli
italiani la sua ideologia “immigratoria”. Originata da cosa? Dal
disprezzo della nostra storia e della nostra identità? Da un (miope)
calcolo elettorale? Da ideologia terzomondista? Forse da tutto questo
condito dall’ “ingenuità” irresponsabile denunciata da don Georg.
Intervista a Georg Gänswein di Peter Seewald
Süddeutsche Zeitung – 27 juillet 2007
"Il Papa è sempre vestito di bianco anche quando guarda la
televisione"
Quando si ha l'occasione unica di parlare con il segretario
personale di Benedetto XVI, si possono anche affrontare delle
questioni certamente di attualità perché alla fine dei conti Georg
Gänswein abita con il Papa in una sorta di "comunità di abitazione".
P.S. Monsignore, come sta il Papa?
G.G. Sta bene, si sente bene, lavora molto con una grande velocità.
Egli utilizza la cyclette che gli ha prescritto il suo medico
Buzzonetti?
Questa bicicletta di trova nel nostro appartamento privato.
Che cosa vuol dire?
Essa è gentilmente là: pronta per essere utilizzata.
A suo tempo il cardinale Ratzinger desiderava andare in pensione,
perché si sentiva stanco.
Con l'elezione a Papa, è accaduto qualcosa a cui non aspirava e che
non voleva. Ma - quando successivamente si è a poco a poco inserito
nella Volontà di Dio - sono convinto che la Grazia di Stato ha
lasciato e lascia delle tracce visibili nella persona e nell'azione.
Come ha reagito il Papa alla notizia dell'elezione?
Io ho raggiunto la Cappella Sistina nel momento in cui un cardinale
dopo l'altro si inginocchiava davanti al Papa per prestargli
giuramento di obbedienza. Il suo viso era bianco quasi come la sua
veste bianca e lo zucchetto che ha sulla testa. Egli aveva un'aria
estremamente commossa.
Che cosa Le è passato per la testa in quel momento?
È stato come una tempesta vorticosa,
trovare dei pensieri chiari assolutamente impossibile. Anche i giorni
seguenti, era come uno tsunami.
E quando ha saputo che la Sua vita stava per cambiare radicalmente?
È stato così: al momento dell'omaggio, quando è arrivato il mio
turno dopo i cardinali, ho detto: "Santo Padre, io Le prometto
obbedienza, fedeltà, il mio impegno in tutto ciò che Lei mi ordina.
Io mi metto a Sua disposizione con tutte le mie forze, senza limiti".
E la risposta?
Egli mi ha guardato, annuito con la testa e ringraziato.
Il Suo stipendio è cambiato?
Non guadagno né di più né di meno rispetto a prima. La sola
differenza è che l'indirizzo sulla mia busta-paga è cambiato.
Il figlio di un fabbro viene da un villaggio di 450 anime nella
Foresta Nera che viaggia in elicottero accanto al Santo Padre e
condivide la preoccupazione per la Chiesa Universale - ci si domanda:
Perché io? Che cosa vuole Dio da me?
Effettivamente mi sono posto questa domanda, e non soltanto una volta.
È un lavoro che non è prevedibile. Quando ho promesso al Santo Padre
fedeltà ed obbedienza, ho cercato di rispondere a questa domanda. In
questo personalmente ho visto anche io il dito di Dio che mi ha messo
di fronte a questo lavoro senza sosta.
Probabilmente Lei è il primo segretario pontificio della storia
della Chiesa che si trova egli stesso insieme al Pontefice nel mirino
del pubblico: i magazines popolari adorano il « sunnyboy en soutane ».
Secondo la Schweizer Weltwoche Lei sarebbe senza dubbio l'uomo in
talare più bello che si sia mai visto in Vaticano. Donatella Versace
Le ha persino dedicato una linea di moda. Lei è infastidito per
essere il "beniamino delle donne"?
Non sono arrossito per questo, la cosa mi ha un po' irritato. Non è
offensivo e dapprima mi ha anche lusingato, non è un peccato.
Prima non mi ero mai confrontato così direttamente e frontalmente con
il mio aspetto fisico. Poi ho rimarcato che questa è più che altro
una manifestazione di simpatia: un bonus non un malus. Ci si può
adattare.
Tuttavia, mi augurerei anche che non ci si fermi all'aspetto
esteriore, ma che si prenda coscienza della sostanza che sta sotto
l'involucro.
Lei riceve lettere d'amore?
Sì, di tanto in tanto.
Lei una volta ha parlato di "invidia clericale"
Dissi questo in relazione ad alcune frasi che mi calunniavano: "Questi
vuole guadagnare potere, vuole mettersi in mostra, e cose simili. Ci
sono stati e ci sono dei pettegolezzi stupidi e malevoli, alcune volte
si mente spudoratamente. Ma io non me ne curo più.
Anche in Vaticano?
Il Vaticano è anche una "Corte di Stato" e ci sono infatti i
pettegolezzi di corte. Ma ci sono anche delle frecce che vengono
tirate molto consapevolmente e ben indirizzate. Ho dovuto imparare a
fare lo stesso.
Sembra che Lei sia a disposizione per la sede vacante di Monaco.
Si tratta di "uova non deposte". Deliberatamente inventate, tirate per
i capelli.
Nessuno pensava che fosse possibile che un successore di un "Papa
del millennio" come Karol Wojtyla potesse avere successo così in
fretta. Ora tutto è cambiato. Non solo perché Papa Benedetto XVI
attira il doppio dei visitatori e i suoi libri sono venduti in milioni
di edizioni. Papa Ratzinger è nello stesso tempo riconosciuto come
uno dei pensatori più significativi del nostro tempo. E
contrariamente al suo predecessore non è eccessivamente criticato
(FORSE IN GERMANIA, NOTA). Che cos'ha lui che altri non
hanno?
Il fatto di essere Papa dà ovviamente una maggiore accessibilità
una maggiore possibilità di azione e anche una grande forza di
penetrazione. Un conoscitore di cose romane ha detto una volta durante
il viaggio del Papa in Baviera: Giovanni Paolo II ha aperto i cuori,
Benedetto XVI li riempie. In questo c'è del vero. Il Papa raggiunge
il cuore degli uomini, si rivolge ad essi, ma non parla di lui, egli
parla di Gesù Cristo, di Dio, e in un modo moderno, comprensibile,
convincente. È questo ciò che gli uomini cercano. Benedetto XVI
offre un nutrimento spirituale.
Giovanni Paolo II voleva che il cardinale Ratzinger diventasse il
suo successore?
Su questo sono state fatte molte speculazioni. Non lo so.
Comunque, malgrado le reiterare richieste di dimissioni di Ratzinger
da Prefetto della Congregazione per la fede, egli non gli ha mai
concesso il congedo dal suo incarico.
Lei considera questo una sorta di "Argomentum e silentio", una
sorta di conclusione dal silenzio?
È possibile. È vero che Papa Giovanni Paolo II ha spesso detto ai
suoi collaboratori più stretti: Vorrei vedere il cardinale Ratzinger,
ho bisogno di lui come "testa teologica". Da ciò sarebbe possibile
dedurre qualcosa...
Il Palazzo Apostolico è diventato più tranquillo. Benedetto XVI
ha notevolmente ridotto il numero delle udienze e raramente ha ospiti
a pranzo. Ciò significa che si lavora meno, giustamente sotto un
tedesco?
Non si lavora meno ma in modo più concentrato. Il Papa ha un lavoro
rigoroso e rapido. Per fare ciò ha bisogno di tempo: per leggere, per
studiare, per pregare, per riflettere, per scrivere. Ciò non è possibile se non grazie ad una organizzazione rigorosa, se
non si cambiano alcune cose o le si abolisce a favore di quelle più
importanti.
Ciò significa che il suo predecessore era un po' superato sul
piano concettuale, organizzativo?
Assolutamente no. Con Giovanni Paolo II, rispetto ai pontificati
precedenti, tutto è diventato superlativo. Pensi solo al numero delle
udienze, dei viaggi, dei documenti, delle celebrazioni liturgiche o
anche alle Sante Messe mattutine nella cappella privata dei Papi, dove
erano sempre invitate numerose persone.
Questo costa giorno dopo giorno una quantità enorme di tempo, che si
deve risparmiare. Per Benedetto XVI un tale ritmo sarebbe impensabile.
Dopo tutto, Giovanni Paolo II non è diventato Papa a 78 anni, ma a
58.
Alla fine dell'era Wojtyla, parecchie cose sono rimaste in
sospeso...
È un segreto di Pulcinella che Papa Giovanni Paolo II non si mai
preoccupato molto della curia romana. Non è una critica ma
semplicemente un fatto. Il Papa attuale ha lavorato negli ultimi 23
anni al posto più importante della curia. Egli la conosce meglio di
chiunque. Questo per lui è un'esperienza unica ed un enorme
vantaggio.
Un Papa può avere dei problemi con la curia?
Uno sguardo alla storia lo dimostra: sì, può capitare. Un punto di
debolezza è senza dubbio l'indiscrezione. Purtroppo è che così che
si hanno spesso delle fughe di notizie sulle nomine, sulla
elaborazione dei documenti, sui provvedimenti disciplinari...
Non è solo spiacevole. Comporta anche il pericolo che sia possibile
esercitare coscientemente un'influenza dall'esterno che produce
irritazione.
Un altro punto, vista la composizione internazionale della curia
romana, è che esistono delle differenti mentalità, diversi stili di
lavoro, di rappresentazione, dei tempi e dei caratteri personali che
si scontrano. Si arriva al punto che ciò produce delle scintille.
In fin dei conti, è il Papa il giudice del processo?
Aveva dei dubbi? Il Papa incontra regolarmente in udienza i suoi
principali collaboratori. Giorno dopo giorno, settimana dopo
settimana. In più i capi dicastero vengono in udienza a cadenza
regolare. Questo garantisce in modo istituzionale non solo il
necessario contatto personale, l'importante flusso di informazioni, ma
anche lo scambio indispensabile per le due parti.
Il Papa ascolta, domanda consiglio, riflette, decide.
Joseph Ratzinger è veloce nello studio dei documenti?
Veloce come un fulmine e ha una memoria d'elefante.
Qualcuno muove delle critiche: il Papa si troverebbe in una sorta
di "splendido isolamento", dentro una gabbia dorata; che sarebbe
impossibile avvicinarlo.
È una stupidaggine. Tutte le mattine ci sono udienze private, il
pomeriggio gli incontri di lavoro con i collaboratori più stretti. E
questo sei giorni alla settimana. In più ci sono parecchi incontri
sia dentro sia fuori le mura del Vaticano. Gabbia dorata? Ma certo che
no! Può darsi che tutto ciò nasconda anche una critica nei miei
confronti, cioè che io proteggerei troppo il Papa. Totalmente
esagerato.
In fondo egli è un uomo timido. Nello stesso tempo sembra provare
un certo disagio, una certa ribellione di fronte a qualcosa di troppo
convenzionale, di fronte alle sciocchezze.
Ognuno può rendersi conto che il Santo Padre non è un uomo cupo, ma
piuttosto riservato.
Il Papa scrive di suo pugno i suoi testi più importanti, anche il
discorso di Ratisbona con la citazione controversa tratta da un libro
storico a proposito di una disputa con i musulmani. Perché nessuno ha
riletto il testo?
Io considero il discorso di Ratisbona, così come è stato
pronunciato, come profetico.
Lo spavento è stato grande, quando si è avuta conoscenza degli
attacchi del mondo musulmano?
Abbiamo saputo di quelle reazioni per la prima volta all'aeroporto di
Roma, al ritorno dalla Baviera. È stata una grande sorpresa, anche
per il Papa. Le azioni più violente sono nate innanzitutto dai
resoconti giornalistici che avevano estrapolato una citazione dal suo
contesto (CAPITO?) e l'avevano presentata come opinione personale del
Papa.
Nell'islam reale, soprattutto laddove questa religione domina lo
stato e la società, si calpestano dei diritti umani. La persecuzione
dei cristiani si è moltiplicata drammaticamente. E il Presidente
della Repubblica dell'Iran ha dichiarato che è iniziata la
distruzione di Israele. La rappresentazione di un vero dialogo con
l'islam non è un po' troppo ingenua?
Non si possono nascondere i tentativi di islamizzazione
dell'occidente. E il pericolo per l'identità dell'Europa, che vi è
legato, non deve essere negato per una malintesa idea di rispetto. I
Cattolici vedono chiaramente questo pericolo e lo dicono anche.
Giustamente il discorso di Ratisbona doveva contrastare una certa
ingenuità. Occorre tenere presente che non esiste un islam; esso non
riconosce una voce unica vincolante per tutti i musulmani. Sotto
questa nozione sono raccolte molte correnti diverse, in parte nemiche
fra loro, fino a quelle estremistiche che si richiamano al Corano per
le loro azioni e che ricorrono al fucile. A livello istituzionale, la
Santa Sede tenta di allacciare contatti e di portare avanti il dialogo
attraverso il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.
La famiglia pontificia è la comunità di abitazione più famosa:
quattro donne che appartengono alle "Memores" di Comunione e
Liberazione, due segretari ed il Papa. Essi pregano insieme, mangiano
insieme e alla sera guardano insieme la televisione nel salotto.
Com'è Benedetto XVI come compagno di abitazione?
Effettivamente la famiglia papale è una gioiosa comunità di
abitazione: due tedeschi, un polacco e quattro italiane che prima
praticamente non si conoscevano. Il primo passo importante è stato
quello di trovare un modus vivendi. La parola giusta, il dare in modo
giusto, il prendere in modo giusto, tacere, non tacere. Già poco tempo dopo si
è sviluppata un'atmosfera familiare molto
cordiale. La lingua della comunità dell'appartamento è l'italiano.
Il Papa è in fin dei conti il Vescovo di Roma. Una piccola correzione
a proposito del guardare la televisione insieme: è pura fantasia; il
Papa ed i due segretari guardano al massimo le notizie della sera. Lo
svolgimento della giornata è ovviamente scandito dal ritmo del lavoro
e delle udienze; ma noi proviamo ad introdurre di tanto in tanto delle
piccole "sottolineature" personali.
Sottilineature?
Sottolineature forse è un po' esagerato. Penso semplicemente al fatto
che alcuni avvenimenti personali sono evidenziati come si deve, come
gli onomastici e i compleanni.
Quando guardate la tv, la sera, il Papa porta un abbigliamento
"privato"?
No, il Papa è sempre in bianco.
Il Papa deve portare delle scarpe Prada?
Deve? Certo che no! Alcuni giornalisti hanno una fervida fantasia.
Le porta allora?
Resto in debito con Lei di una risposta.
Come il Papa, anche Lei è di umili origini ed entrambi siete
cresciuti in un villaggio. Che cosa avete trovato nella culla?
Sicuramente una buona dose di sana e naturale freschezza, che è un
filtro incorruttibile contro l'immoralità, poco importa sotto quali
forme essa si presenta. Un istinto che aiuta a distinguere il vero dal
falso.
Eravate cinque figli a casa, il papà fabbro, la mamma casalinga.
Mio padre dirigeva una ditta artigianale di fabbri arrivata alla
settima generazione a cui più tardi si è aggiunto un negozio di
macchine agricole che non ha mai fruttato molto. Quando avevo sei
anni, avevamo ancora una piccola azienda agricola. A volte dovevamo
parecchio "tirare la cinghia". Inoltre mio padre era molto attivo
nella politica del comune e in molte associazioni. Quindi raramente
rimaneva a casa la sera. Dunque nostra madre doveva caricarsi tanto
più del dovere e del peso dell'educazione dei figli. Noi cinque figli
abbiamo avuto un'infanzia spensierata. Naturalmente abbiamo spesso
litigato fra di noi.
Perché tutto non si svolgeva secondo la testa del più grande?
In quanto fratello maggiore avrei dovuto essere sempre il più saggio
– « il più saggio cede» - ma l'indulgenza non è esattamente il mio
punto di forza.
« Born to be wild »: era questo il Suo trucco?
Forse nella fase fra i 15 ed i 18 anni. Ascoltavo Cat Stevens, i Pink
Floyd e qualche altra celebrità dei nostri tempi, fra cui anche i
Beatles. Nello stesso tempo portavo capelli lunghi e ricci. Questo non
faceva piacere a mio padre; allora ci sono state delle discussioni a
proposito degli appuntamenti dal parrucchiere e della lunghezza dei
capelli. Piu' tardi tutto ciò si è calmato a favore di uno stile
molto poco spettacolare.
Lei era inquadrato politicamente?
Non mi sono mai particolarmente esposto politicamente. I miei
interessi, al di fuori delle scuola, mi spingevano verso lo sport, il
football, lo sci.
Con questo (lo sport) ha anche guadagnato il denaro per gli studi?
No, non come maestro di sci, cosa che era solo per il club di sci del
nostro villaggio. Ho lavorato per guadagnare dei soldi come postino,
dapprima con la bicicletta in un piccolo paese della Foresta Nera,
più tardi con l'automobile in campagna.
Da un'intervista alla Radio (Vaticana), Georg Gänswein: "Ho dei
sensi sani e chi ha dei sensi sani, li utilizza". Ciò viene inteso
come una ricca esperienza con le ragazze.
Ho due sorelle e parecchie cugine che mi hanno aiutato a non avere
alcun problema con il genere femminile. Sono cresciuto in maniera
totalmente naturale, completamente a mio agio
Ha avuto una relazione fissa?
Non questo. Ho avuto delle adorabili amicizie giovanili.
Lei inizialmente voleva diventare agente di borsa.
Inizialmente avrei dovuto rilevare la gestione dell'impresa agricola
di mio padre. Ma ad un certo punto, mi interessavano molto di più le
agitazioni della borsa. La mia rappresentazione era questa: là si fa
molto denaro e occorre essere attenti e veloci. Più in là, però,
quando ero più maturo, è arrivato il momento in cui ho riflettuto un
po' più intensamente. Bene! Quando ho imparato tutto questo e ho
ricavato del denaro, che cosa accadrà allora? E dopo ancora? E più
in là? Improvvisamente alcune domande esistenziali si sono fatte
strada in primo piano. Così ho iniziato la ricerca e in questo modo
sono caduto senza volerlo sulla filosofia e sulla teologia.
Un processo di lunga durata.
E faticoso. Dapprima ero immensamente attratto dal mondo teologico
globale, il sacerdozio si è aggiunto solo in un secondo tempo.
Ovviamente anche il celibato era un problema. Ad un certo punto, ho
pensato: tu non puoi vivere a metà velocità, o lo fai totalmente o
lasci. Un po' di teologia, non si va avanti. Così mi sono avviato, passo dopo passo, verso il sacerdozio.
Una citazione da una Sua omelia durante un'ordinazione sacerdotale:
"Esso (il sacerdozio) ti permette di sapere che tu hai una
dignità
che ti distingue da tutti coloro che non sono preti... esso ti permette
di avere la consapevolezza di fare qualcosa di grande, di poterlo
fare..." Parole formulate in modo abbastanza rigido.
Ripeterei queste frasi di nuovo, senza se e senza ma.
Davvero?
Assolutamente.
Questo suona anche un po' romantico.
Non sono d'accordo. Sono parole che che sono esperienza di vita e la
vita non è romantica. Le frasi che Lei ha citato, estrapolate da una
omelia, possono avere l'aria un po' cerimoniosa sulla carta, ma c'è
dietro una buona parte di esperienza personale, e io non volevo
nascondere al giovane prete che egli ha qualcosa di grande davanti a sé, che questo costa anche qualcosa e che egli deve lasciare che gli
costi qualcosa.
Nel 1984, Lei è stato ordinato prete, poi ha passato due anni come
vicario nella Foresta Nera. Nel 1993, a Monaco, Lei ha scritto la tesi
dal titolo "Essere membri della Chiesa secondo il Concilio Vaticano II".
È mai stato assalito da grandi dubbi?
Dopo due anni come vicario, sono stato inviato a Monaco per continuare
gli studi in una materia che non mi era particolarmene congeniale: il
diritto canonico. Dopo un semestre, ne avevo talmente abbastanza che
mi sono detto: "Ora vado dall'Arcivescovo e gli chiedo di riprendermi
nella diocesi perché non lo sopporto più".
Era così terribile?
Avevo sempre studiato volentieri e con facilità, ma trovavo lo studio
del diritto canonico arido come il lavoro in un posto polveroso, dove
non c'è birra. Si muore di sete. La salvezza è arrivata dal mio
"padre di dottorato" (in italiano potremmo dire relatore della tesi),
il professore di diritto ecclesiastico Winfried Aymans che mi ha
scelto più avanti come assistente. Egli mi ha parecchio aiutato ad
uscire da questo terribile stallo, essendo capace di mostrarmi delle
nuove prospettive. Questo mi ha davvero aiutato a non stare con le
mani in mano. Gliene sono molto grato.
Saltano sempre fuori nuovamente delle definizioni: ligio al dovere,
pio, conservatore: un uomo formale e severo.
Nel senso di "dolce nella forma e severo nel contenuto" posso anche
lasciarlo dire. Quando considero qualcosa come giusta la mantengo.
D'accordo: la pazienza non è il mio forte. A volte mi mi arrabbio
abbastanza facilmente. Questo può dare fastidio.
Che cosa deve saper fare il segretario personale del Capo di una
Chiesa con 1.1 miliardi di fedeli?
In un certo senso, deve essere un generalista, ma nello stesso tempo
si rende conto che non può saper fare tutto; e non deve nemmeno
pretenderlo da se stesso. Egli deve fare ciò che il Papa gli chiede
con tutta la forza, il cuore e l'intelligenza.
All'inizio, c'e' un'iniziazione, per esempio una scuola di
etichetta pontificia?
Assolutamente no. La sola cosa che ho avuto è stato un colloquio a quattr'occhi con il mio predecessore, Mons. Stanislaus Dziwisz,
l'attuale Arcivescovo di Cracovia. Si è svolto due settimane dopo
l'elezione del Papa e il trasloco nell'appartamento. Egli mi ha
consegnato una busta nella quale erano inseriti alcuni fogli e una
chiave per un sigillo. Un sigillo molto antico, un lavoro in stile
tedesco. Mi ha solo detto: "Ora tu hai un compito molto importante,
molto bello ma difficilissimo. La sola cosa che posso dirti è che il
Papa non deve essere "schiacciato" da niente e da nessuno. Come si
lavora, devi capirlo da solo". Punto e basta. Non ha detto altro.
È
tutto come "scuola di etichetta papale".
Che cosa conteneva la busta?
Questo non posso svelarlo. Sono informazioni che sono trasmesse da
segretario del Papa a segretario del Papa.
Ha fatto qualche errore all'inizio?
Mi sono presto reso conto che il ritmo che mi ero imposto era troppo
elevato. Partire in pole position e una cosa, compiere tutti i giri e
poi arrivare bene al traguardo è un'altra cosa.
Partenza a tutto gas, per così dire. Ora si tratta di trovare il
giusto ritmo. Un altro problema era la gestione delle innumerevoli
richieste di udienza privata e di altri incontri, che sono tutti
accompagnati di motivazioni onorevoli. Richieste senza fine, "solo
un'eccezione", "il Papa mi conosce da tanto tempo, gli farà piacere"
e quasi sempre scritte con molto ossequio. Lì bisognava trovare il
sistema di filtraggio adeguato. Dovevo trovare un filtro ancora più
fine.
Di che cosa priva il Santo Padre?
Di niente di significativo. Tutti i testi e documenti ufficiali, tutto
ciò che viene emanato dai cardinali e dai vescovi, ciò che viene dal
mondo della politica e della diplomazia viene da me posto
all'attenzione del Santo Padre durante gli incontri quotidiani. Oltre
a ciò esiste ovviamente una enorme quantità di lettere, richieste,
domande, proposte, che egli non vede, perché non ne ha semplicemente
il tempo. Su questo il Papa mi ha accordato un margine di manovra e di
discrezionalità.
Qualcuno prova a servirsi di Lei?
Ciò avviene di tanto in tanto, ma so difendermi.
Nella Sua posizione capita di "staccare"?
E' piuttosto il contrario, cioè si è sepolti dal lavoro. Se c'è un
rischio, questo si chiama "isolamento". Una volta alcuni amici hanno
detto che non mi faccio sentire, che mi sono allontanato da
loro. Questo è un segnale di allarme! E ho subito cercato di
ricavarmi del tempo libero per prendermi cura delle mie relazioni
personali e le mie amicizie. Ciò è importante per la salute mentale.
Quali effetti può avere questo Pontificato?
Rafforzamento della fede e incoraggiamento della fede e la presa
di coscienza che la fede cattolica è qualcosa di grande, un dono di
Dio, ma che non è imposta, ma deve essere volontariamente,
liberamente, accolta. In più ci sono attualmente delle sfide con cui
la Chiesa deve confrontarsi.
Per esempio?
La questione di Dio, il confronto con le differenti forme di
relativismo, il dialogo con l'islam, il rafforzamento della propria
identità. Il fatto è che un continente come l'Europa non può vivere
se si tagliano le sue radici cristiane, perché così essa perde la
sua anima.
L'annuncio de "l'unità piena e visibile" con le Chiese Ortodosse
è la prima istanza del Pontificato di Ratzinger. Non è una
rappresentazione troppo illusoria?
Questa non è solamente un'istanza, è un traguardo sempre dichiarato
da allora. Il fatto è che il Papa dichiara espressamente questa
intenzione, va da sé, per chi, come lui, ha contribuito fortemente ad
impregnare teologicamente questo campo negli ultimi anni e decenni.
Non dimentichiamo che le Chiese Ortodosse sono nella successione
apostolica e che esse hanno un Magistero fondato, l'eucarestia ed
anche i sette Sacramenti.
Ciò che necessita una chiarificazione è la questione del Primato e
della giurisdizione del Papa. Ma è uno scandalo che i Cristiani siano
ancora divisi. Il ristabilimento dell'unità intera nella fede è
sicuramente un grande obiettivo del Papa teologo.
Papa Benedetto ha intenzione di modificare la concetto di Papato
per favorire l'unità?
La domanda e' posta male. Non si può portare avanti l'ecumenismo a
spese della Verità. Un Papa non può semplicemente ristrutturare il
Papato per ottenere più rapidamente certi risultati. Per il Papato si
tratta di restare a garanzia della verità in vista dell'unità.
Una svolta nelle relazioni della Chiesa Cattolica con Mosca,
Costantinopoli e soprattutto Pechino modificherebbe drammaticamente la
carta del mondo politico-religioso.
Il dialogo ecumenico con le diverse Chiese Ortodosse è a pieno regime
e sono stati fatti dei progressi considerevoli. Ma operare per
l'ecumenismo è e resta un confronto laborioso. Questo deriva anche
dal contesto di tensioni che esistono all'interno delle Chiese
Ortodosse. Costantinopoli e Mosca marcano due punti delicati. Il mondo
intero ha potuto assistere attraverso i media all'incontro del Papa
con il Patriarca ecumenico nel novembre scorso a Istanbul. Un incontro
con il Patriarca di Mosca manca ancora.
Vede già il Papa presso il Patriarca russo di Mosca?
Spero che si arrivi ad un incontro, ovunque sia.
In occidente, la Chiesa romana attraversa una grande
trasformazione. Il Cardinale di Vienna, Christoph Schönborn, parla
già di una alternativa alla Chiesa di popolo conosciuta fino ad oggi:
"una Chiesa di decisione" alla quale i fedeli affermano così la loro
adesione. I tempi della « pseudo-cristianità » sono finiti?
« Pseudo-cristianità », questa definizione suona ingiusta e
sminuente e non corrisponde nemmeno alla realtà. Ciò che si può
percepire è che alcuni elementi della Chiesa di popolo fondono e che
si formano sempre più "noccioli di comunità"; questo processo
è in
corso da molti anni. Il cardinale Schönborn lo descrive con la nozione
di "Chiesa di decisione". Chi è Cristiano oggi, vuole esserlo, decide
di esserlo, e più deciso, forse più deciso che negli anni passati. E
chi non vuole esserlo, non lo è semplicemente, senza che questo
comporti per lui delle conseguenze qualsiasi di ordine personale,
sociale, politico o di altro genere.
È interessante constatare che molti preti della nuova generazione
riscoprono i tesori spirituali, culturali ed estetici della liturgia
tradizionale. Il nuovo motu proprio "Sommorum Pontificum" stabilisce
che ogni prete possa celebrare la Santa Messa anche con il precedente
rito tridentino. Ciò provoca delle nuove discussioni nella Casa
(Chiesa)?
È il contrario dell'intenzione e del fine. È desiderato che le
discussioni si plachino e le divisioni e le rotture siano superate.
Con il motu proprio si è aperta una patria spirituale a dei fedeli,
non poco numerosi. Sono convinto che la lettera del Santo Padre ai
vescovi ,pubblicata contestualmente al motu proprio, nella quale il
Papa spiega dettagliatamente le ragioni del documento, offre la chiave
per una corretta comprensione.
Il filosofo francese, Renè Girard, membro dell'Accademia di
Francia, prediceva una rinascita cristiana determinata. Noi ci
troviamo già alla vigilia di una rivoluzione della nostra cultura.
Questa trasformazione farebbe impallidire persino il Rinascimento del
XV secolo.
Il fatto religioso gode attualmente di una attenzione come raramente
negli anni passati. Dopo una fase di indifferenza, ci si confronta
oggi di nuovo con la religione e le questioni di fede. Ho visto che
giustamente molte persone giovani, che in realtà hanno o potrebbero
avere tutto, si rendono conto: in effetti si può tutto, si può
persino distruggere il mondo, ma non si può guadagnare l'anima,
quando manca l'essenziale. La Chiesa Cattolica ha dei tesori da
offrire, che nessun altro è capace di offrire, di più grande e di
più durevole di tutte le proposte di salute politica. Tuttavia ciò
non arriva automaticamente. La fede nasce dall'ascolto, come dice San
Paolo, essa deve essere annunciata.
Già dopo sei settimane dalla pubblicazione. il libro del Papa su
Gesù ha venduto 1.5 milioni di copie. Si ha la sensazione che il Papa
ri-vesta questo Gesù in un modo totalmente nuovo.
Il libro su Gesù è la quintessenza di un uomo che si è occupato
della figura di Gesù di Nazaret nel corso di tutta la vita come
prete, teologo, vescovo, cardinale e ora Papa. È un immenso legato
spirituale.
Che cosa apprezza particolarmente in quest'opera?
La sto leggendo un'altra volta. È scritta tanto profondamente quanto
comprensibilmente. È il risultato del percorso di vita di una
personalità straordinaria. L'opera si iscrive nella tradizione
dei grandi padri della Chiesa. Sono convinto che questo libro rafforzi
nella fede parecchie persone, le conduce alla fede, e non solo un
certo strato intellettuale, ma uomini di tutte le origini e
formazioni.
Il teologo Joseph Ratzinger fornisce una logica implacabile: Questo
Gesù è colui che ha tutti i poteri, il Signore dell'universo, Dio
egli stesso, che si è fatto uomo. Nei fatti Gesù dovrebbe scatenare
una rivoluzione.
Sì, ma senza spargimento di sangue.
© Copyright Sueddeutsche Zeitung
| indietro | | inizio
pagina |
|