ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE

DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
ai Vescovi ai Presbiteri e ai Diaconi
ai Consacrati e alle Consacrate ed a tutti i fedeli Laici su
GESÙ CRISTO, VIVENTE NELLA SUA CHIESA,
SORGENTE DI SPERANZA PER L'EUROPA

 

INTRODUZIONE

 

Annuncio di gioia per l'Europa

1. La Chiesa in Europa ha accompagnato con sentimenti di partecipazione i suoi Vescovi riuniti in Sinodo per la seconda volta, mentre erano intenti alla meditazione di Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per l'Europa.

È un tema che anch'io, riprendendo con i miei fratelli Vescovi le parole della Prima Lettera di san Pietro, voglio proclamare a tutti i cristiani d'Europa all'inizio del terzo millennio. « Non vi sgomentate, [...] né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi » (3, 14-15).(1)

Quest'annuncio è continuamente risuonato lungo il Grande Giubileo del Duemila, con cui il Sinodo, celebrato nella sua immediata vigilia, è stato in stretta relazione, quasi porta aperta su di esso.(2) Il Giubileo è stato « un unico, ininterrotto canto di lode alla Trinità », un autentico « cammino di riconciliazione » e un « segno di genuina speranza per quanti guardano a Cristo e alla sua Chiesa ».(3) Lasciandoci in eredità la gioia dell'incontro vivificante con Cristo, che « è lo stesso, ieri, oggi e sempre » (Eb 13, 8), ci ha riproposto il Signore Gesù come unico e indefettibile fondamento della speranza vera.

Un secondo Sinodo per l'Europa

2. L'approfondimento del tema della speranza costituiva fin dall'inizio lo scopo principale della Seconda Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi. Ultimo delle serie dei Sinodi a carattere continentale celebrati in preparazione al Grande Giubileo del Duemila,(4)esso aveva come scopi di analizzare la situazione della Chiesa in Europa e di offrire indicazioni per promuovere un nuovo annuncio del Vangelo, come sottolineavo nella convocazione da me resa pubblica il 23 giugno 1996, al termine dell'Eucaristia celebrata nello stadio olimpico di Berlino.(5)

L'Assemblea sinodale non poteva fare a meno di riprendere, verificare e sviluppare quanto emerso nel Sinodo precedente dedicato all'Europa e che si era celebrato nel 1991, all'indomani della caduta dei muri, intorno al tema « Per essere testimoni di Cristo che ci ha liberato ». Da quella Prima Assemblea Speciale era emersa l'urgenza e la necessità della «  nuova evangelizzazione  », nella consapevolezza che « l'Europa non deve oggi semplicemente fare appello alla sua precedente eredità cristiana: occorre infatti che sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro nell'incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo ».(6)

A nove anni di distanza, la convinzione che « è compito urgente della Chiesa offrire nuovamente agli uomini e alle donne dell'Europa il messaggio liberante del Vangelo » (7) si è ripresentata con la sua forza stimolante. Il tema scelto per la nuova Assemblea sinodale riproponeva, secondo l'angolatura della speranza, la medesima sfida. Si trattava, quindi, di proclamare questo annuncio di speranza a un'Europa che sembrava averla smarrita.(8)

L'esperienza del Sinodo

3. L'Assemblea sinodale, svoltasi dal 1° al 23 ottobre 1999, si è rivelata una preziosa opportunità di incontro, di ascolto e di confronto: si è approfondita la reciproca conoscenza tra Vescovi di diverse parti dell'Europa e con il Successore di Pietro e, tutti insieme, abbiamo potuto edificarci a vicenda, grazie soprattutto alle testimonianze di quanti, sotto i passati regimi totalitari, hanno sopportato per la fede dure e prolungate persecuzioni.(9) Ancora una volta, abbiamo vissuto momenti di comunione nella fede e nella carità, animati dal desiderio di realizzare un fraterno « scambio di doni », arricchiti mutuamente con la diversità delle esperienze di ciascuno.(10)

Ne è emersa la volontà di recepire l'appello che lo Spirito rivolge alle Chiese in Europa per impegnarle di fronte alle nuove sfide.(11) Con uno sguardo pieno di amore, i partecipanti all'incontro sinodale non hanno temuto di osservare la realtà attuale del Continente, rilevandone luci ed ombre. Chiara è risultata la consapevolezza che la situazione è segnata da gravi incertezze a livello culturale, antropologico, etico e spirituale. Altrettanto nitidamente si è andata affermando una crescente volontà di penetrare in questa situazione e di interpretarla per vedere i compiti che attendono la Chiesa: ne sono usciti « utili orientamenti per rendere sempre più visibile il volto di Cristo mediante un più incisivo annuncio corroborato da una coerente testimonianza ».(12)

4. Vivendo l'esperienza sinodale con discernimento evangelico, è andata sempre più maturando la consapevolezza dell'unità che, senza rinnegare le differenze derivanti dalle vicende storiche, collega le varie parti dell'Europa. È un'unità che, affondando le sue radici nella comune ispirazione cristiana, sa comporre le diverse tradizioni culturali e che chiede, a livello sociale come a livello ecclesiale, un continuo cammino di conoscenza reciproca aperta ad una maggiore condivisione dei valori di ciascuno.

Lungo il Sinodo, man mano si è resa evidente una forte tensione verso la speranza. Pur facendo proprie le analisi della complessità che caratterizza il Continente, i Padri sinodali hanno colto come l'urgenza forse più grande che lo attraversa, a Est come ad Ovest, consiste in un accresciuto bisogno di speranza, così da poter dare senso alla vita e alla storia e camminare insieme. Tutte le riflessioni del Sinodo sono state orientate a rispondere a questo bisogno a partire dal mistero di Cristo e dal mistero trinitario. Il Sinodo ha voluto riproporre la figura di Gesù vivente nella sua Chiesa, rivelatore del Dio Amore che è comunione delle tre Persone divine.

L'icona dell'Apocalisse

5. Con la presente Esortazione post-sinodale, sono lieto di poter condividere con la Chiesa che è in Europa i frutti di questa Seconda Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi. Intendo così assecondare il desiderio espresso al termine dell'assise sinodale, allorché i Pastori mi hanno trasmesso i testi delle loro riflessioni, con la preghiera di offrire alla Chiesa pellegrinante in Europa un documento sullo stesso tema del Sinodo.(13)

« Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese » (Ap 2, 7). Nell'annunciare all'Europa il Vangelo della speranza, terrò come guida il libro dell'Apocalisse, « rivelazione profetica » che dischiude alla comunità credente il senso nascosto e profondo delle cose che accadono (cfr Ap 1, 1). L'Apocalisse ci pone di fronte a una parola rivolta alle comunità cristiane, affinché sappiano interpretare e vivere il loro inserimento nella storia, con i suoi interrogativi e le sue tribolazioni, alla luce della vittoria definitiva dell'Agnello immolato e risorto. Nel contempo, siamo di fronte a una parola che impegna a vivere abbandonando la ricorrente tentazione di costruire la città degli uomini a prescindere da Dio o contro di lui. Quando, infatti, ciò si verificasse, sarebbe la stessa convivenza umana a conoscere, prima o poi, una irrimediabile sconfitta.

L'Apocalisse contiene un incoraggiamento rivolto ai credenti: al di là di ogni apparenza, e anche se non se ne vedono ancora gli effetti, la vittoria del Cristo è già avvenuta ed è definitiva. Ne segue l'orientamento a porsi di fronte alle vicende umane con un atteggiamento di fondamentale fiducia, che sgorga dalla fede nel Risorto, presente ed operante nella storia.

 

CAPITOLO PRIMO

GESÙ CRISTO È NOSTRA SPERANZA

« Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo
e il Vivente
» (Ap 1, 17-18)

Il Risorto sta sempre con noi

6. In un tempo di persecuzione, di tribolazione e di smarrimento per la Chiesa all'epoca dell'Autore dell'Apocalisse (cfr Ap 1, 9), la parola che risuona nella visione è una parola di speranza: « Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi » (Ap 1, 17-18). Siamo messi così di fronte al Vangelo, al « lieto annuncio », che è Gesù Cristo stesso. Egli è il Primo e l'Ultimo: in Lui tutta la storia trova inizio, senso, direzione, compimento; in Lui e con Lui, nella sua morte e risurrezione, tutto è già stato detto. È il Vivente: era morto, ma ora vive per sempre. Egli è l'Agnello che sta ritto in mezzo al trono di Dio (cfr Ap 5, 6): è immolato, perché ha effuso il suo sangue per noi sul legno della croce; è ritto in piedi, perché è tornato in vita per sempre e ci ha mostrato l'infinita onnipotenza dell'amore del Padre. Egli tiene saldamente nelle sue mani le sette stelle (cfr Ap 1, 16), cioè la Chiesa di Dio perseguitata, in lotta contro il male e contro il peccato, ma che ha ugualmente il diritto di essere lieta e vittoriosa, perché è nelle mani di Colui che ha già vinto il male. Egli cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro (cfr Ap 2, 1): è presente e attivo nella sua Chiesa in preghiera. Egli è anche « colui che viene » (Ap 1, 4) mediante la missione e l'azione della Chiesa lungo la storia; viene come mietitore escatologico, alla fine dei tempi, per portare a compimento tutte le cose (cfr Ap 14, 15-16; 22,20).

 

I. Sfide e segni di speranza per la Chiesa in Europa

L'offuscamento della speranza

7. Questa parola è rivolta oggi anche alle Chiese in Europa, spesso tentate da un offuscamento della speranza. Il tempo che stiamo vivendo, infatti, con le sfide che gli sono proprie, appare come una stagione di smarrimento. Tanti uomini e donne sembrano disorientati, incerti, senza speranza e non pochi cristiani condividono questi stati d'animo. Numerosi sono i segnali preoccupanti che, all'inizio del terzo millennio, agitano l'orizzonte del Continente europeo, il quale, « pur nel pieno possesso di immensi segni di fede e testimonianza e nel quadro di una convivenza indubbiamente più libera e più unita, sente tutto il logoramento che la storia antica e recente ha prodotto nelle fibre più profonde dei suoi popoli, generando spesso delusione ».(14)

Tra i tanti aspetti, ampiamente richiamati anche in occasione del Sinodo,(15) vorrei ricordare lo smarrimento della memoria e dell'eredità cristiane, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l'impressione di vivere senza retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia. Non meravigliano più di tanto, perciò, i tentativi di dare un volto all'Europa escludendone la eredità religiosa e, in particolare, la profonda anima cristiana, fondando i diritti dei popoli che la compongono senza innestarli nel tronco irrorato dalla linfa vitale del cristianesimo.

Nel Continente europeo non mancano certo i prestigiosi simboli della presenza cristiana, ma con l'affermarsi lento e progressivo del secolarismo, essi rischiano di diventare puro vestigio del passato. Molti non riescono più ad integrare il messaggio evangelico nell'esperienza quotidiana; cresce la difficoltà di vivere la propria fede in Gesù in un contesto sociale e culturale in cui il progetto di vita cristiano viene continuamente sfidato e minacciato; in non pochi ambiti pubblici è più facile dirsi agnostici che credenti; si ha l'impressione che il non credere vada da sé mentre il credere abbia bisogno di una legittimazione sociale né ovvia né scontata.

8. A questo smarrimento della memoria cristiana si accompagna una sorta di paura nell'affrontare il futuro. L'immagine del domani coltivata risulta spesso sbiadita e incerta. Del futuro si ha più paura che desiderio. Ne sono segni preoccupanti, tra gli altri, il vuoto interiore che attanaglia molte persone, e la perdita del significato della vita. Tra le espressioni e i frutti di questa angoscia esistenziale vanno annoverati, in particolare, la drammatica diminuzione della natalità, il calo delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, la fatica, se non il rifiuto, di operare scelte definitive di vita anche nel matrimonio.

Si assiste a una diffusa frammentazione dell'esistenza; prevale una sensazione di solitudine; si moltiplicano le divisioni e le contrapposizioni. Tra gli altri sintomi di questo stato di cose, l'odierna situazione europea conosce il grave fenomeno delle crisi familiari e del venir meno della stessa concezione di famiglia, il perdurare o il riproporsi di conflitti etnici, il rinascere di alcuni atteggiamenti razzisti, le stesse tensioni interreligiose, l'egocentrismo che chiude su di sé singoli e gruppi, il crescere di una generale indifferenza etica e di una cura spasmodica per i propri interessi e privilegi. Agli occhi di molti, la globalizzazione in corso, invece di indirizzare verso una più grande unità del genere umano, rischia di seguire una logica che emargina i più deboli e accresce il numero dei poveri della terra.

Connesso con il diffondersi dell'individualismo, si nota un crescente affievolirsi della solidarietà inter-personale: mentre le istituzioni di assistenza svolgono un lavoro lodevole, si osserva un venir meno del senso della solidarietà, di modo che, anche se non mancano del necessario materiale, molte persone si sentono più sole, lasciate in balia di se stesse, senza reti di sostegno affettivo.

9. Alla radice dello smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere un'antropologia senza Dio e senza Cristo. Questo tipo di pensiero ha portato a considerare l'uomo come « il centro assoluto della realtà, facendogli così artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando che non è l'uomo che fa Dio ma Dio che fa l'uomo. L'aver dimenticato Dio ha portato ad abbandonare l'uomo », per cui « non c'è da stupirsi se in questo contesto si è aperto un vastissimo spazio per il libero sviluppo del nichilismo in campo filosofico, del relativismo in campo gnoseologico e morale, del pragmatismo e finanche dell'edonismo cinico nella configurazione della vita quotidiana ».(16) La cultura europea dà l'impressione di una «  apostasia silenziosa  » da parte dell'uomo sazio che vive come se Dio non esistesse.

In tale orizzonte, prendono corpo i tentativi, anche ultimamente ricorrenti, di presentare la cultura europea a prescindere dall'apporto del cristianesimo che ha segnato il suo sviluppo storico e la sua diffusione universale. Siamo di fronte all'emergere di una nuova cultura, in larga parte influenzata dai mass media, dalle caratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte anche un sempre più diffuso agnosticismo religioso, connesso con un più profondo relativismo morale e giuridico, che affonda le sue radici nello smarrimento della verità dell'uomo come fondamento dei diritti inalienabili di ciascuno. I segni del venir meno della speranza talvolta si manifestano attraverso forme preoccupanti di ciò che si può chiamare una « cultura di morte ».(17)

L'insopprimibile nostalgia della speranza

10. Ma, come hanno sottolineato i Padri sinodali, « l'uomo non può vivere senza speranza: la sua vita sarebbe votata all'insignificanza e diventerebbe insopportabile ».(18) Spesso chi ha bisogno di speranza crede di poter trovar pace in realtà effimere e fragili. E così la speranza, ristretta in un ambito intramondano chiuso alla trascendenza, viene identificata, ad esempio, nel paradiso promesso dalla scienza e dalla tecnica, o in forme varie di messianismo, nella felicità di natura edonistica procurata dal consumismo o quella immaginaria e artificiale prodotta dalle sostanze stupefacenti, in alcune forme di millenarismo, nel fascino delle filosofie orientali, nella ricerca di forme di spiritualità esoteriche, nelle diverse correnti del New Age.(19)

Tutto questo, però, si rivela profondamente illusorio e incapace di soddisfare quella sete di felicità che il cuore dell'uomo continua ad avvertire dentro di sé. Permangono così e si acuiscono i segni preoccupanti del venir meno della speranza, che talvolta si manifestano anche attraverso forme di aggressività e di violenza.(20)

Segni di speranza

11. Nessun essere umano può vivere senza prospettive di futuro. Tanto meno la Chiesa, che vive dell'attesa del Regno che viene e che già è presente in questo mondo. Sarebbe ingiusto non cogliere i segni dell'influsso del Vangelo di Cristo nella vita delle società. I Padri sinodali li hanno rintracciati e sottolineati.

Tra questi segni vanno annoverati il recupero della libertà della Chiesa nell'Est europeo, con le nuove possibilità per l'azione pastorale ad essa dischiuse; il concentrarsi della Chiesa sulla sua missione spirituale e il suo impegno a vivere il primato dell'evangelizzazione anche nei rapporti con la realtà sociale e politica; l'accresciuta presa di coscienza della missione propria di tutti i battezzati, nella varietà e complementarietà dei doni e dei compiti; l'aumentata presenza della donna nelle strutture e negli ambiti della comunità cristiana.

Una comunità di popoli

12. Guardando all'Europa come comunità civile, non mancano segnali che aprono alla speranza: in essi, pur tra le contraddizioni della storia, con uno sguardo di fede possiamo cogliere la presenza dello Spirito di Dio che rinnova la faccia della terra. Così li hanno descritti i Padri sinodali a conclusione dei loro lavori: « Constatiamo con gioia la crescente apertura dei popoli, gli uni verso gli altri, la riconciliazione tra nazioni per lungo tempo ostili e nemiche, l'allargamento progressivo del processo unitario ai Paesi dell'Est europeo. Riconoscimenti, collaborazioni e scambi di ogni ordine sono in sviluppo, così che, a poco a poco, si crea una cultura, anzi una coscienza europea, che speriamo possa far crescere, specialmente presso i giovani, il sentimento della fraternità e la volontà della condivisione. Registriamo come positivo il fatto che tutto questo processo si svolga secondo metodi democratici, in modo pacifico e in uno spirito di libertà, che rispetta e valorizza le legittime diversità, suscitando e sostenendo il processo di unificazione dell'Europa. Salutiamo con soddisfazione ciò che è stato fatto per precisare le condizioni e le modalità del rispetto dei diritti umani. Nel contesto, infine, della legittima unità economica e politica in Europa, mentre registriamo i segni della speranza offerti dalla considerazione data al diritto e alla qualità della vita, ci auguriamo vivamente che, in una fedeltà creativa alla tradizione umanistica e cristiana del nostro Continente, sia garantito il primato dei valori etici e spirituali ».(21)

I martiri e i testimoni della fede

13. Ma intendo attirare l'attenzione in particolare su alcuni segni emersi nella vita propriamente ecclesiale. Innanzitutto, con i Padri sinodali, voglio riproporre a tutti, perché non sia mai dimenticato, quel grande segno di speranza costituito dai tanti testimoni della fede cristiana, vissuti nell'ultimo secolo, all'Est come all'Ovest. Essi hanno saputo far proprio il Vangelo in situazioni di ostilità e persecuzione, spesso fino alla prova suprema del sangue.

Questi testimoni, in particolare quanti tra di loro hanno affrontato la prova del martirio, sono un segno eloquente e grandioso, che ci è chiesto di contemplare e imitare. Essi ci attestano la vitalità della Chiesa; ci appaiono come una luce per la Chiesa e per l'umanità, perché hanno fatto risplendere nelle tenebre la luce di Cristo; in quanto appartenenti a diverse confessioni cristiane, risplendono anche come segno di speranza per il cammino ecumenico, nella certezza che il loro sangue « è anche linfa di unità per la Chiesa ».(22)

Ancora più radicalmente, essi ci dicono che il martirio è la suprema incarnazione del Vangelo della speranza: « I martiri, infatti, annunciano questo Vangelo e lo testimoniano con la loro vita fino all'effusione del sangue, perché sono certi di non poter vivere senza Cristo e sono pronti a morire per lui nella convinzione che Gesù è il Signore e il Salvatore dell'uomo e che, quindi, solo in lui l'uomo trova la pienezza vera della vita. In tal modo, secondo l'ammonimento dell'apostolo Pietro, si mostrano pronti a rendere ragione della speranza che è in loro (cfr 1 Pt 3, 15). I martiri, inoltre, celebrano il “Vangelo della speranza”, perché l'offerta della loro vita è la manifestazione più radicale e più grande di quel sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, che costituisce il vero culto spirituale (cfr Rm 12, 1), origine, anima e culmine di ogni celebrazione cristiana. Essi, infine, servono il “Vangelo della speranza”, perché con il loro martirio esprimono in grado sommo l'amore e il servizio all'uomo, in quanto dimostrano che l'obbedienza alla legge evangelica genera una vita morale e una convivenza sociale che onora e promuove la dignità e la libertà di ogni persona ».(23)

La santità di molti

14. Frutto della conversione operata dal Vangelo è la santità di tanti uomini e donne del nostro tempo. Non solo di quanti sono stati proclamati ufficialmente tali dalla Chiesa, ma anche di coloro che, con semplicità e nella quotidianità dell'esistenza, hanno dato testimonianza della loro fedeltà a Cristo. Come non pensare agli innumerevoli figli della Chiesa che, lungo la storia del Continente europeo, hanno vissuto una santità generosa ed autentica nel nascondimento della vita familiare, professionale e sociale? « Tutti costoro, come “pietre vive” aderenti a Cristo “pietra angolare”, hanno costruito l'Europa come edificio spirituale e morale, lasciando ai posteri l'eredità più preziosa. Il Signore Gesù lo aveva promesso: “Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre” (Gv 14, 12). I Santi sono la prova vivente del compiersi di questa promessa, e incoraggiano a credere che ciò è possibile anche nelle ore più difficili della storia ».(24)

La parrocchia e i movimenti ecclesiali

15. Il Vangelo continua a portare i suoi frutti nelle comunità parrocchiali, tra le persone consacrate, nelle associazioni di laici, nei gruppi di preghiera e di apostolato, in diverse comunità giovanili, come pure attraverso la presenza e la diffusione di nuovi movimenti e realtà ecclesiali. In ciascuno di essi, infatti, il medesimo Spirito sa suscitare rinnovata dedizione al Vangelo, generosa disponibilità al servizio, vita cristiana segnata da radicalismo evangelico e da slancio missionario.

Ancora oggi in Europa, nei Paesi post-comunisti come in Occidente, la parrocchia, pur bisognosa di costante rinnovamento,(25) continua a conservare e ad esercitare una sua missione indispensabile e di grande attualità in ambito pastorale ed ecclesiale. Essa rimane in grado di offrire ai fedeli lo spazio per un reale esercizio della vita cristiana, come pure di essere luogo di autentica umanizzazione e socializzazione sia in un contesto di dispersione e anonimato proprio delle grandi città moderne, sia in zone rurali con poca popolazione.(26)

16. Nello stesso tempo, con i Padri sinodali, mentre esprimo la mia grande stima per la presenza e l'azione delle diverse associazioni e organizzazioni apostoliche e, in particolare, dell'Azione Cattolica, desidero rilevare il contributo proprio che, in comunione con le altre realtà ecclesiali, e mai in via isolata, possono offrire i nuovi movimenti e le nuove comunità ecclesiali. Questi ultimi, infatti, « aiutano i cristiani a vivere più radicalmente secondo il Vangelo; sono culla di diverse vocazioni e generano nuove forme di consacrazione; promuovono soprattutto la vocazione dei laici e la portano a esprimersi nei diversi ambiti della vita; favoriscono la santità del popolo; possono essere annuncio ed esortazione per coloro che diversamente non incontrano la Chiesa; spesso sostengono il cammino ecumenico ed aprono vie per il dialogo interreligioso; sono di antidoto contro la diffusione delle sette; sono di grande aiuto nel diffondere vivacità e gioia nella Chiesa ».(27)

Il cammino ecumenico

17. Ringraziamo il Signore per il grande e confortante segno di speranza costituito dai progressi che ha saputo realizzare il cammino ecumenico nella prospettiva della verità, della carità e della riconciliazione. Si tratta di uno dei grandi doni dello Spirito Santo per un Continente, come quello europeo, che ha dato origine alle gravi divisioni tra i cristiani nel secondo millennio, e che soffre ancora molto per le conseguenze di esse.

Ricordo con commozione alcuni momenti di grande intensità sperimentati durante i lavori sinodali e l'unanime convinzione, espressa anche dai Delegati Fraterni, che tale cammino – nonostante i problemi che ancora permangono e quelli nuovi che vanno nascendo – non può essere interrotto, ma deve continuare con rinnovato ardore, con più profonda determinazione e con l'umile disponibilità di tutti al perdono reciproco. Volentieri faccio mie alcune espressioni dei Padri sinodali, poiché « il progresso nel dialogo ecumenico, che ha il suo fondamento più profondo nello stesso Verbo di Dio, rappresenta un segno di grande speranza per la Chiesa di oggi: la crescita dell'unità tra i cristiani, infatti, è di mutuo arricchimento per tutti ».(28) Occorre « guardare con gioia ai progressi fin qui ottenuti nel dialogo sia con i fratelli delle Chiese ortodosse sia con quelli delle comunità ecclesiali provenienti dalla Riforma, riconoscendo in essi un segno dell'azione dello Spirito, per la quale lodare e ringraziare il Signore ».(29)

 

II. Ritornare a Cristo, fonte di ogni speranza

Confessare la nostra fede

18. Dall'Assemblea sinodale è emersa, chiara e appassionata, la certezza che la Chiesa ha da offrire all'Europa il bene più prezioso, che nessun altro può darle: è la fede in Gesù Cristo, fonte della speranza che non delude,(30) dono che sta all'origine dell'unità spirituale e culturale dei popoli europei, e che ancora oggi e per il futuro può costituire un contributo essenziale del loro sviluppo e della loro integrazione. Sì, dopo venti secoli, la Chiesa si presenta all'inizio del terzo millennio con il medesimo annuncio di sempre, che costituisce il suo unico tesoro: Gesù Cristo è il Signore; in Lui, e in nessun altro, c'è salvezza (cfr At 4, 12). La sorgente della speranza, per l'Europa e per il mondo intero, è Cristo, « e la Chiesa è il canale attraverso il quale passa e si diffonde l'onda di grazia scaturita dal Cuore trafitto del Redentore ».(31)

Sulla base di questa confessione di fede sgorga dal nostro cuore e dalle nostre labbra « una gioiosa confessione di speranza: tu, o Signore, risorto e vivo, sei la speranza sempre nuova della Chiesa e dell'umanità; tu sei l'unica e vera speranza dell'uomo e della storia; tu sei “tra noi la speranza della gloria” (Col 1, 27) già in questa nostra vita e oltre la morte. In te e con te, noi possiamo raggiungere la verità, la nostra esistenza ha un senso, la comunione è possibile, la diversità può diventare ricchezza, la potenza del Regno è all'opera nella storia e aiuta l'edificazione della città dell'uomo, la carità dà valore perenne agli sforzi dell'umanità, il dolore può diventare salvifico, la vita vincerà la morte, il creato parteciperà della gloria dei figli di Dio ».(32)

Gesù Cristo nostra speranza

19. Gesù Cristo è la nostra speranza perché Lui, il Verbo eterno di Dio che da sempre è nel seno del Padre (cfr Gv 1, 18), ci ha amati a tal punto da assumere in tutto, eccetto il peccato, la nostra natura umana diventando partecipe della nostra vita, per salvarci. La confessione di questa verità è al cuore stesso della nostra fede. La perdita della verità su Gesù Cristo o una sua incomprensione impediscono di penetrare nello stesso mistero dell'amore di Dio e della comunione trinitaria.(33)

Gesù Cristo è la nostra speranza perché Egli rivela il mistero della Trinità. Questo è il centro della fede cristiana, che può offrire ancora un grande apporto, come sinora ha fatto, all'edificazione di strutture che, ispirandosi ai grandi valori evangelici o confrontandosi con essi, promuovano la vita, la storia e la cultura dei diversi popoli del Continente.

Sono molteplici le radici ideali che hanno contribuito con la loro linfa al riconoscimento del valore della persona e della sua inalienabile dignità, del carattere sacro della vita umana e del ruolo centrale della famiglia, dell'importanza dell'istruzione e della libertà di pensiero, di parola, di religione, come pure alla tutela legale degli individui e dei gruppi, alla promozione della solidarietà e del bene comune, al riconoscimento della dignità del lavoro. Tali radici hanno favorito la sottomissione del potere politico alla legge e al rispetto dei diritti della persona e dei popoli. Occorre qui ricordare lo spirito della Grecia antica e della romanità, gli apporti dei popoli celtici, germanici, slavi, ugro-finnici, della cultura ebraica e del mondo islamico. Tuttavia si deve riconoscere che queste ispirazioni hanno storicamente trovato nella tradizione giudeo-cristiana una forza capace di armonizzarle, di consolidarle e di promuoverle. Si tratta di un fatto che non può essere ignorato; al contrario, nel processo della costruzione della « casa comune europea », occorre riconoscere che questo edificio si deve poggiare anche su valori che trovano nella tradizione cristiana la loro piena epifania. Il prenderne atto torna a vantaggio di tutti.

La Chiesa « non ha titolo per esprimere preferenze per l'una o l'altra soluzione istituzionale o costituzionale » (34) dell'Europa, e perciò vuole coerentemente rispettare la legittima autonomia dell'ordine civile. Tuttavia, essa ha il compito di ravvivare nei cristiani d'Europa la fede nella Trinità, ben sapendo che tale fede è foriera di autentica speranza per il Continente. Molti dei grandi paradigmi di riferimento sopra accennati, che sono alla base della civiltà europea, affondano le loro radici ultime nella fede trinitaria. Questa contiene uno straordinario potenziale spirituale, culturale ed etico, in grado, tra l'altro, di illuminare anche alcune grandi questioni che oggi si agitano in Europa, come la disgregazione sociale e la perdita di un riferimento che dia senso alla vita e alla storia. Ne segue la necessità di una rinnovata meditazione teologica, spirituale e pastorale sul mistero trinitario.(35)

20. Le Chiese particolari in Europa non sono delle semplici entità o organizzazioni private. In realtà, esse operano con una specifica dimensione istituzionale che merita di essere giuridicamente valorizzata, nel pieno rispetto dei giusti ordinamenti civili. Nel riflettere su se stesse, le comunità cristiane devono riscoprirsi quale dono con cui Dio arricchisce i popoli che vivono nel Continente. Questo è l'annuncio gioioso che esse sono chiamate a portare ad ogni persona. Nell'approfondire la propria dimensione missionaria, esse devono attestare costantemente che Gesù Cristo « è il mediatore unico e costitutivo di salvezza per l'intera umanità: solo in lui l'umanità, la storia e il cosmo trovano il loro significato definitivamente positivo e si realizzano totalmente; egli ha in se stesso, nel suo evento e nella sua persona, le ragioni definitive della salvezza; egli non è solo un mediatore di salvezza, ma è la fonte stessa della salvezza ».(36)

Nel contesto dell'attuale pluralismo etico e religioso che va sempre più caratterizzando l'Europa, c'è bisogno, quindi, di confessare e riproporre la verità su Cristo come unico Mediatore tra Dio e gli uomini e unico Redentore del mondo. Pertanto – come ho fatto al termine dell'Assemblea sinodale –, con tutta la Chiesa, invito i miei fratelli e le mie sorelle nella fede, a sapersi costantemente aprire con fiducia a Cristo e a lasciarsi rinnovare da lui, annunciando con il vigore della pace e dell'amore a tutte le persone di buona volontà che chi incontra il Signore conosce la Verità, scopre la Vita, trova la Via che ad essa conduce (cfr Gv 14, 6; Sal 16 [15], 11). Dal tenore della vita e dalla testimonianza della parola dei cristiani, gli abitanti dell'Europa potranno scoprire che Cristo è il futuro dell'uomo. Nella fede della Chiesa, « non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati » (At 4, 12).(37)

21. Per i credenti, Gesù Cristo è la speranza di ogni persona perché dona la vita eterna. Egli è « il Verbo della vita » (1 Gv 1, 1), venuto nel mondo perché gli uomini «  abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza  » (Gv 10, 10). Egli ci mostra così come il vero senso della vita dell'uomo non rimane racchiuso nell'orizzonte mondano, ma si spalanca sull'eternità. Missione di ogni Chiesa particolare in Europa è di tener conto della sete di verità di ogni persona e del bisogno di valori autentici che animino i popoli del Continente. Con rinnovata energia, essa deve riproporre la novità che la anima. Si tratta di porre in atto un'articolata azione culturale e missionaria, mostrando con azioni e argomentazioni convincenti come la nuova Europa abbia bisogno di ritrovare le proprie radici ultime. In tale contesto, quanti si ispirano ai valori evangelici hanno una funzione essenziale da svolgere, che appartiene al solido fondamento sul quale edificare una convivenza più umana e più pacifica perché rispettosa di tutti e di ciascuno.

È necessario che le Chiese particolari in Europa sappiano restituire alla speranza la sua originaria componente escatologica.(38) La vera speranza cristiana, infatti, è teologale ed escatologica, fondata sul Risorto, che verrà di nuovo come Redentore e Giudice e che ci chiama alla risurrezione e al premio eterno.

Gesù Cristo vivente nella Chiesa

22. Ritornando a Cristo, i popoli europei potranno ritrovare quella speranza che sola offre pienezza di senso alla vita. Anche oggi lo possono incontrare, perché Gesù è presente, vive e opera nella sua Chiesa: Egli è nella Chiesa e la Chiesa è in Lui (cfr Gv 15, 1ss; Gal 3, 28; Ef 4, 15-16; At 9, 5). In essa, in virtù del dono dello Spirito Santo, continua incessantemente la sua opera salvifica.(39)

Con gli occhi della fede siamo abilitati a vedere la misteriosa presenza di Gesù nei diversi segni che ci ha lasciato. Egli è presente innanzitutto nella Sacra Scrittura, che in ogni sua parte parla di Lui (cfr Lc 24, 27.44-47). Tuttavia in modo veramente unico Egli è presente sotto le specie eucaristiche. Questa « presenza si dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre non siano “reali”, ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente ».(40) Nell'Eucaristia, infatti, « è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero ».(41) « Davvero l'Eucaristia è mysterium fidei, mistero che sovrasta i nostri pensieri, e può essere accolto solo nella fede ».(42) Pure reale è la presenza di Gesù nelle altre azioni liturgiche della Chiesa che, in suo nome, essa celebra. Tra queste si annoverano i Sacramenti, azioni di Cristo, che Egli compie per mezzo degli uomini.(43)

Gesù è presente nel mondo anche mediante altri verissimi modi, specialmente nei suoi discepoli che, fedeli al duplice mandato della carità, adorano Dio in spirito e verità (cfr Gv 4, 24) e testimoniano con la vita l'amore fraterno che li distingue come seguaci del Signore (cfr Mt 25, 31-46; Gv 13, 35; 15, 1-17).(44)

 

CAPITOLO SECONDO

IL VANGELO DELLA SPERANZA AFFIDATO ALLA CHIESA
DEL NUOVO MILLENNIO

« Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane
e sta per morire
» (Ap 3, 2)

I. Il Signore chiama alla conversione

Gesù si rivolge oggi alle nostre Chiese

23. « Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro [...], il Primo e l'Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita [...], il Figlio di Dio » (Ap 2, 1.8.18). È Gesù stesso che parla alla sua Chiesa. Il suo messaggio è rivolto a tutte le singole Chiese particolari e riguarda la loro vita interna, a volte contrassegnata dalla presenza di concezioni e mentalità incompatibili con la tradizione evangelica, spesso attraversata da diverse forme di persecuzione e, ancora più pericolosamente, insidiata da sintomi preoccupanti di mondanizzazione, di perdita della fede primitiva, di compromesso con la logica del mondo. Non di rado le comunità non hanno più l'amore di un tempo (cfr Ap 2, 4).

Si osserva come le nostre comunità ecclesiali siano alle prese con debolezze, fatiche, contraddizioni. Anch'esse hanno bisogno di riascoltare la voce dello Sposo, che le invita alla conversione, le sprona all'ardimento di cose nuove e le chiama a impegnarsi nella grande opera della «  nuova evangelizzazione  ». La Chiesa deve costantemente sottomettersi al giudizio della parola di Cristo, e vivere la sua dimensione umana in uno stato di purificazione per essere sempre più e sempre meglio la Sposa senza macchia né ruga, adorna di una veste di lino puro splendente (cfr Ef 5, 27; Ap 19, 7-8).

In tal modo Gesù Cristo chiama le nostre Chiese in Europa alla conversione ed esse, con il loro Signore e in forza della sua presenza, diventano apportatrici di speranza per l'umanità.

L'azione del Vangelo lungo la storia

24. L'Europa è stata ampiamente e profondamente penetrata dal cristianesimo. « Non c'è dubbio che, nella complessa storia dell'Europa, il cristianesimo rappresenti un elemento centrale e qualificante, consolidato sul saldo fondamento dell'eredità classica e dei molteplici contributi arrecati dagli svariati flussi etnico-culturali che si sono succeduti nei secoli. La fede cristiana ha plasmato la cultura del Continente e si è intrecciata in modo inestricabile con la sua storia, al punto che questa non sarebbe comprensibile se non si facesse riferimento alle vicende che hanno caratterizzato prima il grande periodo dell'evangelizzazione, e poi i lunghi secoli in cui il cristianesimo, pur nella dolorosa divisione tra Oriente ed Occidente, si è affermato come la religione degli Europei stessi. Anche nel periodo moderno e contemporaneo, quando l'unità religiosa è andata progressivamente frantumandosi sia per le ulteriori divisioni intercorse tra i cristiani sia per i processi di distacco della cultura dall'orizzonte della fede, il ruolo di quest'ultima ha continuato ad essere di non scarso rilievo ».(45)

25. L'interesse che la Chiesa nutre per l'Europa nasce dalla sua stessa natura e missione. Lungo i secoli, infatti, la Chiesa ha avuto legami molto stretti con il nostro Continente, così che il volto spirituale dell'Europa si è andato formando grazie agli sforzi di grandi missionari, alla testimonianza di santi e di martiri, e all'opera assidua di monaci, religiosi e pastori. Dalla concezione biblica dell'uomo, l'Europa ha tratto il meglio della sua cultura umanistica, ha attinto ispirazione per le sue creazioni intellettuali ed artistiche, ha elaborato norme di diritto e, non per ultimo, ha promosso la dignità della persona, fonte di diritti inalienabili.(46) In questo modo la Chiesa, in quanto depositaria del Vangelo, ha concorso a diffondere e a consolidare quei valori che hanno reso universale la cultura europea.

Memore di tutto ciò, la Chiesa di oggi avverte, con rinnovata responsabilità, l'urgenza di non disperdere questo prezioso patrimonio e di aiutare l'Europa a costruire se stessa rivitalizzando le radici cristiane che l'hanno originata.(47)

Per realizzare un vero volto di Chiesa

26. L'intera Chiesa in Europa senta rivolto a sé il comando e l'invito del Signore: ravvediti, convertiti, « svegliati e rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire » (Ap 3, 2). È un'esigenza che nasce anche dalla considerazione del tempo attuale: « La grave situazione di indifferenza religiosa di tanti europei, la presenza di molti che anche nel nostro Continente non conoscono ancora Gesù Cristo e la sua Chiesa e che ancora non sono battezzati, il secolarismo che contagia una larga fascia di cristiani che abitualmente pensano, decidono e vivono “come se Cristo non esistesse”, lungi dallo spegnere la nostra speranza, la rendono più umile e più capace di affidarsi solo a Dio. Dalla sua misericordia riceviamo la grazia e l'impegno della conversione ».(48)

27. Nonostante a volte, come nell'episodio evangelico della tempesta sedata (cfr Mc 4, 35-41; Lc 8, 22-25), possa sembrare che Cristo dorma e lasci la sua barca in balia delle onde agitate, alla Chiesa in Europa è chiesto di coltivare la certezza che il Signore, attraverso il dono del suo Spirito, è sempre presente e operante in essa e nella storia dell'umanità. Egli prolunga nel tempo la sua missione, costituendo la Chiesa come flusso di vita nuova, che scorre entro la vita dell'umanità quale segno di speranza per tutti.

In un contesto nel quale è facile la tentazione dell'attivismo anche a livello pastorale, ai cristiani in Europa è chiesto di continuare ad essere reale trasparenza del Risorto, vivendo in intima comunione con lui. C'è bisogno di comunità che, contemplando e imitando la Vergine Maria, figura e modello della Chiesa nella fede e nella santità,(49) custodiscano il senso della vita liturgica e della vita interiore. Prima di tutto e sopra tutto, esse dovranno lodare il Signore, pregarlo, adorarlo e ascoltarne la Parola. Solo così potranno assimilarne il mistero, vivendo totalmente relative a lui, come membra della sua Sposa fedele.

28. Di fronte alle ricorrenti spinte alla divisione e alla contrapposizione, le diverse Chiese particolari in Europa, forti anche del legame con il Successore di Pietro, devono impegnarsi ad essere vero luogo e strumento di comunione dell'intero popolo di Dio nella fede e nell'amore.(50) Coltivino, perciò, un clima di carità fraterna, vissuta con radicalità evangelica nel nome di Gesù e nel suo amore; sviluppino un contesto di rapporti amichevoli, di comunicazione, di corresponsabilità, di partecipazione, di coscienza missionaria, di attenzione e di servizio; siano animate da atteggiamenti di stima, di accoglienza e di correzione vicendevoli (cfr Rm 12, 10; 15, 7-14), oltre che di servizio e sostegno reciproci (cfr Gal 5, 13; 6, 2), di perdono scambievole (cfr Col 3, 13) e di edificazione gli uni degli altri (cfr 1 Ts 5, 11); si adoperino per realizzare una pastorale che, valorizzando tutte le legittime diversità, promuova anche una cordiale collaborazione tra tutti i fedeli e le loro aggregazioni; rilancino gli organismi di partecipazione quali preziosi strumenti di comunione per una concorde azione missionaria, suscitando la presenza di operatori pastorali adeguatamente preparati e qualificati. In tal modo, le stesse Chiese, animate dalla comunione che è manifestazione dell'amore di Dio, fondamento e ragione della speranza che non delude (cfr Rm 5, 5), saranno riflesso più splendente della Trinità, nonché segno che interpella e invita a credere (cfr Gv 17, 21).

29. Perché la comunione nella Chiesa possa essere vissuta in modo più pieno, occorre valorizzare la varietà dei carismi e delle vocazioni, che convergono sempre più verso l'unità e la possono arricchire (cfr 1 Cor 12). In quest'ottica, è anche necessario, da una parte, che i nuovi movimenti e le nuove comunità ecclesiali, « abbandonando ogni tentazione di rivendicare diritti di primogenitura e ogni incomprensione vicendevole », progrediscano nel cammino di una più autentica comunione tra di loro e con tutte le altre realtà ecclesiali, e « vivano con amore in piena obbedienza ai Vescovi »; d'altra parte, è pure necessario che i Vescovi, « manifestando loro quella paternità e quell'amore che sono propri dei pastori »,(51) sappiano riconoscere, valorizzare e coordinare i loro carismi e la loro presenza per l'edificazione dell'unica Chiesa.

Grazie, infatti, alla crescita della collaborazione tra le diverse realtà ecclesiali sotto la guida amorevole dei pastori, la Chiesa intera potrà presentare a tutti un volto più bello e credibile, trasparenza più limpida di quello del Signore, e così potrà contribuire a ridare speranza e consolazione sia a quanti la cercano, sia a quanti, pur non cercandola, ne hanno bisogno.

Per poter rispondere all'appello del Vangelo alla conversione, « è necessario fare tutti insieme un umile e coraggioso esame di coscienza per riconoscere le nostre paure e i nostri errori, per confessare con sincerità le nostre lentezze, omissioni, infedeltà, colpe ».(52) Lungi dall'assecondare atteggiamenti rinunciatari di scoraggiamento, l'evangelico riconoscimento delle proprie colpe non potrà che suscitare nella comunità l'esperienza che vive il singolo battezzato: la gioia di una profonda liberazione e la grazia di un nuovo inizio, che consente di proseguire con maggiore vigore nel cammino dell'evangelizzazione.

Per progredire verso l'unità dei cristiani

30. Il Vangelo della speranza, infine, è forza e appello alla conversione anche in campo ecumenico. Nella certezza che l'unità dei cristiani corrisponda al comando del Signore « perché tutti siano una cosa sola » (cfr Gv 17, 11), e che essa si presenti oggi come una necessità per una maggiore credibilità nell'evangelizzazione e come contributo all'unità dell'Europa, è necessario che tutte le Chiese e Comunità ecclesiali « siano aiutate e invitate a interpretare il cammino ecumenico come un “andare insieme” verso Cristo » (53) e verso l'unità visibile da lui voluta, così che l'unità nella diversità rifulga nella Chiesa come dono dello Spirito Santo, artefice di comunione.

Perché ciò si realizzi occorre da parte di tutti un paziente e costante impegno, animato da genuina speranza e, al tempo stesso, da sobrio realismo, orientato alla « valorizzazione di ciò che già ci unisce, alla sincera stima reciproca, all'eliminazione dei pregiudizi, alla conoscenza e all'amore vicendevoli ».(54) In questa linea, l'adoperarsi per l'unità, se vuole poggiarsi su solide fondamenta, non può non comprendere la ricerca appassionata della verità, attraverso un dialogo e un confronto che, mentre riconoscono i risultati finora raggiunti, li sappiano valorizzare come stimolo per un ulteriore cammino nel superamento delle divergenze che ancora dividono i cristiani.

31. Bisogna continuare con determinazione il dialogo, senza arrendersi di fronte a difficoltà e fatiche: esso sia condotto « sotto diversi aspetti (dottrinale, spirituale e pratico) seguendo la logica dello scambio dei doni, che lo Spirito suscita in ogni Chiesa ed educando le comunità e i fedeli, soprattutto i giovani, a vivere momenti di incontro e a fare dell'ecumenismo rettamente inteso una dimensione ordinaria della vita e dell'azione ecclesiale ».(55)

Questo dialogo costituisce una delle preoccupazioni principali della Chiesa, soprattutto in questa Europa, che nello scorso millennio ha visto nascere troppe divisioni tra i cristiani, ed è oggi incamminata verso una sua maggiore unità. Non possiamo fermarci in questo cammino, né possiamo tornare indietro! Dobbiamo continuarlo e viverlo con fiducia, perché la stima reciproca, la ricerca della verità, la collaborazione nella carità e, soprattutto, l'ecumenismo della santità, con l'aiuto di Dio, non potranno non portare i loro frutti.

32. Nonostante le inevitabili difficoltà, invito tutti a riconoscere e valorizzare, con amore e fraternità, il contributo che le Chiese Cattoliche Orientali, con la loro stessa presenza, la ricchezza della loro tradizione, la testimonianza della loro « unità nella diversità », l'inculturazione da esse realizzata nell'annuncio del Vangelo, la diversità dei loro riti, possono offrire per una più reale edificazione dell'unità.(56) Nello stesso tempo, voglio rassicurare ancora una volta i pastori, i fratelli e le sorelle delle Chiese ortodosse che la nuova evangelizzazione non va confusa in nessun modo con il proselitismo, fermo restando il dovere del rispetto della verità, della libertà e della dignità di ogni persona.

 

II. La Chiesa intera inviata in missione

33. Servire il Vangelo della speranza mediante una carità che evangelizza è impegno e responsabilità di tutti. Qualunque sia, infatti, il carisma e il ministero di ciascuno, la carità è la via maestra indicata a tutti e che tutti possono percorrere: è la via che l'intera comunità ecclesiale è chiamata a percorrere sulle orme del suo Maestro.

L'impegno dei ministri ordinati

34. I sacerdoti sono chiamati in virtù del loro ministero, a celebrare, insegnare e servire in un modo speciale il Vangelo della speranza. In forza del sacramento dell'Ordine che li configura a Cristo Capo e Pastore, i Vescovi ed i sacerdoti devono conformare tutta la loro vita e la loro azione a Gesù; mediante la predicazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti e la guida della comunità cristiana, essi rendono presente il mistero di Cristo e, attraverso lo stesso esercizio del loro ministero, « sono chiamati a prolungare la presenza di Cristo, unico e sommo Pastore, attualizzando il suo stile di vita e facendosi quasi sua trasparenza in mezzo al gregge loro affidato ».(57)

Inseriti “nel” mondo ma non “del” mondo (cfr Gv 17, 15-16), nell'attuale situazione culturale e spirituale del Continente europeo, sono chiamati ad essere segno di contraddizione e di speranza per una società malata di orizzontalismo e bisognosa di aprirsi al Trascendente.

35. In questo quadro acquista rilievo anche il celibato sacerdotale, segno di una speranza riposta totalmente nel Signore. Esso non è mera disciplina ecclesiastica imposta dall'autorità; al contrario, esso è innanzitutto grazia, dono inestimabile di Dio per la Chiesa, valore profetico per il mondo attuale, fonte di intensa vita spirituale e di fecondità pastorale, testimonianza del Regno escatologico, segno dell'amore di Dio verso questo mondo, nonché dell'amore indiviso del sacerdote verso Dio e verso il suo popolo.(58) Vissuto in risposta al dono di Dio e come superamento delle tentazioni di una società edonista, esso non solo favorisce la realizzazione umana di chi vi è chiamato, ma si rivela fattore di crescita anche per gli altri.

Stimato in tutta la Chiesa come conveniente per il sacerdozio,(59) richiesto come obbligo dalla Chiesa latina,(60) altamente rispettato dalle Chiese Orientali,(61) il celibato, nel contesto della cultura attuale, appare come segno eloquente da dover essere custodito quale bene prezioso per la Chiesa. Una revisione della disciplina attuale, a questo riguardo, non permetterebbe di risolvere la crisi delle vocazioni al presbiterato cui si assiste in molte parti d'Europa.(62) Un impegno al servizio del Vangelo della speranza chiede anche che nella Chiesa si abbia a presentare il celibato nella sua piena ricchezza biblica, teologica e spirituale.

36. Non possiamo ignorare che oggi l'esercizio del sacro ministero incontra non poche difficoltà dovute sia alla cultura diffusa, sia alla diminuzione numerica dei presbiteri stessi con la crescita del carico pastorale e la stanchezza che questa può comportare. Di conseguenza, sono ancora più degni di stima, di gratitudine e di vicinanza i sacerdoti che con ammirevole dedizione e fedeltà vivono il ministero loro affidato.(63)

A loro, riprendendo le parole scritte dai Padri sinodali, intendo dire anch'io, con fiducia e gratitudine, il mio incoraggiamento: « Non perdetevi d'animo e non lasciatevi sopraffare dalla stanchezza; in piena comunione con noi Vescovi, in gioiosa fraternità con gli altri presbiteri, in cordiale corresponsabilità con i consacrati e tutti i fedeli laici, continuate la vostra opera preziosa e insostituibile ».(64)

Con i presbiteri, desidero ricordare anche i diaconi, che partecipano, seppure in grado diverso, dello stesso sacramento dell'Ordine. Mandati al servizio della comunione ecclesiale, essi esercitano, sotto la guida del Vescovo e con il suo presbiterio, la “diaconia” della liturgia, della parola e della carità.(65) In questo modo loro proprio sono a servizio del Vangelo della speranza.

La testimonianza dei consacrati

37. Particolarmente eloquente è la testimonianza delle persone consacrate. A tale proposito, va anzitutto riconosciuto il ruolo fondamentale avuto dal monachesimo e dalla vita consacrata nell'evangelizzazione dell'Europa e nella costruzione della sua identità cristiana.(66) Tale ruolo oggi non deve venir meno, in un momento nel quale è urgente una « nuova evangelizzazione » del Continente e nel quale l'edificazione di strutture e legami più complessi lo pongono di fronte a una svolta delicata. L'Europa ha sempre bisogno della santità, della profezia, dell'attività di evangelizzazione e di servizio delle persone consacrate. Va messo pure in risalto il contributo specifico che gli Istituti secolari e le Società di vita apostolica possono offrire mediante la loro aspirazione a trasformare il mondo dall'interno attraverso la potenza delle beatitudini.

38. L'apporto specifico che le persone consacrate possono offrire al Vangelo della speranza parte da alcuni aspetti che caratterizzano l'attuale volto culturale e sociale dell'Europa.(67) Così, la domanda di nuove forme di spiritualità, che oggi emerge dalla società, deve trovare una risposta nel riconoscimento del primato assoluto di Dio vissuto dai consacrati attraverso la totale donazione di sé, la conversione permanente di un'esistenza offerta come vero culto spirituale. In un contesto contaminato dal secolarismo e assoggettato al consumismo, la vita consacrata, dono dello Spirito alla Chiesa e per la Chiesa, diventa sempre più segno di speranza nella misura in cui testimonia la dimensione trascendente dell'esistenza. Nell'odierna situazione multiculturale e multireligiosa, d'altra parte, viene sollecitata la testimonianza della fraternità evangelica che caratterizza la vita consacrata, rendendola stimolo alla purificazione e all'integrazione di valori diversi, mediante il superamento delle contrapposizioni. La presenza di nuove forme di povertà e di emarginazione deve suscitare la creatività nel prendersi cura dei più bisognosi, che ha caratterizzato tanti fondatori di Istituti religiosi. La tendenza, infine, a un certo ripiegamento su di sé chiede di trovare un antidoto nella disponibilità delle persone consacrate a continuare l'opera di evangelizzazione in altri Continenti, nonostante la diminuzione numerica che si verifica in diversi Istituti.

La cura delle vocazioni

39. Dato che l'impegno dei ministri ordinati e dei consacrati è determinante, non si può tacere la carenza inquietante di seminaristi e di aspiranti alla vita religiosa, soprattutto nell'Europa occidentale. Questa situazione richiede l'impegno di tutti per un'adeguata pastorale delle vocazioni. Solo « quando ai giovani viene presentata la persona di Gesù Cristo in tutta la sua pienezza, si accende in loro una speranza che li spinge a lasciare tutto per seguirlo, rispondendo alla sua chiamata, e per darne testimonianza ai loro coetanei ».(68) La cura delle vocazioni è, quindi, un problema vitale per il futuro della fede cristiana in Europa e, di riflesso, per il progresso spirituale degli stessi popoli che l'abitano; è passaggio obbligato per una Chiesa che voglia annunciare, celebrare e servire il Vangelo della speranza.(69)

40. Per sviluppare una necessaria pastorale vocazionale, è opportuno spiegare ai fedeli la fede della Chiesa circa la natura e la dignità del sacerdozio ministeriale; incoraggiare le famiglie a vivere come vere « chiese domestiche », perché in esse le varie vocazioni possano essere percepite, accolte e accompagnate; realizzare un'azione pastorale che aiuti, soprattutto i giovani, a fare scelte di una vita radicata in Cristo e totalmente dedicata alla Chiesa.(70)

Nella certezza che lo Spirito Santo è all'opera anche oggi, e che i segnali di questa presenza non mancano, si tratta anzitutto di portare l'annuncio vocazionale nei solchi della pastorale ordinaria. Perciò è necessario «  ravvivare, soprattutto nei giovani, una profonda nostalgia di Dio, creando così il contesto adatto allo scaturire di generose risposte vocazionali  »; è urgente che un grande movimento di preghiera attraversi le Comunità ecclesiali del continente europeo, poiché « le mutate condizioni storiche e culturali esigono che la pastorale delle vocazioni sia percepita come uno degli obiettivi primari dell'intera Comunità cristiana ».(71) Ed è indispensabile che gli stessi sacerdoti vivano e operino coerentemente con la loro vera identità sacramentale. Se infatti l'immagine che loro danno di se stessi fosse opaca o languida, come potrebbero attirare i giovani ad imitarli?

La missione dei laici

41. Irrinunciabile è l'apporto dei fedeli laici alla vita ecclesiale: è infatti insostituibile il posto che essi hanno nell'annunciare e servire il Vangelo della speranza, poiché « per mezzo loro la Chiesa di Cristo è resa presente nei più svariati settori del mondo, come segno e fonte di speranza e di amore ».(72) Pienamente partecipi della missione della Chiesa nel mondo, essi sono chiamati ad attestare come la fede cristiana costituisca l'unica risposta completa agli interrogativi che la vita pone a ogni uomo e a ogni società, e possono innestare nel mondo i valori del Regno di Dio, promessa e garanzia di una speranza che non delude.

Di simili figure laicali l'Europa di ieri e di oggi conosce presenze significative ed esempi luminosi. Come hanno sottolineato i Padri sinodali, vanno ricordati con gratitudine, tra gli altri, uomini e donne che hanno testimoniato e testimoniano Cristo e il suo Vangelo con il servizio alla vita pubblica e alle responsabilità che questa comporta. È di capitale importanza « suscitare e sostenere specifiche vocazioni a servizio del bene comune: persone che, sull'esempio e con lo stile di quanti sono stati chiamati “padri dell'Europa”, sappiano essere artefici della società europea del domani, fondandola sulle basi solide dello spirito ».(73)

Uguale apprezzamento va all'opera resa da laiche e laici cristiani, spesso nel nascondimento della vita ordinaria, attraverso umili servizi capaci di annunciare la misericordia di Dio a quanti versano nella povertà; dobbiamo essere loro grati per l'audace testimonianza di carità e di perdono, valori che evangelizzano i vasti orizzonti della politica, della realtà sociale, dell'economia, della cultura, dell'ecologia, della vita internazionale, della famiglia, dell'educazione, delle professioni, del lavoro e della sofferenza.(74) Per questo servono itinerari pedagogici che rendano idonei i fedeli laici ad impegnare la fede nelle realtà temporali. Tali percorsi, basati su seri tirocini di vita ecclesiale, in particolare sullo studio della dottrina sociale, devono essere in grado di fornire loro non soltanto dottrina e stimoli, ma anche adeguate linee di spiritualità che animino l'impegno vissuto come autentica via di santità.

Il ruolo della donna

42. La Chiesa è consapevole dell'apporto specifico della donna nel servire il Vangelo della speranza. Le vicende della comunità cristiana attestano come le donne abbiano sempre avuto un posto di rilievo nella testimonianza del Vangelo. Va ricordato quanto esse hanno fatto, spesso nel silenzio e nel nascondimento, nell'accogliere e nel trasmettere il dono di Dio, sia attraverso la maternità fisica e spirituale, l'opera educativa, la catechesi, la realizzazione di grandi opere di carità, sia attraverso la vita di preghiera e di contemplazione, le esperienze mistiche e la redazione di scritti ricchi di sapienza evangelica.(75)

Alla luce delle ricchissime testimonianze del passato, la Chiesa esprime la propria fiducia in ciò che le donne possono fare oggi per la crescita della speranza a tutti i livelli. Vi sono aspetti della società europea contemporanea che costituiscono una sfida per la capacità che le donne hanno di accogliere, condividere e generare nell'amore, con tenacia e gratuità. Si pensi, ad esempio, alla diffusa mentalità scientifico-tecnica che pone in ombra la dimensione affettiva e la funzione dei sentimenti, alla carenza di gratuità, al timore diffuso di dare la vita a nuove creature, alla difficoltà a porsi in reciprocità con l'altro e ad accogliere chi è diverso da sé. È in questo contesto che la Chiesa s'attende dalle donne l'apporto vivificante di una nuova ondata di speranza.

43. Perché ciò possa verificarsi, tuttavia, è necessario che, anzitutto nella Chiesa, venga promossa la dignità della donna, poiché identica è la dignità della donna e dell'uomo, ambedue creati a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1, 27) e ricolmati ciascuno di doni propri e particolari.

È auspicabile, come è stato sottolineato nel Sinodo, che, per favorire la piena partecipazione della donna alla vita e alla missione della Chiesa, le sue doti vengano maggiormente valorizzate, anche mediante l'assunzione delle funzioni ecclesiali riservate dal diritto ai laici. Va pure adeguatamente valorizzata la missione della donna come sposa e madre e la sua dedizione alla vita familiare.(76)

La Chiesa non manca di alzare la sua voce per denunciare le ingiustizie e le violenze perpetrate contro le donne, in qualsiasi luogo e circostanza avvengano. Essa chiede che siano realmente applicate le leggi che proteggono la donna e siano messe in atto misure efficaci contro l'uso umiliante di immagini femminili nella propaganda commerciale e contro il flagello della prostituzione; auspica che il servizio reso dalla madre, allo stesso modo di quello reso dal padre, nella vita domestica sia considerato come contributo al bene comune, anche mediante forme di riconoscimento economico.

 

CAPITOLO TERZO

ANNUNCIARE IL VANGELO DELLA SPERANZA

« Prendi il libro aperto [...] e divoralo »
(Ap 10, 8.9)

I. Proclamare il mistero di Cristo

La rivelazione dà senso alla storia

44. La visione dell'Apocalisse ci parla di « un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli », tenuto « nella mano destra di Colui che era assiso sul trono  » (Ap 5, 1). Questo testo contiene il piano creatore e salvifico di Dio, il suo progetto dettagliato su tutta la realtà, sulle persone, sulle cose, sugli avvenimenti. Nessun essere creato, terrestre o celeste, è in grado di «  aprire il libro e di leggerlo » (Ap 5, 3), ossia di comprenderne il contenuto. Nella confusione delle vicende umane, nessuno sa dire la direzione e il senso ultimo delle cose.

Solo Gesù Cristo entra in possesso del volume sigillato (cfr Ap 5, 6-7); solo Lui è « degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli  » (Ap 5, 9). Solo Gesù, infatti, è in grado di rivelare e attuare il progetto di Dio racchiuso in esso. Lasciato a se stesso, lo sforzo dell'uomo non è in grado di dare un senso alla storia e alle sue vicende: la vita rimane senza speranza. Solo il Figlio di Dio è in grado di dissipare le tenebre e di indicare la strada.

Il volume aperto viene consegnato a Giovanni e, tramite lui, alla Chiesa intera. Giovanni è invitato a prendere il libro e a divorarlo: « Va', prendi il libro aperto dalla mano dell'angelo, che sta ritto sul mare e sulla terra [...] Prendilo e divoralo » (Ap 10, 8-9). Solo dopo averlo assimilato in profondità, potrà comunicarlo adeguatamente agli altri, ai quali è mandato con l'ordine di « profetizzare ancora su molti popoli, nazioni e re » (Ap 10, 11).

Necessità e urgenza dell'annuncio

45. Il Vangelo della speranza, consegnato alla Chiesa e da lei assimilato, chiede di essere ogni giorno annunciato e testimoniato. È questa la vocazione propria della Chiesa in tutti i tempi e in tutti i luoghi. È questa anche la missione della Chiesa oggi in Europa. « Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella S. Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione ».(77)

Chiesa in Europa, la « nuova evangelizzazione » è il compito che ti attende! Sappi ritrovare l'entusiasmo dell'annuncio. Senti rivolta a te, oggi, in questo inizio del terzo millennio, l'implorazione già risuonata agli albori del primo millennio, allorché apparve in visione a Paolo un macedone che lo supplicava: « Passa in Macedonia e aiutaci! » (At 16, 9). Anche se inespressa o addirittura repressa, è questa l'invocazione più profonda e più vera che sgorga dal cuore degli europei di oggi, assetati di una speranza che non delude. A te questa speranza è stata data in dono perché tu la ridonassi con gioia in ogni tempo e ad ogni latitudine. L'annuncio di Gesù, che è il Vangelo della speranza, sia quindi il tuo vanto e la tua ragion d'essere. Continua con rinnovato ardore nello stesso spirito missionario che, lungo questi venti secoli e incominciando dalla predicazione degli apostoli Pietro e Paolo, ha animato tanti Santi e Sante, autentici evangelizzatori del continente europeo.

Primo annuncio e annuncio rinnovato

46. In varie parti d'Europa c'è bisogno di un primo annuncio del Vangelo: cresce il numero delle persone non battezzate, sia per la notevole presenza di immigrati appartenenti ad altre religioni, sia perché anche figli di famiglie di tradizione cristiana non hanno ricevuto il Battesimo o a causa della dominazione comunista o a causa di una diffusa indifferenza religiosa.(78) Di fatto, l'Europa si colloca ormai tra quei luoghi tradizionalmente cristiani nei quali, oltre a una nuova evangelizzazione, in certi casi si impone una prima evangelizzazione.

La Chiesa non può sottrarsi al dovere di una diagnosi coraggiosa che consenta la predisposizione di opportune terapie. Anche nel « vecchio » Continente vi sono estese aree sociali e culturali in cui si rende necessaria una vera e propria missio ad gentes.(79)

47. Ovunque, poi, c'è bisogno di un rinnovato annuncio anche per chi è già battezzato. Tanti europei contemporanei pensano di sapere che cos'è il cristianesimo, ma non lo conoscono realmente. Spesso addirittura gli elementi e le stesse nozioni fondamentali della fede non sono più noti. Molti battezzati vivono come se Cristo non esistesse: si ripetono i gesti e i segni della fede, specialmente attraverso le pratiche di culto, ma ad essi non corrisponde una reale accoglienza del contenuto della fede e un'adesione alla persona di Gesù. Alle grandi certezze della fede è subentrato in molti un sentimento religioso vago e poco impegnativo; si diffondono varie forme di agnosticismo e di ateismo pratico che concorrono ad aggravare il divario tra la fede e la vita; diversi si sono lasciati contagiare dallo spirito di un umanesimo immanentista che ne ha indebolito la fede, portandoli sovente purtroppo ad abbandonarla completamente; si assiste a una sorta di interpretazione secolaristica della fede cristiana che la erode ed alla quale si collega una profonda crisi della coscienza e della pratica morale cristiana.(80) I grandi valori che hanno ampiamente ispirato la cultura europea sono stati separati dal Vangelo, perdendo così la loro anima più profonda e lasciando spazio a non poche deviazioni.

« Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? » (Lc 18, 8). La troverà su queste terre della nostra Europa di antica tradizione cristiana? È un interrogativo aperto che indica con lucidità la profondità e drammaticità di una delle sfide più serie che le nostre Chiese sono chiamate ad affrontare. Si può dire – come è stato sottolineato nel Sinodo – che tale sfida consiste spesso non tanto nel battezzare i nuovi convertiti, ma nel condurre i battezzati a convertirsi a Cristo e al suo Vangelo: (81) nelle nostre comunità occorre preoccuparsi seriamente di portare il Vangelo della speranza a quanti sono lontani dalla fede o si sono allontanati dalla pratica cristiana.

Fedeltà all'unico messaggio

48. Per poter annunciare il Vangelo della speranza, è necessaria una solida fedeltà allo stesso Vangelo. La predicazione della Chiesa, quindi, in tutte le sue forme, deve essere sempre più incentrata sulla persona di Gesù e deve sempre più orientare a Lui. Occorre vigilare perché Egli sia presentato nella sua integralità: non solo come modello etico, ma innanzitutto come il Figlio di Dio, l'unico e necessario Salvatore di tutti, che vive e opera nella sua Chiesa. Perché la speranza sia vera e indistruttibile, la « predicazione integra, chiara e rinnovata di Gesù Cristo risorto, della Risurrezione e della Vita eterna » (82) dovrà costituire una priorità nell'azione pastorale dei prossimi anni.

Se identico in ogni tempo è il Vangelo da annunciare, diversi sono i modi con cui tale annuncio può essere realizzato. Ciascuno, quindi, è invitato a “proclamare” Gesù e la fede in Lui in ogni circostanza; “attrarre” altri alla fede, attuando modi di vita personale, familiare, professionale e comunitaria che rispecchino il Vangelo; “irradiare” intorno a sé gioia, amore e speranza, perché molti, vedendo le nostre opere buone, rendano gloria al Padre che è nei cieli (cfr Mt 5, 16), così da venire “contagiati” e conquistati; divenire “lievito” che trasforma e anima dal di dentro ogni espressione culturale.(83)

Con la testimonianza della vita

49. L'Europa reclama evangelizzatori credibili, nella cui vita in comunione con la croce e la risurrezione di Cristo risplenda la bellezza del Vangelo.(84) Tali evangelizzatori vanno adeguatamente formati.(85) Oggi più che mai è necessaria la coscienza missionaria in ogni cristiano, a iniziare dai Vescovi, dai presbiteri, dai diaconi, dai consacrati, dai catechisti e dagli insegnanti di religione: « Ogni battezzato, in quanto testimone di Cristo, deve acquisire la formazione adeguata alla sua condizione non solo per evitare che la fede si inaridisca per mancanza di cura in un ambiente ostile come quello mondano, ma anche per dare sostegno e impulso alla testimonianza evangelizzatrice ».(86)

L'uomo contemporaneo « ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono testimoni ».(87) Decisivi sono, quindi, la presenza e i segni della santità: essa è prerequisito essenziale per un'autentica evangelizzazione, capace di ridare speranza. Occorrono testimonianze forti, personali e comunitarie, di vita nuova in Cristo. Non basta, infatti, che la verità e la grazia siano offerte mediante la proclamazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti; è necessario che siano accolte e vissute in ogni circostanza concreta, nel modo di essere dei cristiani e delle comunità ecclesiali. Questa è una delle scommesse più grandi che attendono la Chiesa che è in Europa all'inizio del nuovo millennio.

Formare a una fede adulta

50. « L'odierna situazione culturale e religiosa dell'Europa esige la presenza di cattolici adulti nella fede e di comunità cristiane missionarie che testimonino la carità di Dio a tutti gli uomini ».(88) L'annuncio del Vangelo della speranza comporta, quindi, che si abbia a promuovere il passaggio da una fede sostenuta da consuetudine sociale, pur apprezzabile, a una fede più personale e adulta, illuminata e convinta.

I cristiani sono, quindi, chiamati ad avere una fede che consenta loro di confrontarsi criticamente con l'attuale cultura resistendo alle sue seduzioni; d'incidere efficacemente sugli ambiti culturali, economici, sociali e politici; di manifestare che la comunione tra i membri della Chiesa cattolica e con gli altri cristiani è più forte di ogni legame etnico; di trasmettere con gioia la fede alle nuove generazioni; di costruire una cultura cristiana capace di evangelizzare la cultura più ampia in cui viviamo.(89)

51. Oltre ad adoperarsi perché il ministero della Parola, la celebrazione della liturgia e l'esercizio della carità siano orientati all'edificazione e al sostegno di una fede matura e personale, è necessario che le comunità cristiane si attivino per proporre una catechesi adatta ai diversi itinerari spirituali dei fedeli nelle diverse età e condizioni di vita, prevedendo anche adeguate forme di accompagnamento spirituale e di riscoperta del proprio Battesimo.(90) Fondamentale punto di riferimento in tale impegno sarà, ovviamente, il Catechismo della Chiesa Cattolica.

In particolare, riconoscendone l'innegabile priorità nell'azione pastorale, occorre coltivare e, nel caso, rilanciare il ministero della catechesi come educazione e sviluppo della fede di ogni persona, così che il seme deposto dallo Spirito Santo e trasmesso con il Battesimo cresca e giunga a maturazione. In costante riferimento alla Parola di Dio, custodita nella Sacra Scrittura, proclamata nella liturgia e interpretata dalla Tradizione della Chiesa, una catechesi organica e sistematica costituisce, senza ombra di dubbio, uno strumento essenziale e primario per formare i cristiani a una fede adulta.(91)

52. Va pure sottolineato, nella medesima linea, il compito importante della teologia. Esiste, infatti, un legame intrinseco e inseparabile tra l'evangelizzazione e la riflessione teologica, poiché quest'ultima, quale scienza con un proprio statuto e una propria metodologia, vive della fede della Chiesa ed è al servizio della sua missione.(92) Nasce dalla fede ed è chiamata a interpretarla, conservando il suo legame irrinunciabile con la comunità cristiana in tutte le sue articolazioni; a servizio della crescita spirituale di tutti i fedeli,(93) essa li introduce alla comprensione approfondita del messaggio di Cristo.

Nello svolgimento della missione di annunciare il Vangelo della speranza, la Chiesa in Europa apprezza con gratitudine la vocazione dei teologi, valorizza e promuove il loro lavoro.(94) A loro, con stima e con affetto, rivolgo l'invito a perseverare nel servizio che svolgono, unendo sempre ricerca scientifica e preghiera, mettendosi in dialogo attento con la cultura contemporanea, aderendo fedelmente al Magistero e collaborando con esso in spirito di comunione nella verità e nella carità, respirando il sensus fidei del Popolo di Dio e contribuendo ad alimentarlo.

 

II. Testimoniare nell'unità e nel dialogo

In comunione tra le Chiese particolari

53. La forza dell'annuncio del Vangelo della speranza sarà maggiormente efficace, se sarà legata alla testimonianza di una profonda unità e comunione nella Chiesa. Le singole Chiese particolari non possono essere sole ad affrontare la sfida che le attende. C'è bisogno di un'autentica collaborazione tra tutte le Chiese particolari del Continente, che sia espressione della loro essenziale comunione; collaborazione che viene sollecitata anche dalla nuova realtà europea.(95) In questo quadro va collocato il contributo degli organismi ecclesiali continentali, a iniziare dal Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. Esso è un efficace strumento per ricercare insieme vie idonee per evangelizzare l'Europa.(96) Mediante lo « scambio dei doni » tra le diverse Chiese particolari, si mettono in comune le esperienze e le riflessioni dell'Europa dell'Ovest e dell'Est, del Nord e del Sud, condividendo comuni orientamenti pastorali; esso perciò rappresenta sempre più un'espressione significativa del sentimento collegiale tra i Vescovi del Continente, per annunciare insieme, con audacia e fedeltà, il nome di Gesù Cristo, unica fonte di speranza per tutti in Europa.

Insieme con tutti i cristiani

54. Nello stesso tempo, appare imperativo irrinunciabile il dovere di una fraterna e convinta collaborazione ecumenica.

La sorte dell'evangelizzazione è strettamente unita alla testimonianza di unità che tutti i discepoli di Cristo sapranno dare: « Tutti i cristiani sono chiamati a svolgere questa missione a seconda della loro vocazione. Il compito dell'evangelizzazione comprende il procedere l'uno verso l'altro e il procedere insieme dei Cristiani, che deve partire dall'interno; evangelizzazione e unità, evangelizzazione ed ecumenismo sono indissolubilmente legati tra di loro ».(97) Faccio, perciò, nuovamente mie le parole scritte da Paolo VI al Patriarca ecumenico Athenagoras I: « Possa lo Spirito Santo guidarci sulla via della riconciliazione, affinché l'unità delle nostre Chiese diventi un segno sempre più luminoso di speranza e di conforto per l'umanità tutta ».(98)

In dialogo con le altre religioni

55. Come per tutto l'impegno della « nuova evangelizzazione », anche in ordine all'annuncio del Vangelo della speranza è necessario che si abbia a instaurare un profondo e intelligente dialogo interreligioso, in particolare con l'Ebraismo e con l'Islam. « Inteso come metodo e mezzo per una conoscenza e un arricchimento reciproco, esso non è in contrapposizione con la missione ad gentes, anzi ha speciali legami con essa e ne è un'espressione ».(99) Nell'esercitarsi in questo dialogo non si tratta di lasciarsi catturare da una « mentalità indifferentista, largamente diffusa, purtroppo, anche tra cristiani, spesso radicata in visioni teologiche non corrette e improntata ad un relativismo religioso che porta a ritenere che “una religione vale l'altra” ».(100)

56. Si tratta piuttosto di prendere più viva coscienza del rapporto che lega la Chiesa al popolo ebraico e del ruolo singolare di Israele nella storia della salvezza. Come era già emerso dalla Prima Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi e come è stato ribadito anche nell'ultimo Sinodo, occorre riconoscere le comuni radici che intercorrono tra il cristianesimo e il popolo ebraico, chiamato da Dio a un'alleanza che rimane irrevocabile (cfr Rom 11, 29),(101) avendo raggiunto la definitiva pienezza in Cristo.

È, quindi, necessario favorire il dialogo con l'ebraismo, sapendo che esso è di fondamentale importanza per l'autocoscienza cristiana e per il superamento delle divisioni tra le Chiese, e operare perché fiorisca una nuova primavera nelle relazioni reciproche. Ciò comporta che ogni comunità ecclesiale abbia ad esercitarsi, per quanto le circostanze lo permetteranno, nel dialogo e nella collaborazione con i credenti della religione ebraica. Tale esercizio implica, tra l'altro, che « si faccia memoria della parte che i figli della Chiesa hanno potuto avere nella nascita e nella diffusione di un atteggiamento antisemita nella storia e di ciò si chieda perdono a Dio, favorendo in ogni modo incontri di riconciliazione e di amicizia con i figli di Israele ».(102) Sarà peraltro doveroso, in tale contesto, ricordare anche i non pochi cristiani che, a costo a volte della vita, hanno aiutato e salvato, soprattutto in periodi di persecuzione, questi loro « fratelli maggiori ».

57. Si tratta pure di lasciarsi stimolare a una migliore conoscenza delle altre religioni, per poter instaurare un fraterno colloquio con le persone che aderiscono ad esse e vivono nell'Europa di oggi. In particolare, è importante un corretto rapporto con l'Islam. Esso, come è più volte emerso in questi anni nella coscienza dei Vescovi europei, « deve essere condotto con prudenza, con chiarezza di idee circa le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel progetto di salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli ».(103) È necessario, tra l'altro, avere coscienza del notevole divario tra la cultura europea, che ha profonde radici cristiane, e il pensiero musulmano.(104)

A questo riguardo, è necessario preparare adeguatamente i cristiani che vivono a quotidiano contatto con i musulmani a conoscere in modo obiettivo l'Islam e a sapersi confrontare con esso; tale preparazione deve riguardare, in particolare, i seminaristi, i presbiteri e tutti gli operatori pastorali. È peraltro comprensibile che la Chiesa, mentre chiede che le istituzioni europee abbiano a promuovere la libertà religiosa in Europa, abbia pure a ribadire che la reciprocità nel garantire la libertà religiosa sia osservata anche in Paesi di diversa tradizione religiosa, nei quali i cristiani sono minoranza.(105)

In questo ambito, « si comprende la sorpresa e il sentimento di frustrazione dei cristiani che accolgono, per esempio in Europa, dei credenti di altre religioni dando loro la possibilità di esercitare il loro culto, e che si vedono interdire l'esercizio del culto cristiano » (106) nei Paesi in cui questi credenti maggioritari hanno fatto della loro religione l'unica ammessa e promossa. La persona umana ha diritto alla libertà religiosa e tutti, in ogni parte del mondo, « devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli, di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana ».(107)

 

III. Evangelizzare la vita sociale

Evangelizzazione della cultura e inculturazione del Vangelo

58. L'annuncio di Gesù Cristo deve raggiungere anche la cultura europea contemporanea. L'evangelizzazione della cultura deve mostrare che anche oggi, in questa Europa, è possibile vivere in pienezza il Vangelo come itinerario che dà senso all'esistenza. A tale scopo, la pastorale deve assumere il compito di plasmare una mentalità cristiana nella vita ordinaria: in famiglia, nella scuola, nella comunicazione sociale, nel mondo della cultura, del lavoro e dell'economia, nella politica, nel tempo libero, nella salute e nella malattia. Occorre un sereno confronto critico con l'attuale situazione culturale dell'Europa, valutando le tendenze emergenti, i fatti e le situazioni di maggiore rilievo del nostro tempo alla luce della centralità di Cristo e dell'antropologia cristiana.

Anche oggi, ricordando la fecondità culturale del cristianesimo lungo la storia dell'Europa, occorre mostrare l'approccio evangelico, teorico e pratico, alla realtà e all'uomo. Considerando, inoltre, la grande rilevanza delle scienze e delle realizzazioni tecnologiche nella cultura e nella società dell'Europa, la Chiesa, attraverso i suoi strumenti di approfondimento teorico e di iniziativa pratica, è chiamata a rapportarsi in modo propositivo di fronte alle conoscenze scientifiche e alle loro applicazioni, indicando l'insufficienza e il carattere inadeguato di una concezione ispirata dallo scientismo che vuole riconoscere obiettiva validità al solo sapere sperimentale, e offrendo i criteri etici che l'uomo possiede iscritti nella propria natura.(108)

59. Nel cammino dell'evangelizzazione della cultura si inserisce l'importante servizio svolto dalle scuole cattoliche. Occorrerà operare perché venga riconosciuta un'effettiva libertà di educazione e la parità giuridica tra le scuole statali e quelle non statali. Queste ultime sono talvolta l'unico mezzo per proporre la tradizione cristiana a quanti ne sono lontani. Esorto i fedeli impegnati nel mondo della scuola a perseverare nella loro missione, portando la luce di Cristo Salvatore nelle loro specifiche attività educative, scientifiche ed accademiche.(109) In particolare, va valorizzato il contributo dei cristiani che conducono la ricerca e insegnano nelle Università: con il «  servizio del pensiero  », essi tramandano alle giovani generazioni i valori di un patrimonio culturale arricchito da due millenni di esperienza umanistica e cristiana. Convinto dell'importanza delle istituzioni accademiche, chiedo pure che nelle diverse Chiese particolari venga promossa una adeguata pastorale universitaria, favorendo in tal modo ciò che risponde alle attuali necessità culturali.(110)

60. Né si può dimenticare il contributo positivo offerto dalla valorizzazione dei beni culturali della Chiesa. Essi possono rappresentare, infatti, un fattore peculiare nel suscitare nuovamente un umanesimo di ispirazione cristiana. Grazie a una loro adeguata conservazione e intelligente utilizzo, essi, in quanto testimonianza viva della fede professata lungo i secoli, possono costituire un valido strumento per la nuova evangelizzazione e la catechesi, e invitare a riscoprire il senso del mistero.

Nello stesso tempo, vanno promosse nuove espressioni artistiche della fede, attraverso un assiduo dialogo con i cultori dell'arte.(111) La Chiesa, infatti, ha bisogno dell'arte, della letteratura, della musica, della pittura, della scultura e dell'architettura, perché « deve rendere percepibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito, dell'invisibile, di Dio » (112) e perché la bellezza artistica, quasi riverbero dello Spirito di Dio, è cifra del mistero, invito a ricercare il volto di Dio, fattosi visibile in Gesù di Nazaret.

L'educazione dei giovani alla fede

61. Incoraggio poi la Chiesa in Europa a rivolgere un'attenzione crescente all'educazione dei giovani alla fede. Nel puntare lo sguardo all'avvenire, non possiamo non volgere a loro le nostre menti: dobbiamo incontrarci con gli intelletti, i cuori, i caratteri dei giovani, per offrire loro una solida formazione umana e cristiana.

Ad ogni occasione che veda la partecipazione di molti giovani, non è difficile scorgere la presenza in essi di atteggiamenti diversificati. Si constata il desiderio di vivere insieme per uscire dall'isolamento, la sete più o meno avvertita di assoluto; si vede in loro una fede segreta che chiede di purificarsi e di voler seguire il Signore; si percepisce la decisione di continuare il cammino già intrapreso e l'esigenza di condividere la fede.

62. A tale scopo, occorre rinnovare la pastorale giovanile, articolata per fasce di età e attenta alle variegate condizioni di ragazzi, adolescenti e giovani. Sarà inoltre necessario conferirle maggiore organicità e coerenza, in paziente ascolto delle domande dei giovani, per renderli protagonisti dell'evangelizzazione e dell'edificazione della società.

In questo cammino, sono da promuovere occasioni di incontro tra i giovani, così da favorire un clima di ascolto vicendevole e di preghiera. Non bisogna avere paura di essere esigenti con loro in ciò che concerne la loro crescita spirituale. Va loro indicata la via della santità, stimolandoli a fare scelte impegnative nella sequela di Gesù, in ciò confortati da un'intensa vita sacramentale. Così essi potranno resistere alle seduzioni di una cultura che spesso propone loro soltanto valori effimeri o addirittura contrari al Vangelo, e diventare essi stessi capaci di mostrare una mentalità cristiana in tutti gli ambiti dell'esistenza, compresi quelli del divertimento e dello svago.(113)

Ho ancora vivi negli occhi i volti gioiosi di tanti giovani, vera speranza della Chiesa e del mondo, segno eloquente dello Spirito che non si stanca di suscitare nuove energie. Li ho incontrati sia nel mio pellegrinare nei vari Paesi sia nelle indimenticabili Giornate Mondiali della Gioventù.(114)

L'attenzione ai mass media

63. Data la rilevanza degli strumenti della comunicazione sociale, la Chiesa in Europa non può non riservare particolare attenzione al variegato mondo dei mass media. Ciò comporta, tra l'altro, l'adeguata formazione dei cristiani che operano nei media e degli utenti di questi strumenti, in vista di una buona padronanza dei nuovi linguaggi. Speciale cura si porrà nella scelta di persone preparate per la comunicazione del messaggio attraverso i media. Molto utile sarà pure lo scambio di informazioni e di strategie tra le Chiese sui diversi aspetti e sulle iniziative concernenti tale comunicazione. Né dovrà essere trascurata la creazione di strumenti locali, anche a livello parrocchiale, di comunicazione sociale.

Nello stesso tempo, si tratta di inserirsi nei processi della comunicazione sociale, per renderla più rispettosa della verità dell'informazione e della dignità della persona umana. A tale proposito, invito i cattolici a partecipare all'elaborazione di un codice deontologico per quanti operano nell'ambito della comunicazione sociale, lasciandosi guidare dai criteri che i competenti organismi della Santa Sede hanno recentemente indicato (115) e che i Vescovi in Sinodo avevano così elencato: « Rispetto della dignità della persona umana, dei suoi diritti, compreso il diritto alla privacy; servizio alla verità, alla giustizia e ai valori umani, culturali e spirituali; stima delle diverse culture evitando che si disperdano nella massa, tutela dei gruppi minoritari e dei più deboli; ricerca del bene comune, al di sopra degli interessi particolari o del predominio di criteri soltanto economici ».(116)

La missione ad gentes

64. Un annuncio di Gesù Cristo e del suo Vangelo che si limitasse al solo contesto europeo tradirebbe sintomi di una preoccupante mancanza di speranza. L'opera di evangelizzazione è animata da vera speranza cristiana quando si apre agli orizzonti universali, che portano ad offrire a tutti gratuitamente quanto, a propria volta, si è ricevuto in dono. La missione ad gentes diventa così espressione di una Chiesa plasmata dal Vangelo della speranza, che continuamente si rinnova e si ringiovanisce. Questa è stata lungo i secoli la consapevolezza della Chiesa in Europa: innumerevoli schiere di missionari e di missionarie, andando incontro ad altri popoli e ad altre civiltà, hanno annunciato il Vangelo di Gesù Cristo alle genti di tutto il mondo.

Lo stesso ardore missionario deve animare la Chiesa nell'Europa di oggi. La diminuzione dei presbiteri e dei consacrati in certi Paesi non deve impedire a nessuna Chiesa particolare di fare proprie le esigenze della Chiesa universale. Ciascuna saprà favorire la preparazione alla missione ad gentes, così da rispondere con generosità all'implorazione che ancora si innalza da molti popoli e nazioni desiderosi di conoscere il Vangelo. Le Chiese di altri Continenti, particolarmente dell'Asia e dell'Africa, guardano ancora alle Chiese in Europa e attendono che esse continuino ad adempiere alla loro vocazione missionaria. I cristiani in Europa non possono venir meno alla loro storia.(117)

Il Vangelo: libro per l'Europa di oggi e di sempre

65. Attraversando la Porta Santa, all'inizio del Grande Giubileo del 2000, ho levato in alto davanti alla Chiesa e al mondo il libro del Vangelo. Questo gesto, compiuto da ogni Vescovo nelle diverse cattedrali del mondo, indichi l'impegno che attende oggi e sempre la Chiesa nel nostro Continente.

Chiesa in Europa, entra nel nuovo millennio con il Libro del Vangelo! Venga accolta da ogni fedele l'esortazione conciliare « ad apprendere “la sublime conoscenza di Cristo” (Fil 3, 8) con la frequente lettura delle divine Scritture. “L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo” ».(118) Continui ad essere la Sacra Bibbia un tesoro per la Chiesa e per ogni cristiano: nello studio attento della Parola troveremo alimento e forza per svolgere ogni giorno la nostra missione.

Prendiamo nelle nostre mani questo Libro! Accettiamolo dal Signore che continuamente ce lo offre tramite la sua Chiesa (cfr Ap 10, 8). Divoriamolo (cfr Ap 10, 9), perché diventi vita della nostra vita. Gustiamolo fino in fondo: ci riserverà fatiche, ma ci darà gioia perché è dolce come il miele (cfr Ap 10, 9-10). Saremo ricolmi di speranza e capaci di comunicarla a ogni uomo e donna che incontriamo sul nostro cammino.

 

CAPITOLO QUARTO

CELEBRARE IL VANGELO DELLA SPERANZA

« A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode,
onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli
 » (Ap 5,13)

Una comunità orante

66. Il Vangelo della speranza, annuncio della verità che rende liberi (cfr Gv 8, 32), deve essere celebrato. Di fronte all'Agnello dell'Apocalisse inizia una solenne liturgia di lode e di adorazione: « A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli » (Ap 5, 13). La stessa visione, che rivela Dio e il senso della storia, avviene « nel giorno del Signore » (Ap 1, 10), il giorno della risurrezione rivissuto dall'assemblea domenicale.

La Chiesa che accoglie questa rivelazione è una comunità che prega. Pregando ascolta il suo Signore e ciò che lo Spirito le dice: essa adora, loda, rende grazie, invoca infine la venuta del Signore, « Vieni, Signore Gesù! » (Ap 22, 16-20), affermando così che solo da lui essa attende salvezza.

Anche a te, Chiesa di Dio che vivi in Europa, è chiesto di essere comunità che prega, celebrando il tuo Signore con i Sacramenti, la liturgia e l'intera esistenza. Nella preghiera, riscoprirai la presenza vivificante del Signore. Così, radicando in lui ogni tua azione, potrai riproporre agli Europei l'incontro con lui stesso, vera speranza che sola sa soddisfare pienamente l'anelito a Dio, nascosto nelle diverse forme di ricerca religiosa che riaffiorano nell'Europa contemporanea.

 

I. Riscoprire la liturgia

Il senso religioso nell'Europa di oggi

67. Nonostante vaste aree di scristianizzazione nel Continente europeo, esistono segnali che contribuiscono a tratteggiare il volto di una Chiesa che, credendo, annuncia, celebra e serve il suo Signore. Non mancano infatti, esempi di autentici cristiani che vivono momenti di silenzio contemplativo, partecipano fedelmente a iniziative spirituali, vivono il Vangelo nella loro esistenza quotidiana e lo testimoniano nei diversi ambiti del loro impegno. Si possono scorgere, inoltre, manifestazioni di una « santità di popolo », che mostrano come anche nell'Europa attuale non sia impossibile vivere il Vangelo a livello personale e in un'autentica esperienza comunitaria.

68. Insieme a molti esempi di fede genuina esiste in Europa anche una religiosità vaga e, a volte, fuorviante. I suoi segni sono spesso generici e superficiali, quando non addirittura contrastanti nelle persone stesse da cui scaturiscono. Sono manifesti fenomeni di fuga nello spiritualismo, di sincretismo religioso ed esoterico, di ricerca di eventi straordinari ad ogni costo, fino a giungere a scelte devianti, come l'adesione a sette pericolose o ad esperienze pseudoreligiose.

Il desiderio diffuso di nutrimento spirituale va accolto con comprensione e purificato. All'uomo che si accorge, seppure confusamente, di non poter vivere solo di pane, è necessario che la Chiesa possa testimoniare in modo convincente la risposta data da Gesù al tentatore: « Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio » (Mt 4, 4).

Una Chiesa che celebra

69. Nel contesto della società odierna, spesso chiusa alla trascendenza, soffocata da comportamenti consumistici, facile preda di antiche e nuove idolatrie e, nel contempo, assetata di qualcosa che vada oltre l'immediato, il compito che attende la Chiesa in Europa è impegnativo ed insieme esaltante. Esso consiste nel riscoprire il senso del « mistero »; nel rinnovare le celebrazioni liturgiche perché siano segni più eloquenti della presenza di Cristo Signore; nell'assicurare nuovi spazi al silenzio, alla preghiera e alla contemplazione; nel ritornare ai Sacramenti, specialmente dell'Eucaristia e della Penitenza, quali sorgenti di libertà e di nuova speranza.

Per questo, a te, Chiesa che vivi in Europa, rivolgo un pressante invito: sii una Chiesa che prega, loda Dio, ne riconosce il primato assoluto, lo esalta con fede lieta. Riscopri il senso del mistero: vivilo con umile gratitudine; attestalo con gioia convinta e contagiosa. Celebra la salvezza di Cristo: accoglila come dono che ti fa suo sacramento, fa' della tua vita il vero culto spirituale gradito a Dio (cfr Rm 12, 1).

Il senso del mistero

70. Alcuni sintomi rivelano un affievolimento del senso del mistero nelle stesse celebrazioni liturgiche, che ad esso dovrebbero introdurre. È, quindi, urgente che nella Chiesa si ravvivi l'autentico senso della liturgia. Questa, come è stato ricordato dai Padri sinodali,(119) è strumento di santificazione; è celebrazione della fede della Chiesa; è mezzo di trasmissione della fede. Con la Sacra Scrittura e gli insegnamenti dei Padri della Chiesa, essa è fonte viva di autentica e solida spiritualità. Come ben sottolinea anche la tradizione delle venerande Chiese di Oriente, con essa i fedeli entrano in comunione con la Santissima Trinità, sperimentando la loro partecipazione alla natura divina, quale dono della grazia. La liturgia diventa così anticipo della beatitudine finale e partecipazione alla gloria celeste.

71. Nelle celebrazioni occorre rimettere al centro Gesù, per lasciarci illuminare e guidare da lui. Possiamo trovare qui una delle risposte più forti che le nostre Comunità sono chiamate a dare ad una religiosità vaga e inconsistente. La liturgia della Chiesa non ha come scopo il placare i desideri e le paure dell'uomo, ma nell'ascoltare ed accogliere Gesù il Vivente, che onora e loda il Padre, per lodarlo e onorarlo con lui. Le celebrazioni ecclesiali proclamano che la nostra speranza ci viene da Dio per mezzo di Gesù nostro Signore.

Si tratta di vivere la liturgia come opera della Trinità. È il Padre che agisce per noi nei misteri celebrati; è lui che ci parla, ci perdona, ci ascolta, ci dona il suo Spirito; a lui noi ci rivolgiamo, lui noi ascoltiamo, lodiamo e invochiamo. È Gesù che agisce per la nostra santificazione, rendendoci partecipi del suo mistero. È lo Spirito Santo che opera con la sua grazia e fa di noi il Corpo di Cristo, la Chiesa.

La liturgia deve essere vissuta come annuncio e anticipazione della gloria futura, termine ultimo della nostra speranza. Come insegna, infatti, il Concilio, « nella liturgia terrena partecipiamo, pregustandola, a quella celeste, che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale noi pellegrini siamo diretti [...], fino a quando Cristo, la nostra vita, si manifesterà ed anche noi saremo manifestati con lui nella gloria ».(120)

Formazione liturgica

72. Se dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II diversa strada è stata fatta per vivere il senso autentico della liturgia, ancora molto rimane da fare. Sono necessari un continuo rinnovamento e una costante formazione di tutti: ordinati, consacrati e laici.

Il vero rinnovamento, lungi dal servirsi di atti arbitrari, consiste nello sviluppare sempre meglio la coscienza del senso del mistero, così da fare delle liturgie momenti di comunione con il mistero grande e santo della Trinità. Celebrando le sacre azioni come rapporto con Dio e accoglimento dei suoi doni, espressione di autentica vita spirituale, la Chiesa in Europa potrà davvero nutrire la sua speranza e offrirla a chi l'ha smarrita.

73. A tale scopo è necessario un grande sforzo di formazione. Finalizzata a favorire la comprensione del vero senso delle celebrazioni della Chiesa, oltre a un'adeguata istruzione sui riti, essa richiede un'autentica spiritualità e l'educazione a viverla in pienezza.(121) Va, quindi, promossa maggiormente una vera « mistagogia liturgica », con la partecipazione attiva di tutti i fedeli, ciascuno secondo le proprie attribuzioni, alle azioni sacre, in particolare all'Eucaristia.

 

II. Celebrare i Sacramenti

74. Un posto di grande rilievo va riservato alla celebrazione dei Sacramenti, quali atti di Cristo e della Chiesa, ordinati a rendere culto a Dio, alla santificazione degli uomini e all'edificazione della Comunità ecclesiale. Riconoscendo che in essi Cristo stesso agisce per mezzo dello Spirito Santo, i Sacramenti vanno celebrati con la massima cura e creando le condizioni adeguate. Le Chiese particolari del Continente avranno a cuore di rafforzare la loro pastorale dei Sacramenti per farne riconoscere la verità profonda. I Padri sinodali hanno messo in luce questa esigenza, per rispondere a due pericoli: da una parte, certi ambienti ecclesiali sembrano aver smarrito il genuino senso del sacramento e potrebbero banalizzare i misteri celebrati; dall'altra, molti battezzati, seguendo usanze e tradizioni, continuano a ricorrere ai Sacramenti in momenti significativi della loro esistenza, senza però vivere in modo conforme alle indicazioni della Chiesa.(122)

L'Eucaristia

75. L'Eucaristia, dono supremo di Cristo alla Chiesa, fa presente nel mistero il sacrificio di Cristo per la nostra salvezza: « Nella Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè Cristo stesso, nostra Pasqua ».(123) Ad essa, « fonte e apice di tutta la vita cristiana »,(124) attinge la Chiesa nel suo pellegrinaggio, trovandovi la sorgente di ogni speranza. L'Eucaristia, infatti, « dà impulso al nostro cammino storico, ponendo un seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti ».(125)

Tutti siamo invitati a confessare la fede nell'Eucaristia, « pegno della gloria futura », certi che la comunione con Cristo, ora vissuta da pellegrini nell'esistenza mortale, anticipa l'incontro supremo del giorno in cui « noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è » (1 Gv 3, 2). L'Eucaristia è un « assaggio di eternità nel tempo », è presenza divina e comunione con essa; memoriale della Pasqua di Cristo, è di sua natura apportatrice della grazia nella storia umana. Essa apre al futuro di Dio; essendo comunione con Cristo, con il suo corpo e il suo sangue, è partecipazione alla vita eterna di Dio.(126)

La Riconciliazione

76. Con l'Eucaristia, anche il sacramento della Riconciliazione deve svolgere un ruolo fondamentale nel recupero della speranza: « L'esperienza personale del perdono di Dio per ciascuno di noi è, infatti, fondamento essenziale di ogni speranza per il nostro futuro ».(127) Una delle radici della rassegnazione che assale molti oggi va ricercata nell'incapacità di riconoscersi peccatori e di lasciarsi perdonare, una incapacità spesso dovuta alla solitudine di chi, vivendo come se Dio non esistesse, non ha nessuno a cui chiedere perdono. Chi, invece, si riconosce peccatore e si affida alla misericordia del Padre celeste, sperimenta la gioia di una vera liberazione e può proseguire nell'esistenza senza rinchiudersi nella propria miseria.(128) Riceve così la grazia di un nuovo inizio, e ritrova motivazioni per sperare.

Perciò è necessario che nella Chiesa in Europa il sacramento della Riconciliazione venga rivitalizzato. Va ribadito, tuttavia, che la forma del Sacramento è la confessione personale dei peccati seguita dall'assoluzione individuale. Questo incontro tra il penitente e il sacerdote deve essere favorito, in qualsiasi forma prevista del rito del Sacramento. Di fronte alla diffusa perdita del senso del peccato e all'affermarsi di una mentalità segnata da relativismo e soggettivismo in campo morale, occorre che in ogni comunità ecclesiale si provveda a una seria formazione delle coscienze.(129) I Padri Sinodali hanno insistito perché si riconosca chiaramente la verità del peccato personale e la necessità del perdono personale di Dio tramite il ministero del sacerdote. Le assoluzioni collettive non sono un modo alternativo di amministrare il sacramento della Riconciliazione.(130)

77. Mi rivolgo ai sacerdoti, esortandoli a dare generosamente la propria disponibilità nell'ascolto delle confessioni e a offrire essi stessi un esempio accostandosi con regolarità al sacramento della Penitenza. Raccomando loro di curare il proprio aggiornamento nel campo della teologia morale, così da saper affrontare con competenza le problematiche sorte in epoca recente nel campo della morale personale e sociale. Abbiano, inoltre, una particolare attenzione alle concrete condizioni di vita in cui si trovano i fedeli e sappiano condurli pazientemente a riconoscere le esigenze della legge morale cristiana, aiutandoli a vivere il Sacramento come un gioioso incontro con la misericordia del Padre celeste.(131)

Preghiera e vita

78. Accanto alla Celebrazione eucaristica, occorre promuovere anche le altre forme di preghiera comunitaria,(132) aiutando a riscoprire il legame che intercorre tra queste e l'orazione liturgica. In particolare, mantenendo viva la tradizione della Chiesa latina, vengano promosse le diverse manifestazioni del culto eucaristico fuori della Messa: adorazione personale, esposizione e processione, da intendere come espressione di fede nella permanenza della presenza reale del Signore nel Sacramento dell'altare.(133) Nella celebrazione, personale o comunitaria, della Liturgia delle Ore, di cui il Concilio Vaticano II ha richiamato il singolare valore anche per i fedeli laici,(134) si educhi a vedere tale connessione con il mistero eucaristico. Le famiglie siano sollecitate a dare spazio alla preghiera fatta in comune, così da interpretare alla luce del Vangelo tutta l'esistenza matrimoniale e familiare. In tal modo, a partire da qui e in ascolto della Parola di Dio, si formerà quella liturgia domestica che scandirà tutti i momenti della famiglia.(135)

Ogni forma di preghiera comunitaria presuppone la preghiera individuale. Tra la persona e Dio nasce quel colloquio di verità che si esprime nella lode, nel ringraziamento, nella supplica rivolta al Padre per Gesù Cristo e nello Spirito Santo. La preghiera personale, che è come la respirazione del cristiano, non sia mai trascurata. Ci si educhi anche a riscoprire il legame tra quest'ultima e la preghiera liturgica.

79. Una speciale attenzione va riservata anche alla pietà popolare.(136) Ampiamente diffusa nelle diverse regioni d'Europa attraverso le confraternite, i pellegrinaggi e le processioni presso numerosi santuari, essa arricchisce il cammino dell'anno liturgico, ispirando usi e costumi familiari e sociali. Tutte queste forme devono essere attentamente considerate mediante una pastorale di promozione e di rinnovamento, che le aiuti a sviluppare quanto è espressione genuina della sapienza del Popolo di Dio. Tale è sicuramente il Santo Rosario. In questo Anno ad esso dedicato mi è caro raccomandarne ancora la recita, perché « il Rosario, se riscoperto nel suo pieno significato, porta al cuore stesso della vita cristiana ed offre un'ordinaria quanto feconda opportunità spirituale e pedagogica per la contemplazione personale, la formazione del Popolo di Dio e la nuova evangelizzazione ».(137)

In materia di pietà popolare occorre vegliare costantemente su aspetti di ambiguità di certe manifestazioni, preservandole da derive secolaristiche, da improvvidi consumismi o anche da rischi di superstizione, per mantenerle entro forme mature e autentiche. Si faccia opera pedagogica, spiegando come la pietà popolare vada sempre vissuta in armonia con la liturgia della Chiesa e in connessione con i Sacramenti.

80. Non va dimenticato che il « culto spirituale gradito a Dio » (cfr Rm 12, 1) si realizza innanzitutto nell'esistenza quotidiana, vissuta nella carità attraverso il dono di sé libero e generoso, anche in momenti di apparente impotenza. Così la vita è animata da speranza incrollabile, perché affidata solo alla certezza della potenza di Dio e della vittoria di Cristo: è una vita ricolma delle consolazioni di Dio, con le quali siamo chiamati a consolare, a nostra volta, quanti incontriamo sul nostro cammino (cfr 2 Cor 1, 4).

Il giorno del Signore

81. Momento paradigmatico ed altamente evocativo in ordine alla celebrazione del Vangelo della speranza è il giorno del Signore.

Nel contesto attuale, le circostanze rendono precaria la possibilità per i cristiani di vivere pienamente la domenica come giorno dell'incontro con il Signore. Avviene non di rado che essa sia ridotta a «  fine settimana  », a semplice tempo di evasione. Occorre perciò un'azione pastorale articolata a livello educativo, spirituale e sociale, che aiuti a viverne il senso vero.

82. Rinnovo, pertanto, l'invito a ricuperare il significato più profondo del giorno del Signore: (138) venga santificato con la partecipazione all'Eucaristia e con un riposo ricco di letizia cristiana e di fraternità. Sia celebrato come centro di tutto il culto, preannuncio incessante della vita senza fine, che rianima la speranza e incoraggia nel cammino. Non si tema, perciò, di difenderlo contro ogni attacco e di adoperarsi perché, nell'organizzazione del lavoro, esso sia salvaguardato, così che possa essere giorno per l'uomo, a vantaggio dell'intera società. Se, infatti, la domenica fosse privata del suo significato originario e in essa non fosse possibile dare spazio adeguato alla preghiera, al riposo, alla comunione e alla gioia, potrebbe succedere che « l'uomo rimanga chiuso in un orizzonte tanto ristretto che non gli consente più di vedere il “cielo”. Allora, per quanto vestito a festa, diventa intimamente incapace di “far festa” ».(139) E senza la dimensione della festa, la speranza non troverebbe una casa dove abitare.

 

CAPITOLO QUINTO

SERVIRE IL VANGELO DELLA SPERANZA

« Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio
e la costanza
 » (Ap 2, 19)

La via dell'amore

83. La parola che lo Spirito dice alle Chiese contiene un giudizio sulla loro vita. Esso riguarda fatti e comportamenti: « Conosco le tue opere » è l'introduzione che, quasi come un ritornello e con poche varianti, compare nelle lettere scritte alle sette Chiese. Quando le opere risultano positive, sono frutto della fatica, della costanza, della sopportazione delle prove, della tribolazione, della povertà, della fedeltà nelle persecuzioni, della carità, della fede, del servizio. In questo senso esse possono essere lette come la descrizione di una Chiesa che, oltre ad annunciare e a celebrare la salvezza che le viene dal Signore, la “vive” concretamente.

Per servire il Vangelo della speranza, anche alla Chiesa che vive in Europa è chiesto di seguire la strada dell'amore. È strada che passa attraverso la carità evangelizzante, l'impegno multiforme nel servizio, la decisione per una generosità senza soste né confini.

 

I. Il servizio della carità

Nella comunione e nella solidarietà

84. La carità ricevuta e donata è per ogni persona l'esperienza originaria nella quale nasce la speranza. « L'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente ».(140)

La sfida per la Chiesa nell'Europa di oggi consiste, quindi, nell'aiutare l'uomo contemporaneo a sperimentare l'amore di Dio Padre e di Cristo, nello Spirito Santo, attraverso la testimonianza della carità, che possiede in se stessa una intrinseca forza evangelizzante.

In questo consiste in definitiva il « Vangelo », il lieto annuncio per ogni uomo: Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4, 10.19); Gesù ci ha amati fino alla fine (cfr Gv 13, 1). Grazie al dono dello Spirito, la carità di Dio viene offerta ai credenti, rendendoli partecipi della sua stessa capacità di amare: essa urge nel cuore di ogni discepolo e di tutta la Chiesa (cfr 2 Cor 5, 14). Proprio perché donata da Dio, la carità diventa comandamento per l'uomo (cfr Gv 13, 34).

Vivere nella carità diventa, quindi, lieto annuncio ad ogni persona, rendendo visibile l'amore di Dio, che non abbandona nessuno. In definitiva, significa dare all'uomo smarrito ragioni vere per continuare a sperare.

85. È vocazione della Chiesa, come « segno credibile, anche se sempre inadeguato, dell'amore vissuto, di far incontrare gli uomini e le donne con l'amore di Dio e di Cristo, che viene a cercarli ».(141) « Segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano »,(142) la Chiesa lo attesta quando le persone, le famiglie e le comunità vivono intensamente il Vangelo della carità. In altri termini, le nostre comunità ecclesiali sono chiamate ad essere delle vere palestre di comunione.

Per sua stessa natura, la testimonianza della carità deve estendersi oltre i confini della comunità ecclesiale, per raggiungere ogni persona, così che l'amore per tutti gli uomini diventi fomento di autentica solidarietà per l'intero vivere sociale. Quando la Chiesa serve la carità, essa fa crescere allo stesso tempo la « cultura della solidarietà », concorrendo così a ridare vita ai valori universali della convivenza umana.

In questa prospettiva occorre riscoprire il senso autentico del volontariato cristiano. Nascendo dalla fede e venendo continuamente da essa alimentato, esso deve sapere coniugare capacità professionale e amore genuino, spingendo quanti lo praticano ad « elevare i sentimenti di semplice filantropia all'altezza della carità di Cristo; a riconquistare ogni giorno, tra fatiche e stanchezze, la coscienza della dignità di ogni uomo; ad andare alla scoperta dei bisogni delle persone iniziando - se necessario - nuovi cammini là dove più urgente è il bisogno e più deboli sono l'attenzione e il sostegno ».(143)

 

II. Servire l'uomo nella società

Ridare speranza ai poveri

86. All'intera Chiesa è chiesto di ridare speranza ai poveri. Accoglierli e servirli significa per essa accogliere e servire Cristo (cfr Mt 25, 40). L'amore preferenziale per i poveri è una dimensione necessaria dell'essere cristiano e del servizio al Vangelo. Amarli e testimoniare loro che sono particolarmente amati da Dio significa riconoscere che le persone valgono per se stesse, quali che siano le loro condizioni economiche, culturali, sociali in cui si trovano, aiutandole a valorizzare le loro potenzialità.

87. Occorre poi lasciarsi interpellare dal fenomeno della disoccupazione, che in molte nazioni d'Europa costituisce un grave flagello sociale. A questo si aggiungono anche i problemi connessi con i crescenti flussi migratori. Alla Chiesa è chiesto di ricordare che il lavoro costituisce un bene di cui tutta la società deve farsi carico.

Riproponendo i criteri etici che devono guidare mercato ed economia in uno scrupoloso rispetto della centralità dell'uomo, la Chiesa non tralascerà di ricercare il dialogo con le persone impegnate a livello politico, sindacale e imprenditoriale.(144) Esso deve mirare all'edificazione di un'Europa intesa come comunità di popoli e di persone, comunità solidale nella speranza, non soggetta esclusivamente alle leggi del mercato, ma decisamente preoccupata di salvaguardare la dignità dell'uomo anche nei rapporti economici e sociali.

88. Si dia adeguato rilievo anche alla pastorale dei malati. Considerando che la malattia è una situazione che pone interrogativi essenziali sul senso della vita, « in una società della prosperità e dell'efficienza, in una cultura caratterizzata dall'idolatria del corpo, dalla rimozione della sofferenza e del dolore e dal mito della perenne giovinezza »,(145) la cura per i malati deve essere considerata come una delle priorità. A tale scopo, vanno promossi, da una parte, una adeguata presenza pastorale nei diversi luoghi della sofferenza, ad esempio attraverso l'impegno di cappellani ospedalieri, di membri di associazioni di volontariato, di istituzioni sanitarie ecclesiastiche, e, dall'altra, un sostegno alle famiglie dei malati. Occorrerà inoltre essere accanto al personale medico e paramedico con mezzi pastorali adeguati, per sostenerlo nell'impegnativa vocazione a servizio dei malati. Nella loro attività, infatti, gli operatori sanitari rendono ogni giorno un nobile servizio alla vita. A loro è richiesto di offrire ai pazienti anche quello speciale sostegno spirituale che suppone il calore di un autentico contatto umano.

89. Infine, non si potrà dimenticare che talora viene fatto un uso indebito dei beni della terra. L'uomo infatti, venendo meno alla missione di coltivare e custodire la terra con sapienza e amore (cfr Gn 2, 15), ha in molte regioni devastato boschi e pianure, inquinato le acque, reso irrespirabile l'aria, sconvolto i sistemi idrogeologici e atmosferici e desertificato ampi spazi.

Anche in questo caso, servire il Vangelo della speranza vuol dire impegnarsi in modo nuovo per un corretto uso dei beni della terra,(146) stimolando quell'attenzione che, oltre a tutelare gli habitat naturali, difende la qualità della vita delle persone, preparando alle generazioni future un ambiente più consono al progetto del Creatore.

La verità del matrimonio e della famiglia

90. La Chiesa in Europa, in ogni sua articolazione, deve riproporre con fedeltà la verità del matrimonio e della famiglia.(147) È una necessità che essa sente ardere dentro di sé perché sa che tale compito la qualifica in forza della missione evangelizzatrice affidatale dal suo Sposo e Signore, e si ripropone oggi con inusitata impellenza. Non pochi fattori culturali, sociali e politici concorrono, infatti, a provocare una crisi sempre più evidente della famiglia. Essi compromettono in diversa misura la verità e la dignità della persona umana e mettono in discussione, svisandola, l'idea stessa di famiglia. Il valore dell'indissolubilità matrimoniale viene sempre più misconosciuto; si chiedono forme di riconoscimento legale delle convivenze di fatto, equiparandole ai matrimoni legittimi; non mancano tentativi di accettare modelli di coppia dove la differenza sessuale non risulta essenziale.

In questo contesto, alla Chiesa è chiesto di annunciare con rinnovato vigore ciò che il Vangelo dice sul matrimonio e sulla famiglia, per coglierne il significato e il valore nel disegno salvifico di Dio. In particolare, è necessario riaffermare tali istituzioni come realtà che derivano dalla volontà di Dio. Occorre riscoprire la verità della famiglia, quale intima comunione di vita e di amore,(148) aperta alla generazione di nuove persone; come anche la sua dignità di “chiesa domestica” e la sua partecipazione alla missione della Chiesa e alla vita della società.

91. Secondo i Padri sinodali, bisogna riconoscere che tante famiglie, nella quotidianità dell'esistenza vissuta nell'amore, sono testimoni visibili della presenza di Gesù che le accompagna e sostiene con il dono del suo Spirito. Per sostenerne il cammino, si dovrà approfondire la teologia e la spiritualità del matrimonio e della famiglia; proclamare con fermezza e integrità e mostrare mediante esempi efficaci la verità e la bellezza della famiglia fondata sul matrimonio inteso come unione stabile e aperta alla vita di un uomo e di una donna; promuovere in ogni comunità ecclesiale un'adeguata e organica pastorale familiare. Al tempo stesso sarà necessario offrire con materna sollecitudine da parte della Chiesa un aiuto a coloro che si trovano in situazioni difficili, come ad esempio ragazze madri, persone separate, divorziate, figli abbandonati. In ogni caso occorrerà sollecitare, accompagnare e sostenere il giusto protagonismo delle famiglie, singole o associate, nella Chiesa e nella società e adoperarsi perché da parte dei singoli Stati e della stessa Unione Europea siano promosse autentiche e adeguate politiche familiari.(149)

92. Un'attenzione particolare deve essere riservata all'educazione all'amore nei confronti dei giovani e dei fidanzati, mediante appositi itinerari di preparazione alla celebrazione del sacramento del Matrimonio, che li aiutino ad arrivare a questo momento vivendo nella castità. Nella sua opera educativa, la Chiesa si mostrerà premurosa, accompagnando i novelli sposi anche dopo la celebrazione delle nozze.

93. La Chiesa, infine, è chiamata a venire incontro, con bontà materna, anche a quelle situazioni matrimoniali nelle quali è facile venga meno la speranza. In particolare, « di fronte a tante famiglie disfatte, la Chiesa si sente chiamata non ad esprimere un giudizio severo e distaccato, ma piuttosto ad immettere nelle pieghe di tanti drammi umani la luce della parola di Dio, accompagnata dalla testimonianza della sua misericordia. È questo lo spirito con cui la pastorale familiare cerca di farsi carico anche delle situazioni dei credenti che hanno divorziato e si sono risposati civilmente. Essi non sono esclusi dalla comunità; sono anzi invitati a partecipare alla sua vita, facendo un cammino di crescita nello spirito delle esigenze evangeliche. La Chiesa, senza tacere loro la verità del disordine morale oggettivo in cui si trovano e delle conseguenze che ne derivano per la pratica sacramentale, intende mostrare loro tutta la sua materna vicinanza ».(150)

94. Se per servire il Vangelo della speranza è necessario riservare una adeguata e prioritaria attenzione alla famiglia, è altrettanto indubitabile che le famiglie stesse hanno un compito insostituibile da svolgere in ordine al medesimo Vangelo della speranza. Perciò, con fiducia e con affetto, a tutte le famiglie cristiane che vivono in questa Europa rinnovo l'invito: « Famiglie, diventate ciò che siete! ». Voi siete ripresentazione vivente della carità di Dio: avete infatti la « missione di custodire, rivelare e comunicare l'amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell'amore di Dio per l'umanità e dell'amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa ».(151)

Voi siete il « santuario della vita [...]: il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un'autentica crescita umana ».(152)

Voi siete il fondamento della società, in quanto luogo primario dell'« umanizzazione » della persona e del vivere civile,(153) modello per l'instaurazione di rapporti sociali vissuti nell'amore e nella solidarietà.

Siate voi stesse testimoni credibili del Vangelo della speranza! Perché voi siete « gaudium et spes ».(154)

Servire il Vangelo della vita

95. L'invecchiamento e la diminuzione della popolazione a cui si assiste in diversi Paesi d'Europa non può non essere motivo di preoccupazione; il calo delle nascite, infatti, è sintomo di un rapporto non sereno con il proprio futuro; è chiara manifestazione di una mancanza di speranza, è segno di quella « cultura della morte » che attraversa l'odierna società.(155)

Con il calo della natalità vanno ricordati altri segni che concorrono a configurare l'eclissi del valore della vita e a scatenare una specie di congiura contro di essa. Tra questi va tristemente annoverata, anzitutto, la diffusione dell'aborto, anche utilizzando preparati chimico-farmacologici che lo rendono possibile senza dover ricorrere al medico e sottraendolo a ogni forma di responsabilità sociale; ciò è favorito dalla presenza nell'ordinamento di molti Stati del Continente di legislazioni permissive di un gesto che rimane un « abominevole delitto » (156) e costituisce sempre un disordine morale grave. Né si possono dimenticare gli attentati perpetrati attraverso « interventi sugli embrioni umani che, pur mirando a scopi in sé legittimi, ne comportano inevitabilmente l'uccisione » o mediante un utilizzo scorretto delle tecniche diagnostiche pre-natali, messe al servizio non di terapie precoci a volte possibili, ma « di una mentalità eugenetica, che accetta l'aborto selettivo ».(157)

Va pure menzionata la tendenza, che si registra in alcune parti dell'Europa, a ritenere che possa essere permesso porre fine consapevolmente alla propria vita o a quella di un altro essere umano: di qui la diffusione dell'eutanasia mascherata, o attuata apertamente, per la quale non mancano richieste e tristi esempi di legalizzazione.

96. Di fronte a questo stato di cose, è necessario « servire il Vangelo della vita » anche attraverso « una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita ».(158) È questa una grande sfida che occorre affrontare con responsabilità, certi che « il futuro della civiltà europea dipende in gran parte della decisa difesa e promozione dei valori della vita, nucleo del suo patrimonio culturale »; (159) si tratta, infatti, di restituire all'Europa la sua vera dignità, quella di essere luogo dove ogni persona è affermata nella sua incomparabile dignità.

Volentieri faccio mie queste parole dei Padri sinodali: « Il Sinodo dei Vescovi europei stimola le comunità cristiane a farsi evangelizzatrici della vita. Incoraggia le coppie e le famiglie cristiane a sostenersi a vicenda nella fedeltà alla loro missione di collaboratrici di Dio nella generazione ed educazione di nuove creature; apprezza ogni generoso tentativo di reagire all'egoismo nell'ambito della trasmissione della vita, alimentato da falsi modelli di sicurezza e di felicità; chiede agli Stati e all'Unione Europea di porre in atto politiche lungimiranti, che promuovano le condizioni concrete di abitazione, di lavoro e di servizi sociali, atte a favorire la costituzione della famiglia e la risposta alla vocazione alla maternità e paternità, ed inoltre assicurino all'Europa di oggi la risorsa più preziosa: gli europei di domani ».(160)

Costruire una città degna dell'uomo

97. La carità operosa ci impegna ad affrettare il Regno venturo. Per ciò stesso collabora alla promozione degli autentici valori che sono alla base di una civiltà degna dell'uomo. Come ricorda, infatti, il Concilio Vaticano II, « i cristiani, in cammino verso la città celeste, devono ricercare e pensare alle cose di lassù; questo tuttavia non diminuisce, ma anzi aumenta il peso del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano ».(161) L'attesa dei cieli nuovi e della terra nuova, lungi dall'estraniare dalla storia, intensifica la sollecitudine per la realtà presente dove fin d'ora cresce la novità che è germe e figura del mondo che verrà.

Animati da queste certezze di fede, adoperiamoci per la costruzione di una città degna dell'uomo. Anche se non è possibile costruire nella storia un ordine sociale perfetto, sappiamo però che ogni sforzo sincero per costruire un mondo migliore è accompagnato dalla benedizione di Dio, e che ogni seme di giustizia e di amore piantato nel tempo presente fiorisce per l'eternità.

98. Nel costruire la città degna dell'uomo, un ruolo ispiratore va riconosciuto alla Dottrina Sociale della Chiesa. Attraverso di essa, infatti, la Chiesa pone al Continente europeo la questione della qualità morale della sua civiltà. Essa trae origine dall'incontro tra il messaggio biblico con la ragione da una parte, e i problemi e le situazioni riguardanti la vita dell'uomo e della società dall'altra. Con l'insieme dei principi da essa offerti, tale dottrina contribuisce a porre solide basi per una convivenza a misura d'uomo, nella giustizia, nella verità, nella libertà e nella solidarietà. Protesa a difendere e a promuovere la dignità della persona, fondamento non solo della vita economica e politica, ma anche della giustizia sociale e della pace, essa si presenta capace di sostenere i pilastri portanti del futuro del Continente.(162) In questa stessa dottrina si trovano i riferimenti per poter difendere la struttura morale della libertà, così da salvaguardare la cultura e la società europea sia dall'utopia totalitaria della «  giustizia senza libertà  » sia da quella della « libertà senza verità », cui si accompagna un falso concetto di «  tolleranza  », entrambe foriere di errori ed orrori per l'umanità, come testimonia tristemente la storia recente dell'Europa stessa.(163)

99. La Dottrina Sociale della Chiesa, per il suo intrinseco legame con la dignità della persona, è fatta per essere compresa anche da coloro che non appartengono alla comunità dei credenti. È urgente, quindi, diffonderne la conoscenza e lo studio, superando l'ignoranza che di essa si ha anche tra i cristiani. Lo esige l'Europa nuova in via di costruzione, bisognosa di persone educate secondo questi valori, disposte ad adoperarsi per la realizzazione del bene comune. È necessaria a tal fine la presenza di laici cristiani che nelle diverse responsabilità della vita civile, dell'economia, della cultura, della sanità, dell'educazione e della politica, agiscano in modo da potervi infondere i valori del Regno.(164)

Per una cultura dell'accoglienza

100. Tra le sfide che si pongono oggi al servizio al Vangelo della speranza va annoverato il crescente fenomeno delle immigrazioni, che interpella la capacità della Chiesa di accogliere ogni persona, a qualunque popolo o nazione essa appartenga. Esso stimola anche l'intera società europea e le sue istituzioni alla ricerca di un giusto ordine e di modi di convivenza rispettosi di tutti, come pure della legalità, in un processo d'una integrazione possibile.

Considerando lo stato di miseria, di sottosviluppo o anche di insufficiente libertà, che purtroppo caratterizza ancora diversi Paesi, tra le cause che spingono molti a lasciare la propria terra, c'è bisogno di un impegno coraggioso da parte di tutti per la realizzazione di un ordine economico internazionale più giusto, in grado di promuovere l'autentico sviluppo di tutti i popoli e di tutti i Paesi.

101. Di fronte al fenomeno migratorio, è in gioco la capacità, per l'Europa, di dare spazio a forme di intelligente accoglienza e ospitalità. È la visione « universalistica » del bene comune ad esigerlo: occorre dilatare lo sguardo sino ad abbracciare le esigenze dell'intera famiglia umana. Lo stesso fenomeno della globalizzazione reclama apertura e condivisione, se non vuole essere radice di esclusione e di emarginazione, ma piuttosto di partecipazione solidale di tutti alla produzione e allo scambio dei beni.

Ciascuno si deve adoperare per la crescita di una matura cultura dell'accoglienza, che tenendo conto della pari dignità di ogni persona e della doverosa solidarietà verso i più deboli, richiede che ad ogni migrante siano riconosciuti i diritti fondamentali. È responsabilità delle autorità pubbliche esercitare il controllo dei flussi migratori in considerazione delle esigenze del bene comune. L'accoglienza deve sempre realizzarsi nel rispetto delle leggi e quindi coniugarsi, quando necessario, con la ferma repressione degli abusi.

102. Occorre pure impegnarsi per individuare forme possibili di genuina integrazione degli immigrati legittimamente accolti nel tessuto sociale e culturale delle diverse nazioni europee. Essa esige che non si abbia a cedere all'indifferentismo circa i valori umani universali e che si abbia a salvaguardare il patrimonio culturale proprio di ogni nazione. Una convivenza pacifica e uno scambio delle reciproche ricchezze interiori renderà possibile l'edificazione di un'Europa che sappia essere casa comune, nella quale ciascuno possa essere accolto, nessuno venga discriminato, tutti siano trattati e vivano responsabilmente come membri di una sola grande famiglia.

103. Per parte sua, la Chiesa è chiamata a « continuare la sua azione nel creare e rendere sempre migliori i suoi servizi di accoglienza e le sue attenzioni pastorali per gli immigrati e i rifugiati »,(165) per far sì che siano rispettate la loro dignità e libertà e sia favorita la loro integrazione.

In particolare, si ricordi di dare una specifica cura pastorale all'integrazione degli immigrati cattolici, rispettando la loro cultura e l'originalità della loro tradizione religiosa. A tale scopo, sono da favorire contatti tra le Chiese di origine degli immigrati e quelle di accoglienza, così da studiare forme di aiuto, che possano prevedere anche la presenza, tra gli immigrati, di presbiteri, consacrati e operatori pastorali adeguatamente formati provenienti dai loro Paesi.

Il servizio del Vangelo esige, inoltre, che la Chiesa, difendendo la causa degli oppressi e degli esclusi, chieda alle autorità politiche dei diversi Stati e ai responsabili delle Istituzioni europee di riconoscere la condizione di rifugiati per quanti fuggono dal proprio Paese di origine a motivo di pericoli per la propria esistenza, come pure di favorirne il ritorno nei propri Paesi; e di creare altresì le condizioni perché sia rispettata la dignità di tutti gli immigrati e siano difesi i loro diritti fondamentali.(166)

 

III. Decidiamoci alla carità!

104. L'appello a vivere la carità operosa, rivolto dai Padri sinodali a tutti i cristiani del Continente europeo,(167) rappresenta la sintesi felice di un autentico servizio al Vangelo della speranza. Ora lo ripropongo a te, Chiesa di Cristo che vivi in Europa. Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli europei di oggi, soprattutto dei poveri e dei sofferenti, siano pure le tue gioie e le tue speranze, le tue tristezze e le tue angosce e nulla di ciò che è genuinamente umano non trovi eco nel tuo cuore. All'Europa e al suo cammino guarda con la simpatia di chi apprezza ogni elemento positivo, ma insieme non chiude gli occhi su quanto v'è di incoerente con il Vangelo e lo denuncia con forza.

105. Chiesa in Europa, accogli ogni giorno con rinnovata freschezza il dono della carità che il tuo Signore ti offre e di cui ti rende capace. Impara da lui i contenuti e la misura dell'amore. E sii Chiesa delle beatitudini, continuamente conformata a Cristo (cfr Mt 5, 1-12).

Libera da intralci e da dipendenze, sii povera e amica dei più poveri, accogliente verso ogni persona e attenta verso ogni forma, antica o nuova, di povertà.

Continuamente purificata dalla bontà del Padre, riconosci nell'atteggiamento di Gesù, che ha sempre difeso la verità mostrandosi nello stesso tempo misericordioso verso i peccatori, la norma suprema della tua azione. In Gesù, alla cui nascita fu annunciata la pace (cfr Lc 2, 14), in lui che con la sua morte ha abbattuto ogni inimicizia (cfr Ef 2, 14) e ha donato la pace vera (cfr Gv 14, 27), sii artefice di pace, invitando i tuoi figli a lasciarsi purificare il cuore da ogni ostilità, egoismo e partigianeria, favorendo in ogni circostanza il dialogo e il rispetto reciproci.

In Gesù, giustizia di Dio, non stancarti mai di denunciare ogni forma di ingiustizia. Vivendo nel mondo con i valori del Regno che viene, sarai Chiesa della carità, darai il tuo contributo indispensabile per edificare in Europa una civiltà sempre più degna dell'uomo.

 

CAPITOLO SESTO

IL VANGELO DELLA SPERANZA PER UN'EUROPA NUOVA

« Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme,
scendere dal cielo
 » (Ap 21, 2)

La novità di Dio nella storia

106. Il Vangelo della speranza che risuona nell'Apocalisse apre il cuore alla contemplazione della novità operata da Dio: « Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più » (Ap 21, 1). È Dio stesso a proclamarla con una parola che offre la spiegazione della visione appena descritta: « Ecco, io faccio nuove tutte le cose » (Ap 21, 5).

La novità di Dio – pienamente comprensibile sullo sfondo delle cose vecchie, fatte di lacrime, lutto, lamento, affanno, morte (cfr Ap 21, 4) – consiste nell'uscire dalla condizione di peccato e dalle conseguenze di esso in cui si trova l'umanità; è il nuovo cielo e la nuova terra, la nuova Gerusalemme, in contrapposizione a un cielo e a una terra vecchi, a un antiquato ordine di cose e ad una vetusta Gerusalemme, travagliata dalle sue rivalità.

Non è indifferente per la costruzione della città dell'uomo l'immagine della nuova Gerusalemme, che scende « dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo » (Ap 21, 2) e si riferisce direttamente al mistero della Chiesa. È un'immagine che parla di una realtà escatologica: essa va oltre tutto quello che l'uomo può fare; è un dono di Dio che si compirà negli ultimi tempi. Ma non è un'utopia: è realtà già presente. Lo indica il verbo al presente usato da Dio – « Ecco, io faccio nuove tutte le cose  » (Ap 21, 5) –, con l'ulteriore precisazione: «  Ecco sono compiute! » (Ap 21, 6). Dio, infatti, sta già agendo per rinnovare il mondo; la Pasqua di Gesù è già la novità di Dio. Essa fa nascere la Chiesa, ne anima l'esistenza, rinnova e trasforma la storia.

107. Questa novità comincia a prendere forma anzitutto nella comunità cristiana, che già ora è « dimora di Dio con gli uomini » (cfr Ap 21, 3), nel cui seno Dio già opera, rinnovando la vita di coloro che si sottomettono al soffio dello Spirito. La Chiesa è per il mondo segno e strumento del Regno che si realizza innanzitutto nei cuori. Un riflesso di questa stessa novità si manifesta anche in ogni forma di umana convivenza animata dal Vangelo. Si tratta di una novità che interpella la società in ogni momento della storia e in ogni luogo della terra, e in particolare la società europea che da tanti secoli ascolta il Vangelo del Regno inaugurato da Gesù.

 

I. La vocazione spirituale dell'Europa

L'Europa promotrice dei valori universali

108. La storia del Continente europeo è contraddistinta dall'influsso vivificante del Vangelo. « Se volgiamo lo sguardo ai secoli passati, non possiamo non rendere grazie al Signore perché il Cristianesimo è stato nel nostro Continente un fattore primario di unità tra i popoli e le culture e di promozione integrale dell'uomo e dei suoi diritti ».(168)

Certamente non sì può dubitare che la fede cristiana appartenga, in modo radicale e determinante, ai fondamenti della cultura europea. Il cristianesimo, infatti, ha dato forma all'Europa, imprimendovi alcuni valori fondamentali. La modernità europea stessa che ha dato al mondo l'ideale democratico e i diritti umani attinge i propri valori dalla sua eredità cristiana. Più che come luogo geografico, essa è qualificabile come « un concetto prevalentemente culturale e storico, che caratterizza una realtà nata come Continente grazie anche alla forza unificante del cristianesimo, il quale ha saputo integrare tra loro popoli e culture diverse ed è intimamente legato all'intera cultura europea ».(169)

L'Europa di oggi però, nel momento stesso in cui rafforza ed allarga la propria unione economica e politica, sembra soffrire di una profonda crisi di valori. Pur disponendo di mezzi accresciuti, dà l'impressione di mancare di slancio per nutrire un progetto comune e ridare ragioni di speranza ai suoi cittadini.

Il nuovo volto dell'Europa

109. Nel processo di trasformazione che sta vivendo, l'Europa è chiamata, anzitutto, a ritrovare la sua vera identità. Essa, infatti, pur essendosi venuta a costituire come una realtà fortemente variegata, deve costruire un modello nuovo di unità nella diversità, comunità di nazioni riconciliate aperta agli altri Continenti e coinvolta nell'attuale processo di globalizzazione.

Per dare nuovo slancio alla propria storia, essa deve «  riconoscere e ricuperare con fedeltà creativa quei valori fondamentali, alla cui acquisizione il cristianesimo ha dato un contributo determinante, riassumibili nell'affermazione della dignità trascendente della persona umana, del valore della ragione, della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto e della distinzione tra politica e religione ».(170)

110. L'Unione Europea continua ad allargarsi. Hanno vocazione per parteciparvi a breve o lunga scadenza tutti i popoli che ne condividono la stessa eredità fondamentale. È da auspicarsi che tale espansione avvenga in modo rispettoso di tutti, valorizzando le peculiarità storiche e culturali, le identità nazionali e la ricchezza degli apporti che potranno venire dai nuovi membri, oltre che nel dare più matura attuazione ai principi di sussidiarietà e di solidarietà.(171) Nel processo dell'integrazione del Continente, è di capitale importanza tenere conto che l'unione non avrà consistenza se fosse ridotta alle sole dimensioni geografiche ed economiche, ma deve innanzitutto consistere in una concordia dei valori da esprimersi nel diritto e nella vita.

Promuovere solidarietà e pace nel mondo

111. Dire “Europa” deve voler dire “apertura”. Nonostante esperienze e segni contrari che pure non sono mancati, è la sua stessa storia ad esigerlo: « L'Europa non è in realtà un territorio chiuso o isolato; si è costruita andando incontro, al di là dei mari, ad altri popoli, ad altre culture, ad altre civiltà ».(172) Perciò deve essere un Continente aperto e accogliente, continuando a realizzare nell'attuale globalizzazione forme di cooperazione non solo economica, ma anche sociale e culturale.

C'è un'esigenza alla quale il Continente deve rispondere positivamente, perché il suo volto sia davvero nuovo: « L'Europa non può ripiegarsi su se stessa. Essa non può né deve disinteressarsi del resto del mondo, al contrario deve avere piena coscienza del fatto che altri Paesi, altri continenti, si aspettano da essa iniziative audaci per offrire ai popoli più poveri i mezzi per il loro sviluppo e la loro organizzazione sociale, e per edificare un mondo più giusto e più fraterno ».(173) Per realizzare in modo adeguato tale missione, sarà necessario « un ripensamento della cooperazione internazionale, nei termini di una nuova cultura di solidarietà. Pensata come seme di pace, la cooperazione non si può ridurre all'aiuto e all'assistenza, addirittura mirando ai vantaggi di ritorno per le risorse messe a disposizione. Essa deve esprimere, invece, un impegno concreto e tangibile di solidarietà, tale da rendere i poveri protagonisti del loro sviluppo e consentire al maggior numero possibile di persone di esplicare, nelle concrete circostanze economiche e politiche in cui vivono, la creatività tipica della persona umana, da cui dipende anche la ricchezza delle Nazioni ».(174)

112. L'Europa, inoltre, deve farsi parte attiva nel promuovere e realizzare una globalizzazione “nella” solidarietà. A quest'ultima, come sua condizione, va accompagnata una sorta di globalizzazione “della” solidarietà e dei connessi valori di equità, giustizia e libertà, nella ferma convinzione che il mercato chiede di essere « opportunamente controllato dalle forze sociali e dallo Stato, in modo da garantire la soddisfazione delle esigenze fondamentali di tutta la società ».(175)

L'Europa che ci è consegnata dalla storia ha visto, soprattutto nell'ultimo secolo, l'affermarsi di ideologie totalitarie e di nazionalismi esasperati che, oscurando la speranza degli uomini e dei popoli del Continente, hanno alimentato conflitti all'interno delle Nazioni e tra le Nazioni stesse, fino all'immane tragedia delle due guerre mondiali.(176) Anche le lotte etniche più recenti, che hanno nuovamente insanguinato il Continente europeo, hanno mostrato a tutti come la pace sia fragile, abbia bisogno dell'impegno fattivo di tutti, possa essere garantita solo dischiudendo nuove prospettive di scambio, di perdono e di riconciliazione tra le persone, i popoli e le Nazioni.

Di fronte a questo stato di cose, l'Europa, con tutti i suoi abitanti, deve impegnarsi instancabilmente a costruire la pace dentro i suoi confini e nel mondo intero. A tale riguardo, occorre rammentare « da una parte, che le differenze nazionali devono essere mantenute e coltivate come fondamento della solidarietà europea e, dall'altra, che la stessa identità nazionale non si realizza se non nell'apertura verso gli altri popoli e attraverso la solidarietà con essi ».(177)

 

II. La costruzione europea

Il ruolo delle Istituzioni europee

113. Nel cammino per disegnare il volto nuovo del Continente, per molti aspetti determinante è il ruolo delle istituzioni internazionali, legate e operanti principalmente sul territorio europeo, che hanno contribuito a segnare il corso storico degli eventi, senza impegnarsi in operazioni di carattere militare. A questo proposito desidero menzionare, anzitutto, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, la quale opera per il mantenimento della pace e la stabilità, anche attraverso la protezione e la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, come pure per la cooperazione economica ed ambientale.

Vi è poi il Consiglio d'Europa, di cui fanno parte gli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani fondamentali del 1950 e la Carta sociale del 1961. Vi è annessa la Corte europea dei diritti dell'uomo. Queste due istituzioni mirano, attraverso la cooperazione politica, sociale, giuridica e culturale, come pure la promozione dei diritti umani e della democrazia, alla realizzazione dell'Europa della libertà e della solidarietà. L'Unione Europea infine, con il suo Parlamento, il Consiglio dei Ministri e la Commissione, propone un modello di integrazione che va perfezionandosi con la prospettiva di adottare un giorno una carta fondamentale comune. Tale organismo ha per scopo di realizzare una maggiore unità politica, economica e monetaria tra gli Stati membri, sia quelli attuali sia quelli che entreranno a farvi parte. Nella loro diversità e a partire dall'identità specifica di ciascuna di esse, le citate Istituzioni promuovono l'unità del Continente e, più profondamente, sono a servizio dell'uomo.(178)

114. Alle stesse Istituzioni europee e ai singoli Stati dell'Europa chiedo insieme con i Padri Sinodali (179) di riconoscere che un buon ordinamento della società deve radicarsi in autentici valori etici e civili il più possibile condivisi dai cittadini, osservando che tali valori sono patrimonio, in primo luogo, dei diversi corpi sociali. È importante che le Istituzioni e i singoli Stati riconoscano che, tra questi corpi sociali, vi sono anche le Chiese e le Comunità ecclesiali e le altre organizzazioni religiose. A maggior ragione, quando esistono già prima della fondazione delle nazioni europee, non sono riducibili a mere entità private, ma operano con uno specifico spessore istituzionale, che merita di essere preso in seria considerazione. Nello svolgimento dei loro compiti, le diverse istituzioni statali ed europee devono agire nella consapevolezza che i loro ordinamenti giuridici saranno pienamente rispettosi della democrazia, se prevederanno forme di « sana collaborazione » (180) con le Chiese e le organizzazioni religiose.

Alla luce di quanto ho appena sottolineato, desidero ancora una volta rivolgermi ai redattori del futuro trattato costituzionale europeo, affinché in esso figuri un riferimento al patrimonio religioso e specialmente cristiano dell'Europa. Nel pieno rispetto della laicità delle istituzioni, mi auguro soprattutto che siano riconosciuti tre elementi complementari: il diritto delle Chiese e delle comunità religiose di organizzarsi liberamente, in conformità ai propri statuti e alle proprie convinzioni; il rispetto dell'identità specifica delle Confessioni religiose e la previsione di un dialogo strutturato fra l'Unione Europea e le Confessioni medesime; il rispetto dello statuto giuridico di cui le Chiese e le istituzioni religiose già godono in virtù delle legislazioni degli Stati membri dell'Unione.(181)

115. Le Istituzioni europee hanno per scopo dichiarato la tutela dei diritti della persona umana. In questo compito esse contribuiscono a costruire l'Europa dei valori e del diritto. I Padri sinodali hanno interpellato i responsabili europei, dicendo: « Alzate la voce quando sono violati i diritti umani dei singoli, delle minoranze e dei popoli, a cominciare dal diritto alla libertà religiosa; riservate la più grande attenzione a tutto ciò che riguarda la vita umana dal suo concepimento fino alla morte naturale e la famiglia fondata sul matrimonio: sono queste le basi sulle quali poggia la comune casa europea; [...] affrontate, secondo giustizia ed equità e con senso di grande solidarietà, il crescente fenomeno delle migrazioni, rendendole nuova risorsa per il futuro europeo; fate ogni sforzo perché ai giovani venga garantito un futuro veramente umano con il lavoro, la cultura, l'educazione ai valori morali e spirituali ».(182)

La Chiesa per la nuova Europa

116. L'Europa ha bisogno di una dimensione religiosa. Per essere “nuova”, analogamente a ciò che viene detto per la “città nuova” dell'Apocalisse (cfr 21, 2), essa deve lasciarsi raggiungere dall'azione di Dio. La speranza di costruire un mondo più giusto e più degno dell'uomo, infatti, non può prescindere dalla consapevolezza che a nulla varrebbero gli sforzi umani, se non fossero accompagnati dal sostegno divino, perché «  se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori  » (Sal 127[126], 1). Perché l'Europa possa essere edificata su solide basi, è necessario far leva sui valori autentici, che hanno il loro fondamento nella legge morale universale, inscritta nel cuore di ogni uomo. « Non solo i cristiani possono unirsi a tutti gli uomini di buona volontà per lavorare alla costruzione di questo grande progetto, ma sono anche invitati a esserne in qualche modo l'anima, mostrando il vero senso dell'organizzazione della città terrena ».(183)

Una e universale, pur presente nella molteplicità delle Chiese particolari, la Chiesa cattolica può offrire un contributo unico all'edificazione di un'Europa aperta al mondo. Dalla Chiesa cattolica, infatti, viene un modello di unità essenziale nella diversità delle espressioni culturali, la consapevolezza dell'appartenenza a una comunità universale che si radica ma non si estingue nelle comunità locali, il senso di quello che unisce aldilà di quello che distingue.(184)

117. Nelle relazioni con i pubblici poteri, la Chiesa non domanda un ritorno a forme di Stato confessionale. Allo stesso tempo, essa deplora ogni tipo di laicismo ideologico o di separazione ostile tra le istituzioni civili e le confessioni religiose.

Per parte sua, nella logica della sana collaborazione tra comunità ecclesiale e società politica, la Chiesa cattolica è convinta di poter dare un singolare contributo alla prospettiva dell'unificazione offrendo alle istituzioni europee, in continuità con la sua tradizione e in coerenza con le indicazioni della sua dottrina sociale, l'apporto di comunità credenti che cercano di realizzare l'impegno di umanizzazione della società a partire dal Vangelo vissuto nel segno della speranza. In quest'ottica, è necessaria una presenza di cristiani, adeguatamente formati e competenti, nelle varie istanze e Istituzioni europee, per concorrere, nel rispetto dei corretti dinamismi democratici e attraverso il confronto delle proposte, a delineare una convivenza europea sempre più rispettosa di ogni uomo e di ogni donna e, perciò, conforme al bene comune.

118. L'Europa che va costruendosi come “unione” spinge anche i cristiani verso l'unità per essere veri testimoni di speranza. Va continuato e sviluppato, in tale quadro, quello scambio dei doni, che in questo ultimo decennio ha avuto significative espressioni. Realizzato tra comunità con storie e tradizioni diverse, porta a stringere vincoli più durevoli tra le Chiese nei diversi Paesi e a un loro reciproco arricchimento, attraverso incontri, confronti e aiuti vicendevoli. In particolare va valorizzato il contributo della tradizione culturale e spirituale offerto dalle Chiese Cattoliche Orientali.(185)

Un ruolo importante per la crescita di questa unità può essere svolto dagli organismi continentali di comunione ecclesiale, che attendono di essere ulteriormente promossi.(186) Tra questi, un posto significativo va assegnato al Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee chiamato, a livello di tutto il continente, a « provvedere alla promozione di una sempre più intensa comunione fra le diocesi e fra le Conferenze Episcopali Nazionali, all'incremento della collaborazione ecumenica tra i cristiani e al superamento degli ostacoli che minacciano il futuro della pace e del progresso dei popoli, al rafforzamento della collegialità affettiva ed effettiva e della “communio” gerarchica ».(187) Con esso, va pure riconosciuto il servizio della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea che, seguendo il processo di consolidamento e di allargamento dell'Unione Europea, favorisce l'informazione mutua e coordina le iniziative pastorali delle Chiese europee coinvolte.

119. Il rafforzamento dell'unione in seno al Continente europeo stimola i cristiani a cooperare nel processo di integrazione e di riconciliazione attraverso un dialogo teologico, spirituale, etico e sociale.(188) Infatti « nell'Europa in cammino verso l'unità politica possiamo forse ammettere che sia proprio la Chiesa di Cristo un fattore di disunione e di discordia? Non sarebbe questo uno degli scandali più grandi del nostro tempo? ».(189)

Dal Vangelo un nuovo slancio per l'Europa

120. L'Europa ha bisogno di un salto qualitativo nella presa di coscienza della sua eredità spirituale. Tale spinta non le può venire che da un rinnovato ascolto del Vangelo di Cristo. Tocca a tutti i cristiani impegnarsi per soddisfare questa fame e sete di vita.

Per questo, «  la Chiesa sente il dovere di rinnovare con vigore il messaggio di speranza affidatole da Dio  » e ripete all'Europa: « “Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un Salvatore potente!” (Sof 3, 17). Il suo invito alla speranza non si fonda su un'ideologia utopistica; è al contrario l'intramontabile messaggio della salvezza proclamato da Cristo (cfr Mc 1, 15). Con l'autorità che le viene dal suo Signore, la Chiesa ripete all'Europa di oggi: Europa del terzo millennio “non lasciarti cadere le braccia!” (Sof 3, 16); non cedere allo scoraggiamento, non rassegnarti a modi di pensare e di vivere che non hanno futuro, perché non poggiano sulla salda certezza della Parola di Dio! ».(190)

Riprendendo questo invito alla speranza, ancora oggi ripeto a te, Europa che sei all'inizio del terzo millennio: « Ritorna te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici ».(191) Nel corso dei secoli, hai ricevuto il tesoro della fede cristiana. Esso fonda la tua vita sociale sui principi tratti dal Vangelo e se ne scorgono le tracce dentro le arti, la letteratura, il pensiero e la cultura delle tue nazioni. Ma questa eredità non appartiene soltanto al passato; essa è un progetto per l'avvenire da trasmettere alle generazioni future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli che hanno forgiato insieme il Continente europeo.

121. Non temere! Il Vangelo non è contro di te, ma è a tuo favore. Lo conferma la constatazione che l'ispirazione cristiana può trasformare l'aggregazione politica, culturale ed economica in una convivenza nella quale tutti gli europei si sentano a casa propria e formino una famiglia di Nazioni, cui altre regioni del mondo possono fruttuosamente ispirarsi.

Abbi fiducia! Nel Vangelo, che è Gesù, troverai la speranza solida e duratura a cui aspiri. È una speranza fondata sulla vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Questa vittoria Egli ha voluto che sia tua per la tua salvezza e la tua gioia.

Sii certa! Il Vangelo della speranza non delude! Nelle vicissitudini della tua storia di ieri e di oggi, è luce che illumina e orienta il tuo cammino; è forza che ti sostiene nelle prove; è profezia di un mondo nuovo; è indicazione di un nuovo inizio; è invito a tutti, credenti e non, a tracciare vie sempre nuove che sboccano nell'«  Europa dello spirito  », per farne una vera «  casa comune  » dove c'è gioia di vivere.

 

CONCLUSIONE

Affidamento a Maria

« Nel cielo apparve poi un segno grandioso:
una donna vestita di sole
 » (Ap 12, 1)

La donna, il drago e il bambino

122. La vicenda storica della Chiesa è accompagnata da “segni” che sono sotto gli occhi di tutti, ma che chiedono di essere interpretati. Tra questi l'Apocalisse pone il “segno grandioso” apparso nel cielo, che parla di lotta tra la donna e il drago.

La donna vestita di sole che, soffrendo, sta per partorire (cfr Ap 12, 1-2) può essere vista come l'Israele dei profeti che genera il Messia « destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro » (Ap 12, 5; cfr Sal 2, 9). Ma è anche la Chiesa, popolo della nuova Alleanza, in balia della persecuzione e tuttavia protetta da Dio. Il drago è «  il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra  » (Ap 12, 9). La lotta è impari: sembra avvantaggiato il dragone, tanta è la sua tracotanza di fronte alla donna inerme e sofferente. In realtà ad essere vincitore è il figlio partorito dalla donna. In questa lotta c'è una certezza: il grande drago è già stato sconfitto, « fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli » (Ap 12, 9). Lo hanno vinto il Cristo, Dio fatto uomo, con la sua morte e risurrezione, e i martiri « per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio » (Ap 12, 11). E anche quando il drago continuerà nella sua opposizione, non c'è da temere, perché la sua sconfitta è già avvenuta.

123. Questa è la certezza che anima la Chiesa nel suo cammino, mentre nella donna e nel drago rilegge la sua storia di sempre. La donna che partorisce il figlio maschio ci ricorda anche la vergine Maria, soprattutto nel momento in cui, trafitta dalla sofferenza ai piedi della Croce, genera nuovamente il Figlio, come vincitore del principe di questo mondo. Ella viene affidata a Giovanni che, a sua volta, viene affidato a lei (cfr Gv 19, 26-27), diventando così Madre della Chiesa. Grazie al legame che unisce Maria alla Chiesa e la Chiesa a Maria, si chiarisce meglio il mistero della donna: « Maria, infatti, presente nella Chiesa come madre del Redentore, partecipa maternamente a quella “dura lotta contro le potenze delle tenebre”, che si svolge durante tutta la storia umana. E per questa sua identificazione ecclesiale con la “donna vestita di sole” (Ap 12, 1), si può dire che “la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione, per la quale è senza macchia e senza ruga” ».(192)

124. La Chiesa tutta, quindi, guarda a Maria. Grazie ai moltissimi santuari mariani disseminati in tutte le nazioni del Continente, la devozione a Maria è molto viva e diffusa tra i popoli europei.

Chiesa in Europa, continua, quindi, a contemplare Maria e riconosci che ella è «  maternamente presente e partecipe nei molteplici e complessi problemi che accompagnano oggi la vita dei singoli, delle famiglie e delle nazioni  » ed è « soccorritrice del popolo cristiano nell'incessante lotta tra il bene e il male, perché “non cada” o, caduto, “risorga” ».(193)

Preghiera a Maria, Madre della speranza

125. In questa contemplazione, animata da genuino amore, Maria ci appare come figura della Chiesa che, nutrita dalla speranza, riconosce l'azione salvifica e misericordiosa di Dio, alla cui luce legge il proprio cammino e tutta la storia. Ella ci aiuta a interpretare anche oggi le nostre vicende in riferimento al suo Figlio Gesù. Creatura nuova plasmata dallo Spirito Santo, Maria fa crescere in noi la virtù della speranza.

A Lei, Madre della speranza e della consolazione, rivolgiamo con fiducia la nostra preghiera: affidiamole il futuro della Chiesa in Europa e di tutti le donne e gli uomini di questo Continente:

Maria, Madre della speranza,
cammina con noi!
Insegnaci a proclamare il Dio vivente;
aiutaci a testimoniare Gesù, l'unico Salvatore;
rendici servizievoli verso il prossimo,
accoglienti verso i bisognosi,
operatori di giustizia,
costruttori appassionati
di un mondo più giusto;
intercedi per noi che operiamo nella storia
certi che il disegno del Padre si compirà.

Aurora di un mondo nuovo,
mostrati Madre della speranza e veglia su di noi!
Veglia sulla Chiesa in Europa:
sia essa trasparente al Vangelo;
sia autentico luogo di comunione;
viva la sua missione
di annunciare, celebrare e servire
il Vangelo della speranza
per la pace e la gioia di tutti.

Regina della pace
Proteggi l'umanità del terzo millennio
!
Veglia su tutti i cristiani:
proseguano fiduciosi sulla via dell'unità,
quale fermento
per la concordia del Continente.
Veglia sui giovani,
speranza del futuro,
rispondano generosamente
alla chiamata di Gesù.
Veglia sui responsabili delle nazioni:
si impegnino a costruire una casa comune,
nella quale siano rispettati
la dignità e i diritti di ciascuno.

Maria, donaci Gesù!
Fa' che lo seguiamo e lo amiamo!
Lui è la speranza della Chiesa,
dell'Europa e dell'umanità.
Lui vive con noi, in mezzo a noi,
nella sua Chiesa.
Con Te diciamo
« Vieni, Signore Gesù » (Ap 22, 20):
Che la speranza della gloria
infusa da Lui nei nostri cuori
porti frutti di giustizia e di pace!

Dato a Roma, presso San Pietro, il 28 giugno, vigilia della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo dell'anno 2003, venticinquesimo di Pontificato.

GIOVANNI PAOLO II


 (1) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 1: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(2) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, nn. 90-91: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., pp. 17-18.

(3) Giovanni Paolo II, Bolla Incarnationis mysterium (29 novembre 1998), 3-4: AAS 91 (1999), 132.133.

(4) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 38: AAS 87 (1995), 30.

(5) Cfr Discorso all'Angelus (23 giugno 1996), 2: Insegnamenti XIX/1 (1996), 1599-1600.

(6) Sinodo dei Vescovi – Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 2: Ench. Vat. 13, n. 619.

(7) Ibid., 3, l.c., n. 621.

(8) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 3: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 3.

(9) Cfr Giovanni Paolo II, Omelia durante la concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 1: AAS 92 (2000), 177.

(10) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 2.: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5

(11) Cfr Giovanni Paolo II, Omelia durante la concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 4: AAS 92 (2000), 179.

(12) Ibid.

(13) Cfr Propositio 1.

(14) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 2: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl. pp. 2-3.

(15) Cfr ibid., nn. 12-13.16-19, l.c., pp. 4-6; Idem, Relatio ante disceptationem, I: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, pp. 6-7; Idem, Relatio post disceptationem, II, A: L'Osservatore Romano, 11- 12 ottobre 1999, p. 10.

(16) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, I, 1.2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 6.

(17) Cfr Propositio 5a.

(18) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 1: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(19) Cfr Propositio 5a; Pontificio Consiglio della Cultura e Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Gesù Cristo portatore dell'acqua viva. Una riflessione cristiana sul New Age, Città del Vaticano, 2003.

(20) Cfr Propositio 5a.

(21) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 6: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(22) Giovanni Paolo II, Discorso all'Angelus (25 agosto 1996), 2: Insegnamenti XIX/2 (1996), 237; cfr Propositio 9.

(23) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 88: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 17.

(24) Giovanni Paolo II, Omelia durante la concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 4: AAS 92 (2000), 179.

(25) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 26: AAS 81 (1989), 439.

(26) Cfr Propositio 21.

(27) Ibid.

(28) Propositio 9.

(29) Ibid.

(30) Cfr Propositio 4,1.

(31) Giovanni Paolo II, Omelia durante la concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 2: AAS 92 (2000), 178.

(32) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 2: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(33) Cfr Propositio 4, 2.

(34) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 47: AAS 83 (1991), 852.

(35) Cfr Propositio 4, 1.

(36) Cfr Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 30: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 8.

(37) Cfr Omelia durante la concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 3: AAS 92 (2000), 178; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus (6 agosto 2000), 13: AAS 92 (2000), 754.

(38) Cfr Propositio 5.

(39) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et vivificantem (18 maggio 1986), 7: AAS 78 (1986), 816; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus (6 agosto 2000), 16: AAS 92 (2000), 756-757.

(40) Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965) 762-763. Cfr S. Congregazione per i Riti, Istr. Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967), 9: AAS 59 (1967), 547; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1374.

(41) Conc. Ecum. di Trento, Decr. De ss. Eucharistia, can. 1: DS, 1651; cfr cap. 3: DS, 1641.

(42) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 15: L'Osservatore Romano, 18 aprile 2003, p. 2.

(43) Cfr. Sant'Agostino, In Ioannis Evangelium, Tractatus VI, cap. I, n. 7: PL 35,1428; San Giovanni Crisostomo, Sul tradimento di Giuda, 1, 6: PG 49, 380C.

(44) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 7; Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 50; Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), 762-763; S. Congregazione per i Riti, Istr. Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967), 9: AAS 59 (1967), 547; Catechismo della Chiesa cattolica, 1373-1374.

(45) Giovanni Paolo II, Motu proprio Spes aedificandi (1 ottobre 1999), 1: AAS 92 (2000), 220.

(46) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso nella sede del Parlamento Polacco, a Varsavia (11 giugno 1999), 6: Insegnamenti, XXII/1 (1999), 1276.

(47) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso durante la cerimonia di congedo dall'aeroporto di Cracovia (10 giugno 1997), 4: Insegnamenti XX/1 (1997), 1496-1497.

(48) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(49) Cfr Propositio 15,1; Catechismo della Chiesa Cattolica, 773; Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 27: AAS 80 (1988), 1718.

(50) Cfr Propositio 15,1.

(51) Cfr Propositio 21.

(52) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(53) Propositio 9.

(54) Ibid.

(55) Ibid.

(56) Cfr Propositio 22.

(57) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 15: AAS 84 (1992), 679-680.

(58) Cfr ibid., 29, l.c., 703-705; Propositio 18.

(59) Cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 373.

(60) Cfr Codice di Diritto Canonico, can. 277,1.

(61) Cfr Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis coelibatus (24 giugno 1967), 40: AAS 59 (1967), 673.

(62) Cfr Propositio 18.

(63) Cfr ibid.

(64) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(65) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 29.

(66) Cfr Propositio 19.

(67) Cfr ibid.

(68) Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9.

(69) Cfr Propositio 17.

(70) Cfr ibid.

(71) Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Congresso sul tema «  Nuove vocazioni per una nuova Europa  » (9 maggio 1997), 1-3: Insegnamenti XX/1 (1997), 917-918.

(72) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 7: AAS 81 (1989), 404.

(73) Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 82: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999, p. 16.

(74) Cfr Propositio 29.

(75) Cfr Propositio 30.

(76) Cfr ibid.

(77) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 14: AAS 68 (1976), 13.

(78) Cfr Propositio 3b.

(79) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 37: AAS 83 (1991), 282-286.

(80) Cfr Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, I,2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 7.

(81) Cfr Propositio 3a.

(82) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III,1: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 8.

(83) Cfr Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 53: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 12.

(84) Cfr Propositio 4,1.

(85) Cfr Propositio 26,1.

(86) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III,1: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9.

(87) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 41: AAS 68 (1976), 31.

(88) Propositio 8,1.

(89) Cfr Propositio 8,2.

(90) Cfr Propositiones 8,1a-b; 6.

(91) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae (16 ottobre 1979), 21: AAS 71 (1979), 1294-1295.

(92) Cfr Propositio 24.

(93) Cfr Propositio 8,1c.

(94) Cfr Propositio 24.

(95) Cfr Propositio 22.

(96) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso ai Presidenti delle Conferenze Episcopali Europee (16 aprile 1993), 1: AAS 86 (1994), 227.

(97) Giovanni Paolo II, Discorso durante la Celebrazione ecumenica della Parola nella cattedrale di Paderborn (22 giugno 1996), 5: Insegnamenti XIX/1 (1996), 1571.

(98) Lettera del 13 gennaio 1970: Tomos agapis, Roma-Istanbul 1971, pp. 610-611; cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), 99: AAS 87 (1995), 980.

(99) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 55: AAS 83 (1991), 302.

(100) Ibid., 36, l.c., 281.

(101) Cfr Sinodo dei Vescovi – Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 8: Ench. Vat., 13, nn. 653-655; Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, 62: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 13; Propositio 10.

(102) Propositio 10; cfr Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, «  Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah  », 16 marzo 1998, Ench. Vat. 17, 520-550.

(103) Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 9: Ench. Vat., 13, n. 656.

(104) Cfr Propositio 11.

(105) Cfr ibid.

(106) Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (12 gennaio 1985), 3: AAS 77 (1985), 650.

(107) Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 2.

(108) Cfr Propositio 23.

(109) Cfr Propositiones 25; 26,2.

(110) Cfr Propositio 26,3.

(111) Cfr Propositio 27.

(112) Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti (4 aprile 1999), 12: AAS 91 (1999), 1168.

(113) Cfr Propositio 7b-c.

(114) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso durante la Veglia di preghiera a Tor Vergata nella XV Giornata Mondiale della Gioventù (19 agosto 2000), 6: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 212.

(115) Cfr Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, 4 giugno 2000.

(116) Propositio 13.

(117) Cfr Propositio 12.

(118) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 25.

(119) Cfr Propositio 14.

(120) Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 8.

(121) Cfr Propositio 14; Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III,2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9.

(122) Cfr Propositio 15, 2a.

(123) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5.

(124) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.

(125) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 20: L'Osservatore Romano, 18 aprile 2003, p. 3.

(126) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso all'udienza generale (25 ottobre 2000), 2: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 697.

(127) Propositio 16.

(128) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III,2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9.

(129) Cfr Propositio 16.

(130) Cfr Giovanni Paolo II, Motu proprio Misericordia Dei (7 aprile 2002), 4: AAS 94 (2002), 456-457.

(131) Cfr Propositio 16; Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo 2002 (17 marzo 2002), 4: AAS 94 (2002), 435-436.

(132) Cfr Propositio 14c.

(133) Cfr ibid.

(134) Cfr Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 100.

(135) Cfr Propositiones 14c; 20.

(136) Cfr Propositio 20.

(137) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae (16 ottobre 2002), 3: AAS 95 (2003), 7.

(138) Cfr Propositio 14.

(139) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dies Domini (31 maggio 1998), 4: AAS 90 (1998), 716.

(140) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 10: AAS 71 (1979), 274.

(141) Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, 72: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999, Suppl., p. 15.

(142) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1.

(143) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 90: AAS 87 (1995), 503.

(144) Cfr Propositio 33.

(145) Propositio 35.

(146) Cfr Propositio 36.

(147) Cfr Propositio 31.

(148) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 48.

(149) Cfr Propositio 31.

(150) Giovanni Paolo II, Discorso per il Terzo Incontro Mondiale delle Famiglie in occasione del loro Giubileo (14 ottobre 2000), 6: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 603.

(151) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 17: AAS 74 (1982), 99-100.

(152) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 39: AAS 83 (1991), 842.

(153) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 40: AAS 81 (1989), 469.

(154) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso al Primo Incontro Mondiale con le Famiglie (8 ottobre 1994), 7: AAS 87 (1995), 587.

(155) Cfr Propositio 32.

(156) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 51.

(157) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 63: AAS 87 (1995), 473.

(158) Ibid., 95, l.c., 509.

(159) Giovanni Paolo II, Discorso al nuovo Ambasciatore di Norvegia presso la Santa Sede (25 marzo 1995): Insegnamenti XVIII/1 (1995), 857.

(160) Propositio 32.

(161) Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 57.

(162) Cfr Propositio 28; Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 10: Ench. Vat. 13, nn. 659-669.

(163) Cfr Propositio 23.

(164) Cfr Propositio 28.

(165) Propositio 34.

(166) Cfr Congregazione per i Vescovi, Istr. Nemo est (22 agosto 1969), 16: AAS 61 (1969), 621-622; Codice di Diritto Canonico, can. 294 e 518; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 280 § 1.

(167) Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 5: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 6.

(168) Giovanni Paolo II, Omelia a conclusione della II Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi (23 ottobre 1999), 5: AAS 92 (2000), 179.

(169) Propositio 39.

(170) Ibid.

(171) Cfr ibid.; Propositio 28.

(172) Giovanni Paolo II, Lettera al card. Miloslav Vlk, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (16 ottobre 2000), 7: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 628.

(173) Ibid.

(174) Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000 (8 dicembre 1999), 17: AAS 92 (2000), 367-368.

(175) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1º maggio 1991), 35: AAS 83 (1991), 837.

(176) Cfr Propositio 39.

(177) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 85: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999, Suppl., p. 17. Cfr Propositio 39.

(178) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso all'Ufficio di Presidenza del Parlamento Europeo (5 aprile 1979): Insegnamenti, II/1 (1979), 796-799.

(179) Cfr Propositio 37.

(180) Cfr Conc. Ecum. Vat.II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 76.

(181) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo diplomatico (13 gennaio 2003), 5: L'Osservatore Romano, 13-14 gennaio 2003, p. 6.

(182) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 6: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(183) Giovanni Paolo II, Lettera al card. Miloslav Vlk, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (16 ottobre 2000), 4: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 626.

(184) Cfr Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale, n. 10: Ench. Vat. 13, n. 669.

(185) Cfr Propositio 22.

(186) Cfr ibid.

(187) Giovanni Paolo II, Discorso ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa (16 aprile 1993), 5: AAS 86 (1994), 229.

(188) Cfr Propositio 39d.

(189) Giovanni Paolo II, Omelia durante la celebrazione ecumenica in occasione dell'Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi (7 dicembre 1991), 6: Insegnamenti XIV/2 (1991), 1330.

(190) Giovanni Paolo II, Omelia per l'apertura della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (1 ottobre 1999), 3: AAS 92 (2000), 174-175.

(191) Discorso ad Autorità europee e ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa (9 novembre 1982), 4: AAS 75 (1982), 330.

(192) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris Mater (25 marzo 1987), 47: AAS 79 (1987), 426.

(193) Ibid., 52: l.c., 432; cfr Propositio 40.

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