Gli orizzonti storici, epistemologici e pastorali
della nuova evangelizzazione sono allo studio nella due giorni -- in corso
dall'11 al 12 marzo -- organizzata dal nuovo Pontificio Consiglio istituito da
Benedetto XVI lo scorso 21 settembre. All'introduzione dell'arcivescovo
presidente del dicastero -- che pubblichiamo di seguito -- seguono le relazioni
dei professori Elio Guerriero, storico e responsabile della «Rivista
Internazionale Communio», Thomas Söding, docente di esegesi neotestamentaria
alla Ruhr-Universität di Bochum, e Xavier Morlans Molina, docente di teologia
fondamentale presso la Facultat de Teologia de Catalunya a Barcellona.
di Rino Fisichella
Con la Lettera Apostolica Ubicumque et semper, lo scorso 21 settembre
Benedetto XVI ha istituito questo Pontificio Consiglio per la Promozione della
Nuova Evangelizzazione con lo scopo di «Offrire delle risposte adeguate perché
la Chiesa intera, lasciandosi rigenerare dalla forza dello Spirito Santo, si
presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di
promuovere una nuova evangelizzazione. Essa fa riferimento soprattutto alle
Chiese di antica fondazione, che pure vivono realtà assai differenziate, a cui
corrispondono bisogni diversi, che attendono impulsi di evangelizzazione
diversi». Uno sguardo ai cinquant'anni che stanno alle spalle mostra con
evidenza che questa istituzione viene a porsi a conclusione di un cammino che ha
visto il concilio Vaticano II come iniziale propulsore perché la Chiesa
riprendesse con vigore rinnovato il suo impegno di evangelizzazione. La
permanente attualità che conserva l'Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi
di Paolo VI se, da una parte, mostra la costante attenzione della Chiesa alla
sua missione impegnandola nel cambiamento dei tempi, dall'altra evidenzia che
quanto è stato fatto fino a questo momento richiede un'ulteriore spinta in
avanti per corrispondere in pieno al comando del Signore. Non è nostro compito
soffermarci su un giudizio di quanto si è realizzato nelle diverse forme di
pastorale in questi decenni. Ciò che a noi compete maggiormente è verificare, in
prima istanza, la costante sollecitudine del magistero nel provocare la
richiesta di una «nuova evangelizzazione». Così si espresse per la prima volta
il 13 giugno 1979 a Nova Huta Giovanni Paolo II, e così desidera Benedetto XVI
con il suo Motu proprio. Il prossimo Sinodo convocato per ottobre 2012 avrà come
tema Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam. Il dibattito dei Padri
sinodali, le Propositiones che saranno formulate e l'Esortazione apostolica del
Santo Padre saranno inevitabilmente la tabella di marcia per il lavoro di questo
Pontificio Consiglio. Inutile nascondersi, comunque, che proprio in vista della
preparazione di quei momenti il nostro dicastero è chiamato a esercitare la sua
funzione e svolgere il ruolo che gli compete.
In questo orizzonte si spiega la riunione che abbiamo voluto convocare per
questi due giorni. Sono, anzitutto, grato a ciascuno di voi personalmente per
avere aderito all'invito. Abbiamo cercato, per quanto possibile, di mantenere
ristretto il numero dei partecipanti per favorire un dibattito e un confronto
reciproco efficace, così da giungere più facilmente a una visione unitaria della
problematica, per quanto sarà possibile. L'invito è stato esteso in modo da
avere rappresentate diverse istanze di competenza e di area geografica anche se,
come ogni scelta che si impone, pure questa è sottoposta a limiti inevitabili.
Vi siamo fin da ora grati per l'apporto che darete nel focalizzare al meglio la
problematica e aiutare questo dicastero a raggiungere una sintesi coerente.
Quale obiettivo vorremmo raggiungere da questo incontro? Semplicemente quello
di avere un'idea più chiara di cosa si nasconde dietro l'espressione «nuova
evangelizzazione». Uno sguardo veloce ai Lineamenta che sono stati presentati in
questi giorni, infatti, mostra con tutta evidenza almeno venti «definizioni»
diverse di nuova evangelizzazione. Se questo serve per il dibattito nelle
comunità ecclesiali in modo da giungere a verificare le diverse esperienze in
corso, può essere positivo; l'estensione troppo vasta, tuttavia, non credo possa
aiutare per focalizzare al meglio il lavoro del dicastero e, per alcuni versi,
della stessa Chiesa quando vuole impegnarsi a sviluppare la sua missione con
maggior spirito missionario.
Dovremo superare un'ambiguità che si è venuta a creare nel corso dei mesi
passati quando, soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione, si è voluto
identificare tout court la nuova evangelizzazione con esperienze quali il
«cortile dei gentili». Sono due ambiti distinti e diversi; non solo per le
competenze differenti dei dicasteri, ma per le finalità e i destinatari che si
prefiggono. Benedetto XVI individua per noi il compito di una missione da
svolgere presso i credenti che si sono allontanati dalla fede o sono
indifferenti: «Tale missione ha assunto nella storia forme e modalità sempre
nuove a seconda dei luoghi, delle situazioni e dei momenti storici. Nel nostro
tempo, uno dei suoi tratti singolari è stato il misurarsi con il fenomeno del
distacco dalla fede, che si è progressivamente manifestato presso società e
culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo... si è verificata una
preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione
quei fondamenti che apparivano indiscutibili, come la fede in un Dio creatore e
provvidente, la rivelazione di Gesù Cristo unico salvatore, e la comune
comprensione delle esperienze fondamentali dell'uomo quali il nascere, il
morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale».
Nuova evangelizzazione, quindi, non è come tale «prima evangelizzazione» e
neppure «rievangelizzazione», come ebbe a dire Giovanni Paolo II ad Haiti il 9
marzo 1983. Per riprendere sempre il pensiero di Giovanni Paolo II nella
Christifideles laici, essa è piuttosto la capacità di «Rifare il tessuto
cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto
cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in questi Paesi e in
queste nazioni» (n. 34). Lo sguardo del Papa, quindi, è rivolto verso quei paesi
che conosciamo come l'Occidente, o il primo e secondo mondo dove il progresso
economico, scientifico e tecnologico hanno messo in crisi il senso stesso di Dio
e del suo valore per l'esistenza personale, vittima di quel processo di
secolarismo che spinge a vivere nel mondo etsi deus non daretur. Anche se
permane in molte Chiese un profondo senso religioso che si esprime in una vita
di fede e di tradizioni religiose, queste non sono accompagnate da un
altrettanto profondo sostegno dell'intelligenza in grado di comunicare la
ricchezza dell'esperienza e del patrimonio della fede, verificando spesso
allergia per queste forme e passaggio alle sette dove l'emotività e il
fondamentalismo hanno la meglio.
Mi sembra necessario, pertanto, che il nostro obiettivo sia quello di
focalizzare al massimo lo sforzo per l'individuazione più precisa
dell'espressione, togliendola da quella genericità che possiede per renderla
maggiormente efficace e coerente. In altri termini, sarà necessario per noi, per
quanto possibile, tenere costantemente presenti alcuni interrogativi:
- Chi è il soggetto della nuova evangelizzazione?
- Quali contenuti peculiari possiede la nuova evangelizzazione?
- Quali metodologie appronta la nuova evangelizzazione?
- Chi è il destinatario della nuova evangelizzazione?
-Come rapportarci alle diverse culture e tradizioni ecclesiali in cui si
compie la nuova evangelizzazione?
Sono ben consapevole che gli interrogativi non possono trovare risposta
immediata con l'esaustività che vorremmo. Questo, comunque, è l'inizio di un
cammino non la fine. Per cercare di creare un contesto più favorevole alle
nostre riflessioni, abbiamo pensato di articolare la problematica con tre
introduzioni che desiderano ripercorrere l'orizzonte storico, in quanto la
Chiesa nei momenti di maggior crisi culturale si è impegnata di fatto con una
sempre nuova evangelizzazione; l'orizzonte epistemologico, in modo da creare un
fondamento stabile e coerente con i contenuti che dovranno essere oggetto di
evangelizzazione; infine, l'orizzonte pastorale, per verificare in quali
condizioni e attraverso quali concrete azioni si può attuare con efficacia la
nuova evangelizzazione.
(©L'Osservatore Romano 12 marzo 2011)