«Padre Roger voleva seguirmi a
Colonia». Parole sofferte del Papa per la morte “del caro fratello Roger”
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“ Ho ricevuto una notizia molto triste,
terrificante - ha detto il papa dopo la catechesi e prima dei saluti -,
che il caro fratello Roger, fondatore della comunità di Taizé, è stato
accoltellato ed ucciso probabilmente da una squilibrata”. Una notizia
che ha addolorato parecchio il papa che soltanto il giorno prima aveva
ricevuto una lettera del fondatore della Comunità a cui oggi
appartengono oltre 100 missionari-religiosi di estrazione protestante ed
anche cattolica.
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Nella lettera, Roger, diceva che “il suo cuore
era tutto con il papa e con tutti coloro che sono a Colonia” e aveva anche
espresso il desiderio di venire a Roma e aveva aggiunto che “tutta la
Comunità vuole camminare insieme con il nuovo papa”. “In questo momento
di tristezza - ha concluso il papa - possiamo solo affidare alla bontà del
Signore l’anima del suo fedele servitore che è arrivato alla gioia eterna”.
La Comunità di Taizé, fondata dal pastore protestante Frere Roger, ha ottimi
rapporti con Roma e il suo impegno per il dialogo e l’unità tra i cristiani
di tutto il mondo è particolarmente apprezzato in Vaticano. In molti
ricordano Roger presente ai funerali di Giovanni Paolo II. Il priore di Taizé,
infatti, aveva legami particolari con Karol Woytjla che si era recato a
trovarlo due volte prima di diventare papa, lo aveva ricevuto a Cracovia, si
era recato a Taizé nell’ottobre 1986 e poi lo aveva incontrato più volte
in Vaticano, l’ultima nel marzo 2004. E certamente, nella parole di commento
al salmo 125 che il papa ha pronunciato ieri nella consueta catechesi del
mercoledì, il ricordo di Frere Roger era vivo nella mente del pontefice.
Bendetto XVI ha commentato il salmo dedicato al ritorno del popolo ebraico
dall’esilio babilonese. “A volte - ha detto il papa - sotto il peso del
lavoro, il viso si riga di lacrime: si sta compiendo una semina faticosa,
forse votata all’inutilità e all’insuccesso. Ma quando giunge la
mietitura abbondante e gioiosa, si scopre che quel dolore è stato fecondo”.
“In questo versetto del salmo - ha detto ancora il papa - è condensata la
grande lezione sul mistero di fecondità e di vita che può contenere la
sofferenza. Questa preghiera è, allora, un canto di speranza, cui ricorrere
quando si è immersi nel tempo della prova, della paura, della minaccia
esterna e dell’oppressione interiore. Ma può diventare anche un appello
più generale a vivere i propri giorni e a compiere le proprie scelte in un
clima di fedeltà”. Parole ancor più vere - ha concluso il papa - “in
tempi di sofferenza e di lacrime”.