«Oggi è il Papa, non
Galileo, che è richiesto di abiura»
Giuliano Ferrara su Il Foglio del 5 luglio 2009
Ferrara ha fatto centro: oggi, il cuore del problema è
nel contrasto tra un trans-umanesimo
faustiano ed una scienza basata sulla Ragione, che riconosca la "legge naturale" e i
suoi confini:
non tutto ciò che è possibile fare ed esperire è un bene e, anche nella
ricerca scientifica e nelle sue applicazioni non può mancare l'etica
Monsignor Pagano non mi convince.
Il curatore dell’archivio Galileo in Vaticano ha detto di recente che la
chiesa deve esercitare la massima prudenza, se non voglia ripetere con
la genetica moderna l’errore fatto quattro secoli fa nel giudicare gli
sviluppi dell’astronomia moderna e di un metodo, quello galileiano, che
oggi (faccio questa osservazione riferendomi al discorso di B-XVI a
Verona) è rivendicato dal Papa come veicolo specialmente significativo
di una lettura matematico-razionale della realtà.
Richiesto di delucidazioni sui confini e l’ambito di questa prudenza,
Sergio Pagano ci ha risposto con cortesia, e ha spiegato a Nicoletta
Tiliacos che non intendeva certo mettere in discussione le critiche di
cristiani e laici alla deriva eugenetica dei nostri tempi, che quanto da
lui detto era per così dire un ovvio richiamo alla cautela reciproca nei
rapporti tra scienza e dottrina biblica già condiviso da Giovanni Paolo
II; ma concludendo poi che il vero problema, su cui si misura questa
prudenza, è la possibile capacità della scienza di rappresentarci un
“uomo nuovo”, dunque un mondo nuovo, esattamente come avvenne con la
rivoluzione copernicana e con le sue conseguenze.
Qui la faccenda si fa problematica.
Non da un punto di vista dottrinale, che non è il mio, il nostro di noi
laici devoti al patrimonio culturale e cultuale custodito dalla chiesa,
dalle chiese radicate nella grande avventura cristiana. E nemmeno sul
piano della composizione della verità biblica sull’uomo con quella
scientifica moderna. Non è un fatto di fede, di sfida alla fede.
È una
questione di ragione, di etica, di uso e abuso della libertà nella
direzione di un transumanesimo i cui contorni sono francamente sinistri.
Monsignor Pagano sa molto meglio di me quanto sia forte, e balorda, la
spinta ideologica a governare la scienza nel senso della manipolazione
illimitata della vita umana, del materiale umano in ogni stadio del suo
sviluppo; e sa meglio di me che per quanta prudenza si eserciti in
relazione agli scopi umanistici della ricerca, come l’alleviamento senza
illusioni della sofferenza umana, sarebbe incauto non vedere il risvolto
faustiano, banalmente faustiano, della strategia di fitness morale e
corporale perseguita da eserciti di ricercatori, di ginecologi, di
grandi medici, di scienziati che il nostro tempo e il nostro business
investono di una funzione sacerdotale, e incoronano guru e signori di
una grande potenza e ricchezza, spirituale e materiale.
È pieno di brava gente e seria e rigorosa e matura e capace, nel mondo
della scienza. Ho bisogno di loro e li ammiro, come tutti. Ma c’è un
sostrato di cultura e di falsa coscienza del reale, nel pensiero
dominante che guida la comunità scientifica militante, per ogni dove,
che è il nemico diretto e irriducibile, non già della chiesa gerarchica
e istituzionale, che fa benissimo a essere prudente se prudente voglia
dire “scaltra” anziché “umile”, bensì del cristianesimo, inteso come
religione o etica che indebolisce l’umanità e la umilia, secondo la
lezione di Nietzsche. Se il biologo promette l’immortalità, un cristiano
non può dire “prudenza” senza liquidare non solo la croce, ma due
millenni di teologia e di filosofia cristiane. Se il neodarwinista
sfoggia baldanza nel prospettare il significato meramente neurologico
dell’anima umana, parafrasi fantasiosa di un cervello semplicemente
“evoluto”, tenere un tono fermo nella risposta, ricercare e mobilitare
ogni possibile intelligenza, ecco il compito imprudente che tocca alla
cultura cristiana, laica e cattolica e di ogni altra possibile
denominazione riformata.
Se la vita del nascituro è à la carte, se la soppressione selettiva la
regola del giorno, dove andremo a raccogliere una qualche regola di
prudenza, monsignor Pagano?
Il cardinal Ruini ha fatto e sta facendo molto per chiarificare la
faccenda, che duole e non è sanabile così facilmente, nell’ambito del
progetto culturale della Cei. Altre iniziative sono in cottura a Bologna
e altrove. Penso che monsignor Gianfranco Ravasi, preposto a un compito
difficile di sfida e dialogo culturale, che sta svolgendo con il suo
noto e puntiglioso talento, farebbe bene prima o poi a portare a sintesi
questo problema, in senso culturale dico e non magisteriale. Per
decidere quantomeno il livello di dialogo e sfida, e anche un certo
livello di incomunicabilità, che è implicato dalle cose, oltre che
all’insegnamento in fondo univoco dei papi della seconda metà del
Novecento, compresi Pio e Giovanni, per non dire del Paolo VI dell’Humanae
vitae e dei suoi successori fino a oggi. Infatti oggi il problema non è
una qualche richiesta di abiura, inimmaginabile, rivolta da un prete a
uno scienziato laico; oggi la questione è quella di una evidente
richiesta di abiura del cristianesimo e delle sue premesse o conseguenze
etiche e filosofiche da parte della scienza militante, non la scienza
razionalista, dico, ma quella postmoderna e post o trans umanista. Oggi
è il Papa, non Galileo, che è richiesto di abiura.
© Copyright Il Foglio, 5 luglio 2009
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