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CEEM: Card. Bozanic, “In Internet si sta costruendo il modello
dell'uomo di domani”
[Incontro in Vaticano della Commissione Episcopale Europea per
i Media]
[Corriere della Sera: l'hacker svizzero che fa lezione in
Vaticano]
[L'Osservatore Romano: Cattolici su Internet da competenti]
Su Internet “si sta costruendo il
modello antropologico dell’uomo di domani”. Lo ha detto questo pomeriggio il
card. Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria e vicepresidente del Consiglio
delle Conferenze episcopali d’Europa, aprendo in Vaticano i lavori
dell’Assemblea plenaria della Ceem (Commissione episcopale europea per i media
del Ccee) su “La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa” (fino al
15 novembre). “Internet – ha proseguito il card. Bozanić – è cultura, produce
cultura” e “sta modificando anche il nostro modo di pensare e comunicare”; è
“innanzitutto un mondo, che qualcuno ha voluto addirittura definire il settimo
continente”.
Richiamando l’attenzione per la rete dimostrata a più riprese dal
Papa e dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, il vicepresidente Ccee ha affermato: “Il crescente peso che sta assumendo Internet nella vita
delle persone” ci impone “di annunciare il Vangelo anche in questo altro mondo”.
Secondo l’arcivescovo, “per i giovani della web generation che è cresciuta su
Internet, questo luogo virtuale” sta diventando “lo spazio principale dove
avviene la loro formazione umana, morale e conoscitiva.
È in Internet che è
possibile capire e si costruisce il nuovo modo di percepire la relazione
interpersonale, la cultura, il rapporto con il trascendente, con la conoscenza e
lo stesso Tempo”.
“Non si tratta qui di sapere se Internet sia una cosa buona o cattiva. Come
qualsiasi strumento posto nella mano dell’uomo – ha precisato il card. Bozanić
-, Internet diventa ciò che l’uomo stesso decide che diventi!”. “Nella sua
storia millenaria la Chiesa ha sempre saputo cogliere la bontà degli strumenti
di comunicazione sociale” e “in non pochi casi ne è stata anche una grande
promotrice”. Oggi essa “ha di fronte a sé una nuova sfida: quella di essere
presente sulla rete con il suo messaggio di amore. Ma la Chiesa può inoltre”
essere “promotrice di un ethos condiviso”, può “indicare i criteri etici e
morali, universalmente validi, riconoscibili nei valori umani e cristiani, tanto
a coloro che usano Internet per svariati motivi (svago, ricerche, informazione…)
quanto a chi se ne occupa professionalmente”.
Secondo il card. Bozanić “essere
su Internet non è un’opportunità ma una necessità per la Chiesa, “perché essa
non rimanga a margine dello sviluppo tecnologico; perché senza questa presenza
non riuscirebbe a dialogare con migliaia di giovani”; perché “oggi la
comunicazione passa in grande parte da questa nuova tecnologia. Motivi buoni ma
non sufficienti: in realtà, conclude l’arcivescovo, “la Chiesa ha bisogno di
Internet perché ha una Buona Novella da comunicare” e perché su Internet “si sta
costruendo il modello antropologico dell’uomo di domani”.
[Fonte:
SIR 12 novembre 2009]
Esame di coscienza della Chiesa europea su Internet
Incontro in Vaticano della Commissione Episcopale Europea per i
Media
di Jesús Colina
CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 12 novembre 2009 (ZENIT.org).-
Rappresentanti della Chiesa in Europa rimarranno riuniti a Roma, dal
12 al 15 novembre, per compiere un esame di coscienza sulla loro
presenza in Internet, aiutati da rappresentanti di progetti come Wikipedia, Facebook o YouTube.
L'esame di coscienza è stato promosso dallo stesso Benedetto XVI con
il messaggio inaugurale trasmesso attraverso il Cardinale Tarcisio
Bertone S.D.B., Segretario di Stato, in cui invita a esaminare
“questa nuova cultura e le sue implicazioni per la missione della
Chiesa”.
“Come le prime generazioni si sono sforzate di comprendere
l'ambiente pagano del mondo greco e romano, così che la verità del
Vangelo potesse toccare la mente e il cuore dei loro ascoltatori,
così anche la proclamazione di Cristo richiede una profonda
conoscenza della nuova cultura tecnologica da parte degli insegnanti
e degli evangelisti di oggi”, afferma il messaggio pontificio.
Il simposio è promosso dalla Commissione per i Mezzi di
Comunicazione del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE).
L'incontro è stato presentato dal Cardinale Josip Bozanic,
Arcivescovo di Zagabria e Vicepresidente della CCEE, che ha spiegato
che “Internet non è solo un recipiente che raccoglie diverse
culture. Internet è cultura”.
“Per la maggior parte delle persone, specie per i giovani, per
quella web generation che è cresciuta su Internet, questo luogo
virtuale, il mondo dei nuovi media, sta diventando uno spazio
principale dove avviene la loro formazione umana, morale e
conoscitiva”. “È su Internet che i giovani creano legami sociali e
imparano a vivere!”, ha esclamato.
Secondo il porporato, Internet non è né buono né cattivo. “Come
qualsiasi strumento posto nelle mani dell'uomo, Internet diventa ciò
che l'uomo stesso decide che diventi”.
In questo contesto, per la Chiesa la presenza in Internet “più che
un'opportunità è una necessità”, “perché senza questa presenza non
riuscirebbe a dialogare con migliaia di giovani, primi attori di
questa realtà, perché risulterebbe antiquata o perché è un
imperativo della storia in quanto oggi la comunicazione passa per
gran parte da questa nuova tecnologia”.
Il porporato ha quindi indicato alcuni interrogativi da cui partire
per un corretto esame di coscienza: “Che visione hanno gli altri di
noi? Quanto i nostri siti sono realmente l'espressione della
ricchezza del patrimonio cristiano e riescono a trasmettere la buona
novella che il Signore ci ha comandato di diffondere?”.
Diaconia della cultura
Ha preso poi la parola l'Arcivescovo Claudio Maria Celli, Presidente
del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che ha
constatato come la Chiesa abbia tardato a comprendere e ancor più ad
applicare le parole che Giovanni Paolo II ha scritto nell'Enciclica
“Redemptoris missio”, in cui il Papa riconosceva che la Chiesa aveva
trascurato questo areopago.
“In genere si privilegiano altri strumenti per l'annuncio evangelico
e per la formazione cristiana, mentre i mezzi di comunicazione
sociale sono lasciati all'iniziativa di individui o piccoli gruppi,
ed entrano nella programmazione pastorale solo a livello secondario.
Il lavoro in questi media, ad ogni modo, non ha solo l'obiettivo di
moltiplicare l'annuncio. Si tratta di un fatto più profondo, perché
l'evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran
parte dal suo influsso”, ha spiegato monsignor Celli citando Papa
Karol Wojtyla.
Ha anche ricordato il nuovo impulso dato da Benedetto XVI, in
particolare durante il suo discorso all'assemblea plenaria del
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, alla presenza
della Chiesa in Internet, affinché possa esercitare una “diaconia
della cultura” nell'attuale “continente digitale”, percorrendo le
sue strade per annunciare il Vangelo, l'unica Parola che può salvare
l'uomo.
Identità nel mondo virtuale
Monsignor Domenico Pompili, Sottosegretario della CEI e direttore
dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell'episcopato italiano,
ha approfondito questo esame di coscienza.
“È giusto continuare a contrapporre il virtuale al reale?”, si è
chiesto, aggiungendo: “In che modo le due esperienze oggettivamente
diverse possono integrarsi? Non sarà guardando al mondo dei giovani
che possiamo scoprire come questo virtuale stia diventando un po'
reale?”.
La seconda domanda di monsignor Pompili partiva dalla constatazione
che le nuove tecnologie della comunicazione molte volte “tagliano i
legami con il territorio”. Per questo, ha chiesto di riflettere
sulle sfide pastorali che presenta “l'individualismo interconnesso”.
La sua terza domanda verteva, invece, su “identità e linguaggi”. A
questo proposito si è chiesto in che modo è possibile avere in rete
una fisonomia riconoscibile “senza per questo assumere linguaggi
scontati o indecifrabili”. Cioè, ha continuato, come possiamo
“essere noi stessi nella rete?”.
La lezione degli evangelici
Monsignor Jean-Michel di Falco Léandri, Vescovo di Gap e Embrun
(Francia) e presidente della Commissione Episcopale Europea per i
Media, ha infine offerto elementi per questo esame di coscienza
chiedendo alla Chiesa di abbandonare la paura.
In particolare, ha citato un'inchiesta condotta nel mondo francese
di Internet che mostra come i siti evangelici siano più visitati di
quelli cattolici, anche se la popolazione cattolica del Paese è
molto più consistente di quella evangelica.
“Come si spiega?”, si è chiesto. La prima ragione è che “gli
evangelici ascoltano e i cattolici parlano”. L'indagine sottolinea
che “gli evangelici escono da se stessi per mettersi come prima cosa
al posto degli altri. Rispondono ai bisogni”. Per questo, il Vescovo
si è chiesto se “la Chiesa cattolica parla forse partendo da se
stessa senza prendere sufficientemente in considerazione ciò che
vive la gente”.
La seconda ragione del maggiore successo dei siti web evangelici è
che “i siti cattolici sono centrati su se stessi” e sono
“considerati come strumenti e non come un mondo da evangelizzare”.
Con questo il presule ha voluto dire che i siti cattolici sono
“delle estensioni o dei duplicati dei nostri foglietti parrocchiali,
dei nostri bollettini diocesani. Sono ad uso interno. Parlano una
lingua per iniziati ad uso esclusivo degli iniziati. I siti
evangelici, al contrario, vogliono raggiungere gli internauti,
utilizzando Internet come strumento e vettore di evangelizzazione”.
“Che ci troviamo d'accordo o meno con questa analisi, resta il fatto
che possiamo farci carico della necessità di ascoltare il mondo per
amarlo di più e parlargli”, ha concluso.
Questo venerdì parteciperanno all'esame di coscienza un giovanissimo
hacker (pentito) e alcuni esponenti chiave del mondo di
Internet.
[Fonte: Zenit 12 novembre 2009]
L’hacker minorenne svizzero che fa lezione in Vaticano
Gian Guido Vecchi
Corso per i vescovi su motori di ricerca e Facebook
Per capire come sia possibile che un giovane hacker tenga
lezione in Vaticano — oggi, a porte chiuse, davanti a una quantità
di vescovi europei — può essere utile fare un passo indietro al 10
marzo: «Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie
raggiungibili mediante l’internet avrebbe dato la possibilità di
venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la
lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestare più
attenzione a quella fonte di notizie...».
Benedetto XVI, nella memorabile lettera rivolta ai vescovi del
mondo, mentre infuriavano le polemiche sulla remissione della
scomunica ai lefebvriani, aveva scritto l’essenziale: e in effetti
sarebbe bastato gironzolare un po’ in Rete, e magari mettere «Williamson»
ed «ebrei» su un motore di ricerca, perché apparissero i
vaneggiamenti antisemiti e negazionisti del vescovo inglese (che
aveva pure un blog) e la Chiesa si risparmiasse una crisi
planetaria.
Del resto, l’ottantaduenne Benedetto XVI è il primo a dare il buon
esempio, «il Papa apprezza le nuove tecnologie e manda anche mail
personali per tenersi in contatto con gli amici», racconta
l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del pontificio
Consiglio delle comunicazioni sociali.
Ecco perché i vescovi europei hanno pensato di organizzare in
Vaticano un bel corso accelerato sulla Rete e, già che c’erano,
prendere appunti nell’aula vecchia del Sinodo davanti a «Petit frère
Bruno», un hacker svizzero minorenne: per aggiornarsi su
motori di ricerca, social network e tutto quanto c’è da
sapere della «web generation », compreso il mondo degli hacker
, «un’altra cultura, parallela e ignorata per lo più dalla Chiesa».
Aggiornamento, sicurezza (interverrà anche un responsabile dell’Interpol
per la lotta alla cybercriminalità) e soprattutto evangelizzazione.
Il convegno, iniziato ieri, è in realtà un’assemblea della
commissione episcopale europea per i mass media, dedicata a «la
cultura di internet e la comunicazione della Chiesa». Fino a
domenica vi parteciperanno una ventina di vescovi presidenti delle
commissioni episcopali per le comunicazioni sociali, vari esperti,
addetti stampa e portavoce delle conferenze episcopali, più
rappresentanti di Facebook, Google, YouTube, Identi. ca e Wikipedia
a spiegare a tutti quanti come funziona.
«Internet non è solo un recipiente che raccoglie diverse culture.
Internet è cultura. Internet produce cultura. E allora bisogna
chiedersi quale rapporto intrattiene questa nuova cultura con quelle
tradizionali», ha spiegato ieri all’ Osservatore Romano il cardinale
Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria. «La comunicazione della
Chiesa è iniziata più di duemila anni fa: la Chiesa ha bisogno di
internet perché ha una buona novella da comunicare».
© Copyright Corriere della sera 13 novembre 2009
Cattolici su Internet da competenti. C'è da annunciare Cristo
Monsignor Tighe all'incontro della Ceem
"Ogni contatto della Chiesa con Internet, come con
qualsiasi altro strumento di comunicazione di ultima generazione,
deve essere teologicamente informato. Non siamo lì a vendere un
messaggio qualunque ma ad annunciare, spiegare, approfondire la
Parola di Cristo, che può ancora toccare i cuori di tutti e che ci
invita continuamente a un cammino comune di fede e di servizio". Lo
ha detto monsignor Paul Tighe, segretario del Pontificio consiglio
delle comunicazioni sociali, intervenuto questa mattina alla
riunione della Commissione episcopale europea per i media (Ceem) che
si sta svolgendo in Vaticano. Monsignor Tighe ha sottolineato
l'importanza per qualsiasi persona anche di Chiesa di capire a fondo
le capacità, ma anche i potenziali rischi delle nuove tecnologie
prima di affidare ad esse il proprio messaggio.
"La sfida per noi uomini di Chiesa - ha spiegato il segretario del
Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali - è di pensare come
possiamo essere presenti in questo mondo in maniera utile e
intelligente. Non è solo un problema tecnologico. Occorre trovare
una strategia, il linguaggio giusto per esprimere i contenuti del
nostro ministero, della nostra missione, un linguaggio che non sia
solo testuale ma anche visuale, che attragga il visitatore anche con
le immagini". Tighe ha detto che la sfida più grande da vincere,
oggi, è quella al relativismo, atteggiamento di pensiero che rischia
di trovare sul web ampio sviluppo: "Per vincere la sfida è
fondamentale dare informazioni vere, corrette, inconfutabili,
fornire risposte concrete alle domande più urgenti. Anche nel mondo
dell'interattività - ha ribadito - il relativismo si batte con la
certezza, con la verità".
L'assemblea plenaria della Ceem, che ha come tema "La cultura di
Internet e la comunicazione della Chiesa", aveva questa mattina in
programma una tavola rotonda dal titolo "Chi fa la comunicazione
oggi? Tra social network, social agent, social news e social
encyclopaedia". Sono intervenuti Christian Hernandez Gallardo, di
Facebook, Christophe Muller, direttore delle società di YouTube in
sud ed est Europa, Medio Oriente e Africa, Delphine Ménard, di
Wikimedia France, ed Evan Prodromou, di Status.net-identica.ca.
Hanno spiegato la filosofia, la metodologia, il funzionamento degli
strumenti che fanno capo alle loro imprese, strumenti che si
rivolgono universalmente a tutti. E tutti, indistintamente, sono gli
utenti. In particolare Hernandez Gallardo ha sottolineato come,
negli ultimi tempi, molte parrocchie e alcune diocesi abbiano
cominciato ad essere presenti su Facebook e come alcuni utenti
inseriscano tra le immagini dei loro "amici" anche le foto di
Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. (giovanni zavatta)
(©L'Osservatore Romano - 14 novembre 2009)
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