Dopo l'esternazione del presidente fondamentalista
condanna unanime

La diplomazia europea ha reagito con sdegno e indignazione (ma anche sorpresa) alle parole con cui il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha pubblicamente incitato a “distruggere Israele”. Forse finalmente ci si accorge della spirale dell'odio, mai così evidente a tutto il mondo ma così difficile da disinnescare, che da troppo tempo ormai insanguina il Medio Oriente e non solo...

 

Dal vertice europeo il regime degli Ayatollah sempre più isolato      torna su

Studenti iraniani alla conferenza di Tehran «Il mondo senza sionismo» 

L’attacco è stato violentissimo, la reazione del mondo corale. ma Mahmud Ahmadinejad non arretra di fronte all’indignazione, e chiede agli iraniani di scendere oggi in piazza per una manifestazione oceanica di protesta per i «crimini di Israele contro la nazione palestinese», commessi da Tel Aviv nell’ultimo mezzo secolo. Con le sua dichiarazioni il presidente-operaio ha riportato indietro di vent’anni le relazioni dell’Iran col resto del mondo. Nel suo fervore da pasdaran, accentuato da miliardi di dollari di «surplus» petrolifero che gli stanno consentendo enormi margini di manovra interna, il sindaco divenuto presidente da tre mesi ha spinto il suo fervore fin dove nessuno aveva osato.
A Teheran si celebrava l’annuale convegno («Un mondo senza sionismo») dedicato alla solidarietà con i palestinesi. In quella sede Ahmadinejad, che è anche genero dell’ayatollah Jannati, leader del Consiglio dei Guardiani che è anche fra i capi della destra religiosa, ha spinto il suo zelo fino a prevedere che «la nuova ondata di attacchi in Palestina radierà Israele dal mondo islamico», aggiungendo che «come ha detto l’imam Khomeini l’entità sionista dev’essere cancellata dalle mappe del mondo».

Dopo otto anni di sostanziale moderazione da parte dei governi di Khatami, in un Occidente che si era abituato a una politica di caute aperture da parte di Teheran, queste dichiarazioni hanno provocato reazioni durissime. Numerosi governi hanno convocato gi ambasciatori iraniani per spiegazioni e attraverso l’ambasciatore Dani Gilerman Israele ha chiesto l’espulsione dell’Iran dall’Onu.

«Dalla nascita dell’Onu nel 1945 - afferma il vice premier israeliano Shimon Peres - non è mai esistito un capo di Stato membro che pubblicamente abbia chiesto l’eliminazione di un altro Stato membro, non c’è mai stato uno scandalo simile, è impossibile ignorarlo e chiudere le orecchie». A sancire però l’espulsione potrebbe essere il Consiglio di Sicurezza appoggiato da un voto dell’Assemblea, e del Consiglio fanno parte Russia e Cina che difficilmente aderirebbero ad un’iniziativa del genere.

Appare invece palpabile e denso di conseguenze lo sconcerto che ha colto tutti i governi d’Europa. Riuniti ad Hampton Court i leader dell’Unione hanno reagito con una corale e durissima condanna. In una dichiarazione diffusa nel corso del summit si legge che «gli appelli alla violenza e alla distruzione di uno Stato sono palesemente incongruenti con la pretesa di essere un membro maturo e responsabile della comunità internazionale». Con chiaro riferimento al programma nucleare che Teheran porta avanti a dispetto di ogni mediazione europea, il comunicato afferma che «simili dichiarazioni desteranno preoccupazione sul ruolo dell’Iran nella regione e sulle sue future intenzioni».

Al Parlamento europeo c’è già chi vuole porre la questione alla prossima seduta plenaria. «Le dichiarazioni di Ahmadinejad contro lo Stato di Israele sono autentiche atrocità», dichiara il capogruppo del Ppe Hans Gert Poettering, aggiungendo che «gli europei vogliono proteggere l’integrità e la sicurezza d’Israele». Anche i vicepresidenti dei gruppi socialista e liberaldemocratico ritengono «inaccettabili» le posizioni del presidente iraniano.

In Francia come in Olanda e in Inghilterra i ministri degli Esteri hanno convocato per chiarimenti ambasciatori di Teheran, Javier Solana definisce «inaccettabili» le parole di Teheran, eppure nonostante un fronte di rifiuto che d’improvviso sembra diventato comune l’Iran sembra intenzionato a proseguire nella politica dell’intolleranza, verso un isolamento sempre più profondo. Tutti i segnali che giungono dalla Repubblica islamica sembrano spingere al pessimismo: ieri un deputato conservatore ha confermato l’interruzione di ogni rapporto commerciale con Gran Bretagna e Corea del Sud, ree di essersi opposte alla politica energetica iraniana. «La decisione di bloccare l’importazione da questi due Paesi - ha dichiarato il deputato Mahmud Abtahi - è la reazione più moderata che potevamo avere al loro comportamento indecente».

Da Vienna fonti diplomatiche annunciano che Olli Heinonen, uno dei responsabili dell’Agenzia atomica si appresta a tornare in Iran con un gruppo d’ispettori. Intanto a Teheran i giornali di destra chiedono la guerra. Ieri «Kayhan» ha titolato: «Se è vero che l’apparizione del Messia è imminente, perché allora il clero non emette una fatwa che annunci la guerra santa contro Israele?».

Giuseppe Zaccaria 28 ottobre 2005 (La Stampa)

"Nella geografia insegnata ai bambini esiste solo una "Grande Palestina" 
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Ricordo ancora la sentenza perentoria sul mio libro di storia araba alle medie: «L'imperialismo internazionale ha conficcato il cancro dell'entità sionista nel cuore del mondo arabo per ostacolare la nascita della Nazione araba accomunata dall'unità del sangue, della lingua, della storia, della geografia, della religione e del destino». Sulla carta geografica a latere Israele non compariva affatto. La Palestina si estendeva dal Giordano al Mediterraneo. «Non rinunceremo a un palmo di terra dal fiume al mare», tuonò l'allora presidente egiziano Nasser, «ciò che è stato preso con la forza non potrà essere riscattato se non con la forza».

La condanna a morte di Israele si tramutò in un suicidio politico per Nasser e in una catastrofe per l'Egitto e per i Paesi arabi di «prima linea» usciti sonoramente sconfitti nella guerra del 5 giugno 1967. Ma quei testi scolastici sono rimasti sostanzialmente immutati nella gran parte dei Paesi arabi e musulmani.

Ecco perché l'affermazione del presidente iraniano «Israele deve essere cancellato dalla carta geografica» non è uno show solitario bensì genuina espressione di un convincimento radicato e diffuso. Perfino in quei Paesi che hanno riconosciuto Israele de facto, senza tuttavia accettarne il diritto all' esistenza. Un caso emblematico fu quello del leader palestinese Yasser Arafat che, all'indomani della storica stretta di mano con Rabin alla Casa Bianca il 13 settembre 1993, sostenne in una moschea in Sudafrica che quella pace aveva la stessa valenza del trattato di Hudaibiya. Nel febbraio del 628 il profeta Mohammad (Maometto) sottoscrisse una tregua con i nemici meccani quando, da una posizione di inferiorità, constatando l'impossibilità di conquistare la sua città natale, s'impegnò a non farvi ritorno per dieci anni. Invece due anni dopo, nel gennaio del 630, Mohammad conquistò la Mecca e la trasformò nella città santa dell'islam. Quindi per Arafat l'accordo di Camp David era né più né meno che una tregua. Il suo pregiudizio nei confronti del diritto di Israele all'esistenza fu confermato dal rifiuto della storica proposta di pace avanzata dall'allora premier Barak nell'estate del 2000. Questo pregiudizio trova una giustificazione religiosa nei versetti coranici (Sura 17, Il viaggio notturno, 4-7) che Kamal Abdel Raouf sul quotidiano egiziano Akbar el Yom ha così interpretato: «Alcuni teologi ritengono che la prima volta che i figli di Israele hanno portato la corruzione nella Terra Santa della moschea di Al Aqsa, fu quando uccisero i profeti e violarono i precetti della Torah. E la seconda volta quando uccisero il profeta Giovanni figlio di Zaccaria e decisero di ammazzare Gesù. Altri dicono che la seconda volta deve ancora arrivare. La prima volta Dio mandò il re Nabuccodonosor di Babilonia per punire e uccidere i figli di Israele e per distruggere il loro tempio. Alcuni teologi pensano che la seconda volta si è consumata per mano di Hitler che li ha ammassati nei campi di sterminio e li ha annientati con il gas. Poi sono tornati a corrompere la terra una terza volta dopo aver preso il controllo dell'America e delle sue ricchezze. Ora ci domandiamo: Dio li punirà nel modo più drastico come ci ha promesso? Quel che sta succedendo nella Terra Santa preannuncia la fine dei figli di Israele? Io sono convinto che sia vicina l'ora della fine dello Stato dell'Ingiustizia. Allah è paziente ma non dimentica».

È un dato di fatto che molti predicatori islamici, compresi i supposti moderati, concludono il sermone elevando l'invocazione «Dio aiutaci a annientare gli ebrei», a cui il coro dei fedeli risponde «Amin». Succede regolarmente nei Paesi musulmani ma anche nella grande moschea di Roma. Era il 6 giugno 2003 quando, al termine di un sermone infuocato, l'imam Abdel-Samie Mahmud Ibrahim Moussa mi disse: «Dal punto di vista islamico non c'è alcun dubbio che le operazioni dei mujahiddin contro gli ebrei in Palestina sono legittime. Sono operazioni di martirio e gli autori sono dei martiri dell' islam. Perché tutta la Palestina è Dar al harb, Casa della guerra. Perché tutta la società ebrea occupa illegalmente una terra islamica». La verità è che i Paesi arabi e musulmani sono divisi su tutto, compreso il riconoscimento de facto di Israele, ma sono compatti nel disconoscere il diritto all'esistenza dello Stato ebraico.

Magdi Allam 28 ottobre 2005 (Corriere della Sera)

I tormenti europei e l’incubo atomico                                                     torna su

HAMPTON COURT - «Finora mi è stato chiesto di impegnarmi a non far nulla contro l’Iran, ma cosa risponderò se un giorno mi chiederanno perché non ho scelto di agire?». Il tormento di Tony Blair è diventato il tormento di tutta l’Europa da quando il furore anti-israeliano di Mahmoud Ahmadinejad ha preso in contropiede la disponibilità negoziale di Londra, Parigi e Berlino. Ve lo immaginate, rincara Blair, uno Stato del genere dotato di armamenti nucleari? Chirac definisce «insensate e irresponsabili» le parole che vengono da Teheran, tra i Venticinque convenuti a Hampton Court la prevista riflessione sui destini dell’Europa pare poca cosa davanti all’unanime disgusto verso chi auspica che i «sionisti» siano cancellati dalla carta geografica, e una specifica dichiarazione condanna «nei termini più energici» i propositi di Ahmadinejad manifestando inquietudine sulle future intenzioni dell’Iran.

Gli europei, insomma, hanno espresso come tutti la loro indignazione. Ma hanno sofferto un po’ più degli altri. Non era stata l’Unione europea a seguire nei confronti della Teheran di Khatami quel «dialogo critico» che agli Usa già sembrava troppo arrendevole? E poi, non sono stati gli inglesi, i francesi e i tedeschi a prendere la guida di un confronto negoziale con l’Iran per limitare al settore civile le sue ambizioni nucleari, mentre la solita America suggeriva piuttosto il deferimento al Consiglio di sicurezza dell’Onu? La trattativa euro-iraniana è in crisi soprattutto da quando Ahmadinejad è stato eletto alla presidenza, e tra meno di un mese l’Agenzia per l’energia atomica di Vienna potrebbe decidere che le sanzioni Onu sono l’unica via ancora percorribile. Gli europei saranno verosimilmente d’accordo, se si giungerà a tanto. Ma nella loro già disastrata politica estera comune resterà il segno di un tentativo fallito, e ancor più, come è risultato evidente ieri nel palazzo che fu di Enrico VIII, resterà la ferita di un «tradimento» che nemmeno il khomeinismo di Ahmadinejad aveva lasciato presagire.

Una spiegazione ha tentato di darsela Blair: «Forse a Teheran pensano che il mondo è distratto da troppe altre cose...». È possibile, infatti, che Ahmadinejad abbia valutato le estreme difficoltà cui andrebbe incontro un’azione militare contro l’Iran mentre la ferita irachena resta apertissima e quella afghana segue a ruota. È possibile che il presidente iraniano abbia letto i sondaggi sulla popolarità di George Bush. È possibile che il rifiuto britannico di partecipare a una ipotetica iniziativa militare (finora, come sottolinea Blair), quelli analoghi di Francia e Germania e l’appoggio russo in Consiglio di sicurezza abbiano creato a Teheran un senso di sicurezza e di impunità garantita. Se così è, Ahmadinejad gioca col fuoco. È vero che gli europei, ieri, non hanno annunciato la rottura del negoziato nucleare con Teheran rifugiandosi nella formula della prossima consultazione tra alleati: non si vuole che la sparata anti-israeliana abbia per effetto di spianare la via all’atomica iraniana come di certo i falchi di Teheran desiderano.

Ma il presidente iraniano ha sottovalutato l’imbarazzo che la sua sortita crea presso l’amica Russia. Ha sottovalutato i nuovi argomenti e la nuova determinazione che potranno prendere piede in America. Ha sottovalutato la rabbia degli stessi europei. In altre parole, alzando troppo il tiro ha sottovalutato quel che rappresenta lo Stato di Israele. Come abbiamo già scritto su queste colonne, si può dissentire anche duramente dalla politica dei governi israeliani. Ma la Storia vieta, a noi europei più che a chiunque altro, di accettare che l’esistenza dello Stato di Israele venga messa concretamente a rischio. Ahmadinejad ha fatto di più: ha espresso un pubblico auspicio che appartiene sì alla tradizione khomeinista, ma che cambierebbe volto il giorno in cui Teheran disponesse di un arsenale atomico. L’Iran ha il merito di aver chiarito i termini della questione. Ora restano da chiarire i termini della risposta.

Franco Venturini 28 ottobre 2005 (Corriere della Sera)

Alla testa dell'Iran capetto delirante.                                                  torna su
La comunità internazionale sorvegli

Non è una novità. Sulle carte geografiche che troneggiano nelle sedi dei movimenti islamici radicali, come Hamas, Jihad ed Hezbollah, lo Stato ebraico non esiste. E gli striscioni con la scritta «Cancelliamo Israele dalla mappa del mondo» compaiono costantemente nelle manifestazioni di regime che si tengono a Teheran.

Una posizione ribadita due giorni fa dal leader iraniano Ahmadinejad. E qui sta la novità: nessun capo di Stato aveva mai incitato pubblicamente all'eliminazione dell'«entità sionista» dalla faccia della terra. 

Nel bel mezzo di una difficile trattativa con Francia, Germania e Gran Bretagna che a nome della Ue stanno cercando di fermare la corsa al nucleare di Teheran, ecco che il presidente iraniano sfodera un linguaggio da pasdaran, facendo propri i toni aggressivi della Guardia della Rivoluzione in cui ha militato per molti anni. Difficile pensare che si sia lasciato prendere la mano, sull'onda dell'entusiasmo di migliaia di giovani con la testa fasciata di verde e di versetti coranici che hanno gridato «Morte all'America e ad Israele». È lui che usa la folla, non il contrario. E le parole più illuminanti di Ahmadinejad non sono quelle che hanno fatto il giro del mondo («Israele dev'essere cancellato dalla carta geografica») ma la frasetta introduttiva: «Come ci ha insegnato l'iman Khomeini...». 

È questa la chiave di lettura per capire il bellicoso proclama del leader ultra-conservatore iraniano. Non è un salto all'indietro. Per l'ex pasdaran che ha trionfato nelle elezioni presidenziali dello scorso giugno il mondo è cominciato con la rivoluzione khomeinista del 1979. E la lotta contro Israele non è motivata semplicemente dall'occupazione dei Territori palestinesi ma fa parte di una «guerra del destino» tra l'islam e l'Occidente giudaico-cristiano. Archiviata l'era riformista di Khatami, oggi in Iran non c'è più spazio per quel dialogo fra civiltà portato avanti, sia pur timidamente, dal predecessore di Ahmadinejad che ai funerali di Giovanni Paolo II non disdegnò di comparire a fianco del «nemico», il presidente israeliano Katsav. Per l'attuale leader iraniano «la nascita d'Israele è stata una mossa studiata a tavolino dagli oppressori del mondo islamico». E la lotta contro il sionismo acquista il suo vero significato all'interno della contrapposizione con l'Occidente e con tutti gli Stati arabi moderati.

Con questo ritorno alle origini dell'islam radicale Teheran vuole riprendere decisamente la guida del fronte anti-occidentale. Con l'Iraq senza più Saddam e con gravi problemi di coesione interna, e la Siria in grosse difficoltà per il suo coinvolgimento nell'uccisione del primo ministro libanese Hariri, l'Iran si ritiene l'unico Paese in grado di tener testa ad Israele. Ed alza il tiro, liquidando come «un trucco inaccettabile» il ritiro da Gaza e minacciando i Paesi arabi moderati di «bruciare nelle fiamme accese dalla rabbia della grande nazione islamica».
Il premier israeliano Sharon ha chiesto che l'Iran venga espulso dalle Nazioni Unite. Una simile misura però non farebbe altro che rafforzare il ruolo pericolosamente antagonista del regime di Teheran. L'Occidente deve tener alta la guardia, ma senza cedere alle provocazioni.

Luigi Geninazzi 28 ottobre 2005 (Avvenire)

Deborah Fait, Niente solidarietà per favore                                    torna su

Eccolo là. Siamo alle solite, le masse islamiche che rispondono con un boato alle dichiarazioni del Presidente Ahmadinejad "dobbiamo cancellare Israele dalla carta geografica". Europa e USA mandano a Israele la loro solisarietà, tutti sono scandalizzati nel mondo occidentale, sorpresi, poverini, sorpresi.
Non capisco di cosa siano sorpresi, questo è il leitmotiv che ascoltiamo da decenni, che dico decenni, da millenni.
Tutti hanno sempre voluto cancellare Israele. Ci riuscirono gli antichi Romani, tentò la Chiesa con la Santa Inquisizione, tentò Hitler con la Shoah, tentarono i paesi arabi con le guerre per l'annientamento dell'entità sionista, tentò Arafat col terrorismo e la propaganda. Tentano da sempre gli antisemiti delegittimando Israele, negando addirittura la Shoah.
Perché ci si meraviglia allora per un proclama fatto da un estremista islamico, eletto presidente di un paese che dall'epoca di Khomeini non fa altro che sbraitare alla distruzione di Israele e che finanzia il terrorismo internazionale e addestra gli hezbollah nazisti?
Fra un paio di giorni sarà tutto dimenticato e presto quel presidente sarà ricevuto in Europa come i suoi predecessori, come Assad di Siria, come lo fu Arafat, il mostro.

Carta palestinese. articolo 19.
La lotta armata è una strategia che ha un fine decisivo nello sradicamento dell'esistenza sionista dalla Palestina e la lotta non finirà fino a quando lo stato sionista non verrà demolito ...

Allora??? Allora ??? perché tutti si scandalizzano adesso?
Questo comma fa parte della Carta palestinese dal 1967, non è mai stato cancellato eppure non ha impedito ai sepolcri imbiancati europei e americani di ricevere con tutti gli onori il suo autore, Arafat e di appoggiare il suo sforzo di rendere effettivo e reale questo comma.
Allora??? Sui libri di testo delle scuole arabe e islamiche di tutto il mondo la cartina della Palestina ha esattamente la forma di Israele.
Allora???
Perché tutto questo putiferio?
Ahmadinejad non ha fatto che ripetere il solito ritornello, il preferito dei dittatori islamici e delle folle sulle quali comandano e il preferito anche di molti europei a Roma, Strasburgo, Bruxelles, Parigi, Berlino, Londra e chi più ne ha più ne metta.
Ieri, quasi a rimarcare il boato di Teheran, c'è stato un boato in Israele, di altra natura, un boato di fuoco a Hadera, a nord di Tel Aviv.
Un assassino suicida ha ammazzato 5 persone, ferito 30,di cui molte sono in coma. Molti dei feriti , se sopravviveranno, saranno invalidi per la vita. Dieci chili di esplosivo misto a bulloni e chiodi lasciano il segno su un corpo umano, segni di buchi, bruciature, cecità, mani e piedi saltati via.
I media italiani hanno dato doverosamente la notizia facendo vedere nelle foto il dolore dei famigliari dell'assassino. Del dolore dei famigliari delle vittime israeliane non gliene frega niente a nessuno.
I media italiani hanno anche scritto spudoratamente che avevamo avuto 8 mesi di tregua.
Ma dove? ma quando? ma dove stavano fino a ieri i giornalisti che hanno scritto questa schifezza? Non erano attenti quando un paio di giorni fa sono stati ammazzati tre ragazzi israeliani? sono distratti quando Sderot , fino a questa mattina ,si becca sulla testa i bombardamenti dei qassam?

"Voglio un mondo senza Israele".
L'Iran ci fa paura perché tutti sappiamo che non appena avrà la sua bella bombetta è sulle nostre teste sioniste che la inaugurerà ma riportiamo le cose nella giusta dimensione , Ahmadinejad non è il primo e non sarà l'ultimo perciò della solidarietà pelosa di coloro che sbaciucchiavano il rais palestinese che faceva le stesse esternazioni del presidente iraniano, dandogli la forza di portare avanti i suoi crimini , io, personalmente, non me ne faccio niente e la rimando al mittente.
La rimando al mittente con disprezzo perché quel mittente non ha avuto niente da dire alla notizia che a Ramallah verrà costruito un mausoleo per Arafat con annesso museo per conservarvi la sua Kefiah inamidata a forma di Israele e la sua adorata pistola. Tutti stanno in silenzio anche sapendo che questa cosa indecente costerà UN MILIONE DI DOLLARI e di chi saranno quei soldi se non dei paesi che oggi si stanno ipocritamente scandalizzando per le dichiarazioni iraniane? Un milione di dollari per il mausoleo di colui che voleva distruggere Israele, un milione di dollari rubati ai palestinesi senza casa e senza lavoro e senza pane. Un milione di dollari di vergogna.

Niente solidarietà, per favore, non sappiamo che farcene.

Deborah Fait 27 ottobre 2005 (Informazione Corretta)


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