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Studenti iraniani alla
conferenza di Tehran «Il mondo senza sionismo» |
L’attacco è
stato violentissimo, la reazione del mondo corale. ma Mahmud
Ahmadinejad non arretra di fronte all’indignazione, e chiede
agli iraniani di scendere oggi in piazza per una manifestazione
oceanica di protesta per i «crimini di Israele contro la nazione
palestinese», commessi da Tel Aviv nell’ultimo mezzo secolo.
Con le sua dichiarazioni il presidente-operaio ha riportato
indietro di vent’anni le relazioni dell’Iran col resto del
mondo. Nel suo fervore da pasdaran, accentuato da miliardi di
dollari di «surplus» petrolifero che gli stanno consentendo
enormi margini di manovra interna, il sindaco divenuto presidente
da tre mesi ha spinto il suo fervore fin dove nessuno aveva osato.
A Teheran si celebrava l’annuale convegno («Un mondo senza
sionismo») dedicato alla solidarietà con i palestinesi. In
quella sede Ahmadinejad, che è anche genero dell’ayatollah
Jannati, leader del Consiglio dei Guardiani che è anche fra i
capi della destra religiosa, ha spinto il suo zelo fino a
prevedere che «la nuova ondata di attacchi in Palestina radierà
Israele dal mondo islamico», aggiungendo che «come ha detto l’imam
Khomeini l’entità sionista dev’essere cancellata dalle mappe
del mondo».
Dopo otto anni di sostanziale moderazione da parte dei governi di
Khatami, in un Occidente che si era abituato a una politica di
caute aperture da parte di Teheran, queste dichiarazioni hanno
provocato reazioni durissime. Numerosi governi hanno convocato gi
ambasciatori iraniani per spiegazioni e attraverso l’ambasciatore
Dani Gilerman Israele ha chiesto l’espulsione dell’Iran dall’Onu.
«Dalla nascita dell’Onu nel 1945 - afferma il vice premier
israeliano Shimon Peres - non è mai esistito un capo di Stato
membro che pubblicamente abbia chiesto l’eliminazione di un
altro Stato membro, non c’è mai stato uno scandalo simile, è
impossibile ignorarlo e chiudere le orecchie». A sancire però l’espulsione
potrebbe essere il Consiglio di Sicurezza appoggiato da un voto
dell’Assemblea, e del Consiglio fanno parte Russia e Cina che
difficilmente aderirebbero ad un’iniziativa del genere.
Appare invece palpabile e denso di conseguenze lo sconcerto che ha
colto tutti i governi d’Europa. Riuniti ad Hampton Court i
leader dell’Unione hanno reagito con una corale e durissima
condanna. In una dichiarazione diffusa nel corso del summit si
legge che «gli appelli alla violenza e alla distruzione di uno
Stato sono palesemente incongruenti con la pretesa di essere un
membro maturo e responsabile della comunità internazionale». Con
chiaro riferimento al programma nucleare che Teheran porta avanti
a dispetto di ogni mediazione europea, il comunicato afferma che
«simili dichiarazioni desteranno preoccupazione sul ruolo dell’Iran
nella regione e sulle sue future intenzioni».
Al Parlamento europeo c’è già chi vuole porre la questione
alla prossima seduta plenaria. «Le dichiarazioni di Ahmadinejad
contro lo Stato di Israele sono autentiche atrocità», dichiara
il capogruppo del Ppe Hans Gert Poettering, aggiungendo che «gli
europei vogliono proteggere l’integrità e la sicurezza d’Israele».
Anche i vicepresidenti dei gruppi socialista e liberaldemocratico
ritengono «inaccettabili» le posizioni del presidente iraniano.
In Francia come in Olanda e in Inghilterra i ministri degli Esteri
hanno convocato per chiarimenti ambasciatori di Teheran, Javier
Solana definisce «inaccettabili» le parole di Teheran, eppure
nonostante un fronte di rifiuto che d’improvviso sembra
diventato comune l’Iran sembra intenzionato a proseguire nella
politica dell’intolleranza, verso un isolamento sempre più
profondo. Tutti i segnali che giungono dalla Repubblica islamica
sembrano spingere al pessimismo: ieri un deputato conservatore ha
confermato l’interruzione di ogni rapporto commerciale con Gran
Bretagna e Corea del Sud, ree di essersi opposte alla politica
energetica iraniana. «La decisione di bloccare l’importazione
da questi due Paesi - ha dichiarato il deputato Mahmud Abtahi - è
la reazione più moderata che potevamo avere al loro comportamento
indecente».
Da Vienna fonti diplomatiche annunciano che Olli Heinonen, uno dei
responsabili dell’Agenzia atomica si appresta a tornare in Iran
con un gruppo d’ispettori. Intanto a Teheran i giornali di
destra chiedono la guerra. Ieri «Kayhan» ha titolato: «Se è
vero che l’apparizione del Messia è imminente, perché allora
il clero non emette una fatwa che annunci la guerra santa contro
Israele?».
Giuseppe Zaccaria 28 ottobre 2005 (La Stampa)
"Nella
geografia insegnata ai bambini esiste solo una "Grande
Palestina"
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Ricordo ancora la sentenza perentoria sul mio
libro di storia araba alle medie: «L'imperialismo internazionale
ha conficcato il cancro dell'entità sionista nel cuore del mondo
arabo per ostacolare la nascita della Nazione araba accomunata
dall'unità del sangue, della lingua, della storia, della
geografia, della religione e del destino». Sulla carta geografica
a latere Israele non compariva affatto. La Palestina si estendeva
dal Giordano al Mediterraneo. «Non rinunceremo a un palmo di
terra dal fiume al mare», tuonò l'allora presidente egiziano
Nasser, «ciò che è stato preso con la forza non potrà essere
riscattato se non con la forza».
La condanna a morte di Israele si tramutò in un suicidio politico
per Nasser e in una catastrofe per l'Egitto e per i Paesi arabi di
«prima linea» usciti sonoramente sconfitti nella guerra del 5
giugno 1967. Ma quei testi scolastici sono rimasti sostanzialmente
immutati nella gran parte dei Paesi arabi e musulmani.
Ecco perché l'affermazione del presidente iraniano «Israele deve
essere cancellato dalla carta geografica» non è uno show
solitario bensì genuina espressione di un convincimento radicato
e diffuso. Perfino in quei Paesi che hanno riconosciuto Israele de
facto, senza tuttavia accettarne il diritto all' esistenza. Un
caso emblematico fu quello del leader palestinese Yasser Arafat
che, all'indomani della storica stretta di mano con Rabin alla
Casa Bianca il 13 settembre 1993, sostenne in una moschea in
Sudafrica che quella pace aveva la stessa valenza del trattato di
Hudaibiya. Nel febbraio del 628 il profeta Mohammad (Maometto)
sottoscrisse una tregua con i nemici meccani quando, da una
posizione di inferiorità, constatando l'impossibilità di
conquistare la sua città natale, s'impegnò a non farvi ritorno
per dieci anni. Invece due anni dopo, nel gennaio del 630,
Mohammad conquistò la Mecca e la trasformò nella città santa
dell'islam. Quindi per Arafat l'accordo di Camp David era né più
né meno che una tregua. Il suo pregiudizio nei confronti del
diritto di Israele all'esistenza fu confermato dal rifiuto della
storica proposta di pace avanzata dall'allora premier Barak
nell'estate del 2000. Questo pregiudizio trova una giustificazione
religiosa nei versetti coranici (Sura 17, Il viaggio notturno,
4-7) che Kamal Abdel Raouf sul quotidiano egiziano Akbar el Yom ha
così interpretato: «Alcuni teologi ritengono che la prima volta
che i figli di Israele hanno portato la corruzione nella Terra
Santa della moschea di Al Aqsa, fu quando uccisero i profeti e
violarono i precetti della Torah. E la seconda volta quando
uccisero il profeta Giovanni figlio di Zaccaria e decisero di
ammazzare Gesù. Altri dicono che la seconda volta deve ancora
arrivare. La prima volta Dio mandò il re Nabuccodonosor di
Babilonia per punire e uccidere i figli di Israele e per
distruggere il loro tempio. Alcuni teologi pensano che la seconda
volta si è consumata per mano di Hitler che li ha ammassati nei
campi di sterminio e li ha annientati con il gas. Poi sono tornati
a corrompere la terra una terza volta dopo aver preso il controllo
dell'America e delle sue ricchezze. Ora ci domandiamo: Dio li
punirà nel modo più drastico come ci ha promesso? Quel che sta
succedendo nella Terra Santa preannuncia la fine dei figli di
Israele? Io sono convinto che sia vicina l'ora della fine dello
Stato dell'Ingiustizia. Allah è paziente ma non dimentica».
È un dato di fatto che molti predicatori islamici, compresi i
supposti moderati, concludono il sermone elevando l'invocazione «Dio
aiutaci a annientare gli ebrei», a cui il coro dei fedeli
risponde «Amin». Succede regolarmente nei Paesi musulmani ma
anche nella grande moschea di Roma. Era il 6 giugno 2003 quando,
al termine di un sermone infuocato, l'imam Abdel-Samie Mahmud
Ibrahim Moussa mi disse: «Dal punto di vista islamico non c'è
alcun dubbio che le operazioni dei mujahiddin contro gli
ebrei in Palestina sono legittime. Sono operazioni di martirio e
gli autori sono dei martiri dell' islam. Perché tutta la
Palestina è Dar al harb, Casa della guerra. Perché tutta
la società ebrea occupa illegalmente una terra islamica». La
verità è che i Paesi arabi e musulmani sono divisi su tutto,
compreso il riconoscimento de facto di Israele, ma sono compatti
nel disconoscere il diritto all'esistenza dello Stato ebraico.
Magdi Allam 28 ottobre 2005 (Corriere della
Sera)
I tormenti europei
e l’incubo atomico
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HAMPTON COURT -
«Finora mi è stato chiesto di impegnarmi a non far nulla contro
l’Iran, ma cosa risponderò se un giorno mi chiederanno perché
non ho scelto di agire?». Il tormento di Tony Blair è diventato
il tormento di tutta l’Europa da quando il furore
anti-israeliano di Mahmoud Ahmadinejad ha preso in contropiede la
disponibilità negoziale di Londra, Parigi e Berlino. Ve lo
immaginate, rincara Blair, uno Stato del genere dotato di
armamenti nucleari? Chirac definisce «insensate e
irresponsabili» le parole che vengono da Teheran, tra i
Venticinque convenuti a Hampton Court la prevista riflessione sui
destini dell’Europa pare poca cosa davanti all’unanime
disgusto verso chi auspica che i «sionisti» siano cancellati
dalla carta geografica, e una specifica dichiarazione condanna
«nei termini più energici» i propositi di Ahmadinejad
manifestando inquietudine sulle future intenzioni dell’Iran.
Gli europei,
insomma, hanno espresso come tutti la loro indignazione. Ma hanno
sofferto un po’ più degli altri. Non era stata l’Unione
europea a seguire nei confronti della Teheran di Khatami quel
«dialogo critico» che agli Usa già sembrava troppo arrendevole?
E poi, non sono stati gli inglesi, i francesi e i tedeschi a
prendere la guida di un confronto negoziale con l’Iran per
limitare al settore civile le sue ambizioni nucleari, mentre la
solita America suggeriva piuttosto il deferimento al Consiglio di
sicurezza dell’Onu? La trattativa euro-iraniana è in crisi
soprattutto da quando Ahmadinejad è stato eletto alla presidenza,
e tra meno di un mese l’Agenzia per l’energia atomica di
Vienna potrebbe decidere che le sanzioni Onu sono l’unica via
ancora percorribile. Gli europei saranno verosimilmente d’accordo,
se si giungerà a tanto. Ma nella loro già disastrata politica
estera comune resterà il segno di un tentativo fallito, e ancor
più, come è risultato evidente ieri nel palazzo che fu di Enrico
VIII, resterà la ferita di un «tradimento» che nemmeno il
khomeinismo di Ahmadinejad aveva lasciato presagire.
Una spiegazione ha
tentato di darsela Blair: «Forse a Teheran pensano che il mondo
è distratto da troppe altre cose...». È possibile, infatti, che
Ahmadinejad abbia valutato le estreme difficoltà cui andrebbe
incontro un’azione militare contro l’Iran mentre la ferita
irachena resta apertissima e quella afghana segue a ruota. È
possibile che il presidente iraniano abbia letto i sondaggi sulla
popolarità di George Bush. È possibile che il rifiuto britannico
di partecipare a una ipotetica iniziativa militare (finora, come
sottolinea Blair), quelli analoghi di Francia e Germania e l’appoggio
russo in Consiglio di sicurezza abbiano creato a Teheran un senso
di sicurezza e di impunità garantita. Se così è, Ahmadinejad
gioca col fuoco. È vero che gli europei, ieri, non hanno
annunciato la rottura del negoziato nucleare con Teheran
rifugiandosi nella formula della prossima consultazione tra
alleati: non si vuole che la sparata anti-israeliana abbia per
effetto di spianare la via all’atomica iraniana come di certo i
falchi di Teheran desiderano.
Ma il presidente
iraniano ha sottovalutato l’imbarazzo che la sua sortita crea
presso l’amica Russia. Ha sottovalutato i nuovi argomenti e la
nuova determinazione che potranno prendere piede in America. Ha
sottovalutato la rabbia degli stessi europei. In altre parole,
alzando troppo il tiro ha sottovalutato quel che rappresenta lo
Stato di Israele. Come abbiamo già scritto su queste colonne, si
può dissentire anche duramente dalla politica dei governi
israeliani. Ma la Storia vieta, a noi europei più che a chiunque
altro, di accettare che l’esistenza dello Stato di Israele venga
messa concretamente a rischio. Ahmadinejad ha fatto di più: ha
espresso un pubblico auspicio che appartiene sì alla tradizione
khomeinista, ma che cambierebbe volto il giorno in cui Teheran
disponesse di un arsenale atomico. L’Iran ha il merito di aver
chiarito i termini della questione. Ora restano da chiarire i
termini della risposta.
Franco Venturini
28 ottobre 2005 (Corriere della Sera)
Alla testa dell'Iran capetto delirante.
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La comunità internazionale
sorvegli
Non è una novità. Sulle
carte geografiche che troneggiano nelle sedi dei movimenti islamici
radicali, come Hamas, Jihad ed Hezbollah, lo Stato ebraico non esiste. E
gli striscioni con la scritta «Cancelliamo Israele dalla mappa del mondo»
compaiono costantemente nelle manifestazioni di regime che si tengono a
Teheran.
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Una posizione
ribadita due giorni fa dal leader iraniano Ahmadinejad. E qui sta
la novità: nessun capo di Stato aveva mai incitato pubblicamente
all'eliminazione dell'«entità sionista» dalla faccia della
terra.
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Nel bel mezzo di una difficile trattativa
con Francia, Germania e Gran Bretagna che a nome della Ue stanno
cercando di fermare la corsa al nucleare di Teheran, ecco che il
presidente iraniano sfodera un linguaggio da pasdaran, facendo propri i
toni aggressivi della Guardia della Rivoluzione in cui ha militato per
molti anni. Difficile pensare che si sia lasciato prendere la mano,
sull'onda dell'entusiasmo di migliaia di giovani con la testa fasciata
di verde e di versetti coranici che hanno gridato «Morte all'America e
ad Israele». È lui che usa la folla, non il contrario. E le parole più
illuminanti di Ahmadinejad non sono quelle che hanno fatto il giro del
mondo («Israele dev'essere cancellato dalla carta geografica») ma la
frasetta introduttiva: «Come ci ha insegnato l'iman Khomeini...».
È questa la chiave di
lettura per capire il bellicoso proclama del leader ultra-conservatore
iraniano. Non è un salto all'indietro. Per l'ex pasdaran che ha
trionfato nelle elezioni presidenziali dello scorso giugno il mondo è
cominciato con la rivoluzione khomeinista del 1979. E la lotta contro
Israele non è motivata semplicemente dall'occupazione dei Territori
palestinesi ma fa parte di una «guerra del destino» tra l'islam e
l'Occidente giudaico-cristiano. Archiviata l'era riformista di Khatami,
oggi in Iran non c'è più spazio per quel dialogo fra civiltà portato
avanti, sia pur timidamente, dal predecessore di Ahmadinejad che ai
funerali di Giovanni Paolo II non disdegnò di comparire a fianco del «nemico»,
il presidente israeliano Katsav. Per l'attuale leader iraniano «la
nascita d'Israele è stata una mossa studiata a tavolino dagli
oppressori del mondo islamico». E la lotta contro il sionismo acquista
il suo vero significato all'interno della contrapposizione con
l'Occidente e con tutti gli Stati arabi moderati.
Con questo ritorno alle
origini dell'islam radicale Teheran vuole riprendere decisamente la
guida del fronte anti-occidentale. Con l'Iraq senza più Saddam e con
gravi problemi di coesione interna, e la Siria in grosse difficoltà per
il suo coinvolgimento nell'uccisione del primo ministro libanese Hariri,
l'Iran si ritiene l'unico Paese in grado di tener testa ad Israele. Ed
alza il tiro, liquidando come «un trucco inaccettabile» il ritiro da
Gaza e minacciando i Paesi arabi moderati di «bruciare nelle fiamme
accese dalla rabbia della grande nazione islamica».
Il premier israeliano Sharon ha chiesto che l'Iran venga espulso dalle
Nazioni Unite. Una simile misura però non farebbe altro che rafforzare
il ruolo pericolosamente antagonista del regime di Teheran. L'Occidente
deve tener alta la guardia, ma senza cedere alle provocazioni.
Luigi Geninazzi 28
ottobre 2005 (Avvenire)
Deborah Fait,
Niente solidarietà per favore
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Eccolo là. Siamo
alle solite, le masse islamiche che rispondono con un boato alle
dichiarazioni del Presidente Ahmadinejad "dobbiamo cancellare
Israele dalla carta geografica". Europa e USA mandano a
Israele la loro solisarietà, tutti sono scandalizzati nel mondo
occidentale, sorpresi, poverini, sorpresi.
Non capisco di cosa siano sorpresi, questo è il leitmotiv che
ascoltiamo da decenni, che dico decenni, da millenni.
Tutti hanno sempre voluto cancellare Israele. Ci riuscirono gli
antichi Romani, tentò la Chiesa con la Santa Inquisizione, tentò
Hitler con la Shoah, tentarono i paesi arabi con le guerre per
l'annientamento dell'entità sionista, tentò Arafat col
terrorismo e la propaganda. Tentano da sempre gli antisemiti
delegittimando Israele, negando addirittura la Shoah.
Perché ci si meraviglia allora per un proclama fatto da un
estremista islamico, eletto presidente di un paese che dall'epoca
di Khomeini non fa altro che sbraitare alla distruzione di Israele
e che finanzia il terrorismo internazionale e addestra gli
hezbollah nazisti?
Fra un paio di giorni sarà tutto dimenticato e presto quel
presidente sarà ricevuto in Europa come i suoi predecessori, come
Assad di Siria, come lo fu Arafat, il mostro.
Carta palestinese. articolo 19.
La lotta armata è una strategia che ha un fine decisivo nello
sradicamento dell'esistenza sionista dalla Palestina e la lotta
non finirà fino a quando lo stato sionista non verrà demolito
...
Allora??? Allora ??? perché tutti si scandalizzano adesso?
Questo comma fa parte della Carta palestinese dal 1967, non è mai
stato cancellato eppure non ha impedito ai sepolcri imbiancati
europei e americani di ricevere con tutti gli onori il suo autore,
Arafat e di appoggiare il suo sforzo di rendere effettivo e reale
questo comma.
Allora??? Sui libri di testo delle scuole arabe e islamiche di
tutto il mondo la cartina della Palestina ha esattamente la forma
di Israele.
Allora???
Perché tutto questo putiferio?
Ahmadinejad non ha fatto che ripetere il solito ritornello, il
preferito dei dittatori islamici e delle folle sulle quali
comandano e il preferito anche di molti europei a Roma,
Strasburgo, Bruxelles, Parigi, Berlino, Londra e chi più ne ha più
ne metta.
Ieri, quasi a rimarcare il boato di Teheran, c'è stato un boato
in Israele, di altra natura, un boato di fuoco a Hadera, a nord di
Tel Aviv.
Un assassino suicida ha ammazzato 5 persone, ferito 30,di cui
molte sono in coma. Molti dei feriti , se sopravviveranno, saranno
invalidi per la vita. Dieci chili di esplosivo misto a bulloni e
chiodi lasciano il segno su un corpo umano, segni di buchi,
bruciature, cecità, mani e piedi saltati via.
I media italiani hanno dato doverosamente la notizia facendo
vedere nelle foto il dolore dei famigliari dell'assassino. Del
dolore dei famigliari delle vittime israeliane non gliene frega
niente a nessuno.
I media italiani hanno anche scritto spudoratamente che avevamo
avuto 8 mesi di tregua.
Ma dove? ma quando? ma dove stavano fino a ieri i giornalisti che
hanno scritto questa schifezza? Non erano attenti quando un paio
di giorni fa sono stati ammazzati tre ragazzi israeliani? sono
distratti quando Sderot , fino a questa mattina ,si becca sulla
testa i bombardamenti dei qassam?
"Voglio un mondo senza Israele".
L'Iran ci fa paura perché tutti sappiamo che non appena avrà la
sua bella bombetta è sulle nostre teste sioniste che la inaugurerà
ma riportiamo le cose nella giusta dimensione , Ahmadinejad non è
il primo e non sarà l'ultimo perciò della solidarietà pelosa di
coloro che sbaciucchiavano il rais palestinese che faceva le
stesse esternazioni del presidente iraniano, dandogli la forza di
portare avanti i suoi crimini , io, personalmente, non me ne
faccio niente e la rimando al mittente.
La rimando al mittente con disprezzo perché quel mittente non ha
avuto niente da dire alla notizia che a Ramallah verrà costruito
un mausoleo per Arafat con annesso museo per conservarvi la sua
Kefiah inamidata a forma di Israele e la sua adorata pistola.
Tutti stanno in silenzio anche sapendo che questa cosa indecente
costerà UN MILIONE DI DOLLARI e di chi saranno quei soldi se non
dei paesi che oggi si stanno ipocritamente scandalizzando per le
dichiarazioni iraniane? Un milione di dollari per il mausoleo di
colui che voleva distruggere Israele, un milione di dollari rubati
ai palestinesi senza casa e senza lavoro e senza pane. Un milione
di dollari di vergogna.
Niente solidarietà, per favore, non sappiamo che farcene.
Deborah Fait 27 ottobre 2005 (Informazione Corretta)