Le reazioni diplomatiche, i boicottaggi, le
manifestazioni e le minacce criticando le vignette su Maometto, pubblicate
su alcuni giornali occidentali, rischiano di mostrare ancora una volta l’Islam
come oscurantista, arretrato, incapace di vivere nella modernità, aprendo
lo spazio a un vero e propri conflitto di civiltà. Invece dei ricatti
diplomatici ed economici, il mondo musulmano dovrebbe usare le armi della
modernità: scrivere ai giornali, intraprendere azioni legali, discutere
in tribunale.
Ad ogni modo questa diatriba è un'occasione per chiarire alcuni
aspetti del nostro rapporto Occidente – Oriente.
L’occidente
Nell’occidente la libertà di parola e di opinione è un fatto
positivo. Una società democratica deve essere basata su tali libertà .
Dove vi è libertà vi sono anche degli eccessi. Ma è meglio non limitare
la libertà a causa degli eccessi. Ora, scrivere ed avere opinioni sulle
religioni fa parte delle democrazia occidentale. Di solito in occidente
tale libertà viene usata al 90% verso la religione cristiana. Se si
mettono insieme tutte le sciocchezze che la sola stampa italiana dice sul
cristianesimo in una settimana, potremmo pubblicare un libro. Questo
esclude l’idea che nel caso delle vignette l’Islam è preso di mira in
modo specifico: si tratta in realtà dell’uso normale della libertà di
stampa, un frutto talvolta amaro della democrazia.
L’Islam
Nel mondo arabo-musulmano, tutto ciò che tocca la religione è
considerato tabù. Vorrei dare un esempio. Due giorni fa, al parlamento
libanese, un deputato cristiano, Nicholas Fattoush, noto per essere un
grande oratore, ha citato il patriarca Giuseppe, il figlio di Giacobbe
venduto dai fratelli ai mercanti, per mettere in luce alcuni problemi
della sicurezza in Libano. Alla fine ha esclamato più o meno così: “O
santo Giuseppe, vieni e liberaci da questa situazione in cui la gente è
maltrattata come tu sei stato maltrattato…”. A questo punto un
parlamentare degli Hezbollah, considerato uno dei più moderati, ha
chiesto che la frase venga tolta dal verbale dell’incontro perché “non
è permesso parlare in questo modo dei profeti”. E ha continuato finché
Fattoush ha risposto: “Anche per me Giuseppe è un profeta, ma usavo
quell’immagine per esprimere un concetto!”. Il parlamentare Hezbollah
è stato fermo nel richiedere la cancellazione della frase dal verbale.
Due anni fa il più famoso regista arabo, l’egiziano Joseph Chahine,
ha fatto un film su Giuseppe, ma la censura lo ha vietato perché “non
si può rappresentare i profeti”. Alcuni anni fa un suo film su Averroé
è stato premiato a Cannes. Per l’Islam, dunque, tutto ciò che è
religioso è tabù.
Libertà di stampa e governi
La libertà di stampa in occidente significa che vi è una distinzione
chiara fra la stampa e i governi: il fatto che i governi lascino stampare
qualcosa, non significa che l’appoggino. Sarebbe ora che i governi non
occidentali, specie i musulmani, capiscano questa distinzione. Altrimenti
noi arabi non ce la faremo mai ad entrare nel mondo moderno. Si può
criticare, ma allora si manda una lettera al giornale, al direttore, si
cita in giudizio, secondo le norme del paese in cui è stata pubblicata la
vignetta o l’articolo. Ma cosa c’entra richiamare l’ambasciatore,
boicottare i prodotti danesi e norvegesi; espellere i cittadini danesi e
norvegesi dai paesi arabi; addirittura licenziare il direttore di una
testata. Fra l’altro, il proprietario di France Soir [il giornale
il cui direttore è stato licenziato per aver pubblicato le vignette –
ndr] deve essere un arabo cristiano, a giudicare dal nome, Rami Lakkah. La
famiglia Lakkah è di tradizione greco-cattolica.
Questo è un vero e proprio ricatto. Anche se le vignette fossero
sconvenienti, vale la pena dibattere in tribunale, non combattere una
battaglia con armi diplomatiche. E’ essenziale per noi arabi capire che
questo è una caratteristica dell’occidente moderno.
Certo l’occidente può ripensare un po’ di più ai suoi eccessi,
imparando dal mondo islamico. Ma occorre anche che il mondo musulmano usi
i mezzi legali per combattere le sue battaglie, non i ricatti diplomatici.
Come ho già detto, questo episodio rischia di far vedere ancora di nuovo
l’Islam come oscurantista, arretrato, incapace di vivere nella
modernità, aprendo lo spazio a un vero e proprio conflitto di civiltà.
I problemi dell’Islam
L’Islam attuale soffre di una specie di complesso di persecuzione, si
pensa attaccato da tutto il mondo In tal modo, la minima cosa prende un
valore e un peso che non ha. Nessuno avrebbe conosciuto queste caricature
se i musulmani non avessero fatto loro tutta questa pubblicità!
Le manifestazioni, i boicottaggi sono espressione di populismo… Sono
certo che molti musulmani, pur non apprezzando le caricature, non
approvano questo stile da scandalo nazional-religioso.
In questo caso sono i governi ad essere più realisti del re, più
integristi degli integristi. Penso che in tal modo essi cercano di far
dimenticare i problemi interni, sollevando queste polemiche inutili con l’esterno.
Sanno anche che per manipolare il popolo ci vuole molto poco. Purtroppo
tutto questo fa emergere l’aspetto più primitivo dell’islam.
La mia impressione è che i danesi abbiamo mancato di tatto. Ma queste
risposte dell’Islam, con minacce e ricatti sono pazzesche.
Scomodare l’Onu per bloccare ogni irrisione verso la religione, per
delle caricature è davvero eccessivo: è segno del trauma vissuto dal
mondo islamico. E più si vogliono mostrare potenti ed efficaci, più
spingono la gente a schierarsi conto di loro. Per mostrare quanto contano
nella comunità internazionale, i 57 paesi islamici hanno risposto alle
vignette con la forza e la potenza. In realtà, l’unica cosa che
ottengono è la crescita del rigetto dell’Islam.
L'Occidente ha un nemico in casa: la paura
.: torna su :.
Magdi Allam [Corriere della Sera]
La via della riscossa intellettuale e della rinascita civile è
possibile laddove gli occidentali e i musulmani riscoprono la centralità
della persona facendo prevalere i valori della vita. Grazie Jaques Lefranc.
Grazie Robert Menard. Grazie Jihad Momani. Grazie Maha Al Sharif. Con il
loro coraggio i direttori del quotidiano francese France Soir , di
Reporters sans frontieres, dei settimanali giordani Shehane e The Star ,
hanno aperto una breccia di luce e lasciato trasparire un barlume di
speranza nella crisi delle menti e dei valori che si è avviluppata nelle
tristemente note «vignette sataniche».
Si è trattato di un soffio d'aria pura nel clima avvelenato che pervade
un mondo islamico che riscopre la sua unità nella logica delle
intimidazioni, nella cultura dell'odio e nella pratica del terrorismo. Con
a fronte un Occidente rimpicciolito più che mai da una paura che dopo
essersi impossessata degli animi viene assurta a ideologia di Stato,
forgiando l'attività dei governi e paralizzando l'iniziativa della
società civile. Se dovessimo oggi fissare l'immagine del tanto paventato
«scontro di civiltà», ebbene dovremmo prendere atto che l'Occidente è
costretto sulla difensiva non solo nei confronti del «nemico» esterno,
ma soprattutto del «nemico» più insidioso, quello che si annida e
cresce al proprio interno. Stiamo parlando delle organizzazioni
integraliste ed estremiste islamiche che, dai pulpiti delle moschee
trasformate in centri di indottrinamento ideologico, hanno promosso una
strategia di sottomissione delle comunità immigrate musulmane sfruttando
abilmente l'ingenuità e la collusione degli europei.
Coordinate da veri e propri centri di comando, tra cui spicca la «Unione
internazionale degli ulema» con sede a Dublino, capeggiata guarda caso
dal noto telepredicatore della tv Al Jazeera , lo sheikh Youssef Qaradawi.
Il referente spirituale e giuridico dell'insieme dei Fratelli musulmani in
Europa, posto anche alla guida del «Consiglio europeo della fatwa e della
ricerca», anch'esso con sede a Dublino. Tra i 300 membri della «Unione
internazionale degli ulema» figurano il mufti di Gerusalemme, Ikrima
Sabri, e il presidente della «Associazione degli ulema musulmani
dell'Iraq», Haris al Dhari. Tutta gente che, come hanno esplicitato in un
comunicato del 19 novembre 2004, hanno legittimato «la resistenza, dentro
e fuori l'Iraq, fino alla liberazione dell'Iraq», specificando che «è
jihad difensivo che non necessita di un comando generale e che comporta
l'obbligo della partecipazione di tutti». Tutta gente che plaude agli
attentati terroristici suicidi che massacrano gli israeliani o gli
occidentali in Iraq. Tutta gente che impartisce gli ordini dall'Europa,
come quello che annuncia per oggi una «Giornata mondiale dell'ira»
contro la pubblicazione delle vignette raffiguranti il profeta Mohammad
(Maometto).
Eppure Qaradawi e i suoi Fratelli musulmani dovrebbero sapere che la
raffigurazione del profeta è sempre avvenuta nel corso della storia
islamica. Se proprio non lo sapessero, vadano nel sito degli islamici
riformatori e liberali www.muslimwakeup.com e nel forum troveranno un link
che rimanda a una voluminosa raccolti di ritratti su tela e in miniatura,
nonché vignette satiriche sul profeta. A parte ciò, anche qualora i
musulmani non dovessero ritrarre il loro profeta, perché mai dovrebbe
essere vietato a un non musulmano? Infine per quale ragione ai musulmani
è ampiamente concesso ritrarre vignette offensive dei cristiani e degli
ebrei, senza che sia stata proclamata alcuna «guerra santa» contro
l'insieme dell'islam, mentre tutto il mondo sarebbe tenuto a un
particolare riguardo nei confronti della sensibilità dei musulmani?
Addirittura, con una sconcertante logica, il ministro dell'Interno saudita
ha ieri reiterato la richiesta di una condanna da parte del Vaticano. Ma
l'Arabia Saudita si è mai scusata con il Vaticano per i tanti cristiani
che sono stati sgozzati in Iraq, massacrati nel Sudan, perseguitati
ovunque nei Paesi musulmani? Noi siamo grati ai giornalisti francesi e
giordani perché hanno dimostrato nei fatti di avere a cuore, al di là
delle loro fedi o idee, una comune civiltà umana fatta di amore o di
vita.
.: torna su :.
Commento del padre
gesuita Samir Khalil Samir, egiziano, docente di storia della cultura
araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut e al
Pontificio Istituto orientale
R. – Il mondo musulmano
- al quale personalmente appartengo - ha questa idea, che l’Occidente
è il nemico che cerca di aggredire il mondo islamico, il quale si sente
vittima dell’Occidente: a causa del potere dell’Occidente, a causa
di tutto ciò che viviamo dall’11 settembre in poi, ma anche prima c’era
questo. E questo è un punto grave perché, da una parte l’Occidente
per un kamikaze generalizza e dice “i musulmani”, e il mondo
musulmano, per un fatto privato, dice “l’Occidente”. E questo può
diventare causa di conflitti gravi a livello internazionale, e perciò
si deve precisare di nuovo e dire: ciò che è successo in questi
giornali è un fatto di questi giornali, punto e basta. Non si tratta
dei governi, ma dei giornali, sì. D’altra parte, noi stessi dovremmo
imparare a distinguere tra il privato e il pubblico, la religione e la
politica.
D. – Padre Samir,
cosa deve imparare l’Occidente da questa vicenda?
R. – Il sentimento
religioso è ciò che è più profondo nella natura umana, nella
maggioranza dell’umanità. Forse in Occidente si è perso il senso
religioso, ma da noi – cristiani orientali o musulmani – è toccare
qualcosa di essenziale. Allora questa potrebbe essere l’occasione per
riflettere sui limiti della libertà di espressione, e non per fare un’eccezione
per i musulmani – sarei contrario – ma per tutte le religioni: il
fenomeno religioso dev’essere trattato con tatto, con discrezione, con
discernimento per non suscitare ‘incendi’.
D. – E quale può
essere, invece, la lezione per i Paesi arabi?
R. – Noi arabi dobbiamo
imparare che la libertà di stampa è una realtà e che non si può
rigettarla neppure in nome della religione!