Il
baricentro del dialogo ecumenico si sta indirizzando verso un
confronto con la "pentecostalizzazione" che sta avvenendo
nel mondo protestante e ortodosso. Lo ha detto ieri a Roma il
cardinale Walter Kasper, che ha parlato di «chiari segni di
distensione e miglioramento» nei rapporti con la Chiesa ortodossa
russa, con cui «siamo riusciti a voltare pagina». L'intervento del
presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani si è
svolto a conclusione di una due-giorni organizzata dall'università
salesiana di Roma sui 40 anni dal documento conciliare Unitatis
Redintegratio che
ha segnato la svolta nei rapporti ecumenici.
Alle
tradizionali questioni teologiche, oggi si aggiunge un dato imposto
dalle vicende storiche e sociali delle Chiese ortodosse: alla
vicinanza nella fede si contrappone la difficoltà a comprendersi
sul piano culturale e mentale, perché esse non hanno sperimentato
le separazione con lo Stato, «né il moderno illuminismo» e sono
libere dopo secoli di dominio bizantino, poi ottomano, poi ancora di
regime sovietico. Nella nuova situazione «si confrontano con un
mondo completamente trasformato, nel quale debbono trovare la loro
strada. Tutto questo ha bisogno di tempo e richiede pazienza».
Il porporato ha poi preso in esame il dialogo con il mondo della
Riforma, dove la struttura portante è molto più
comunitaria-sinodale che episcopale. Ma alle differenze sul piano
teologico-ecclesiale, si aggiungono i problemi etici, su cui
peraltro anche il mondo protestante «è diviso», producendo «un
divario nuovo che rende più difficile e a volte anche impossibile
quella testimonianza comune di cui il mondo ha tanto bisogno».
Kasper
ha sottolineato che al cuore della divisione c'è un «problema
fondamentale» che riguarda il ruolo dello Spirito Santo. Settori
sempre più consistenti della Riforma e dell'ortodossia si saldano
criticando il vincolo tra l'efficacia dello Spirito e la figura di
Cristo, tipico della teologia cattolica. Nel mondo protestante
assistiamo così al proliferare di «nuovi e forti» movimenti
carismatici e pentecostali che stanno cambiando la «scena ecumenica»,
diminuendo numericamente le Chiese protestanti classiche. Nell'alveo
cattolico, invece, la "pentecostalizzazione" «resta
all'interno della struttura sacramentale ed istituzionale della
Chiesa» e ha «la possibilità di esercitare un effetto rigenerante
su di essa». Ciò pone in termini nuovi la sfida dell'unità.
Secondo
Kasper si può riflettere su una Chiesa «in cui le differenti
istanze e carismi collaborino interagendo apertamente», in cui il
Magistero abbia sì un ruolo «insostituibile» ma senza escludere
«il senso e il consenso dei fedeli, il processo di ricezione, la
funzione del magistero dei teologi e soprattutto la testimonianza
della liturgia».
Sempre al convegno di ieri l'arcivescovo George Carey, già primate
anglicano, ha sottolineato che la «vera offesa» della divisione è
che «tutti pretendiamo di essere fedeli al Signore nel nostro
essere separati»: è qui - ha spiegato - il vero «tradimento» del
Vangelo.
E come
ha riconosciuto monsignor Eleuterio Fortino, sottosegretario del
Pontificio Consiglio, «lo scopo dell'ecumenismo porta in sé una
potenzialità di salvezza per il mondo».