Fabrizio Mastrofini, su "Avvenire" del 28 marzo 2004

Il baricentro del dialogo ecumenico si sta indirizzando verso un confronto con la "pentecostalizzazione" che sta avvenendo nel mondo protestante e ortodosso. Lo ha detto a Roma il cardinale Walter Kasper il 27.3.2004, a conclusione di una due-giorni organizzata dall'università salesiana di Roma sui 40 anni dal documento conciliare Unitatis Redintegratio che ha segnato la svolta nei rapporti ecumenici. Sono intervenuti anche l'Arcivescovo George Carey e Mons. Eleuterio Fortino

Il baricentro del dialogo ecumenico si sta indirizzando verso un confronto con la "pentecostalizzazione" che sta avvenendo nel mondo protestante e ortodosso. Lo ha detto ieri a Roma il cardinale Walter Kasper, che ha parlato di «chiari segni di distensione e miglioramento» nei rapporti con la Chiesa ortodossa russa, con cui «siamo riusciti a voltare pagina». L'intervento del presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani si è svolto a conclusione di una due-giorni organizzata dall'università salesiana di Roma sui 40 anni dal documento conciliare Unitatis Redintegratio che ha segnato la svolta nei rapporti ecumenici. 

Alle tradizionali questioni teologiche, oggi si aggiunge un dato imposto dalle vicende storiche e sociali delle Chiese ortodosse: alla vicinanza nella fede si contrappone la difficoltà a comprendersi sul piano culturale e mentale, perché esse non hanno sperimentato le separazione con lo Stato, «né il moderno illuminismo» e sono libere dopo secoli di dominio bizantino, poi ottomano, poi ancora di regime sovietico. Nella nuova situazione «si confrontano con un mondo completamente trasformato, nel quale debbono trovare la loro strada. Tutto questo ha bisogno di tempo e richiede pazienza».

Il porporato ha poi preso in esame il dialogo con il mondo della Riforma, dove la struttura portante è molto più comunitaria-sinodale che episcopale. Ma alle differenze sul piano teologico-ecclesiale, si aggiungono i problemi etici, su cui peraltro anche il mondo protestante «è diviso», producendo «un divario nuovo che rende più difficile e a volte anche impossibile quella testimonianza comune di cui il mondo ha tanto bisogno».

Kasper ha sottolineato che al cuore della divisione c'è un «problema fondamentale» che riguarda il ruolo dello Spirito Santo. Settori sempre più consistenti della Riforma e dell'ortodossia si saldano criticando il vincolo tra l'efficacia dello Spirito e la figura di Cristo, tipico della teologia cattolica. Nel mondo protestante assistiamo così al proliferare di «nuovi e forti» movimenti carismatici e pentecostali che stanno cambiando la «scena ecumenica», diminuendo numericamente le Chiese protestanti classiche. Nell'alveo cattolico, invece, la "pentecostalizzazione" «resta all'interno della struttura sacramentale ed istituzionale della Chiesa» e ha «la possibilità di esercitare un effetto rigenerante su di essa». Ciò pone in termini nuovi la sfida dell'unità. 

Secondo Kasper si può riflettere su una Chiesa «in cui le differenti istanze e carismi collaborino interagendo apertamente», in cui il Magistero abbia sì un ruolo «insostituibile» ma senza escludere «il senso e il consenso dei fedeli, il processo di ricezione, la funzione del magistero dei teologi e soprattutto la testimonianza della liturgia».

Sempre al convegno di ieri l'arcivescovo George Carey, già primate anglicano, ha sottolineato che la «vera offesa» della divisione è che «tutti pretendiamo di essere fedeli al Signore nel nostro essere separati»: è qui - ha spiegato - il vero «tradimento» del Vangelo. 

E come ha riconosciuto monsignor Eleuterio Fortino, sottosegretario del Pontificio Consiglio, «lo scopo dell'ecumenismo porta in sé una potenzialità di salvezza per il mondo».

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