|
|
Dalla
guerra inutile alla pace definitiva in Medio Oriente.
di Samir Khalil Samir S.I., traduzione dal francese per "InternEtica"
di Antonio Marcantonio.
Alla fine, Israele non ha raggiunto il suo obiettivo di annientare l'Hezbollah,
e il Libano rimarrà per molto tempo un ammasso di rovine. L'Hezbollah si
dichiara vittorioso, ma in realtà è destinato a sparire come milizia. Si può
dire che gli sconfitti sono tutti... e bisogna ringraziare Dio, perché se non
fosse così si potrebbe ancora credere che la guerra possa produrre la pace o
dare qualche profitto.
Il grande sconfitto è il popolo libanese - che ha pagato il prezzo più caro in
termini di perdite di vite umane e di infrastrutture - nonostante sia proprio questo popolo quello che più
di tutti aspirava alla pace ed era attivo nell´àmbito della vita quotidiana
all´interno di un progetto intercomunitario. "Il Libano è più che una
terra, è un messaggio!", ha affermato Giovanni Paolo II e - dopo di lui -
molti uomini di diverse confessioni hanno ribadito lo stesso concetto, il che ci
fa riflettere amaramente sull´ironia della sorte e sull´atteggiamento
machiavellico dei grandi della terra.
La vittoria militare d´Israele
- che non aveva bisogno di dimostrare la sua forza - non gli ha fatto
raggiungere la pace, bensì ha aumentato l´odio che viene nutrito nei suoi
confronti ed ha aperto nuovi potenziali focolai di guerra. I katiuscia dell´Hezbollah
non potranno restituirgli le sue centinaia di morti, né potranno restituire il
loro territorio ai palestinesi. Certo, il mondo musulmano, in modo irreflessivo,
canta le lodi dell´Hezbollah; ma ciò non porterà a nessun aumento di
democrazia, di modernità, di benessere o di pace. Ma a cos´è che aspirano
tutti i musulmani?
Andare al nocciolo del problema.
La guerra non ha mai prodotto frutti duraturi. Il radicalismo non si
combatte con la guerra, men che meno il cosiddetto "terrorismo". Tutti
i politici riconoscono che bisogna andare "al nocciolo del
problema"... un problema che risale a 50 anni fa. Bisogna affrontarlo per
forza.
L´Hezbollah, che ha usurpato all´esercito libanese il diritto di difendere la
propria patria, non è alla radice del problema: non esisteva nemmeno quando
Israele ha invaso il Libano nel 1982 per attaccare i palestinesi che vi si
trovavano. Nemmeno l´attentato contro Israele ai giochi olimpici di Monaco nel
1972, che ha dato il via al terrorismo nella regione, è alla radice del
problema. Nemmeno gli attacchi continui di Israele in territorio palestinese
sono alla radice del problema.
Il problema risale alla creazione dello Stato d´Israele e alla divisione della
Palestina fatta nel 1948 - in séguito alla persecuzione sistematicamente
organizzata degli ebrei - decisa dalle grandi potenze mondiali senza tener conto
delle popolazioni preesistenti in quella terra (santa). È lì che risiede la
radice reale di tutte le guerre che sono seguite. Per riparare a una grave
ingiustizia commessa dall´Europa contro un terzo della popolazione ebraica
mondiale, la stessa Europa (appoggiata dalle nazioni più potenti) ha deciso e
commesso un´imperdonabile ingiustizia contro la popolazione palestinese che non
aveva alcuna colpa del martirio degli ebrei.
Indipendentemente da quanto è successo in passato, questa divisione è un fatto
storico, nato da una decisione internazionale. L´esistenza di due Stati, uno
israeliano e l´altro palestinese, è una realtà insindacabile, legittimata
dalle Nazioni Unite. Non si può più metterla in questione. Ogni attentato alla
legalità internazionale, indipendentemente dal carattere discutibile di tale
legalità - porta in sé un male ancor più grande di quello contro cui si
ribella. È per questo che qualsiasi soluzione al conflitto che non rispetti
integralmente la legalità internazionale - vale a dire tutte le risoluzioni
dell´ONU - non può portare alla pace.
Suggerimenti per un piano di pace definitivo.
Per raggiungere la pace, solo la via diplomatica ha qualche speranza di
successo. Tale via si fonda su due regole: da un lato, la giustizia e il
rispetto della legalità internazionale, dall´altro, la necessità di fare
delle concessioni che tengano conto della realtà dei fatti. Ciò presuppone da
un lato la conoscenza e il senso del diritto internazionale, e dall´altro
flessibilità e discernimento, così come la disponibilità a rinunciare a una
parte dei propri diritti a favore dei diritti dell´altro.
Bisogna arrivare a una soluzione duratura - o meglio, definitiva - della crisi
in Medio Oriente, per costruire tutti insieme, lentamente, la pace e - può
anche darsi: non sempre è inutile sognare - per creare "l´Unione
Mediorientale" (UM), sull´esempio dell´Unione Europea (UE), nata anch´essa
dalla consapevolezza dell´inutilità delle guerre continue tra paesi europei,
in particolare tra la Francia e la Germania.
Per raggiungere quest´obiettivo, cercherò d´indicare una via, allo stesso
tempo equa e realista, che riassumerò in alcuni punti fondamentali, un piccolo
"decalogo della Pace".
- Creare uno Stato palestinese basato sulle frontiere internazionali (anteriori
alla guerra del 1967); dovranno essere fatti dei piccoli ritocchi, di comune
accordo tra Israele e la Palestina.
- Dovrà essere riconosciuto come principio il "diritto al ritorno"
dei palestinesi, riconosciuto dall´ONU nella risoluzione 194 dell´Assemblea
generale, pur rimanendo disponibili a discuterne l'applicazione, valutando la
possibilità di offrire il ritorno a un numero limitato di palestinesi
garantendo agli altri una compensazione da parte della comunità internazionale.
- Le colonie israeliane potranno rimanere per un periodo limitato (per esempio,
una dozzina d'anni) sotto la sovranità israeliana. Dopo questo termine, i
coloni dovranno decidere se tornare in Israele o rimanere sotto la sovranità
palestinese.
- Riconoscimento ufficiale reciproco e scambio di ambasciatori: ogni Stato del
Medio Oriente (ivi compresi la Turchia, l'Iran, l'Iraq, etc.) deve considerare
ufficialmente definitive le frontiere degli altri Stati e impegnarsi a
scambiarsi ambasciatori con tali Stati.
- Installare una consistente forza internazionale nei luoghi in cui la pace non
è stata ancora pienamente acquisita per poter controllare il traffico d'armi,
in particolare tra Israele e la Palestina, Israele e il Libano, il Libano e la
Siria, la Siria e l'Iraq, l'Iraq e l'Iran, la Turchia e l'Iraq. Tale forza
internazionale dovrà appostarsi da una parte e dall'altra di tutte queste
frontiere internazionali.
- Aiutare gli Stati militarmente deboli a costituire un esercito nazionale
sufficientemente forte per assicurare da solo la sicurezza e smilitarizzare
tutti i gruppi armati di miliziani o di coloni. Allo stesso tempo, lavorare alla
riduzione degli investimenti militari nella regione e mantenere sotto controllo
gli Stati dotati di un potente apparato militare.
- Liberare tramite accordi di scambio tutti i prigionieri degli altri Stati
detenuti nel proprio Stato, in particolari quelli che si trovano in Israele, in
Palestina, in Libano e in Siria.
- Creare una commissione internazionale che risolva in modo equo i problemi di
accesso all´acqua nella regione, condizione essenziale per lo sviluppo e causa
frequente di conflitti.
- Creare una Commissione internazionale, comprendente anche Israele e la
Palestina, per la questione relativa alla città di Gerusalemme, che entrambi
gli Stati vorrebbero assumere legittimamente come capitale. Si tratta di
garantire la sicurezza, la libertà di movimento e il rispetto delle frontiere
internazionali all´interno della città, e inoltre la sanità, la salvaguardia
e l´accessibilità dei luoghi santi - che costituiscono un´eredità universale
- e devono essere garantite tramite degli accordi internazionali.
- Lanciare il progetto di un´"Unione Mediorientale" (UM) tra tutti
gli Stati della regione. Definirne i fondamenti giuridici, economici, politici,
militari e culturali; definire le condizioni per esserne membri; organizzare
degli incontri tra gli Stati della regione; proporre un calendario di attività,
etc. Firmare degli accordi di pace bilaterali o multilaterali a lungo termine
(da 10 a 20 anni).
La guerra che s´è appena svolta sotto i nostri occhi, col suo corteo disumano
di bestialità e di sofferenze, ha permesso a milioni di persone di tutte le
tendenze politiche di comprendere che la violenza è inutile e che la regione
non potrà mai essere pacificata per mezzo della guerra. Questo è senza dubbio
l´unico bene che è scaturito da questa tragedia, il cui prezzo elevato è
stato pagato principalmente dal popolo libanese, che cominciava appena a
ricostituirsi dopo le passate traversie.
Se da questa tragedia potrà nascere il progetto serio di una pace definitiva,
questo martirio non sarà stato vano: Un ebreo orientale - Paolo di Tarso -
scriveva agli albori del cristianesimo: "Del resto, sappiamo che tutto
concorre al bene di quelli che amano Dio"; questo passo è stato commentato
da un algerino di Annaba non meno celebre - di nome Agostino - che vi ha
aggiunto due parole: "etiam peccata", "e anche i peccati".
Perché no?
L´utopia, questo paese che non esiste "da nessuna parte", è
spesso utile. I miracoli non sono impossibili... almeno questo è quel che
crediamo noi libanesi.
|
|
|