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I vescovi libanesi esprimono timori per l'"ambiguità" della risoluzione ONU e temono una “doppia autorità politica”.

L’Assemblea dei vescovi maroniti ha denunciato il rischio che la risoluzione Onu 1701 venga interpretata in modo troppo ambiguo, così da lasciare ancora mano libera ad Hezbollah. [Finalmente una voce che dice la verità! -ndr] Pur senza fare il nome della milizia, i vescovi riuniti ieri hanno detto che c’è ancora “apprensione” fra i libanesi sul modo in cui interpretare la risoluzione Onu. I vescovi temono che nel Paese vi sia una “doppia autorità politica” e invitano tutta la popolazione a unire le forze sotto la sola autorità “del governo che gode della fiducia della camera eletta democraticamente”. In un comunicato pubblicato ieri alla fine dell’incontro essi affermano che “i drammi vissuti dai libanesi durante questa guerra, che è durata più di un mese, hanno insegnato che non si può continuare con una doppia autorità politica nelle decisioni. In posizione di autorità a decidere ci deve essere uno solo, il governo che gode della fiducia della Camera eletta democraticamente, se si vuole evitare una perdita di responsabilità e che la catastrofe si abbatta sul paese”.

Nel paese è in atto un forte dibattito sui modi in cui va attuata la risoluzione Onu, soprattutto sul disarmo degli Hezbollah(1), anche se il governo nicchia e ha procrastinato in modo indefinito una riunione per studiarne l’attuazione. Gli accordi di Taif e le risoluzioni Onu più recenti esigono il disarmo completo delle milizie. Ma il governo libanese – molto diviso su questo tema - non è mai riuscito ad attuarlo. La risoluzione 1701 esige che al sud non vi siano armi se non quelle dell’esercito regolare. Ma l’interpretazione di Hezbollah è che non ci siano “armi visibili” e quindi pensa di nasconderle in attesa di una nuova guerra.

Il timore verso il potere di Hezbollah è stato espresso anche dal card. Sfeir in un’intervista al settimanale tedesco Del Spiegel. Il loro potere, ha detto il patriarca è “qualcosa che non possiamo più accettare dopo la guerra”. Non appena Israele si ritira e vi è lo scambio dei prigionieri, egli ha spiegato, “Hezbollah non ha più alcun diritto di mantenere un esercito”.

Nel comunicato i vescovi maroniti esprimono gratitudine verso il card. Etchegaray, inviato del papa in Libano “Questa visita – scrivono – è un balsamo per il nostro cuore. A maggior conforto il Santo Padre ha voluto anche accompagnarla con un’assistenza finanziaria che è stata trasmessa a Caritas Libano e sarà distribuita secondo i bisogni”.

I vescovi hanno anche ringraziato il card. McCarrick per la sua visita e la conferenza episcopale americana per la loro solidarietà. 
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[Fonte: AsiaNews 17 agosto 2006]

Vescovi maroniti: fermate l’esodo dei cristiani 
Youssef Hourany, su AsiaNews 25 agosto 2006

I vescovi maroniti temono che con le distruzioni aree israeliane e il crescente fondamentalismo islamico, i cristiani abbandonino ormai in massa il Paese dei cedri. Per questo, attraverso AsiaNews, essi lanciano un appello, perchè le organizzazioni internazionali facciano presto a soccorrere la popolazione libanese aiutandola ad affrontare la riapertura delle scuole, la mancanza di medicine, e l’inverno che si avvicina.

Mons. Guy-Paul Noujem,vicario patriarcale maronita della diocesi di Sarba, intervistato da AsiaNews, ha espresso tutta la sua preoccupazione: “In questi giorni l’esodo dei cristiani è immenso. Se ne vanno perchè si sentono abbandonati”. Mons. Noujiem, ha deciso di creare nella sua diocesi una Cellula d'emergenza per combattere la crisi attuale. “Alla vigilia della riapertura delle scuole,  più della metà della popolazione non è in grado di mandare i figli nelle scuole private: qui in Libano le scuole statali sono inconsistenti”. Un’altra necessità urgente è quella degli anziani e degli ammalati “che non riescono a trovare delle strutture mediche capace di aiutarli”.

Anche mons. Paul Matar, arcivescovo maronita di Beirut, intervistato da AsiaNews, supplica “le organizzazioni internazionali di intervenire al più presto per aiutare il nostro popolo indebolito per affrontare questa crisi prima dell’inizio dell’inverno”. Anche per mons. Matar il pericolo di un esodo di massa dei cristiani è reale: “Essi vogliono abbandonare il paese non a causa della paura, ma a causa del futuro incerto”.

Stamane mons. Matar ha visitato il quartiere sciita di Beirut, totalmente distrutto. “È necessario – ha aggiunto – cominciare a ricostruire il Paese, indebolito da settimane di bombardamenti feroci. Solo questo aiuterà i cittadini, cristiani e musulmani a rimanere in Libano”.

Mons Georges Bakouni, metropolita di Tiro dei greco-melkiti, per tutto il tempo della guerra fra Israele ed Hezbollah è rimasto nella sua diocesi presa di mira dagli attacchi aerei israeliani. Almeno 15 chiese sono state distrutte nei bombardamenti. “Israele - dice - ha voluto bombardare le nostre chiese , i nostri villaggi perché vuole svuotare il Libano dei cristiani”. Mons. Bakouni

Ha chiesto a tutti i suoi fedeli sfollati durante le scorse settimane di “rientrare nelle loro case, per testimoniare che il Libano non morirà. Non abbandoneremo mai il Libano nelle mani di Israele o dei musulmani. Siamo giunti in questa terra molto prima di loro e vogliamo convivere con tutti”.

Il Libano, considerato da sempre l'unico rifugio dei cristiani in Medio-Oriente, e l'unico ponte tra l'Oriente "musulmano"e l'Occidente "cristiano", rischia ormai di spopolarsi e di svuotarsi dei cristiani.

Nel 1932, data del primo ed ultimo censimento, la popolazione libanese era al 63% costituita da cristiani, in maggioranza maroniti; il 35% era di musulmani; il 2% di altre piccole minoranze.

Le stime attuali dicono che i cristiani sono divenuti meno del 32%. L’enorme calo è dovuto a molti fattori: la creazione dello Stato d'Israele nel 1948, con le conseguenti guerre tra Israele ed alcuni paesi arabi;  lo sviluppo parassitario del fondamentalismo islamico; la negligenza dei cristiani d’occidente verso di loro. A tutte queste ragioni, si sono aggiunti il carovita - cresciuto enormemente negli ultimi anni - e l’instabilità politica. Fra i paesi di destinazione dell’esodo si contano l’Europa settentrionale (soprattutto caldei e assiri), l’America e l’Australia (per maroniti, melkiti, ortodossi e armeni).

L’emorragia di cristiani libanesi e la questione Lahoud nell’appello dei vescovi maroniti
Yousef Hourany, su AsiaNews 6 settembre 2006

Nel messaggio che esce oggi, i presuli invitano i cristiani a tornare in patria, malgrado la crisi economica. Speranza negli aiuti internazionali e nella forza di pace.

La drammatica situazione libanese, aggravata sul piano politico anche dal rifiuto del presidente Lahoud di dimettersi dal suo incarico, e la particolare preoccupazione che suscita l’esodo dei cristiani dal Paese dei Cedri sono due dei punti sui quali è attesa la parola dei vescovi maroniti nell’appello che sarà lanciato oggi, il settimo da quello del settembre del 2000.

I presuli sono riuniti a Bkerke per la riunione mensile sotto la presidenza del patriarca, il cardinale Nasrallah Sfeir, rientrato martedì pomeriggio, dopo il suo breve soggiorno nella sede patriarcale di Dimane, nel Nord Libano.

Fonti ecclesiastiche ben informate hanno riferito ad AsiaNews che l'appello sarà formulato alla luce degli ultimi sviluppi della situazione in Libano e nella regione, soprattutto dopo la guerra, e dei risultati della visita del patriarca maronita negli Stati Uniti nel mese di luglio, quando ha incontrato il segretario di Stato, Condoleezza Rice, e vice-presidente Dick Cheney, che si sono impegnati a non dimenticare il Libano ed a trovare una soluzione giusta del problema palestinese.

Il settimo appello dei vescovi maroniti accennerà senz'altro al grave problema costituzionale rappresentato dal presidente, il generale Emile Lahoud, che rifiutando di dimettersi, accresce la divisione tra i libanesi ed ha rovinato i rapporti tra il Libano, la Comunità Europea, gli Stati Uniti ed alcuni Paesi asiatici. A proposito della situazione politica, si rileva la crescita del ruolo del primo ministro sunnita, Fouad Siniora, appoggiata dalla maggioranza parlamentare guidata dal deputato Saad El Hariri.

Il comunicato dei vescovi maroniti, che secondo le stesse fonti, sarà in sette punti, prenderà in considerazione anche la grave crisi economica, con il grave problema dell'emigrazione dei cristiani. Durante la guerra tra Israele e Hezbollah, secondo alcuni statistiche, più di 240mila cristiani hanno lasciato il Paese e la maggior parte non vuole tornare. E’ un fatto che preoccupa la Chiesa del Libano, perché come ha affermato il compianto papa Giovanni Paolo II "la presenza cristiana in Libano e una condizione necessaria per la presenza cristiana in Medio Oriente". I vescovi vogliono rivolgere un appello forte a rientrare nel Paese e vogliono compiere gesti sociali profetici per stimolare questi cristiani tornare in patria.

L'appello dei vescovi maroniti sottolineerà l'importanza dell'appoggio della Comunità internazionale, mediante gli aiuti ed anche l'invio della forza di pace, che rappresenta una ulteriore garanzia per tutti i cittadini del Libano.

C’è infine chi non nasconde l’interrogativo se l’appello di oggi riuscirà a riunire di nuovo la famiglia maronita, dopo che quello del 2000, con la creazione dell'incontro di Kornet Chehwan, ha causato una divisione politica.

(1) L'«Hizb Allah», ovvero 'Partito di Dio', è un’organizzazione a cui fanno capo vari gruppi radicali Sciiti che aderiscono all'ideologia Khomeinista. Il loro obiettivo principale è stabilire una repubblica pan-Islamica guidata da personalità religiose. In questo contesto, lo Stato di Israele rappresenta un impedimento, perciò va distrutto. Suo scopo prioritario è prendere il controllo del Libano e realizzare la missione sciita nella regione, vale a dire instaurare uno Stato Islamico sciita in alleanza con l'Iran. E successivamente con l'Iraq. Nasrallah vuole il controllo del Libano, per questo nel corso degli anni ha armato la sua organizzazione. Il suo obiettivo è diventare uno dei leader più influenti in Libano, dove il 40% della popolazione è sciita. Per questo ha cercato di trasformare la sua organizzazione terroristica in partito legittimo. E in parte ha avuto successo: ha ottenuto la legittimazione dell'Europa. Solo cinque Paesi considerano l'Hezbollah un’organizzazione terroristica: Israele, Stati Uniti, Australia, Olanda e Canada. Il motivo è che, ad oggi, non esiste una definizione internazionalmente riconosciuta di 'terrorismo'. (ndr)

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