«Il Ricominciante». In Francia li chiamano così: sono i cristiani «di
ritorno», persone che - cresciute in ambienti più o meno cattolici - hanno
poi lasciato la fede per scelta o per incuria e più avanti nella vita
ricominciano un cammino cristiano consapevole e convinto. Jean-Claude
Guillebaud è uno di loro; nato ad Algeri nel 1944, giornalista di «Le
Monde», intellettuale laico di sinistra e già ateo convinto, oggi è
direttore della casa editrice Seuil, ma Oltralpe è diventato un caso per la
sua conversione. Ora egli stesso ne racconta le tappe in queste pagine, una
sorta di viaggio di ritorno al cristianesimo.
Insoddisfatto della narrazione solo «orizzontale» e cronachistica dei
fatti cui era costretto dal suo mestiere di giornalista, Guillebaud sente la
necessità di ritrovare una chiave di lettura più autentica per comprendere
la dimensione «verticale» della storia e dell’uomo: «Per me era arrivato il
tempo di deporre i bagagli. Il bisogno di leggere, di riflettere nel modo
giusto, si sostituiva a quello di osservare e render conto».
La sua testimonianza è insieme personale e paradigmatica: attraverso
l’analisi delle esperienze vissute in momenti e in luoghi cruciali del
nostro tempo (dalla guerra del Vietnam al ’68, dalla crisi senza fine del
Medio Oriente fino all’11 settembre) e il confronto con il pensiero di
autori quali Girard, Morin, Ellul e Serres, Guillebaud riscopre la
centralità e l’attualità del pensiero cristiano, il suo ruolo fondatore per
la cultura dell’Occidente. «Messianismo giudaico, speranza cristiana,
progresso dei Lumi: non riesco a impedirmi di scorgervi una filiazione che
definisce l’intera storia occidentale. Significa che continuiamo a essere
responsabili del divenire del mondo, che “un altro mondo è possibile”, come
dicono oggi gli altermondialisti».
La sua «conversione» è dunque in primo luogo una scelta razionale, che
nasce da una forte presa di coscienza di quelle che sono le radici della
nostra civiltà e della terribile lezione che le ideologie del ’900 ci hanno
consegnato.
In un’Europa «scristianizzata», stretta fra un fondamentalismo religioso
che assume spesso i tratti del fanatismo islamico, un relativismo cinico e
un edonismo disperato, il libro di Jean-Claude Guillebaud rappresenta un
contributo prezioso alla riflessione sul rapporto fra fede e ragione, quel
binomio che Benedetto XVI ha posto al centro del suo pensiero teologico.
«Non sono affatto sicuro di essere ridiventato un “buon cristiano”,
ma credo profondamente che il messaggio evangelico conservi un valore
fondatore per gli uomini del nostro tempo, compresi coloro che non credono
in Dio. Ciò che mi attira verso di esso non è un sentimentalismo vago, è
piuttosto la consapevolezza della sua fondamentale pertinenza. Confinarlo
nel chiuso della propria intimità mi sembra assurdo.
La vera laicità non è la pavida rinuncia ai propri punti di vista, ma la
loro libera espressione all’interno di un confronto forte e sereno. » J-C.
G.