Il Foglio pubblica in
prima pagina l'editoriale "Il terrorismo è la tecnica, ma sono
feroci combattenti della guerra islamista".
Quella parola, islam, nessuno vuole
pronunciarla, nemmeno Tony Blair che attaccando il “terrorismo”
assicura: “La maggioranza dei musulmani è gente per bene”. Il che
è un’ovvietà, ma anche una rimozione, forse comprensibile in bocca
a un primo ministro che ospita una immensa e pesante comunità
islamica, capace di eleggergli contro il deputato George Galloway e di
turbare la City. Tuttavia le rimozioni non funzionano nemmeno per
curare la psiche, figuriamoci per difendere il corpaccio nuovamente
sfigurato dell’occidente colpito in una delle sue grandi capitali
politiche e culturali.
Il G8 aveva cancellato
la guerra islamista contro ebrei e crociati dall’agenda dei lavori,
i combattenti islamisti hanno cancellato il G8 con le stragi di
King’s Cross e con la nuova, spaventosa modalità operativa del
tuffo suicida tra i civili che viaggiano in metropolitana o nel bus.
Non è l’Ira, non sono i baschi dell’Eta, non è nazionalismo,
separatismo o unionismo né la coda di cometa della lotta di classe
comunista come per la Raf tedesca o le Bierre italiane.
È l’islam politico e
radicale che ha di nuovo battuto il suo tamburo, e il suo retroterra
va dai salafiti d’oriente al Waziristan di bin Laden, dall’Iran di
Mahmoud Ahmadinejad, neopresidente della Repubblica pre-nucleare dei
mullah fino ai segreti e alle ambigue sottigliezze del regno saudita.
Ma la sua avanguardia è tra noi, è un islam guerriero che conosce la
nostra democrazia e la abita sapendo usarla e abusarla senza
complessi, e che lavora alacremente per conquistare il suo spazio
politico, culturale e militare.
Nominare le cose con il loro nome è quel segno di forza mentale che
vale quanto i concerti per l’Africa, la campagna contro la povertà,
le trame diplomatiche e perfino l’intelligence e la mobilitazione di
guerra messe insieme.
Sembra che ora ci provi
il Vaticano, che con Benedetto XVI ha usato ieri per la prima volta
una parola desueta ma significativa (“attentati antiumani e
anticristiani”) (1) e con il suo
Segretario di Stato ha invocato “la fine dello scontro tra civiltà”,
il che significa riconoscere che quello scontro è cominciato.
Un’efficiente
operazione bellica ha riportato la sua logica mortale in un’Europa
presa da Kyoto, dalle nozze gay, dal benessere tedesco, dalle
Olimpiadi, dalle chiacchiere italiane sulla liceità delle extraordinary
renditions e di altre attività dell’intelligence. Conosciamo a
memoria la cantilena multiculturale, che ha perfino le sue ragioni
perché del nostro modo di vita fanno parte l’accoglienza, la
mescolanza. Ma se vogliamo salvarlo non è con la musica afro style
che ce la faremo, dobbiamo cominciare a battere il nostro tamburo, a
considerarci una umma [la comunità per i musulmani ndR], la
comunità occidentale.
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(1) In realtà non parla di
"attentati anticristiani" la dichiarazione del Papa
che compare nel telegramma, inviato a firma del Card Sodano
all’arcivescovo di Westminster cardinale Cormac Murphy-O’Connor,
il cui testo è il seguente: ... " Mentre deplora questi atti
barbari contro l’umanità [il Papa] chiede di porgere alle
famiglie di coloro che sono stati colpiti la sua spirituale vicinanza
in questo momento di dolore. Sul popolo della Gran Bretagna invoca la
consolazione che solo Dio può donare in queste circostanze [ndR]