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Alessio II: "Bene il ritorno della messa
in latino"
Andrea Tornielli - Il Giornale 28 agosto 2007
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Il
Motu proprio di Benedetto XVI che ha liberalizzato l’uso del messale
antico "è un fatto che noi salutiamo positivamente". Parola di Alessio II,
patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Il leader spirituale della più
numerosa e potente Chiesa del mondo ortodosso ha appena terminato di
celebrare la solenne liturgia per la festa della "Dormizione di Maria"
(l’Assunta), nell’omonima cattedrale al Cremlino, la più antica della città,
che il regime comunista aveva trasformato in museo ma non aveva avuto il
coraggio di distruggere. Un rito suggestivo, accompagnato da stupendi canti.
In prima fila ci sono anche i quattro vescovi delle diocesi friulane, venuti
per incontrare Alessio II e per invitarlo ad Aquileia. Il patriarca li
riceve fraternamente, regala ad ognuno una croce, riceve in dono la
riproduzione di un affresco aquileiense e una reliquia del martire San
Giusto. Poi accetta di rispondere ad alcune domande del Giornale. Ed esprime
parole di apprezzamento per il
recupero della messa antica, confermando che
– a dispetto di certe critiche da parte di ambienti progressisti sul Motu
proprio, prima ancora che entri in vigore – quella di Benedetto XVI è una
decisione che può favorire l’ecumenismo verso le Chiese orientali.
Il Papa ha pubblicato un documento con il quale ripristina la possibilità di
utilizzare il messale di San Pio V per la celebrazione eucaristica. Come
giudica lei questa decisione?
"Il recupero e la valorizzazione dell’antica tradizione liturgica è un fatto
che noi salutiamo positivamente. Noi teniamo moltissimo alla tradizione.
Senza la custodia fedele della tradizione liturgica, la Chiesa ortodossa
russa non sarebbe stata in grado di resistere all’epoca delle persecuzioni,
negli anni Venti e Trenta del Novecento. In quel periodo noi abbiamo avuto
tanti nuovi martiri, che come numero possono essere paragonati all’epoca dei
primi martiri cristiani".
Santità, come giudica i rapporti tra Roma e Mosca in questo momento?
"Mi sembra che Papa Benedetto XVI abbia ripetuto più volte di volersi
impegnare per favorire il dialogo e la collaborazione con le Chiese
ortodosse. E questo è positivo".
Ormai da anni si parla della possibilità di un incontro tra lei e il Papa.
Lo ritiene possibile? E quando?
"L’incontro tra il Papa e il patriarca di Mosca deve essere ben preparato e
non deve assolutamente rischiare di ridursi a un’occasione per scattare
qualche fotografia o sfilare insieme davanti alle telecamere. Deve essere un
incontro che davvero serva per consolidare i rapporti tra le nostre due
Chiese...".
Ne parla come se si trattasse ancora di un’ipotesi lontana. Perché?
"Purtroppo ancora oggi alcuni vescovi e alcuni missionari cattolici
considerano la Russia come una terra di missione. Ma la Russia, la santa
Russia è già stata illuminata da una fede plurisecolare che grazie a Dio si
è conservata e tramandata nella Chiesa ortodossa, non è una terra di
missione per la Chiesa cattolica. Questo è il primo punto sul quale bisogna
chiarirsi e appianare i problemi in vista di un incontro con il Papa.
L’altro problema riguarda l’uniatismo".
Perché le comunità uniati, cioè quelle che mantenendo il rito orientale e la
tradizione orientale sono rientrate nella piena comunione con Roma,
rappresentano un problema?
"Ci preoccupa il fenomeno dell’uniatismo, perché vediamo questa tendenza
anche in regioni dove non c’era mai stata, ad esempio nell’Ucraina
orientale, in Bielorussia, in Kazakhstan e nella stessa Russia. Quando
questi problemi saranno affrontati e risolti allora si capirà l’incontro tra
il Papa e il patriarca di Mosca. Allora avrà veramente il suo significato".
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