Quale islam si insegnerebbe nelle scuole italiane? A chi verrebbe affidata la
gestione di questi corsi? L'obiettivo è la conoscenza di una religione o
l'affermazione di una «identità islamica» distinta dalla «identità
italiana»? Se non si chiariscono questi concetti di fondo risulta arduo
condividere il convincimento del cardinale Martino secondo cui «tutte le
religioni sono di pace», nonché il suo ottimismo sul «dialogo e la libertà
religiosa» quali strumenti per «evitare il fondamentalismo». Chiariamo subito
che l'islam è intrinsecamente e storicamente una realtà che si coniuga al
plurale. Dalla morte del profeta Mohammad (Maometto) nel 632, ben tre dei suoi
primi quattro successori, i cosiddetti «califfi ben guidati», furono
assassinati (Omar nel 644, Othman nel 656, Ali nel 661) da musulmani che si
opponevano al loro potere religioso e politico.
Pensate che attorno all'anno Mille c'erano ben tre califfi che si
contendevano la leadership dell'islam: a Bagdad il califfo abasside Al Qahir
(932-934); a Cordova il califfo omayyade Abd ar-Rahman III (912-961); al Cairo
il califfo fatimide Al Mu'izz (952-975). A tutt'oggi i governanti del Marocco,
della Giordania e dell'Iran islamico si attribuiscono un titolo e un potere
religioso sulla base di una asserita discendenza dal profeta. Pur rappresentando
degli islam diversi sul piano comunitario religioso, giuridico, cultuale,
ideologico, culturale. La ragione della pluralità è semplice: l'islam è una
religione che si fonda sul rapporto diretto tra il fedele e Dio, non ha il
sacerdote che funge da intermediario, non ha un clero che gestisce il culto,
soprattutto non ha, non ha mai avuto né potrà mai avere un papa che incarnando
i dogmi della fede assurge a unico capo spirituale e giuridico.
Quindi l'Italia è chiamata a scegliere: vogliamo l'islam laico della
Tunisia, l'islam mistico delle confraternite sufi, l'islam radicale dei
wahhabiti sauditi, l'islam fascista dei Fratelli Musulmani, l'islam nazista di
Ahmadinejad o l'islam terrorista di Bin Laden? Oppure ancora: vogliamo dar vita
a un «islam italiano» che sia pienamente compatibile con le nostre leggi e i
valori fondanti dell'identità nazionale italiana? C'è un problema. È che
l'Italia non è più allo stato verginale: la gran parte delle moschee sono già
nelle mani dei Fratelli Musulmani, che mirano a egemonizzare il potere religioso
e politico strumentalizzando la democrazia, e dei jihadisti, i combattenti della
«guerra santa» contro gli ebrei, i cristiani e gli occidentali. Sono stati
proprio i seguaci dei Fratelli Musulmani ad avanzare martedì scorso la
richiesta dell'insegnamento dell'islam nella scuola pubblica. All'interno di un
pacchetto di rivendicazioni che, partendo dal censimento dei musulmani fino alla
costituzione di banche islamiche, prefigura la volontà di dar vita a una
«entità islamica» in seno allo Stato italiano.
Ecco perché mi preoccupa che, quarantotto ore dopo, il cardinale Martino
sembra avvallare la richiesta dell'Ucoii (Unione delle comunità e
organizzazioni islamiche in Italia). Forse sarebbe il caso che leggesse
attentamente l'edizione italiana del Corano a cura dell'Ucoii. I commenti sono
un cumulo di ingiurie e di condanne di miscredenza nei confronti dei cristiani,
degli ebrei, degli occidentali e dei musulmani che non si sottomettono al loro
arbitrio. Non oso neppure immaginare che questa edizione del Corano, profanata
da un'interpretazione ideologica piena di odio e di violenza, ahimè diffusa tra
le nostre moschee, possa diventare il testo d'insegnamento dell'islam nelle
nostre scuole. Così come provo rabbia e orrore all'idea che ai militanti
islamici dell'Ucoii, che legittimano il terrorismo di Hamas e negano il diritto
di Israele all'esistenza, possa essere affidata la gestione dell'islam in
Italia.
Caro cardinale Martino, ciò che manca in Italia non è la libertà religiosa
bensì l'integrazione. Il caso dei musulmani, che sono al 98 per cento
stranieri, è radicalmente diverso dai cattolici e dagli ebrei che sono da
sempre italiani. Prima di pensare al Corano nelle scuole preoccupiamoci di
affermare e far rispettare l'identità nazionale italiana, che significa lingua,
cultura e valori condivisi. Questa è la sfida che ci attende: realizzare
un'autentica integrazione per non fare la fine della Gran Bretagna dove,
all'insegna del laisser-faire multiculturalista, l'88% dei musulmani con
cittadinanza britannica disprezza l'«identità britannica» e il 40% vorrebbe
imporre la sharia, la legge islamica.