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Oriana Fallaci. Il destino
alleato
Magdi Allam, Corriere della sera 16 settembre 2006
Per quelle coincidenze
apparentemente fortuite ma che racchiudono chissà come un segno del destino, la
morte di Oriana ha coinciso con l’esplodere della nuova «guerra santa»
islamica scatenata contro il Papa.
Quasi una tragica testimonianza
della veridicità della denuncia, sonora e inappellabile, dell'incompatibilità
di questo islam e di questi musulmani con la civiltà e l'umanità dell'
Occidente. Che Oriana aveva assunto come fede e missione da diffondere ovunque
nel mondo nell'ultima fase della sua esistenza terrena profondamente segnata dal
trauma dell'11 settembre, vissuto in prima persona dalla sua abitazione
newyorkese. E che nel giorno dell' addio si conferma come un dato di fatto con
cui, piaccia o meno, tutti noi dobbiamo fare i conti.
È come se una misteriosa
giustizia trascendentale, lei che si professava atea di cultura cristiana,
avesse voluto premiarla con un'onorificenza indelebile, riscattando in extremis
il suo messaggio dalla pesante cappa di diffamazione e condanna sotto cui
giaceva, per presentarcelo in una luce a tal punto fulgida, da disarmare e
mettere fuori gioco tutti i suoi critici e oppositori.
Perché oggi più che mai
possiamo toccare con mano la realtà dell' Eurabia, contro cui si era lungamente
spesa Oriana, ovvero di un'Europa a tal punto infiltrata e soggiogata dagli
interessi e dall'avanzata degli estremisti islamici, da non essere più in grado
di risollevarsi, di reagire, di affermare i propri valori e la propria identità
collettiva.
Perché oggi più che mai appare
con grande evidenza la fragilità, per non dire l'inconsistenza, del mito
dell'islam e dei musulmani «moderati», una realtà che evapora e si dissolve
nel momento in cui i «duri e puri» suonano la chiamata alle armi per
combattere il nemico dell'islam di turno, ora tocca a Benedetto XVI, compattando
un fronte che nel suo apparente monolitismo non lascia spazio alcuno alla
distinzione tra le posizioni degli uni e degli altri, legittimando la condanna
indiscriminata dell'insieme dell'islam e dei musulmani.
Una drastica conclusione a cui
Oriana era pervenuta nella solitudine a cui, per un verso, l'aveva costretta
l'implacabile malattia e, per l'altro, probabilmente motivata da una sua remora
a confrontarsi direttamente con interlocutori in carne ed ossa che avrebbero
potuto contraddirla, costringerla a ripensare le sue certezze e demolire dei
costrutti mentali su cui aveva elaborato i suoi recenti saggi venduti a milioni
di copie in tutto il mondo. I musulmani che Oriana aveva conosciuto
appartenevano alle realtà conflittuali del Medio Oriente.
Le sue interviste con Yasser
Arafat, che lei disprezzava apertamente, e con Khomeini, che sfidò togliendosi
il velo in sua presenza, sono diventati dei classici per gli studiosi della
materia. Ma, più o meno nell'ultimo decennio, il rapporto di Oriana con i
musulmani era mediato dai mass media, dalle sequenze televisive e i resoconti
giornalistici. Ciò che ha inevitabilmente condizionato la sua percezione,
finendo per riprodurre in lei l'immagine di un homo islamicus appiattito su una
certa interpretazione del Corano e legato a stereotipi e luoghi comuni. Al punto
che Oriana rifuggiva, forse istintivamente, dal rapporto vero con quei musulmani
che non corrispondevano al cliché su cui si reggeva la sua tesi generalizzante
e criminalizzante l'insieme dell'islam e, di conseguenza, dei musulmani. Il
punto debole, che è al contempo il punto cruciale, del pensiero di Oriana, è
l'assenza della conoscenza diretta e dall'interno dell'«altro».
Ecco perché la visione di Oriana
può risultare oggi assolutamente veritiera e congrua, ma al tempo stesso
potrebbe rivelarsi domani dubbia e faziosa. La sua fotografia della realtà
odierna è apparentemente corretta e ineccepibile. Ma potrebbe dimostrarsi un
unico fotogramma, che potrebbe non corrispondere all'evoluzione degli eventi. La
sua rappresentazione della malattia dell'Occidente nei confronti dell' islam
continua a trovare un riscontro oggettivo.
Ma è la diagnosi e soprattutto
la terapia che non convincono, che risultano non praticabili perché non
salverebbero l'Occidente ma rischierebbero di portare alla morte globalizzata
dell'umanità. Ebbene la storia probabilmente riconoscerà a Oriana il merito di
aver avuto ragione nella sua denuncia della radice del male del nostro secolo,
ma tutti noi sappiamo che la nostra sopravvivenza sarà garantita solo se
riusciremo a condividere i valori fondanti della nostra umanità, nel rispetto
della diversità religiosa.
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