Il grido della pace

Guerre, nazionalismi, odi fra popoli: un intervento profetico di Thomas Merton contro lo scontro di civiltà. Uno scritto di 40 anni fa del monaco trappista e poeta invita i cristiani a non cedere alle logiche di morte: «No alle cieche forze distruttive che puntano ad annientare l’intera umanità»


Dovrebbe essere ovvio, dalla confusione morale e mentale del nostro tempo, che la presente crisi mondiale è qualcosa di ben peggiore di un puro conflitto politico o economico. Va molto al di là delle ideologie. È una crisi dello spirito umano. È uno sconvolgimento totalmente morale della razza umana, che ha perso le proprie radici religiose e culturali. In realtà, conosciamo solo parzialmente le cause di questo sconvolgimento. Non possiamo fingere di avere una piena comprensione di quello che sta accadendo in noi stessi e nella nostra società. Ecco perché la nostra disperata fame di soluzioni chiare e definite ci induce, a volte, in tentazione. Semplifichiamo eccessivamente. Cerchiamo la causa del male e la troviamo qua o là in una particolare nazione, categoria, razza, ideologia e sistema. E scarichiamo su questo capro espiatorio tutta la forza virulenta del nostro odio, misto di paura e angoscia, sforzandoci di sbarazzarci del nostro terrore e della nostra colpa distruggendo l'oggetto che abbiamo arbitrariamente scelto come incarnazione di tutto il male. Lungi del curarci, questo è solo un altro parossismo che aggrava la nostra malattia.

Il male morale nel mondo è dovuto all'alienazione dell'uomo della verità più profonda, dalle fonti della vita spirituale interiore, e alla sua alienazione da Dio. Coloro che si rendono conto di questo tentano disperatamente di persuadere e illuminare i loro fratelli. Ma siamo in una posizione radicalmente diversa dai primi cristiani, che rivoluzionarono un mondo pagano essenzialmente religioso con il messaggio di una religione nuova, di cui non si era mai sentito parlare.

Noi, al contrario, viviamo in un mondo postcristiano irreligioso, in cui il messaggio cristiano è stato ripetuto più e più volte, finché è arrivato a sembrare vuoto di qualsiasi contenuto comprensibile a orecchie che si chiudono alla parola di Dio prima ancora che sia pronunciata. Nelle menti dei nostri contemporanei, «cristiano» non è più identificato con «novità» e «cambiamento», ma solo con la statica conservazione di strutture antiquate.

Ma perché è così? È solo perché la novità spirituale del cristianesimo si è logorata in venti secoli? Perché le persone hanno già sentito il vangelo e sono stanche di esso? O è forse perché per secoli il messaggio è stato travisato e contraddetto dalla condotta degli stessi cristiani?

Bisogna ammettere che se il vangelo della pace non risuona più convincentemente sulle labbra del cristiani, può essere proprio perché essi hanno cessato di dare un esempio vivente di pace, unità e amore. È vero, dobbiamo comprendere che la Chiesa non è mai stata concepita come assolutamente perfetta sulla terra: è una Chiesa di peccatori, carichi di imperfezioni. La pace e la carità cristiane sono effettivamente basate su questa necessità di «portare i pesi gli uni degli altri» e di accettare le infermità, che affliggono la propria vita e quella degli altri. La nostra unità è una lotta contro la divisione e la nostra pace si trova al cuore del conflitto.

Ma resta il fatto che una cristianità guerriera e battagliera non è mai stata in grado di predicare il vangelo della carità e dalla pace con piena convinzione o con pieno successo. Come ha affermato molto giustamente il cardinale Newman, le più grandi vittorie della Chiesa furono riportate tutte prima di Costantino, nei giorni in cui non c'erano eserciti cristiani e quando il vero soldato cristiano era il martire, la cui testimonianza a Cristo era non violenta. Furono i martiri a conquistare Roma per Cristo con una conquista che è rimasta stabile per venti secoli. Per quanto tempo riuscirono i crociati a tenere Gerusalemme?

Questa è dunque la conclusione: il cristiano è tenuto a operare per la pace lavorando contro la dissoluzione e l'anarchia globali. A causa di ideologie nazionaliste e rivoluzionarie (perché il comunismo sta in realtà sfruttando l'intenso nazionalismo dei popoli sottosviluppati), uno spirito mondiale di confusione e di disordine sta spezzando l'unità e l'ordine della società civilizzata.

È vero che viviamo in un'epoca di rivoluzione, e che la rottura e la riforma nella società sono inevitabili. Ma il cristiano deve capire che la sua missione non è di contribuire alle cieche forze distruttive di annientamento che tendono a distruggere la civiltà e insieme l'umanità. Deve cercare di costruire, piuttosto che distruggere. Deve orientare i propri sforzi verso l'unità mondiale e non verso la divisione mondiale. Chiunque promuova politiche di odio e di guerra sta lavorando per la divisione e la distruzione dell'umanità civilizzata. Non è più né ragionevole né giusto lasciare tutte le decisioni a un'élite di potere largamente anonima che ci sta conducendo tutti, nella nostra passività, alla rovina. Dobbiamo farci sentire.

Ogni individuo cristiano ha la seria responsabilità di protestare chiaramente ed energicamente contro orientamenti che inevitabilmente conducono a crimini che la Chiesa disapprova e condanna. L'ambiguità, l'esitazione e il compromesso non sono più ammissibili. Dobbiamo trovare un modo nuovo e costruttivo per risolvere le dispute internazionali.

La Chiesa desidera chiaramente che sia fatto ogni sforzo possibile per l'abolizione della guerra, anche se la teoria della «guerra giusta» e il diritto di legittima autodifesa rimangono intatti. Ma il richiamo a questo diritto non deve accecarci rispetto al dovere molto più alto e più urgente di lavorare con tutte le nostre forze per la pace.

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