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Mosul: bombe e proiettili vicino alle
chiese, ma i fedeli non rinunciano alla Settimana Santa
Attentati e minacce alla parrocchia caldea del Santo Spirito, più volte nel
mirino. I fedeli: “Offriamo la nostra sofferenza come segno di amore a Gesù”.
I riti della Settimana Santa in un seminterrato per sfuggire alle esplosioni.
Gli auguri al papa, "che tiene il popolo iracheno nel suo cuore”.
Inizia con spari e ed esplosioni la Settimana Santa nella
parrocchia del Santo Spirito di Mosul. Qui, dove le funzioni
religiose si celebrano per sicurezza in un sotterraneo e le
finestre non hanno più vetri, infranti dalle numerose bombe e
mai più sostituiti, i fedeli non smettono di pregare e
sperare; pur consapevoli che ogni messa a cui partecipano
potrebbe essere l’ultima. AsiaNews ha raccolto la
testimonianza di alcuni parrocchiani: i pericoli e
l’insicurezza crescente non fermano il loro recarsi in chiesa
e prepararsi per la Pasqua.
Lo scorso 1 aprile, Domenica delle Palme, tre autobomba sono esplose
durante la celebrazione eucaristica del pomeriggio. La deflagrazione è
avvenuta ad 1,5 km dalla chiesa, ma si è sentita in un raggio di 35 km.
“L’edificio e le persone non hanno riportato danni o ferite – riferiscono i
fedeli – tutti ci siamo molto spaventati, ma nessuno è scappato e il parroco
(p. Ragheed Ganni) ha deciso di continuare la messa in un seminterrato”.
Intanto sono arrivate altre 250 persone, ma poco prima delle letture la
stazione della polizia irachena, limitrofa alla parrocchia, ha subito un
attacco. “Piovevano proiettili da ogni parte – raccontano i presenti – ma
siamo rimasti calmi, p. Ragheed ci ha consolati e invitato ad avere fiducia in
Dio ad accettare queste difficoltà come una prova della nostra fede”. “A quel
punto - riferisce lo stesso parroco - ci siamo sentiti simili a Gesù quando
entra a Gerusalemme, sapendo che la conseguenza del Suo amore per gli uomini
sarà la Croce. Così noi abbiamo offerto la nostra sofferenza come segno
d’amore a Gesù”.
La stazione di polizia così vicina alla chiesa è fattore di alto rischio
per la comunità caldea e la popolazione locale. Essa è frequente obiettivo di
minacce e attacchi. “Già 2 settimane fa la stessa centrale della Guardia di
nazionale irachena aveva ricevuto minacce, ma gli agenti non hanno fatto nulla
per prevenire gli attacchi - si dice in città - sembra quasi che usino la
chiesa e i civili come scudo”. La zona intorno alla parrocchia è deserta,
colpita di recente da altri attentati. Il 15 marzo durante un altro attacco
alla polizia, 2 bombe sono cadute sulla chiesa, e lo stesso è successo il 30
marzo.
“Attendiamo ogni giorno l’attacco decisivo alla centrale della Guardia
nazionale – racconta p. Rgaheed – ma non smetteremo di celebrare messa; lo
faremo sotto terra, dove siamo più al sicuro. In questa decisione sono stato
incoraggiato dalla forza dei miei parrocchiani”. “Si tratta di guerra, guerra
vera – continua un altro cristiano – ma speriamo di portare questa Croce fino
alla fine con l’aiuto della Grazia divina”.
Infine a nome di tutta la sua parrocchia, p. Ragheed manda gli auguri di
una “buona Pasqua a tutto il mondo, in particolare al Papa, che tiene il
popolo iracheno sempre nel suo cuore”.
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