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«Hanno trasformato la difesa della donna in una guerra all'umanità».
Alessandra NUCCI, La donna a una dimensione, Marietti 2006, pp. 254, euro 18.
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Il femminismo in Occidente, che sembrava
sopito per mancanza di buone cause, al volgere del Millennio è tornato alla
ribalta, con maggiore antagonismo, ponendosi al servizio di una cultura
omologante fatta di tenui appartenenze e “generi” interscambiabili. Per questa
cultura, egemone in ambito internazionalista, la volontà femminile non è da
conoscere e da favorire, ma da influenzare e incanalare verso scopi che non
sempre corrispondono all’interesse della donna e spesso le sono perfino
contro. Questo libro traccia la genesi e la funzione di questo nuovo
femminismo, elaborato a tavolino da un’élite intellettuale e diffuso nel mondo
da istituzioni e associazioni tese a promuovere una società pianificabile,
fatta di una moltitudine atomizzata di persone poco interessate ad
appartenersi l’un l’altra e dunque poco interessate a riprodursi. Perché le
donne non si facciano strumentalizzare, ma prendano in piena libertà le
decisioni delle proprie vite, occorre portare alla luce gli scopi e i
meccanismi di persuasione messi in campo da quella che è diventata oggi una
filiera educativa mondiale, sempre più potente, ramificata e coesa.
Intervista con l'autrice, di Roberto Persico:
Vent'anni fa è ritornata alla fede, «perché è la cosa più razionale», dopo venti in cui aveva battuto tutt'altri lidi.
Da allora, dice, «sono diventata più razionale, e ho visto come le cose in cui credevo prima erano in realtà dei
condizionamenti». Così Alessandra Nucci, un tempo femminista ribelle, oggi nonna fiera di esserlo, ha intrapreso quella
che definisce «una rivisitazione senza perdere lo spirito libertario» delle posizioni di un tempo.
Dunque è ancora femminista?
Lo sono se femminismo vuol dire difesa della donna, se guarda alla verità e non all'ideologia. Ma il femminismo è
pesantemente ideologico: si presenta come un orizzonte indiscutibile, ci rifila un sacco di imposizioni surrettizie, e soprattuto ha fatto sparire ogni alternativa.
Le ragazze oggi non riescono neppure a immaginare che possa esistere un modello di donna diverso da quello imposto dalla mentalità dominante.
Non è un po' esagerato?
No. E non si tratta neppure della spontanea diffusione di una mentalità, ma di un progetto preciso, che ha al proprio
servizio le agenzie internazionali.
Addirittura.
Lei ha mai sentito parlare del Comitato di monitoraggio per l'applicazione del trattato Cedav?
No. Onestamente, neppure del trattato.
Appunto. È un trattato delle Nazioni Unite sulle pari opportunità. E il Comitato di monitoraggio svolge un'opera
attivissima e pressoché ignota. Ma efficacissima: chi si oppone a un'agenzia Onu che accusi uno Stato di discriminare
le donne? E così si sviluppa uno Stato-balia planetario, che dolcemente ci abbraccia per dirci come dobbiamo pensare.
E come dobbiamo pensare?
Secondo una linea che lega il femminismo non alla difesa delle donne, ma al controllo delle nascite. Tutta la
cosiddetta liberazione della donna si traduce alla fine in questo: nella "liberazione" dalla maternità, ossia nel suo
rifiuto, prima culturale (l'idea tenacemente promossa che la maternità sia una sorta di handicap) e poi pratico.
Per quale motivo?
Qui andiamo lontano. Le origini del rifiuto della maternità sono da ricercare in un certo ambientalismo che considera
l'uomo non lo scopo della creazione, ma il suo nemico. Che rifiuta l'idea dell'uomo come immagine e somiglianza di Dio,
dotato di ragione e libertà, per farne un semplice prodotto dell'evoluzione: è quest'ultima il vero signore della terra,
al quale gli uomini si devono sottomettere.
Ma non è l'idea di tutte le femministe.
Certo che no. La stragrande maggioranza delle militanti è in buona fede. Solo i capi hanno chiara la strategia. Ma sono
capaci di proporla in maniera così subdola da ottenere una quantità di adesioni, perché diventa mentalità dominante
senza che ci si accorga che si tratta di una opzione. Come quando, da insegnante di letteratura inglese, proponevo la
mia materia secondo canoni marxisti senza rendermene conto, semplicemente perché così veniva presentata ovunque. Solo quando sono tornata alla fede ho cominciato a capire.
Cosa c'entra qui la fede?
C'entra, perché la fede nasce da un uso sistematico della ragione. Gesù non chiedeva un'obbedienza cieca, ma
un'adesione razionale. Questa è la questione decisiva, la differenza tra la tradizione cristiana e le altre; che
permette, come ha spiegato papa Ratzinger, di parlare con chiunque. Purché lo si voglia: in America ci sono dei debate
club in cui persone di posizioni anche diversissime si incontrano per dibattere, razionalmente, su temi scottanti;
da noi no, con la scusa del rispetto delle opinioni altrui o del timore della polemica si parla solo con la propria
parte. Mentre la fede fondata sulla ragione permette un dialogo ragionevole con tutti.
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[Fonte: Tempi num.45 del 23/11/2006]
La distruttiva donna ad una dimensione
Paolo Gambi (Da La Voce di Romagna, 12 novembre 2006)
Ci sono libri che interpretano lo
spirito di un’era, denunciandone i mali più profondi ed i pericoli più acuti. È
senza dubbio il caso di “La donna a una dimensione”, di Alessandra Nucci, appena
edito da Marietti, e destinato a segnare una svolta italiana nella concezione
del rapporto fra sessi. Un libro che tutti, uomini e donne, dovremmo leggere. E
che fa giungere, finalmente, anche in Italia una voce femminile che svela trame
ed intrighi sconosciuti al pubblico italiano, e che mette in mostra tutto l’odio
di cui è intriso il pensiero unico femminista che tutti noi portiamo nelle
nostre teste in maniera spesso inconsapevole. Sì, tutti noi. Perché leggendo il
libro ci si scopre portatori più o meno involontari di un’ideologia totalitaria,
quella femminista-antagonista, che sta portando il mondo in una direzione ben
definita. La dissoluzione dell’essere umano come lo abbiamo conosciuto, ed
apprezzato, da qualche millennio a questa parte. Chi di noi infatti non è mai
stato indotto a pensare, anche nel retrogusto delle proprie opinioni, che la
società “patriarcale”, ossia fondata sulla famiglia tradizionale, sfruttasse le
donne e le condannasse ad un ruolo di subordinazione? Chi non ha il dubbio che
in fondo è giusto che le donne si sforzino nella carriera, magari sacrificando
il proprio ruolo materno, e che magari sono pure migliori degli uomini? Bene.
Questi sono alcuni dei capisaldi di questo pensiero impostoci in modo subdolo
dall’alto, da lobby potentissime e piene di danari. E questa cultura agisce su
molti fronti. Il più immediato e superficiale, si scopre leggendo “La donna a
una dimensione”, è quello politico. La rivendicazione dei diritti, specialmente
laddove il vero controllo democratico non è presente, ossia nell’ambito dell’ONU
e dell’Unione Europea, è diventato il pretesto per affermare una cultura
abortista ed antifamiliare. Il tutto finanziato da potentissime lobby e
fondazioni, prevalentemente americane, con nomi altisonanti come Hewlett Packard,
o Rockfeller. Strettamente collegata a questo è la politica di controllo
demografico, attuata su larga scala diffondendo la cultura degli
anticoncezionali e dell’aborto. Le accuse di Alessandra Nucci, suffragate da
studi prevalentemente americani, sono pesantissime, ed investono l’ONU, le sue
agenzie, persino l’Unicef, l’Unione Europea e molte lobby di varia natura.
Ma se si scava sotto questa
azione politica, si scopre un disegno culturale preciso e dettagliato. Quello
della distruzione degli archetipi sociali occidentali come li abbiamo sin qui
conosciuti. La famiglia, la donna madre, la religione. Tre nemici da
distruggere. E questo avviene, ci spiega Alessandra Nucci, tramite l’evoluzione,
appunto, del pensiero femminista. Partito da legittime rivendicazioni di una
migliore condizione di vita per le donne, questo pensiero si è poi spinto a
chiedere la parità di diritti, fino all’uguaglianza fra sessi. E si spinge ora a
chiedere l’uniformizzazione, l’intercambiabilità di uomo e donna, come se le
differenze, anche biologiche, non esistessero. La creazione dell’essere
androgino, in definitiva. Ecco allora che la condizione di madre è una schiavitù
della donna, e la famiglia una gabbia in cui l’uomo la vuole rinchiudere. Per
affermare questo complesso di idee, l’arma è quella dell’antagonismo di genere.
Mettere la donna contro l’uomo facendoglielo odiare. Alla donna si “rivela di
essere stata da sempre e a tutti i livelli non compagna e complemento dell’uomo,
ma sua vittima e suddita del patriarcato, si propone di scandagliare
costantemente il passato, accumulare ovunque le prove delle ingiustizie subite,
per poi farne i capisaldi di una <<cultura delle donne>> ”. Massima responsabile
di questo, ovviamente, la cultura cristiana, rea di aver proposto un modello
sociale patriarcale, e di aver emarginato la donna al ruolo di Maria, Madre di
Dio, vista dalle femministe come il prototipo della schiavitù femminile. Ecco
allora che il libro ci aiuta nel percorso di appropriazione di una
consapevolezza sull’origine di molti dei pensieri sulle donne che affollano le
nostre teste di occidentali. Consapevolezza necessaria anche perché, andando
ancora più a fondo nella genesi del pensiero, l’origine non è del tutto limpida.
L’accusa, pesantissima ma dettagliata ed argomentata, che fa Alessandra Nucci è
quella di uno stretto legame tra un certo femminismo e i nuovi culti delle
streghe. E il passo dalle streghe ai satanisti è molto breve. Siamo in
definitiva tutti portatori di un pensiero che ha come unico scopo la
dissoluzione dell’ordine occidentale, per l’instaurazione di un diverso ordine
cosmico basato sul matriarcato, la Dea Madre e l’uguaglianza dei sessi. Un culto
new age, con profonde radici nella teosofia satanica, che ricerca il principio
femminino, e che dovrebbe instaurare la pace e dissolvere la aggregazioni
sociali sin qui conosciute. Una nuova natura umana.
Il collegamento poi di tutto
questo con i circoli ambientalisti non pare scontato, ma il libro vi dedica
molte pagine. Lo stravolgimento della concezione antropologica occidentale passa
anche da uno svilimento della natura umana, il cui valore va a dissolversi in
una assolutizzazione dell’ambiente, visto proprio come “Gea”, la Dea Madre, ed
idolatrato come essere vivente da salvare dal suo nemico più grande: l’uomo.
Ecco dunque che l’essere umano diventa non punto di riferimento, ma oggetto
dell’odio… di se stesso. E in tutto questo si agita la sessualità, le ideologie,
Gorbaciov, Pocahontas e Barbablù. Oltre ad una serie interminabile di casi di
cronaca e di pensatori d’Oltreoceano, che il libro contiene ordinati in perfetta
logica.
Cosa sia il matriarcato e la
donna al potere lo possiamo vedere in tutta la sua carica di incubo proprio ora
sui grandi schermi, nel film “Il diavolo veste Prada”. Per tutto il resto, il
libro di Alessandra Nucci illumina sentieri diversamente sconosciuti al panorama
culturale italiano. Che culminano in un pensiero tanto semplice quanto
disatteso: “la soluzione ai problemi della donna , oltre che della società, sta
non nell’antagonismo fra uomo e donna ma nella loro collaborazione”.
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