Il declino secondo Oriana

Il Wall Street Journal incontra la grande Fallaci, che racconta il suo processo, denuncia l’odio di sé dell’occidente e coltiva una sola ultima speranza: Ratzinger. Da Seneca all’Eurabia, quasi una profezia

Tunku Varadarajan, direttore delle “editorial features” del Wall Street Journal ha intervistato la scrittrice Oriana Fallaci. L’articolo che segue – dal titolo “Profeta del declino” – è stato pubblicato il 25 giugno 2005

New York. Oriana Fallaci rischia la galera. A settantacinque anni, colpita da un cancro che, al momento, le permette di alimentarsi soltanto con liquidi (sì, abbiamo bevuto champagne nel corso della nostra intervista, durata tre ore), una delle giornaliste più famose del mondo è stata denunciata da un giudice italiano sulla base dell’articolo del codice penale che punisce il “vilipendio” di “qualsiasi religione ammessa dallo Stato”.
Nel suo caso la religione considerata oggetto di vilipendio è l’islam; il vilipendio è stato commesso, a quanto pare, in un libro pubblicato l’anno scorso, intitolato “La forza della ragione”, che ha venduto oltre un milione di copie in tutta Europa. La tesi fondamentale del libro era che il Vecchio Continente stava per diventare un dominio dell’islam, e che i popoli dell’occidente si erano vilmente arresi ai “figli di Allah”. Insomma, per le sue convinzioni Oriana Fallaci rischia due anni di carcere, motivo per cui ha scelto di non muoversi da New York. Lasciateci ringraziare il Primo emendamento.

È davvero un peccato che in inglese, per definire il reato stabilito dal codice italiano, si usi il termine “vilification” e non la parola che deriva dal latino “vilipend”, perché questa parola esprime perfettamente la pomposità e l’anacronistica stramberia di questa legge italiana. “Vilification”, invece, sa di qualcosa di squallido, da giornale scandalistico, per nulla all’altezza di una “grande dame”.

“Quando l’ho saputo – racconta la signora Fallaci a proposito della sua recente incriminazione – mi sono messa a ridere. Amaramente, certo, ma ho riso. Nessun divertimento, nessuna sorpresa, perché il processo è soltanto la dimostrazione che tutto quello che ho scritto è vero”. Un giudice attivista di Bergamo si è assunto l’impegno di accogliere una denuncia contro Oriana Fallaci che nemmeno i pubblici ministeri locali vorrebbero anche soltanto toccare. L’autore della denuncia è un certo Adel Smith (il quale, malgrado il suo nome, è musulmano ed è un notorio provocatore pubblico), che ha già una lunga storia di sparate antiFallaci e che, a quanto sembra, è responsabile della pubblicazione di un pamphlet (“L’Islam punisce Oriana Fallaci”) che esorta i musulmani a “eliminarla”. (Ironicamente, anche il signor Smith è stato denunciato per vilipendio della religione – in questo caso quella cattolica – dopo che, in televisione, aveva descritto la Chiesa cattolica come un’“organizzazione criminale”. Due anni fa era finito sulle prime pagine dei giornali italiani per avere richiesto la rimozione dei crocefissi dalle aule scolastiche e anche, a quanto si dice, per avere gettato fuori dalla finestra il crocefisso che si trovava nella stanza dell’ospedale in cui era ricoverata sua madre).

Oriana Fallaci parla con tono appassionato, quasi ringhiando: “L’Europa non è più l’Europa; è diventata l’“Eurabia”, una colonia dell’islam, nella quale l’invasione islamica non procede soltanto in senso fisico ma penetra anche nelle menti e nella cultura. Il servilismo nei confronti degli invasori ha avvelenato la democrazia, con ovvie conseguenze per la libertà di pensiero e per lo stesso concetto di libertà”. Parole come “invasori”, “invasione”, “colonia”, “Eurabia” sono profondamente “politically incorrect”, e viene da pensare che sia stato proprio il tono da lei usato, le parole utilizzate, e non la sostanza del suo messaggio, ciò che ha suscitato l’ira del giudice di Bergamo (e che l’ha reso così radioattiva agli occhi delle élite culturali europee).

In lei qualcosa ricorda Oswald Spengler
Lo storico Arnold Toynbee ha scritto che “le civiltà si suicidano, non vengono assassinate”: queste parole potrebbero benissimo essere uscite anche dalla bocca della Fallaci. La quale è molto pessimista sul futuro dell’Europa: “La crescente presenza di musulmani in Italia e in Europa è direttamente proporzionale alla nostra perdita di libertà”. C’è in lei qualcosa che ricorda Oswald Spengler, il filosofo tedesco profeta del declino, al quale si aggiunge lo scontro di civiltà teorizzato da Samuel Huntington.

Ma soprattutto c’è pessimismo, allo stato puro. Quando le ho chiesto quale “soluzione” ci potrebbe essere per impedire questo crollo dell’Europa, la signora Fallaci si è accesa come una miccia: “Come osi chiedermi una soluzione? E’ come chiedere una soluzione a Seneca. Tu lo sai che cosa ha fatto Seneca?”. Poi, imitando il gesto di chi si taglia le vene, ha detto: “Puah! Si è suicidato!”. Seneca era stato accusato di essere coinvolto in un complotto per uccidere l’imperatore Nerone. Senza essere stato processato, Nerone stesso gli ordinò di suicidarsi. Si ha l’impressione che la signora Fallaci veda nell’islam l’ombra di Nerone. “Che cosa poteva fare Seneca?”, domanda, con un visibile sussulto. “Sapeva che sarebbe finita in quel modo: con la caduta dell’Impero romano. Ma non poteva fare niente”.

La prossima, ormai imminente, caduta dell’occidente è ciò che ora tormenta la signora Fallaci. E altrettanto la tormenta la sconsideratezza dell’occidente, che sta marciando allegramente verso il baratro che lui stesso si è scelto. “Guardate l’odierno sistema scolastico dell’occidente. Gli studenti non conoscono la storia! Per Dio, non ne sanno nulla. Non sanno nemmeno chi era Churchill! In Italia, non sanno chi era Cavour!”.
La signora Fallaci, persona mai larga di elogi, a questo punto si ferma e riflette su quest’uomo politico italiano e sulla sorte di tutti i conservatori europei: “All’inizio ero sconcertata e mi domandavo come mai non avevamo un uomo come Cavour… anche uno solo. Cavour era un rivoluzionario… e non era di sinistra. L’Italia ha bisogno di un nuovo Cavour, l’Europa stessa ne ha bisogno”. La signora Fallaci si considera anche lei una “rivoluzionaria”, “perché faccio ciò che i conservatori in Europa non fanno, vale a dire, non accetto di essere trattata come un delinquente”. Confessa che “talvolta piango perché non ho vent’anni di meno o perché sono malata. Ma fossi più giovane, rinuncerei persino a scrivere pur di entrare in politica”.

Un’altra pausa per accendersi un sottile cigarillo e per bere un sorso di champagne. Con una smorfia di dolore accoglie il liquido freddo e frizzante, poi, fortificata, riprende a parlare con tono veemente e parole che suonano più simili che mai a quelle di Spengler: “Non si può sopravvivere se non si conosce il passato. Noi sappiamo perché le altre civiltà sono scomparse: per eccesso di benessere e ricchezza e per mancanza di moralità e spiritualità… Nel momento stesso in cui rinunci ai tuoi principi e ai tuoi valori… in cui deridi questi principi e questi valori, tu sei morto, la tua cultura è morta e la tua civiltà è morta. Punto e a capo”. La forza con cui ha ripetuta la parola “morto” è stata davvero impressionante. Ho preso in mano la coppa di champagne, come se fosse una stampella.

L’anima gemella e un sorriso amaro
“Mi sento meno sola quando leggo i libri di Ratzinger”. Le avevo chiesto se c’era qualche autore contemporaneo che ammirasse in modo particolare, e Papa Benedetto XVI era senza dubbio un uomo in cui riponeva una certa fiducia. “Io sono atea, e se un’atea e un Papa pensano la stessa cosa ci deve essere qualcosa di vero. È semplicissimo! Qui ci deve essere qualche verità umana che va al di là della religione”.
La signora Fallaci, che è diventata famosa intervistando numerosi statisti (e non pochi tiranni), ritiene che la nostra sia “un’era senza leader. Abbiamo smesso di avere autentici leader alla fine del Ventesimo secolo”. Su George W. Bush, per esempio, è disposta a concedere soltanto che ha “vigore”, che è “ostinato” (nel suo libro questo è considerato un complimento) e che ha “fegato… Nessuno lo ha obbligato a fare qualcosa per Terri Schiavo o a prendere posizione sulle cellule staminali. Ma lui l’ha fatto lo stesso”.

Ma la sua vera anima gemella è Ratzinger (come continua a chiamare il nuovo Papa). Wojtyla (Giovanni Paolo II) era un “guerriero, che ha contribuito addirittura più dell’America al collasso dell’Unione Sovietica”, ma non gli può perdonare la sua “debolezza nei confronti del mondo islamico. Perché, perché è stato così debole?”.
Le poche speranze che ancora nutre per l’occidente le affida al nuovo Papa. Quando era ancora cardinale, Papa Benedetto XVI scriveva spesso sulla situazione dell’Europa e dell’occidente. L’anno scorso, ha scritto un saggio intitolato “Se l’Europa odia se stessa”, dal quale la signora Fallaci mi ha letto questo brano: “L’occidente dimostra… un odio di se stesso, che appare alquanto strano e può essere considerato soltanto come un fenomeno patologico; l’occidente… non si ama più; nella propria storia ora vede soltanto ciò che è biasimabile e distruttivo, e non è più capace di riconoscere ciò che è grande e puro”.

“Ecco!”, esclama. Un uomo che la pensa come lei. “Ecco!”. Ma non sono sicura se nei suoi occhi vedo il trionfo o il dolore.
Quanto all’accusa di vilipendio contro l’Islam, la signora Fallaci non ha alcuna intenzione di presentarsi al processo a Bergamo, che dovrebbe iniziare nel giugno 2006. “Non so nemmeno se sarò ancora qui il prossimo anno. Il mio cancro è così esteso che ormai sono giunta alla fine della strada. Che peccato. Vorrei vivere non soltanto perché amo la vita ma anche per vedere l’esito del processo. Sono certa che mi giudicheranno colpevole”.

A questo punto si mette a ridere. Con amarezza, ovviamente, ma ride.
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© The Wall Street Journal per gentile concessione di Milano Finanza
(traduzione di Aldo Piccato) -
IL FOGLIO, domenica 26 giugno 2005
 

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