Dichiarazioni conclusive del Papa e del Patriarca
«Il mondo diviso ha bisogno del nostro abbraccio»


Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha rilasciato un’intervista a Radio Vaticana raccontando innanzitutto i suoi sentimenti dopo l’incontro con il Santo Padre. Riportiamo significativi brani delle rispettive dichiarazioni conclusive.
 

Tra cattolici e ortodossi, c’è grande bisogno di “segni di comunione”: è quanto sottolineato dal Papa nel saluto di congedo al Patriarca Bartolomeo I, partito alla volta di Istanbul, a conclusione della visita a Roma. Evento, questo, di grande rilevanza sul cammino ecumenico. 

Nel saluto al Patriarca – reso noto dalla Sala Stampa della Santa Sede – il Papa ha espresso la sua “riconoscenza” a Bartolomeo I ed ha evidenziato come il loro incontro abbia “permesso di mostrare ai fedeli un segno vivo di fraternità e di confermare il proposito di progredire con decisione verso la meta della piena unità”. Giovanni Paolo II ha, così, ripercorso i momenti salienti della visita del Patriarca a Roma: in particolare ha messo l’accento sulla firma della Dichiarazione comune e la consegna in uso al Patriarcato ecumenico della chiesa di san Teodoro al Palatino, affidata alla comunità greco ortodossa di Roma. Tutto questo - ha detto il Papa - “è dono di Dio. Ed è bello che i fratelli vivano insieme in questa comune riconoscenza verso Colui che è il ‘Padre della luce’ dal quale discende ‘ogni buon regalo e ogni dono perfetto’”.

ANGELUS Domenica, 4 luglio 2004

1. Molto viva nel mio animo è la riconoscenza a Dio per la recente visita del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, che nei giorni scorsi ho avuto la gioia di ospitare in Vaticano, insieme con un qualificato Seguito. Abbiamo celebrato insieme la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, commemorando lo storico incontro tra i nostri venerati Predecessori Paolo VI e Atenagora I, avvenuto quarant’anni or sono, a Gerusalemme.

Abbiamo inoltre firmato una Dichiarazione comune che conferma e rilancia l’impegno di cattolici ed ortodossi a servizio della grande causa della piena comunione dei cristiani.

2. Riconoscendo i passi positivi sinora compiuti e senza dimenticare gli ostacoli che ancora sussistono, abbiamo riaffermato la volontà di proseguire ed anzi di intensificare il dialogo ecumenico, sia sul piano delle relazioni fraterne ("dialogo della carità") che su quello del confronto dottrinale ("dialogo della verità").

Con questo spirito abbiamo potuto affrontare alcuni problemi e malintesi sorti recentemente, offrendo un segno concreto di come i cristiani possano e debbano sempre collaborare, anche in presenza di divisioni e conflitti. Questo è un modo eloquente di annunciare il Vangelo della pace in un mondo segnato purtroppo da squilibri e violenze.

Nel corso dell’incontro è, inoltre, emersa la consapevolezza che cattolici e ortodossi sono chiamati a lavorare insieme per far sì che il Continente europeo non dimentichi le proprie radici cristiane. Solo così l’Europa potrà svolgere appieno il suo ruolo nel dialogo tra le civiltà e nella promozione globale della giustizia, della solidarietà e della salvaguardia del creato.

3. Iddio porti a compimento i propositi formulati in questo incontro. Li affidiamo alla materna intercessione di Maria Santissima.

Intervista al Patriarca

R. I miei sentimenti sono ottimi. Questa volta ci siamo incontrati, con Sua Santità il Papa, per la terza volta, dopo il ’95, quando ho realizzato la mia visita ufficiale da lui, e dopo il 2002, quando sono venuto per la Giornata di Preghiera per la pace ad Assisi. Ma posso dire senza voler sottovalutare le mie prime due visite a Roma, che questo incontro è stato più commovente, più umano, più fraterno. E questo l’ho sentito soprattutto nel giorno conclusivo, quando ci siamo incontrati di nuovo con il Papa, abbiamo firmato la Dichiarazione comune e poi abbiamo pranzato insieme, abbiamo vissuto l’agape insieme. E ho avuto l’occasione di invitarlo a visitarci a Istanbul: per lui sarebbe la seconda occasione, dopo il 1979, quando fece visita al mio predecessore, il Patriarca Dimitrios I. Il Papa è stato molto contento, secondo la mia impressione, di accettare questo invito. Naturalmente, deve parlare con i suoi collaboratori, ma la sua prima reazione è stata positiva. Era molto lieto, molto contento, ed io di più. La prospettiva di accoglierlo da noi, a Costantinopoli, prima sede dell’ortodossia, e di poter quindi programmare insieme i nostri passi verso l’avvenire, verso il futuro delle nostre relazioni. Del contenuto di questo nostro terzo incontro, posso dire che è stato piuttosto di natura spirituale che protocollare. Ho questa impressione e come ho detto nella mia omelia sulla piazza di San Pietro, in questo momento, in questa tappa, l’unità, gli sforzi verso l’unità sono un evento spirituale, un evento di preghiera. E, quindi, questo incontro tra il Papa e la mia umile persona è stato realizzato in questa atmosfera, in questo spirito. Perciò torno alla mia sede molto commosso e molto contento e molto ottimista per il futuro delle nostre relazioni.

D. – Come vede lei oggi, Santità, le relazioni tra cattolici e ortodossi e quali sono i suoi auspici per il futuro?

R. – Le note difficoltà esistono ancora, ma c’è da ambedue le parti la buona volontà di avanzare, di continuare il dialogo, senz’altro. C’è la volontà di non interrompere il dialogo. Durante la nostra conversazione con il Papa e durante le nostre conversazioni con il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani abbiamo messo in rilievo e sottolineato di nuovo la nostra decisione di trovare le vie ed i mezzi per riprendere il dialogo teologico, che è passato attraverso una crisi, se così posso dire, dopo Baltimora. Adesso abbiamo parlato con il cardinale Kasper, il presidente del Consiglio per l’Unità, ed i suoi collaboratori ed abbiamo fissato alcuni punti, alcuni metodi per poter uscire dalle difficoltà presenti e continuare senz’altro il dialogo. Il dialogo è la sola possibilità offertaci per poter risolvere i problemi che esistono ancora tra di noi. L’amicizia esiste, la fratellanza esiste ed esiste anche la decisione di avanzare e migliorare le relazioni. Bisogna discutere in profondità il primato del Vescovo di Roma, l’infallibilità, la posizione del Vescovo di Roma nella struttura della Chiesa cristiana nel suo insieme, perché lì si trovano i punti più difficili nelle nostre relazioni, che impediscono ancora la piena comunione, la partecipazione allo stesso Calice.

D. – Quale significato ha avuto per la Comunità ortodossa di Roma l’inaugurazione della chiesa di San Teodoro?

R. – Come ho detto a Sua Santità il Papa, durante il pranzo comune, questo è stato un gesto concreto di amicizia e fratellanza tra le nostre Chiese. Ho ringraziato, naturalmente, lui stesso e la venerata Chiesa di Roma. E ho detto che gesti di questo genere sono un contributo essenziale al nostro dialogo perché dimostrano che non ci limitiamo alle parole, ma procediamo anche con atti coraggiosi, simbolici, pieni di senso ed importanza. Quando abbiamo ‘inaugurato’ – per così dire – ufficialmente la chiesa di San Teodoro al Palatino, la gente, e cioè ortodossi ma anche cattolici che avevano partecipato alla cerimonia, era entusiasta. Erano presenti due cardinali insieme con altri prelati cattolici e hanno partecipato alla nostra gioia. Ho ringraziato ufficialmente Sua Santità il Papa e la Chiesa di Roma. In futuro, la sacra arcidiocesi greco-ortodossa qui in Italia, che avrà a sua disposizione questa chiesa come simbolo di amicizia e di fratellanza, sarà testimone di questo legame spirituale che ci unisce in modo particolare qui, nella Città eterna. Penso che questo gesto di Sua Santità il Papa sarà molto apprezzato al di là del Patriarcato ecumenico e di questa sua arcidiocesi: sarà apprezzato da tutta l’Ortodossia e sarà un esempio da imitare nelle relazioni ecumeniche, perché concretizza la buona volontà e la fratellanza in nomine Domini.

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[Fonte: Radio Vaticana del 2 luglio 2004; Santa Sede 4 luglio 2004]

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