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Persino i Luterani hanno Altari più degni
 

Guardate la foto. Non solo un pergamo, o pulpito, degno di questo nome (ma la cosa ancora si spiega, data l'importanza della predicazione per quell'eresia). Perfino un altare 'come si deve': orientato, croce al centro, candelabri. Che non serve sostanzialmente a nulla, in assenza di sacerdozio, di sacrificio, di messa. Non c'è naturalmente il tabernacolo, mancando la transustanziazione. Ma almeno quell'altare si lascia guardare, ispira riverenza, a differenza degli assi da stiro postconciliari.

Per poter salire su un pulpito il Papa, ormai, deve andare dai luterani: i cattolici non glielo consentirebbero. Nostalgie costantiniane, urlerebbero. E dai luterani c'è andato appunto domenica scorsa. Ecumenismo oblige, e non staremo quindi a discutere dell'opportunità di un tale gesto. Notiamo nondimeno che il Papa ha profittato dell'occasione per puntualizzare, con la massima cortesia e rispetto, che siamo lontani dal poter "bere allo stesso calice e riunirsi insieme allo stesso altare": una condanna chiara e ferma della pratica dell'intercomunione, tanto diffusa specie nei paesi germanici. Discutiamo di teologia, recitiamo salmi e preghiere, ma stiamo dunque alla larga dal sincretismo indifferentista. Ecco un breve resoconto dell'omelia del Papa (in tedesco) nel tempio luterano:

L'ecumenismo ha fatto passi in avanti negli ultimi anni, ma non sono state superate le colpevoli divisioni che impediscono a cattolici e luterani di bere dallo stesso calice e di riunirsi insieme intorno allo stesso altare. Il Papa lo ha riconosciuto con franchezza parlando alla comunità luterana di Roma durante la visita compiuta domenica 14 marzo alla Christuskirche. Una situazione di peccato l'ha definita Benedetto XVI, ricordando tuttavia che l'unità non è un'opera che può essere realizzata soltanto grazie agli sforzi umani. Occorre affidarsi al Signore - ha raccomandato - pregando insieme, meditando la stessa Parola di Dio, ascoltandosi reciprocamente, guardando tutti verso l'unico orizzonte di Cristo. In Gesù, infatti, la vita diventa un dono per gli altri: è questa - ha sottolineato il Pontefice - la legge fondamentale dell'amore. Un aspetto al quale il Papa aveva già dedicato l'Angelus della mattina in piazza San Pietro. Parlando della parabola del "figlio prodigo" Benedetto XVI aveva assicurato che "Dio non viene mai meno alla sua fedeltà e, anche se noi ci allontaniamo e ci perdiamo, continua a seguirci col suo amore, perdonando i nostri errori e parlando interiormente alla nostra coscienza per richiamarci a sé". L'esperienza della misericordia - ha evidenziato - supera ogni atteggiamento di "ribellione" o di "obbedienza infantile". Solo "sperimentando il perdono, riconoscendosi amati di un amore gratuito, più grande della nostra miseria, ma anche della nostra giustizia - ha affermato - entriamo finalmente in un rapporto veramente filiale e libero con Dio".

Fonte: L'Osservatore romano 15-16 marzo 2010 

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