«Un
rabbino discute col papa. E ciò che li divide è sempre Gesù»
Sandro Magister su www.chiesa 11 giugno 2007
Il rabbino è Jacob Neusner, lo stesso al quale
Benedetto XVI dedica molte pagine del suo ultimo libro. A giudizio di
entrambi, le dispute tra ebraismo e cristianesimo devono non occultare
ma portare alla luce le rispettive pretese di verità
[Jacob Neisner, Il mio ragionare
col Papa]
[Le ragioni di Neusner, il
rabbino preferito di Papa Ratzinger]
Nel libro "Gesù di Nazaret" scritto da Joseph Ratzinger prima e
dopo la sua elezione a papa, c'è un autore vivente citato e discusso
molto più di altri. Nel capitolo quarto dedicato al Discorso della
Montagna, Ratzinger si sofferma su di lui per almeno quindici pagine.
Questo autore è un ebreo osservante e rabbino, Jacob Neusner. Vive
negli Stati Uniti e insegna storia e teologia dell'ebraismo al Bard
College, Annandale-on-Hudson, di New York. Nel 1993 pubblicò un libro
che colpì moltissimo l'allora cardinale Ratzinger: "A Rabbi Talks with
Jesus", edito in Italia da Piemme nel 1996 con il titolo "Disputa
immaginaria tra un rabbino e Gesù".
In "Gesù di Nazaret" il papa spiega perché questo libro lo impressionò
così positivamente. In esso "l'autore prende posto in mezzo alla
schiera dei discepoli sulla 'montagna' della Galilea. Ascolta Gesù
[...] e parla con Gesù stesso. È toccato dalla grandezza e dalla
purezza delle sue parole e tuttavia inquietato da quella finale
inconciliabilità che trova nel nocciolo del Discorso della Montagna.
Accompagna poi Gesù nel suo cammino verso Gerusalemme [...] e sempre
riprende a parlare con lui. Ma alla fine decide di non seguire Gesù.
Rimane fedele a quello che egli chiama l'Israele eterno".
Il nodo cruciale che trattiene il rabbino dal credere in Gesù è il suo
rivelarsi come Dio: che è poi lo stesso scandalo che portò Gesù alla
morte. A giudizio di Ratzinger, sta proprio qui il valore del libro di
Neusner. Il colloquio immaginario tra il rabbino ebreo e Gesù "lascia
trasparire tutta la durezza delle differenze, ma avviene in un clima
di grande amore: il rabbino accetta l'alterità del messaggio di Gesù e
si congeda con un distacco che non conosce odio e, pur nel rigore
della verità, tiene sempre presente la forza conciliatrice
dell'amore".
Per Benedetto XVI è questa la via del vero dialogo tra ebrei e
cristiani. Non occultare le rispettive pretese di verità, ma portarle
alla luce nella comprensione e nel rispetto reciproci.
Ed è questo anche il pensiero di Neusner:
"Negli ultimi due secoli il dialogo ebraico-cristiano è servito come
un mezzo per politiche di conciliazione sociale, non è stato più
un'indagine religiosa sulle convinzioni dell'altro. [...] Col libro "Gesù
di Nazaret" le dispute ebraico-cristiane entrano in una nuova era.
Siamo ora in grado di incontrarci gli uni gli altri in un promettente
esercizio di ragione e di critica".
Neusner ha commentato il libro del papa in un articolo uscito il 29
maggio sul quotidiano israeliano "The Jerusalem Post".
Il suo è il primo importante commento a "Gesù di Nazaret" da parte di
un autorevole esponente religioso non cristiano. Anzi, da parte di un
appartenente alla fede ebraica. Eccolo in una nostra traduzione:
Il mio ragionare col papa
di Jacob Neusner
Nel Medio Evo i rabbini erano costretti a impegnarsi, davanti a re e
cardinali, in dispute con i sacerdoti su quale fosse la vera
religione, l'ebraismo o il cristianesimo. Il risultato era
predeterminato: i cristiani vincevano perché avevano la spada.
Poi negli anni dopo la seconda guerra mondiale le dispute hanno
lasciato il posto alla convinzione che le due religioni dicano la
stessa cosa; e le differenze tra esse sono state declassate a
questioni secondarie.
Ora invece è iniziato un nuovo tipo di controversia, nel quale è la
verità delle due religioni a essere al centro del dibattito.
Ciò segna un ritorno alle antiche dispute, con la loro intensa serietà
circa la verità religiosa e la loro volontà di porre le questioni di
fondo e di impegnarsi nelle risposte.
Il mio libro, "A Rabbi Talks with Jesus" [edito in Italia da Piemme
nel 1996 con il titolo: "Disputa immaginaria tra un rabbino e Gesù",
oggi esaurito], è stato uno di questi recenti esercizi di disputa, e
ora, nel 2007, il papa nel suo nuovo libro "Gesù di Nazaret" ha
raccolto la sfida punto per punto. Si può immaginare il mio stupore
quanto mi dissero che una risposta cristiana al mio libro "A Rabbi
Talks with Jesus" era contenuta nel capitolo quarto del libro "Gesù di
Nazaret" di Benedetto XVI.
Dunque abbiamo dei papi impegnati nel dialogo teologico
ebraico-cristiano? In antico e nei secoli medievali le dispute
concernenti proposizioni di verità religiosa definivano la finalità
del dialogo tra le religioni, in particolare l'ebraismo e il
cristianesimo. L'ebraismo affrontò la questione con vigore,
accumulando rigorosi ragionamenti costruiti sui fatti della Scrittura
comune a entrambe le parti impegnate nel confronto. Narrazioni
immaginarie, come "Kuzari" di Giuda Halevi, misero in scena un dialogo
tra ebraismo, cristianesimo e islam, un dialogo presieduto da un re
che cercava la vera religione per il suo regno. L'ebraismo vinse la
disputa davanti al re dei Khazari, almeno nella versione di Giuda
Halevi. Ma il cristianesimo non meno risolutamente cercò dei
sostenitori nel dibattito, confidando di vincere la disputa. Simili
controversie attestavano la comune fede di entrambe le parti
nell'integrità della ragione e negli eventi delle Scritture condivise.
Queste dispute furono abbandonate quando le religioni persero la loro
fiducia nella capacità della ragione di stabilire la verità teologica.
Da lì in poi, ad esempio in "Nathan il saggio" di Lessing, le
religioni furono concepite per affermare una verità comune a tutti, e
le differenze tra le religioni furono accantonate come marginali e non
importanti. Si disse che un presidente americano abbia affermato: "Non
importa in che cosa tu creda, l'importante è che tu sia un buon
cittadino". Così le controversie tra le religioni persero la loro
urgenza. L'eredità dell'Illuminismo con la sua indifferenza alla
pretesa di verità delle religioni promosse la tolleranza religiosa e
il rispetto reciproco al posto del confronto tra le religioni e alla
rivendicazione di conoscere Dio. Le religioni emersero come ostacoli
al buon ordine della società.
Negli ultimi due secoli il dialogo ebraico-cristiano è servito come un
mezzo per politiche di conciliazione sociale, non è stato più
un'indagine religiosa sulle convinzioni dell'altro. Il negoziato ha
preso il posto del dibattito, e si è pensato che la pretesa di verità
della propria religione violasse le regole di buona condotta.
Invece, in "A Rabbi Talks with Jesus" ho preso sul serio
l'affermazione di Gesù secondo cui in lui la Torah trova compimento in
lui e ho messo a confronto questa affermazione con gli insegnamenti di
altri rabbini, in una sorta di colloquio tra maestri della Torah.
Spiego in una maniera lucida e niente affatto apologetica perché, se
fossi vissuto nella Terra di Israele del primo secolo e fossi stato
presente al Discorso della Montagna, non mi sarei unito al gruppo dei
discepoli di Gesù. Avrei detto no – anche se in maniera cortese –,
sicuro di avere dalla mia parte solide ragioni e fatti.
Se avessi ascoltato ciò che egli disse nel Discorso della Montagna,
per valide e sostanziali ragioni io non sarei divenuto uno dei suoi
discepoli. Ciò è difficile da immaginare, dal momento che è arduo
pensare a parole più profondamente radicate nella nostra civiltà e
nelle sue più profonde affermazioni degli insegnamenti del Discorso
della Montagna e di altri pronunciamenti di Gesù. Ma è anche arduo
immaginare di ascoltare queste parole per la prima volta, come
qualcosa di sorprendente e di esigente, non come semplici luoghi
comuni. Questo è precisamente ciò che io propongo di fare nelle mie
conversazioni con Gesù: ascoltare e argomentare. Ascoltare
insegnamenti religiosi come fosse la prima volta e rispondere ad essi
con sorpresa e meraviglia – questo è il frutto del dibattito religioso
nei giorni nostri.
Ho scritto il mio libro per gettare qualche luce sul motivo per cui,
mentre i cristiani credono in Gesù Cristo e nella buona novella del
suo dominio nel regno dei Cieli, gli ebrei credono nella Torah di Mosè
e formano sulla terra e nelle loro carni un regno di Dio fatto di
sacerdoti e di popolo santo. Questo credo richiede ai fedeli ebrei di
dissentire dagli insegnamenti di Gesù, sulla base che questi
insegnamenti contraddicono la Torah in punti importanti.
Quando Gesù s'allontana dalla rivelazione fatta da Dio a Mosè sul
Monte Sinai che è la Torah, egli sbaglia, mentre Mosè è nel giusto.
Nello stabilire il fondamento di questo dissenso niente affatto
apologetico, intendo incoraggiare il dialogo tra i credenti, cristiani
ed ebrei.
Per molto tempo gli ebrei hanno lodato Gesù come un rabbino, un ebreo
veramente come noi; ma per la fede cristiana in Gesù Cristo questa
affermazione è assolutamente irrilevante. Da parte loro i cristiani
hanno lodato l'ebraismo come la religione da cui è venuto Gesù, ma per
noi questo è difficilmente un vero complimento.
Abbiamo spesso evitato di portare allo scoperto i punti di sostanziale
differenza tra noi, non solo in risposta alla persona e alle
affermazioni di Gesù, ma specialmente a proposito dei suoi
insegnamenti.
Egli pretese di riformare e portare a compimento: "Vi è stato detto...
ma io vi dico..." E invece noi teniamo fermo, e io l'ho sostenuto nel
mio libro, che la Torah è stata ed è perfetta e non è bisognosa di
ulteriori compimenti, e che l'ebraismo costruito sopra la Torah e i
Profeti e gli Scritti, le parti originariamente orali della Torah
messe per iscritto nella Mishna, il Talmud, il Midrash – questo
ebraismo è stato e rimane il disegno di Dio per l'umanità.
In base a questo criterio ho proposto di stabilire un dissenso ebraico
rispetto ad alcuni importanti insegnamenti di Gesù. È un atto di
rispetto per i cristiani e di onore per la loro fede. Poiché noi
possiamo discutere solo se ci prendiamo reciprocamente sul serio.
Possiamo entrare in dialogo solo se onoriamo sia noi stessi che
l'altro. Nella mia immaginaria disputa tratto Gesù con rispetto, ma
voglio anche discutere con lui sulle cose che dice.
Che cosa è in gioco qui? Se riesco a creare una vivida
rappresentazione della disputa, i cristiani vedranno le scelte che
Gesù ha fatto e sapranno ravvivare la loro fede in Gesù Cristo – ma
anche in rapporto all'ebraismo.
Voglio mettere in evidenza le scelte diverse che l'ebraismo e il
cristianesimo vedono confrontarsi nelle Scritture che hanno in comune.
I cristiani capiranno meglio il cristianesimo se saranno consapevoli
delle scelte che esso pone loro davanti; e lo stesso vale per gli
ebrei, rispetto all'ebraismo.
Voglio spiegare ai cristiani perché io credo nell'ebraismo; e questo
dovrebbe aiutare i cristiani a identificare quali sono le convinzioni
profonde che invece li portano in chiesa ogni domenica.
Gli ebrei rafforzeranno il loro affidamento alla Torah di Mosè – ma
anche il loro rispetto per il cristianesimo. Voglio che gli ebrei
capiscano perchè l'ebraismo richiede assenso: "il Misericordioso cerca
i cuori", "la Torah è stata data solo per purificare il cuore
dell'uomo". Sia gli ebrei che i cristiani dovrebbero trovare in "A
Rabbi Talks with Jesus" le ragioni da sostenere, poiché sia gli uni
che gli altri scopriranno lì i punti essenziali sui quali si fonda la
differenza tra l'ebraismo e il cristianesimo.
Che cosa mi rende così sicuro di questo esito? Io credo che, quando
ciascuna parte comprende nello stesso modo le questioni che la
dividono dall'altra ed entrambe affermano con solide ragioni le loro
rispettive verità, allora tutti possono amare e lodare il Signore in
pace – sapendo che realmente essi servono l'unico e lo stesso Dio –
nelle rispettive differenze. Il mio è un libro religioso sulla
differenza religiosa: un ragionare su Dio.
Quando il mio editore mi chiese di consigliargli a quali colleghi
chiedere di presentare il mio libro, suggerii il rabbino capo Jonathan
Sacks e il cardinale Joseph Ratzinger. Il rabbino Sacks mi aveva da
tempo impressionato per i suoi acuti e ben argomentati scritti
teologici, da valido apologista contemporaneo dell'ebraismo. Quanto al
cardinale Ratzinger avevo ammirato i suoi saggi sul Gesù della storia
e gli avevo scritto per dirglielo. Lui mi aveva risposto e ci eravamo
scambiati scritti e libri. La sua volontà di discutere sulla questione
della verità, e non solo sulle politiche della dottrina, mi aveva
colpito come coraggiosa e costruttiva.
Ora però Sua Santità ha compiuto un passo ulteriore e ha risposto alla
mia critica con un esercizio creativo di esegesi e teologia. Col suo "Gesù
di Nazaret" le dispute ebraico-cristiane entrano in una nuova era.
Siamo ora in grado di incontrarci gli uni gli altri in un promettente
esercizio di ragione e di critica. Le parole del Sinai ci conducono
assieme verso il rinnovamento di una tradizione lunga duemila anni di
dibattito religioso al servizio della verità di Dio.
Una volta uno mi definì la persona più amante della disputa che avesse
mai conosciuto. Ora ho trovato chi mi tiene testa. Benedetto XVI è un
altro cercatore della verità.
Quelli che stiamo vivendo sono tempi interessanti.
Le ragioni di Neusner, il rabbino
preferito di Papa Ratzinger
Giulio Meotti, su Il Velino 11 giugno 2007
È nel quarto capitolo del suo nuovo libro dal titolo Gesù
di Nazaret (Rizzoli) che Joseph Ratzinger parla del rabbino
americano Jacob Neusner. In particolare ne fa menzione quando prende in
esame i tre capitoli del vangelo di Matteo, dal quinto al settimo, che
raccolgono il Discorso della montagna. Per il Papa questa che viene
presentata come la Magna Carta della vita cristiana, è "la nuova Torah,
portata da Gesù" dopo quella consegnata al popolo di Israele da Mosé.
Neusner è autore del libro A Rabbi Talks with Jesus: An
Intermillennial, Interfaith Exchange, un rabbino che parla con Gesù.
Neusner, scrive il Papa, "si è, per così dire, inserito tra gli
ascoltatori del Discorso della montagna e ha poi cercato di avviare un
colloquio con Gesù... Questa disputa, condotta con rispetto e franchezza
fra un ebreo credente e Gesù, il figlio di Abramo, più delle altre
interpretazioni del Discorso della montagna a me note, mi ha aperto gli
occhi sulla grandezza della parola di Gesù e sulla scelta di fronte alla
quale ci pone il Vangelo. Così... desidero entrare anch'io, da
cristiano, nella conversazione del rabbino con Gesù, per comprendere
meglio, partendo da essa, ciò che è autenticamente ebraico e ciò che
costituisce il mistero di Gesù". E ancora: "Neusner prende posto in
mezzo alla schiera dei discepoli sulla 'montagna' della Galilea. Ascolta
Gesù e parla con Gesù stesso. È toccato dalla grandezza e dalla purezza
delle sue parole e tuttavia inquietato da quella finale inconciliabilità
che trova nel nocciolo del Discorso della Montagna. Accompagna poi Gesù
nel suo cammino verso Gerusalemme e sempre riprende a parlare con lui.
Ma alla fine decide di non seguire Gesù. Rimane fedele a quello che egli
chiama l'Israele eterno". Time magazine due settimane fa aveva
raccontato "il rabbino del Papa", "la musa del cattolico numero uno".
Neusner, scrive Ratzinger, "si è, per così dire, inserito tra gli
ascoltatori del Discorso della montagna e ha poi cercato di avviare un
colloquio con Gesù... Questa disputa, condotta con rispetto e franchezza
fra un ebreo credente e Gesù, il figlio di Abramo, più delle altre
interpretazioni del Discorso della montagna a me note, mi ha aperto gli
occhi sulla grandezza della parola di Gesù e sulla scelta di fronte alla
quale ci pone il Vangelo. Così desidero entrare anch'io, da cristiano,
nella conversazione del rabbino con Gesù, per comprendere meglio,
partendo da essa, ciò che è autenticamente ebraico e ciò che costituisce
il mistero di Gesù".
Time commentava che mai prima di oggi un Pontefice aveva fatto
suo il punto di vista di un ebreo sui cattolici. Era sempre avvenuto il
contrario, neanche il Concilio Vaticano II aveva osato tanto. Autore di
950 pubblicazioni, Neusner è il più grande specialista della letteratura
rabbinica antica. Ora Neusner racconta per la prima volta il suo
rapporto con il Papa in un lungo articolo pubblicato dal Jerusalem
Post, "Il mio ragionare con il Papa". "Nel Medio Evo i rabbini erano
costretti a impegnarsi, davanti a re e cardinali, in dispute con i
sacerdoti su quale fosse la vera religione, l'ebraismo o il
cristianesimo" racconta Neusner. "Il risultato era predeterminato: i
cristiani vincevano perché avevano la spada. Poi negli anni dopo la
Seconda guerra mondiale le dispute hanno lasciato il posto alla
convinzione che le due religioni dicano la stessa cosa; e le differenze
tra esse sono state declassate a questioni secondarie. Ora invece è
iniziato un nuovo tipo di controversia, nel quale è la verità delle due
religioni a essere al centro del dibattito". Secondo Neusner, questo
segna un ritorno alle antiche dispute, con la loro intensa serietà circa
la verità religiosa e la loro volontà di porre le questioni di fondo e
di impegnarsi nelle risposte. "In antico e nei secoli medievali le
dispute concernenti proposizioni di verità religiosa definivano la
finalità del dialogo tra le religioni, in particolare l'ebraismo e il
cristianesimo. L'ebraismo affrontò la questione con vigore, accumulando
rigorosi ragionamenti costruiti sui fatti della Scrittura comune a
entrambe le parti impegnate nel confronto. Narrazioni immaginarie, come
'Kuzari' di Giuda Halevi, misero in scena un dialogo tra ebraismo,
cristianesimo e islam, un dialogo presieduto da un re che cercava la
vera religione per il suo regno. L'ebraismo vinse la disputa davanti al
re dei Khazari, almeno nella versione di Giuda Halevi. Ma il
cristianesimo non meno risolutamente cercò dei sostenitori nel
dibattito, confidando di vincere la disputa. Simili controversie
attestavano la comune fede di entrambe le parti nell'integrità della
ragione e negli eventi delle Scritture condivise".
Queste dispute furono abbandonate quando le religioni persero la loro
fiducia nella capacità della ragione di stabilire la verità teologica.
Da lì in poi, ad esempio in Nathan il saggio di Lessing, le
religioni furono concepite per affermare una verità comune a tutti, e le
differenze tra le religioni furono accantonate come marginali e non
importanti. "Le controversie tra le religioni persero la loro urgenza.
L'eredità dell'Illuminismo con la sua indifferenza alla pretesa di
verità delle religioni promosse la tolleranza religiosa e il rispetto
reciproco al posto del confronto tra le religioni e alla rivendicazione
di conoscere Dio. Le religioni emersero come ostacoli al buon ordine
della società. Negli ultimi due secoli il dialogo ebraico-cristiano è
servito come un mezzo per politiche di conciliazione sociale, non è
stato più un'indagine religiosa sulle convinzioni dell'altro. Il
negoziato ha preso il posto del dibattito, e si è pensato che la pretesa
di verità della propria religione violasse le regole di buona condotta".
Neusner spiega di aver preso sul serio l'affermazione di Gesù secondo
cui la Torah trova compimento in lui e ho messo a confronto questa
affermazione con gli insegnamenti di altri rabbini, in una sorta di
colloquio tra maestri della Torah. "Spiego in una maniera lucida e
niente affatto apologetica perché, se fossi vissuto nella Terra di
Israele del primo secolo e fossi stato presente al Discorso della
Montagna, non mi sarei unito al gruppo dei discepoli di Gesù. Avrei
detto no - anche se in maniera cortese -, sicuro di avere dalla mia
parte solide ragioni e fatti. Se avessi ascoltato ciò che egli disse nel
Discorso della Montagna, per valide e sostanziali ragioni io non sarei
divenuto uno dei suoi discepoli. Ciò è difficile da immaginare, dal
momento che è arduo pensare a parole più profondamente radicate nella
nostra civiltà e nelle sue più profonde affermazioni degli insegnamenti
del Discorso della Montagna e di altri pronunciamenti di Gesù. Ma è
anche arduo immaginare di ascoltare queste parole per la prima volta,
come qualcosa di sorprendente e di esigente, non come semplici luoghi
comuni. Questo è precisamente ciò che io propongo di fare nelle mie
conversazioni con Gesù: ascoltare e argomentare. Ascoltare insegnamenti
religiosi come fosse la prima volta e rispondere ad essi con sorpresa e
meraviglia - questo è il frutto del dibattito religioso nei giorni
nostri".
Il rabbino afferma di aver scritto il libro "per gettare qualche luce
sul motivo per cui, mentre i cristiani credono in Gesù Cristo e nella
buona novella del suo dominio nel regno dei Cieli, gli ebrei credono
nella Torah di Mosè e formano sulla terra e nelle loro carni un regno di
Dio fatto di sacerdoti e di popolo santo. Questo credo richiede ai
fedeli ebrei di dissentire dagli insegnamenti di Gesù, sulla base che
questi insegnamenti contraddicono la Torah in punti importanti. Quando
Gesù s'allontana dalla rivelazione fatta da Dio a Mosè sul Monte Sinai
che è la Torah, egli sbaglia, mentre Mosè è nel giusto. Nello stabilire
il fondamento di questo dissenso niente affatto apologetico, intendo
incoraggiare il dialogo tra i credenti, cristiani ed ebrei. Per molto
tempo gli ebrei hanno lodato Gesù come un rabbino, un ebreo veramente
come noi; ma per la fede cristiana in Gesù Cristo questa affermazione è
assolutamente irrilevante. Da parte loro i cristiani hanno lodato
l'ebraismo come la religione da cui è venuto Gesù, ma per noi questo è
difficilmente un vero complimento. Abbiamo spesso evitato di portare
allo scoperto i punti di sostanziale differenza tra noi, non solo in
risposta alla persona e alle affermazioni di Gesù, ma specialmente a
proposito dei suoi insegnamenti". L'obiettivo di Neusner è stabilire un
dissenso ebraico rispetto ad alcuni importanti insegnamenti di Gesù. "È
un atto di rispetto per i cristiani e di onore per la loro fede. Poiché
noi possiamo discutere solo se ci prendiamo reciprocamente sul serio.
Possiamo entrare in dialogo solo se onoriamo sia noi stessi che l'altro.
Nella mia immaginaria disputa tratto Gesù con rispetto, ma voglio anche
discutere con lui sulle cose che dice. Che cosa è in gioco qui?".
"Se riesco a creare una vivida rappresentazione della disputa, -
prosegue Neusner - i cristiani vedranno le scelte che Gesù ha fatto e
sapranno ravvivare la loro fede in Gesù Cristo - ma anche in rapporto
all'ebraismo. I cristiani capiranno meglio il cristianesimo se saranno
consapevoli delle scelte che esso pone loro davanti; e lo stesso vale
per gli ebrei, rispetto all'ebraismo. Gli ebrei rafforzeranno il loro
affidamento alla Torah di Mosè - ma anche il loro rispetto per il
cristianesimo. Voglio che gli ebrei capiscano perchè l'ebraismo richiede
assenso: 'il Misericordioso cerca i cuori', 'la Torah è stata data solo
per purificare il cuore dell'uomo'. Sia gli ebrei che i cristiani
dovrebbero trovare in A Rabbi Talks with Jesus le ragioni da
sostenere, poiché sia gli uni che gli altri scopriranno lì i punti
essenziali sui quali si fonda la differenza tra l'ebraismo e il
cristianesimo. Il mio è un libro religioso sulla differenza religiosa:
un ragionare su Dio". Quando l'editore gli chiese di consigliargli a
quali colleghi chiedere di presentare il suo libro, suggerì il rabbino
capo Jonathan Sacks e il cardinale Joseph Ratzinger. "Il rabbino Sacks
mi aveva da tempo impressionato per i suoi acuti e ben argomentati
scritti teologici, da valido apologista contemporaneo dell'ebraismo -
ricorda Neusner -. Quanto al cardinale Ratzinger avevo ammirato i suoi
saggi sul Gesù della storia e gli avevo scritto per dirglielo. Lui mi
aveva risposto e ci eravamo scambiati scritti e libri. La sua volontà di
discutere sulla questione della verità, e non solo sulle politiche della
dottrina, mi aveva colpito come coraggiosa e costruttiva. Ora però Sua
Santità ha compiuto un passo ulteriore e ha risposto alla mia critica
con un esercizio creativo di esegesi e teologia. Col suo 'Gesù di
Nazaret' le dispute ebraico-cristiane entrano in una nuova era. Siamo
ora in grado di incontrarci gli uni gli altri in un promettente
esercizio di ragione e di critica. Le parole del Sinai ci conducono
assieme verso il rinnovamento di una tradizione lunga duemila anni di
dibattito religioso al servizio della verità di Dio. Una volta uno mi
definì la persona più amante della disputa che avesse mai conosciuto.
Ora ho trovato chi mi tiene testa. Benedetto XVI è un altro cercatore
della verità. Quelli che stiamo vivendo sono tempi interessanti".
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