«In una Conferenza del
1990. Quando Ratzinger difese Galilei alla Sapienza»
Giorgio Israel su
l'Osservatore Romano 16 gennaio 2008
[Testo dell'Intervista di G. Israel a Zenit]
Giorgio Israel - Professore ordinario
di Matematiche complementari Università di Roma La Sapienza
[La Sapienza e
la cristofobia di certi intellettuali italiani]
Renato Farina, su Libero 13 dicembre 2008
[Testo
integrale dell'Allocuzione che avrebbe dovuto tenere il Papa]
|
È sorprendente che quanti hanno scelto
come motto la celebre frase attribuita a Voltaire - "mi batterò fino
alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso" - si
oppongano a che il Papa tenga un discorso all'università di Roma La
Sapienza. È tanto più sorprendente in quanto le università italiane sono
ormai un luogo aperto ad ogni tipo di intervento ed è inspiegabile che
al Papa soltanto sia riservato un divieto d'ingresso. Che cosa di tanto
grave ha spinto a mettere da parte la tolleranza volterriana? Lo ha
spiegato Marcello Cini nella lettera dello scorso novembre in cui ha
condannato l'invito fatto dal rettore Renato Guarini a Benedetto XVI.
Quel che gli appare "pericoloso" è che il Papa tenti di aprire un
discorso tra fede e ragione, di ristabilire una relazione fra le
tradizioni giudaico-cristiana ed ellenistica, di non volere che scienza
e fede siano separate da un'impenetrabile parete stagna. Per Cini questo
programma è intollerabile perché sarebbe in realtà dettato dall'intento
perverso, che Benedetto XVI coltiverebbe fin da quando era "capo del
Sant'Uffizio", di "mettere in riga la scienza" e ricondurla entro "la
pseudo-razionalità dei dogmi della religione".
Inoltre, secondo Cini, egli avrebbe anche prodotto l'effetto nefasto di
suscitare veementi reazioni nel mondo islamico. Dubitiamo però che Cini
chiederebbe a un rappresentante religioso musulmano di pronunziare un
mea culpa per la persecuzione di Averroè prima di mettere piede alla
Sapienza.
Siamo anzi certi che lo accoglierebbe a braccia aperte in nome dei
principi del dialogo e della tolleranza.
|
Immagine di inciviltà |
L'opposizione alla visita del Papa non è quindi motivata da un principio
astratto e tradizionale di laicità. L'opposizione è di carattere
ideologico e ha come bersaglio specifico Benedetto XVI in quanto si
permette di parlare di scienza e dei rapporti tra scienza e fede,
anziché limitarsi a parlare di fede.
Anche la lettera contro la visita firmata da un gruppo di fisici è
ispirata da un sentimento di fastidio per la persona stessa del Papa,
presentato come un ostinato nemico di Galileo.
Essi gli rimproverano di aver ripreso - in una conferenza tenuta proprio
alla Sapienza il 15 febbraio 1990 (cfr J. Ratzinger, Wendezeit für
Europa? Diagnosen und Prognosen zur Lage von Kirche und Welt,
Einsiedeln-Freiburg, Johannes Verlag, 1991, pp. 59 e 71) - una frase del
filosofo della scienza Paul Feyerabend: "All'epoca di Galileo la Chiesa
rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo
contro Galileo fu ragionevole e giusto".
Non si sono preoccupati però di leggere per intero e attentamente quel
discorso.
Esso aveva come tema la crisi di fiducia nella scienza in sé stessa e ne
dava come esempio il mutare di atteggiamento sul caso Galileo. Se nel
Settecento Galileo è l'emblema dell'oscurantismo medioevale della
Chiesa, nel Novecento l'atteggiamento cambia e si sottolinea come
Galileo non avesse fornito prove convincenti del sistema eliocentrico,
fino all'affermazione di Feyerabend - definito dall'allora cardinale
Ratzinger come un "filosofo agnostico-scettico" - e a quella di Carl
Friedrich von Weizsäcker che addirittura stabilisce una linea diretta
tra Galileo e la bomba atomica.
Queste citazioni non venivano usate dal cardinale Ratzinger per cercare
rivalse e imbastire giustificazioni: "Sarebbe assurdo costruire sulla
base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non
cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità". Esse
piuttosto venivano addotte come prova di quanto "il dubbio della
modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".
In altri termini, il discorso del 1990 può ben essere considerato, per
chi lo legga con un minimo di attenzione, come una difesa della
razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della
cultura postmoderna. Del resto chi conosca un minimo i recenti
interventi del Papa sull'argomento sa bene come egli consideri con
"ammirazione" la celebre affermazione di Galileo che il libro della
natura è scritto in linguaggio matematico.
Come è potuto accadere che dei docenti universitari siano incorsi in un
simile infortunio?
Un docente dovrebbe considerare come una sconfitta professionale l'aver
trasmesso un simile modello di lettura disattenta, superficiale e
omissiva che conduce a un vero e proprio travisamento. Ma temo che qui
il rigore intellettuale interessi poco e che l'intenzione sia quella di
menar fendenti ad ogni costo.
Come ha detto bene Giuseppe Caldarola, emerge qui "una parte di cultura
laica che non ha argomenti e demonizza, non discute come la vera cultura
laica, ma crea mostri". Pertanto, ripetiamo con lui che "la minaccia
contro il Papa è un evento drammatico, culturalmente e civilmente".
Copyright © - L'Osservatore Romano 16 gennaio 2008
Matematico ebreo paga il prezzo per aver difeso il Papa
Intervista a Giorgio Israel, professore ordinario a “La Sapienza”
Paolo Centofanti, Zenit 18 gennaio 2008
|
Difendere Benedetto XVI
dagli attacchi di chi si è opposto alla sua visita all’Università “La
Sapienza” di Roma implica un prezzo da pagare, afferma Giorgio Israel,
docente ordinario di Matematiche complementari presso questo Ateneo
romano.
Il professore di origine ebraica è intervenuto con un articolo su
“L’Osservatore Romano” e con altre dichiarazioni per spiegare che Joseph
Ratzinger ha difeso Galileo in una conferenza pronunciata nel 1990, e
incriminata da 67 docenti (su circa 4.500) de “La Sapienza”.
ZENIT ha intervistato questo sostenitore del dialogo tra scienza e fede.
Come valuta il possibile danno di immagine e di credibilità, a livello
nazionale e internazionale, della polemica innescata dalla mancata
visita del Pontefice all'Università “La Sapienza”?
Prof. Israel: Penso che il danno sia abbastanza serio. Ho ricevuto delle
lettere da parte anche di docenti americani, che erano sconcertati;
negli Stati Uniti uno può trovare tutte le posizioni possibili e
immaginabili, ma non questa forma così virulenta di rifiuto del dialogo
nei confronti del Papa, e poi soltanto del Papa, perché “La Sapienza” ha
invitato tutti. E' una cosa sconcertante, quindi secondo me il danno di
immagine è molto elevato.
Quindi all'estero la notizia è stata diffusa e conosciuta...
Prof. Israel: Assolutamente sì. Una persona che mi ha scritto,
addirittura aveva ascoltato alla radio, non so se a onde corte, un
dibattito. Basta andare su Internet e rendersi conto, guardando un po'
la stampa dei vari Paesi, di quanto la cosa abbia avuto delle
ripercussioni fortissime.
Dal suo punto di vista, e per i suoi contatti come docente, pensa che ci
sia un motivo reale che forse è stato nascosto dietro alcuni pretesti?
Prof. Israel: Non credo. So che c'è chi ha detto che tutto questo aveva
anche come motivazione degli scontri tra gruppi accademici per la
rielezione del Rettore. Però francamente non ci credo. Che poi qualcuno
possa cavalcare questo, è più che probabile, però, in verità, la mia
valutazione è che nel mondo universitario, che è stato sempre
tradizionalmente legato all'estrema sinistra, in particolare al partito
comunista, la fine dell'ideologia marxista abbia reso molti "orfani", in
un certo senso, di questa ideologia. E in qualche modo hanno costruito
come una sorta di teologia sostitutiva, come dice George Steiner: lo
scientismo e il laicismo più accaniti. Secondo me è questo.
Adesso si può dire tutto quello che si vuole del comunismo, però ricordo
un personaggio come Lucio Lombardo Radice, il matematico del partito
comunista, che ho conosciuto personalmente. Se fosse accaduto un
episodio come questo di oggi, penso che si sarebbe letteralmente
scandalizzato. Allora esisteva un atteggiamento molto diverso.
Paradossalmente, proprio il crollo di questo riferimento dell'ideologia
marxista, ha prodotto un vuoto che è stato riempito con questa ideologia
di tipo appunto laicista e scientista. È così evidente, quando uno vede
in che modo reagiscono le persone e i docenti universitari.
Dal momento che questo tipo di figure è largamente diffuso
all'università, in essa troviamo una concentrazione estremamente elevata
di persone che hanno una visione di questo genere, molto più che non nel
complesso della società civile.
Pensa che l'intervento del Pontefice avrebbe potuto minare questo tipo
di ideologie?
Prof. Israel: No, perché è un processo estremamente lento. Sotto un
certo aspetto invece penso che visto che c'è stata una opposizione, una
situazione difficile di questo genere, sia stato meglio. La scelta che è
stata fatta è stata una scelta molto giusta, cioè di non forzare la
mano, visto che esisteva un atteggiamento di questo genere, non tanto
tra gli studenti.
Ecco io distinguerei fortemente. Direi tre cose. Tra gli studenti, il
gruppo che si è opposto è una strettissima minoranza, e questa è la
maledizione de “La Sapienza”, cioè il fatto che esista sempre qualche
gruppo di scalmanati che riesce a imporre la sua volontà alla stragrande
maggioranza degli studenti. Io non credo che tra gli studenti questa
posizione sia non dico maggioritaria, ma neanche estesa.
Tra i docenti è diverso. Hanno firmato solo in 67, ma io credo che siano
molti di più quelli che invece hanno una posizione di questo tipo. Lo
dico positivamente, per conoscenza. Poi ci sono anche moltissimi, che
invece la pensano in modo differente. E già so di raccolte di firme, in
queste ore. Non c'è dubbio, ecco. Mi riesce difficile stimare le
percentuali, non ne ho idea. Però è chiaro che forse si divide metà e
metà; però appunto non è una minoranza stretta, non sono i 67, sono di
più.
Quindi di fronte a una cosa di questo genere, secondo me è stato giusto
non venire e dare anche una una lezione di stile, inviando un discorso
che in qualche modo smantella tutti i pretesti che sono stati alla base
del rifiuto, dell'opposizione alla venuta del Papa.
Dopo di che, secondo me il cambiamento di questa mentalità può avvenire
solo con un processo molto lento, di discussione, in cui si mostri
progressivamente che queste posizioni di tipo scientista, laicista,
oltranziste, sono delle posizioni di tipo sbagliato. Però, ripeto, per
fare andare avanti questi processi ci vuole molto tempo; non è una cosa
che si realizza nel giro di giorni, neanche di mesi o di un anno. Ci
vuole tempo.
Quindi lei pensa che sia possibile all'interno dell'Università pubblica
italiana iniziare un dialogo tra fede e ragione?
Prof. Israel: Penso senz'altro di si. Il vantaggio, ciò che di positivo
può uscire da questa vicenda, è che si crei una rete di persone, che si
è trovata a condividere le stesse idee, e che si conosca. Perché quello
che si vede in queste circostanze lo sto vedendo anche nelle lezioni: ci
sono molte persone che non sono d'accordo con quello che è avvenuto,
però non si conoscono tra loro.
Secondo me ci vuole che si crei una rete di persone che sia interessata
a questa tematica e che la sviluppi. Anche per questo ci vuole un po' di
tempo, ma le condizioni certamente ci sono. Penso che sia una situazione
molto difficile, ma penso che in prospettiva ci siano le condizioni
perché migliori la situazione. Bisogna avere un po' di pazienza...
L'Università è stata sempre terreno di ideologie piuttosto estremiste.
In Italia, come anche in molti altri Paesi d'Europa, è così. Non come
negli Stati Uniti, dove si trovano tutti i tipi di realtà. Questo è il
punto.
Dal suo punto di vista, oltre a estrapolare dal contesto la citazione
del Pontefice della frase di Feyerabend o a parlare del “caso” Galileo,
quali possono essere stati gli altri errori o artifici retorici nella
comunicazione?
Prof. Israel: Non so se siano errori di comunicazione. A mio parere
riflettono da un lato un degrado culturale, perché chi fa una cosa del
genere e non se ne vergogna, o addirittura non se ne rende conto (come
in certi casi ho constatato), è una persona che culturalmente è caduta
di livello.
In altri casi ho constatato che c'è un accanimento viscerale che preme
su qualsiasi cosa. Ho avuto una discussione proprio poco fa per posta
elettronica con un collega. Alla fine si è rivelato sordo a qualsiasi
argomento, e non riuscendo a rispondere, mi ha detto semplicemente che
il Papa non doveva venire, che deve solo chiedere scusa per il resto
della sua vita, e cose di questo tipo. O addirittura scrivendo che solo
chi conosce tutti i teoremi della matematica può permettersi di parlare
di scienze. Che dire? Penso che ci sia una componente di astio anche
estremamente forte in molte persone.
Ha avuto delle ripercussioni o ha subito critiche e attacchi per essersi
schierato in questi giorni?
Prof. Israel: Non ho visto molta gente in questo periodo, ma è la solita
situazione. Cioè chi prende posizioni come quelle che prendo io, paga un
prezzo. Ci sono persone che non ti parlano più, perché, ripeto, è un
clima fortemente fazioso.
La Sapienza e la cristofobia di certi
intellettuali italiani
Renato Farina, su Libero 13 gennaio 2008
Attenzione, preparano l’agguato al Papa. L’ignoranza domina tra i
presunti scienziati dell’Università La Sapienza di Roma. In 67
cattedratici vogliono impedire al Papa di parlare, anzi persino di
entrare in aula magna giovedì prossimo, per l’inaugurazione dell’anno
accademico…
L’ignoranza domina tra i presunti scienziati dell’Università La Sapienza
di Roma. In 67 cattedratici vogliono impedire al Papa di parlare, anzi
persino di entrare in aula magna giovedì prossimo, per l’inaugurazione
dell’anno accademico. Hanno firmato un appello, sono quasi tutti fisici.
Dicono: è uno straniero, un oscurantista, ha parlato male di Galileo
difendendone la condanna diciassette anni fa. Una bugia, lo vedremo. Ma
procediamo. Era stato il rettore a volere la presenza di Benedetto XVI.
Nei piani originari sarebbe dovuta toccare al Santo Padre la lectio
magistralis, la prolusione che dà il tono dell’anno universitario. Poi
però pareva di dare troppo onore a un Ratzinger qualunque. E il rettore
ha ripiegato, cedendo alle pressioni, mettendolo al terzo o quarto posto
tra i relatori, preceduto da quel fenomeno di laureato della Scuola
Normale di Pisa, Fabio Mussi, oggi ministro della Ricerca, e dal sindaco
Walter Veltroni.
Il Papa, che è umile, non ha fatto una piega, ha detto va bene. Era
abituato a dibattere con gente tipo Habermas, è stato professore nelle
massime università tedesche, da Monaco a Tubinga, ma si accontentava
anche di mettersi in coda al noto perito della scuola cinematografica
Veltroni. Mussi e Veltroni, questi due scienziatoni da Nobel, hanno il
plauso dei docenti protestatari. I quali non si sono accontentati di un
malcontento sommesso. Hanno chiamato a corte le truppe. Così a costoro
hanno assicurato di garantire una presenza fattivamente contestatrice di
gruppi no global, che già stanno battendo su internet il loro tamburo da
richiamo della foresta, per montare casini antipapali. C’è allarme
ordine pubblico. Il Papa non demorde però. Il cardinal Ruini lo
sostiene, assicura che sarà accolto bene: sono migliaia i docenti felici
di incontrarlo, e gli studenti pure. Dunque Ratzinger ci va lo stesso.
Non vuole blindature. Il suo pensiero è che siamo come nei primi secoli
della Chiesa: Saulo di Tarso parlava all’Areopago di Atena, suscitando
il riso dei presunti sapienti. Lui non si sente migliore del vecchio
apostolo. I primi secoli sono profezia degli ultimi.
Qui faremmo alcune osservazioni. Anzitutto a Repubblica, che è il
quotidiano che si fa eco di questa volontà di pulizia etnica del Papa
dall’università e dunque dall’ambito culturale. Ieri ha ospitato senza
repliche incredibili discorsi da repulisti razziale. La morale è tirata
da tale Carlo Cosmelli, forse un Nobel, che spiega il fuoco di
sbarramento: «Le accuse anti-scienza che il Papa ha lanciato da
cardinale le ha ribadite anche nell’ultima enciclica. Lui è convinto
che, quando la verità scientifica entra in contrasto con quella
rivelata, la prima deve fermarsi. In una comunità scientifica ciò non
può essere accettato». È evidente la panzana. Questo Papa non fa altro
che domandare di «allargare la ragione» (Regensburg, 14 settembre 2006).
Pone la questione dell’uso della scienza non della necessità della
scienza. Ma - a leggere bene - questi scienziati de noantri imputano al
Papa un discorso del 1990. Gli attribuiscono questo pensiero preso da
Feyerabend: «Il processo della Chiesa contro Galileo fu ragionevole e
giusto». Questa frase è tratta da internet, voce Ratzinger in Wikipedia,
e questi hanno copiato senza leggere il discorso integrale dove l’allora
cardinale spiegava come anche Ernst Block e tanti altri filosofi
stessero rivalutando l’attitudine della Chiesa verso la scienza.
L’esatto contrario di quanto sostenuto dai 67 piuttosto somari. Ma non
vale la pena discutere con chi cerca pretesti per l’intolleranza.
In realtà a noi basterebbe si applicasse la par condicio. C’è una specie
di cristofobia dominante in certi ambiti intellettuali italiani: un odio
quasi neroniano, che si trasforma in amore sollecito e pastorale verso
gli islamici purché siano estremisti. L’Università La Sapienza di Roma
ha siglato il 15 giugno del 2006 un accordo per la creazione di un
Comitato accademico italo-egiziano di «studi comparati per il progresso
delle scienze umane nel Mediterraneo» (Oscum), tra la celebre università
islamica di Al Azhar, considerata una sorta di Vaticano sunnita, e un
cartello di cinque università italiane tra cui primeggia appunto La
Sapienza di Roma. L’accordo è stato firmato alla presenza dello sheikh
di Al Azhar, Mohamed Sayed Tantawi, ritenuto la massima autorità
teologica dell’islam sunnita. Tantawi è uno che ha scritto fatwe per
giustificare i kamikaze palestinesi, per santificare la condanna a morte
di islamici che si convertano al cristianesimo e lo dicano ad alta voce.
Ma per i professori della Sapienza di Roma va bene così, nessun appello
avverso. Al Tantawi sì, Ratzinger no.
A questo siamo ridotti nelle Università italiane. Se ci fosse un
criterio serio per la selezione dei docenti, questa gente dovrebbe
essere sospesa dall’insegnamento. Figuriamoci, hanno già avuto mezza
partita vinta: hanno retrocesso il Papa a figurante tra Mussi e Veltroni,
ma non si accontentano. Repubblica di Ezio Mauro è dalla loro parte.
Queste cose si vedevano al tempo del nazismo contro gli uomini
diversamente pensanti. Ora accadono a Roma, Italia.
| indietro | | inizio
pagina |
|