Il Papa: "terroristi fermatevi, in nome di Dio"

Il Papa manifesta il suo profondo dolore per gli attentati di Londra e ricorda San Benedetto che, sulle ceneri dell'Impero Romano, gettò il seme di una nuova civiltà e ne illustra il messaggio, che illumina anche il nostro oggi.

 

Una preghiera per le vittime degli attentati terroristici di Londra, ma anche per coloro che li hanno commessi, perché Dio, che “ama la vita, che ha creato, e non la morte”, tocchi i loro cuori. 

È l’appello che Benedetto XVI ha lanciato oggi, dopo la recita dell’Angelus, alla quale erano presenti, in piazza San Pietro, circa 40.000 fedeli.

“Proviamo tutti - ha detto il Papa - un profondo dolore per gli atroci attentati terroristici di Londra di giovedì scorso. Preghiamo per le persone uccise, per quelle ferite e per i loro cari”.

“Ma preghiamo anche - ha aggiunto - per gli attentatori: il Signore tocchi i loro cuori. A quanti fomentano sentimenti di odio e a quanti compiono azioni terroristiche tanto ripugnanti dico: Dio ama la vita, che ha creato, non la morte. Fermatevi, in nome di Dio!”.

Prima della recita della preghiera mariana, il Papa, ricordando che domani ricorre la memoria liturgica di san Benedetto, ne aveva illustrato la figura e l’opera. “Domani - ha detto - ricorre la festa di San Benedetto Abate, Patrono d'Europa, un Santo a me particolarmente caro, come si può intuire dalla scelta che ho fatto del suo nome. Nato a Norcia intorno al 480, Benedetto compì i primi studi a Roma ma, deluso dalla vita della città, si ritirò a Subiaco, dove rimase per circa tre anni in una grotta - il celebre 'sacro speco' - dedicandosi interamente a Dio. A Subiaco, avvalendosi dei ruderi di una ciclopica villa dell'imperatore Nerone, egli, insieme ai suoi primi discepoli, costruì alcuni monasteri dando vita ad una comunità fraterna fondata sul primato dell'amore di Cristo, nella quale la preghiera e il lavoro si alternavano armonicamente a lode di Dio. Alcuni anni dopo, a Montecassino, diede forma compiuta a questo progetto, e lo mise per iscritto nella 'Regola', unica sua opera a noi pervenuta”.

“Tra le ceneri dell'Impero Romano, Benedetto, cercando prima di tutto il Regno di Dio - ha proseguito il Papa - gettò, forse senza neppure rendersene conto, il seme di una nuova civiltà che si sarebbe sviluppata, integrando i valori cristiani con l'eredità classica, da una parte, e le culture germanica e slava, dall'altra. C'è un aspetto tipico della sua spiritualità, che quest'oggi vorrei particolarmente sottolineare. Benedetto non fondò un'istituzione monastica finalizzata principalmente all'evangelizzazione dei popoli barbari, come altri grandi monaci missionari dell'epoca, ma indicò ai suoi seguaci come scopo fondamentale, anzi unico, dell'esistenza la ricerca di Dio: 'Quaerere Deum'. Egli sapeva, però, che quando il credente entra in relazione profonda con Dio non può accontentarsi di vivere in modo mediocre all'insegna di un'etica minimalistica e di una religiosità superficiale''.

   ''Si comprende, in questa luce, allora, - ha concluso - meglio l'espressione che Benedetto trasse da san Cipriano e che sintetizza nella sua Regola il programma di vita dei monaci: 'Nihil amori Christi praeponere', 'Niente anteporre all'amore di Cristo'. In questo consiste la santità, proposta valida per ogni cristiano e diventata una vera urgenza pastorale in questa nostra epoca in cui si avverte il bisogno di ancorare la vita e la storia a saldi riferimenti spirituali”.
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[Fonte: AsiaNews del 10 luglio 2005]
 

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