Sono lieto di accogliervi per questo incontro che, ogni anno, vi riunisce
intorno al Successore di Pietro, illustri Rappresentanti di così numerosi
Paesi. Esso riveste un alto significato, poiché offre un’immagine e al tempo
stesso un esempio del ruolo della Chiesa e della Santa Sede nella comunità
internazionale. Rivolgo a ciascuno di voi saluti e voti cordiali, in
particolare a quanti sono qui per la prima volta. Vi sono riconoscente per
l’impegno e l’attenzione con i quali, nell’esercizio delle vostre delicate
funzioni, seguite le mie attività, quelle della Curia Romana e, così, in un
certo modo, la vita della Chiesa cattolica in ogni parte del mondo. Il
vostro Decano, l’Ambasciatore Alejandro Valladares Lanza, si è fatto
interprete dei vostri sentimenti, e lo ringrazio per gli auguri che mi ha
espresso a nome di tutti. Sapendo quanto la vostra comunità è unita, sono
certo che è presente oggi nel vostro pensiero l’Ambasciatrice del Regno dei
Paesi Bassi, la Baronessa van Lynden-Leijten, ritornata qualche settimana fa
alla casa del Padre. Mi associo nella preghiera ai vostri sentimenti di
commozione.
Quando inizia un nuovo anno, nei nostri cuori e nel mondo
intero risuona ancora l’eco del gioioso annuncio che è brillato venti secoli
or sono nella notte di Betlemme, notte che simboleggia la condizione
dell’umanità, nel suo bisogno di luce, d’amore e di pace. Agli uomini di
allora come a quelli di oggi, le schiere celesti hanno recato la buona
notizia dell’avvento del Salvatore: "Il popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una
luce rifulse" (Is 9,1). Il Mistero del Figlio di Dio che diventa figlio
d’uomo supera sicuramente ogni attesa umana. Nella sua gratuità assoluta,
questo avvenimento di salvezza è la risposta autentica e completa al
desiderio profondo del cuore. La verità, il bene, la felicità, la vita in
pienezza, che ogni uomo ricerca consapevolmente o inconsapevolmente, gli
sono donati da Dio. Aspirando a questi benefici, ogni persona è alla ricerca
del suo Creatore, perché "solo Dio risponde alla sete che sta nel cuore di
ogni uomo" (Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 23). L’umanità, in
tutta la sua storia, attraverso le sue credenze e i suoi riti, manifesta
un’incessante ricerca di Dio e "tali forme d’espressione sono così
universali che l’uomo può essere definito un essere religioso" (Catechismo
della Chiesa Cattolica, 28). La dimensione religiosa è una caratteristica
innegabile e incoercibile dell’essere e dell’agire dell’uomo, la misura
della realizzazione del suo destino e della costruzione della comunità a cui
appartiene. Pertanto, quando l’individuo stesso o coloro che lo circondano
trascurano o negano questo aspetto fondamentale, si creano squilibri e
conflitti a tutti i livelli, tanto sul piano personale che su quello
interpersonale.
E’ in questa verità primaria e fondamentale che si trova la ragione per
cui ho indicato la libertà religiosa come la via fondamentale per la
costruzione della pace, nel Messaggio per la celebrazione della Giornata
Mondiale della Pace di quest’anno. La pace, infatti, si costruisce e si
conserva solamente quando l’uomo può liberamente cercare e servire Dio nel
suo cuore, nella sua vita e nelle sue relazioni con gli altri.
Signore e Signori Ambasciatori, la vostra presenza in questa circostanza
solenne è un invito a compiere un giro di orizzonte su tutti i Paesi che voi
rappresentate e sul mondo intero. In questo panorama, non vi sono forse
numerose situazioni nelle quali, purtroppo, il diritto alla libertà
religiosa è leso o negato? Questo diritto dell’uomo, che in realtà è il
primo dei diritti, perché, storicamente, è stato affermato per primo, e,
d’altra parte, ha come oggetto la dimensione costitutiva dell’uomo, cioè la
sua relazione con il Creatore, non è forse troppo spesso messo in
discussione o violato? Mi sembra che la società, i suoi responsabili e
l’opinione pubblica si rendano oggi maggiormente conto, anche se non sempre
in modo esatto, di tale grave ferita inferta contro la dignità e la libertà
dell’homo religiosus, sulla quale ho tenuto, a più riprese, ad attirare
l’attenzione di tutti.
L’ho fatto durante i miei viaggi apostolici dell’anno scorso, a Malta e
in Portogallo, a Cipro, nel Regno Unito e in Spagna. Al di là delle
caratteristiche di questi Paesi, conservo di tutti un ricordo pieno di
gratitudine per l’accoglienza che mi hanno riservato. L’Assemblea Speciale
per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si è svolta in Vaticano nel
corso del mese di ottobre, è stata un momento di preghiera e di riflessione,
durante il quale il pensiero si è rivolto con insistenza verso le comunità
cristiane di quelle regioni del mondo, così provate a causa della loro
adesione a Cristo e alla Chiesa.
Sì, guardando verso l’Oriente, gli attentati che hanno seminato morte,
dolore e smarrimento tra i cristiani dell’Iraq, al punto da spingerli a
lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli, ci hanno
profondamente addolorato. Rinnovo alle Autorità di quel Paese e ai capi
religiosi musulmani il mio preoccupato appello ad operare affinché i loro
concittadini cristiani possano vivere in sicurezza e continuare ad apportare
il loro contributo alla società di cui sono membri a pieno titolo. Anche in
Egitto, ad Alessandria, il terrorismo ha colpito brutalmente dei fedeli in
preghiera in una chiesa. Questa successione di attacchi è un segno ulteriore
dell’urgente necessità per i Governi della Regione di adottare, malgrado le
difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze
religiose. Bisogna dirlo ancora una volta? In Medio Oriente, "i cristiani
sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a
tutti i loro doveri nazionali. E’ naturale che essi possano godere di tutti
i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà
nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di
comunicazione" (Messaggio al Popolo di Dio dell’Assemblea Speciale per il
Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, 10). A tale riguardo, apprezzo
l’attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui
hanno dato prova alcuni Paesi d’Europa negli ultimi giorni, domandando una
risposta concertata dell’Unione Europea affinché i cristiani siano difesi
nel Medio Oriente. Vorrei ricordare infine che la libertà religiosa non è
pienamente applicata là dove è garantita solamente la libertà di culto, per
di più con delle limitazioni. Incoraggio, inoltre, ad accompagnare la piena
tutela della libertà religiosa e degli altri diritti umani con programmi
che, fin dalla scuola primaria e nel quadro dell’insegnamento religioso,
educhino al rispetto di tutti i fratelli nell’umanità. Per quanto riguarda
poi gli Stati della Penisola Arabica, dove vivono numerosi lavoratori
immigrati cristiani, auspico che la Chiesa cattolica possa disporre di
adeguate strutture pastorali.
Tra le norme che ledono il diritto delle persone alla libertà religiosa,
una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro la blasfemia in
Pakistan: incoraggio di nuovo le Autorità di quel Paese a compiere gli
sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da
pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose.
Il tragico assassinio del Governatore del Punjab mostra quanto sia urgente
procedere in tal senso: la venerazione nei riguardi di Dio promuove la
fraternità e l’amore, non l’odio e la divisione. Altre situazioni
preoccupanti, talvolta con atti di violenza, possono essere menzionate nel
Sud e nel Sud-Est del continente asiatico, in Paesi che hanno peraltro una
tradizione di rapporti sociali pacifici. Il peso particolare di una
determinata religione in una nazione non dovrebbe mai implicare che i
cittadini appartenenti ad un’altra confessione siano discriminati nella vita
sociale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi. A
questo proposito, è importante che il dialogo inter-religioso favorisca un
impegno comune a riconoscere e promuovere la libertà religiosa di ogni
persona e di ogni comunità. Infine, come ho già ricordato, la violenza
contro i cristiani non risparmia l’Africa. Gli attacchi contro luoghi di
culto in Nigeria, proprio mentre si celebrava la Nascita di Cristo, ne sono
un’altra triste testimonianza.
In diversi Paesi, d’altronde, la Costituzione riconosce una certa libertà
religiosa, ma, di fatto, la vita delle comunità religiose è resa difficile e
talvolta anche precaria (cfr Conc. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae, 15),
perché l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e
politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio,
dello Stato sulla società. Bisogna che cessino tali ambiguità, in modo che i
credenti non si trovino dibattuti tra la fedeltà a Dio e la lealtà alla loro
patria. Domando in particolare che sia garantita dovunque alle comunità
cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la libertà di compiere la
loro missione, in conformità alle norme e agli standards internazionali in
questo campo.
In questo momento, il mio pensiero si volge di nuovo verso la comunità
cattolica della Cina continentale e i suoi Pastori, che vivono un momento di
difficoltà e di prova. D’altro canto, vorrei indirizzare una parola di
incoraggiamento alle Autorità di Cuba, Paese che ha celebrato nel 2010
settantacinque anni di relazioni diplomatiche ininterrotte con la Santa
Sede, affinché il dialogo che si è felicemente instaurato con la Chiesa si
rafforzi ulteriormente e si allarghi.
Spostando il nostro sguardo dall’Oriente all’Occidente, ci troviamo di
fronte ad altri tipi di minacce contro il pieno esercizio della libertà
religiosa. Penso, in primo luogo, a Paesi nei quali si accorda una grande
importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una
crescente emarginazione. Si tende a considerare la religione, ogni
religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o
addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni
influenza nella vita sociale. Si arriva così a pretendere che i cristiani
agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro
convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come,
per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto
all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del
diritto.
In tale contesto, non si può che rallegrarsi dell’adozione da parte del
Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una Risoluzione che
protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di
fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come
l’aborto.
Un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in
particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica
feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti
appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono. Agendo così,
non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica
della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano
l’identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni. L’anno
scorso, alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo
italiano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei
luoghi pubblici. Desidero esprimere la mia gratitudine alle Autorità di
queste nazioni, come pure a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso,
Episcopati, Organizzazioni e Associazioni civili o religiose, in particolare
il Patriarcato di Mosca e gli altri rappresentanti della gerarchia
ortodossa, come tutte le persone - credenti ma anche non credenti - che
hanno tenuto a manifestare il loro attaccamento a questo simbolo portatore
di valori universali.
Riconoscere la libertà religiosa significa, inoltre, garantire che le
comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative
nei settori sociale, caritativo od educativo. In ogni parte del mondo,
d’altronde, si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa
cattolica in questi campi. E’ preoccupante che questo servizio che le
comunità religiose offrono a tutta la società, in particolare per
l’educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da
progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in
materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell’America
Latina. Mentre parecchi di essi celebrano il secondo centenario della loro
indipendenza, occasione propizia per ricordarsi del contributo della Chiesa
cattolica alla formazione dell’identità nazionale, esorto tutti i governi a
promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle
famiglie a decidere circa l’educazione dei figli e che si ispirino al
principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta.
Proseguendo la mia riflessione, non posso passare sotto silenzio un’altra
minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là
dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che
trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in
realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione.
Signore e Signori Ambasciatori,
in questa circostanza solenne, permettetemi di esplicitare alcuni
principi a cui la Santa Sede, con tutta la Chiesa cattolica, si ispira nella
sua attività presso le Organizzazioni Internazionali intergovernative, al
fine di promuovere il pieno rispetto della libertà religiosa per tutti. In
primo luogo, la convinzione che non si può creare una sorta di scala nella
gravità dell’intolleranza verso le religioni. Purtroppo, un tale
atteggiamento è frequente, e sono precisamente gli atti discriminatori
contro i cristiani che sono considerati meno gravi, meno degni di attenzione
da parte dei governi e dell’opinione pubblica. Al tempo stesso, si deve pure
rifiutare il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il
diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo, dimenticando o
negando così il ruolo centrale del rispetto della libertà religiosa nella
difesa e protezione dell’alta dignità dell’uomo. Meno giustificabili ancora
sono i tentativi di opporre al diritto alla libertà religiosa, dei pretesi
nuovi diritti, attivamente promossi da certi settori della società e
inseriti nelle legislazioni nazionali o nelle direttive internazionali, ma
che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non
trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana. Infine, occorre
affermare che una proclamazione astratta della libertà religiosa non è
sufficiente: questa norma fondamentale della vita sociale deve trovare
applicazione e rispetto a tutti i livelli e in tutti i campi; altrimenti,
malgrado giuste affermazioni di principio, si rischia di commettere profonde
ingiustizie verso i cittadini che desiderano professare e praticare
liberamente la loro fede.
La promozione di una piena libertà religiosa delle comunità cattoliche è
anche lo scopo che persegue la Santa Sede quando conclude Concordati o altri
Accordi. Mi rallegro che Stati di diverse regioni del mondo e di diverse
tradizioni religiose, culturali e giuridiche scelgano il mezzo delle
convenzioni internazionali per organizzare i rapporti tra la comunità
politica e la Chiesa cattolica, stabilendo attraverso il dialogo il quadro
di una collaborazione nel rispetto delle reciproche competenze. L’anno
scorso è stato concluso ed è entrato in vigore un Accordo per l’assistenza
religiosa dei fedeli cattolici delle forze armate in Bosnia-Erzegovina, e
negoziati sono attualmente in corso in diversi Paesi. Speriamo in un esito
positivo, capace di assicurare soluzioni rispettose della natura e della
libertà della Chiesa per il bene di tutta la società.
L’attività dei Rappresentanti Pontifici presso Stati ed Organizzazioni
internazionali è ugualmente al servizio della libertà religiosa. Vorrei
rilevare con soddisfazione che le Autorità vietnamite hanno accettato che io
designi un Rappresentante, che esprimerà con le sue visite alla cara
comunità cattolica di quel Paese la sollecitudine del Successore di Pietro.
Vorrei ugualmente ricordare che, durante l’anno passato, la rete diplomatica
della Santa Sede si è ulteriormente consolidata in Africa, una presenza
stabile è ormai assicurata in tre Paesi dove il Nunzio non è residente. A
Dio piacendo, mi recherò ancora in quel continente, in Benin, nel novembre
prossimo, per consegnare l’Esortazione Apostolica che raccoglierà i frutti
dei lavori della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei
Vescovi.
Dinanzi a questo illustre uditorio, vorrei infine ribadire con forza che
la religione non costituisce per la società un problema, non è un fattore di
turbamento o di conflitto. Vorrei ripetere che la Chiesa non cerca
privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma
semplicemente esercitare questa missione con libertà. Invito ciascuno a
riconoscere la grande lezione della storia: "Come negare il contributo delle
grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà? La sincera ricerca
di Dio ha portato ad un maggiore rispetto della dignità dell’uomo. Le
comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno
fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli
circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni
democratiche e all’affermazione dei diritti dell’uomo e dei suoi
corrispettivi doveri. Anche oggi i cristiani, in una società sempre più
globalizzata, sono chiamati, non solo con un responsabile impegno civile,
economico e politico, ma anche con la testimonianza della propria carità e
fede, ad offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per
la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento
delle realtà umane" (Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale
della Pace, 1 gennaio 2011, 7).
Emblematica, a questo proposito, è la figura della Beata Madre Teresa di
Calcutta: il centenario della sua nascita è stato celebrato a Tirana, a
Skopje e a Pristina come in India; un vibrante omaggio le è stato reso non
soltanto dalla Chiesa, ma anche da Autorità civili e capi religiosi, senza
contare le persone di tutte le confessioni. Esempi come il suo mostrano al
mondo quanto l’impegno che nasce dalla fede sia benefico per tutta la
società.
Che nessuna società umana si privi volontariamente dell’apporto
fondamentale che costituiscono le persone e le comunità religiose! Come
ricordava il Concilio Vaticano II, assicurando pienamente e a tutti la
giusta libertà religiosa, la società potrà "godere dei beni di giustizia e
di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e la sua santa
volontà" (Dich. Dignitatis humanae, 6).
Ecco perché, mentre formulo voti affinché questo nuovo anno sia ricco di
concordia e di reale progresso, esorto tutti, responsabili politici, capi
religiosi e persone di ogni categoria, ad intraprendere con determinazione
la via verso una pace autentica e duratura, che passa attraverso il rispetto
del diritto alla libertà religiosa in tutta la sua estensione.
Su questo impegno, per la cui attuazione è necessario lo sforzo
dell’intera famiglia umana, invoco la Benedizione di Dio Onnipotente, che ha
operato la nostra riconciliazione con Lui e tra di noi, per mezzo del suo
Figlio Gesù Cristo, nostra pace (cfr Ef 2,14).
Buon anno a tutti!
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