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Discorso del Santo Padre presso il Memoriale di Mosè sul Monte Nebo
8 maggio 2009
[Indirizzo di saluto di padre
Carballo al Santo Padre]
Padre Ministro Generale,
Padre Custode,
Cari Amici,
in questo luogo santo, consacrato dalla memoria di Mosè, vi
saluto tutti con affetto nel Signore nostro Gesù Cristo. Ringrazio il Ministro
Generale dell’Ordine dei Frati Minori, il P. José Rodríguez Carballo, per le
cordiali parole di benvenuto. Colgo inoltre questa occasione per rinnovare
l’espressione della mia gratitudine, e quella dell’intera Chiesa, ai Frati
Minori della Custodia per la loro secolare presenza in queste terre, per la loro
gioiosa fedeltà al carisma di san Francesco, come pure per la loro generosa
sollecitudine per il benessere spirituale e materiale delle comunità cristiane
locali e degli innumerevoli pellegrini che ogni anno visitano la Terra Santa.
Qui desidero ricordare anche, con particolare gratitudine, il defunto P. Michele
Piccirillo, che dedicò la sua vita allo studio delle antichità cristiane ed è
sepolto in questo santuario che egli amò così intensamente.
È giusto che il mio pellegrinaggio abbia inizio su questa montagna, dove Mosè
contemplò da lontano la Terra Promessa. Il magnifico scenario che ci si apre
dinanzi dalla spianata di questo santuario ci invita a considerare come quella
visione profetica abbracciava misteriosamente il grande piano della salvezza che
Dio aveva preparato per il suo Popolo.
Nella Valle del Giordano, infatti, che si snoda sotto di noi, nella pienezza dei
tempi Giovanni Battista sarebbe venuto a preparare la via del Signore. Nelle
acque del Giordano Gesù, dopo il battesimo ad opera di Giovanni, sarebbe stato
rivelato come il Figlio diletto del Padre e, dopo essere stato unto di Spirito
Santo, avrebbe inaugurato il proprio ministero pubblico. Fu ancora dal Giordano
che il Vangelo si sarebbe diffuso, dapprima mediante la predicazione stessa e i
miracoli di Cristo, e poi, dopo la sua risurrezione e l’effusione dello Spirito
a Pentecoste, mediante l’opera dei suoi discepoli sino ai confini della terra.
Qui, sulle alture del Monte Nebo, la memoria di Mosè ci invita ad "innalzare gli
occhi" per abbracciare con gratitudine non soltanto le opere meravigliose di Dio
nel passato, ma anche a guardare con fede e speranza al futuro che egli ha in
serbo per noi e per il mondo intero.
Come Mosè, anche noi siamo stati chiamati per nome, invitati ad intraprendere un
quotidiano esodo dal peccato e dalla schiavitù verso la vita e la libertà, e ci
vien data un’incrollabile promessa per guidare il nostro cammino.
Nelle acque del Battesimo siamo passati dalla schiavitù del peccato ad una nuova
vita e ad una nuova speranza. Nella comunione della Chiesa, Corpo di Cristo, noi
pregustiamo la visione della città celeste, la nuova Gerusalemme, nella quale
Dio sarà tutto in tutti. Da questa santa montagna Mosè orienta il nostro sguardo
verso l’alto, verso il compimento di tutte le promesse di Dio in Cristo.
Mosè contemplò la Terra Promessa da lontano, al termine del suo pellegrinaggio
terreno. Il suo esempio ci ricorda che anche noi facciamo parte del
pellegrinaggio senza tempo del Popolo di Dio lungo la storia. Sulle orme dei
Profeti, degli Apostoli e dei Santi, siamo chiamati a portare avanti la missione
del Signore, a rendere testimonianza al Vangelo dell’amore e della misericordia
universali di Dio.
Noi siamo chiamati ad accogliere la venuta del Regno di Cristo mediante la
nostra carità, il nostro servizio ai poveri ed i nostri sforzi di essere lievito
di riconciliazione, di perdono e di pace nel mondo che ci circonda. Sappiamo
che, come Mosè, non vedremo il pieno compimento del piano di Dio nell’arco della
nostra vita. Eppure abbiamo fiducia che, facendo la nostra piccola parte, nella
fedeltà alla vocazione che ciascuno ha ricevuto, contribuiremo a rendere diritte
le vie del Signore e a salutare l’alba del suo Regno. Sappiamo che Dio, il quale
ha rivelato il proprio nome a Mosè come promessa che sarebbe sempre stato al
nostro fianco (cfr Es 3,14), ci darà la forza di perseverare in gioiosa speranza
anche tra sofferenze, prove e tribolazioni.
Sin dai primi tempi i cristiani sono venuti in pellegrinaggio ai luoghi
associati alla storia del Popolo eletto, agli eventi della vita di Cristo e
della Chiesa nascente. Questa grande tradizione, che il mio odierno
pellegrinaggio intende continuare e confermare, è basata sul desiderio di
vedere, toccare e assaporare in preghiera e in contemplazione, i luoghi
benedetti dalla presenza fisica del nostro Salvatore, della sua Madre benedetta,
degli Apostoli e dei primi discepoli che lo videro risorto dai morti. Qui, sulle
orme degli innumerevoli pellegrini che ci hanno preceduto lungo i secoli, siamo
spinti, quasi come in una sfida, ad apprezzare più pienamente il dono della
nostra fede e a crescere in quella comunione che trascende ogni limite di
lingua, di razza e di cultura.
L’antica tradizione del pellegrinaggio ai luoghi santi ci ricorda inoltre
l’inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo.
Sin dagli inizi, la Chiesa in queste terre ha commemorato nella propria liturgia
le grandi figure dell’Antico Testamento, quale segno del suo profondo
apprezzamento per l’unità dei due Testamenti. Possa l’odierno nostro incontro
ispirare in noi un rinnovato amore per il canone della Sacra Scrittura ed il
desiderio di superare ogni ostacolo che si frappone alla riconciliazione fra
Cristiani ed Ebrei, nel rispetto reciproco e nella cooperazione al servizio di
quella pace alla quale la Parola di Dio ci chiama!
Cari Amici, riuniti in questo santo luogo, eleviamo gli occhi e i cuori al
Padre. Mentre ci apprestiamo a recitare la preghiera insegnataci da Gesù,
invochiamolo perché affretti la venuta del suo Regno, così che possiamo vedere
il compimento del suo piano di salvezza e sperimentare, insieme con san
Francesco e tutti i pellegrini che ci hanno preceduto segnati con il segno della
fede, il dono dell’indicibile pace – pax et bonum – che ci attende nella
Gerusalemme celeste.
© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
Indirizzo di saluto di padre Carballo al Santo Padre
Santo Padre,
voglia accogliere a nome di tutti i Frati Minori che vivono in Terra Santa e di
tutto l’Ordine il saluto di san Francesco: il Signore Le dia Pace!
Qui, sul Monte Nebo, alle porte della terra promessa, Le
diamo il benvenuto all’inizio del suo pellegrinaggio in Terra Santa. Qui Mosè,
al termine dell’esodo, ebbe la grazia di vedere la terra che il Signore aveva
promesso al suo popolo. La promessa di Dio diventava finalmente realtà. Mosè
aveva guidato Israele per quarant’anni, per quarant’anni era stato la voce di
Dio per il popolo e la voce del popolo presso Dio. Egli aveva ricevuto dal
Signore la legge e l’aveva consegnata ad Israele perché la osservasse. Aveva
aiutato il popolo a crescere nella fede, esortandolo e sostenendolo nei momenti
di scoraggiamento, ma anche ammonendolo e riprendendolo, quando la tentazione
delle cipolle d’Egitto si faceva più forte. Grazie a Mosè Israele aveva imparato
a conoscere meglio il suo Signore: un Dio provvidente che non abbandona mai il
suo popolo; che durante il cammino è luce nelle tenebre e ristoro dalla fatica;
che viene incontro ai bisogni dei suoi figli con la manna dal cielo e con
l’acqua dalla roccia; che scende in una tenda per stare in mezzo a loro e con
loro si fa pellegrino. Mosè, così, non solo guidò il popolo dell’Alleanza verso
questa terra, ma soprattutto lo condusse al suo Signore e Salvatore.
Santo Padre, Lei oggi ha voluto farsi pellegrino,
ricordandoci che questa è la condizione del popolo di Dio. In questo viaggio non
è solo. Vogliamo accompagnarla, anzi seguirla, come un tempo il popolo di
Israele aveva seguito Mosè e da lui si era lasciato condurre. Anche noi oggi ci
sentiamo come nel deserto e abbiamo bisogno di chi ci conduce al Signore, di
qualcuno che ci aiuti a conoscerlo sempre più come un Padre provvidente e
misericordioso, come il Signore nostro Gesù Cristo ce lo ha rivelato. Spesso,
infatti, siamo presi dallo scoraggiamento e dalla paura, quando il cammino si fa
aspro e duro. A volte sembra che il male prevalga. Ovunque ci volgiamo vediamo
guerre e violenze; c’è ancora tanta povertà che schiaccia gran parte
dell’umanità, mentre i diritti umani più elementari sono calpestati; per la sete
di ricchezza e di potere gli uomini non esitano a devastare il creato, che era
stato loro affidato perché ne avessero cura. La fede nella promessa della terra
dove scorre latte e miele, del Regno che cresce senza far rumore, come il
piccolo granello di senapa, rischia di affievolirsi nei nostri cuori e siamo
tentati di lasciare l’aratro e volgerci indietro.
Qui, su questo monte, un nostro Frate, Fr. Michele Piccirillo,
che da poco il Signore ha chiamato a sé, ha dedicato l’intera vita per
permetterci di gustare la bellezza di questi luoghi, restituendoci capolavori
perduti e sepolti dai secoli. La sua opera, oltre all’immenso valore
scientifico, ci insegna che è nella natura profonda dell’uomo andare sempre alla
ricerca della vera bellezza. Santità, in questo pellegrinaggio ci affidiamo a
Lei. Porti le nostre suppliche al Signore e ci rivolga ancora una volta quella
Parola, che è la sola a poterci donare la salvezza. Ci aiuti a riscoprire la
bellezza della nostra vocazione, la bellezza di essere discepoli del Risorto.
Allora, come i discepoli, avremo il coraggio di lasciare alle spalle il nostro
cenacolo comodo e sicuro per metterci di nuovo sulle strade del mondo,
testimoniando a tutti la gioia della Pasqua.
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