Un'esperienza particolarmente bella è stata
per me in quel giorno tenere una prolusione
davanti a un grande uditorio di professori e di studenti nell'Università di Regensburg,
dove per molti anni ho insegnato come professore. Con gioia ho potuto
incontrare ancora una volta il mondo universitario che, durante un lungo
periodo della mia vita, è stato la mia patria spirituale. Come tema avevo
scelto la questione del rapporto tra fede e ragione. Per introdurre l'uditorio
nella drammaticità e nell'attualità dell'argomento, ho citato alcune parole
di un dialogo cristiano-islamico del XIV secolo, con le quali l'interlocutore
cristiano - l'imperatore bizantino Manuele II Paleologo - in modo per noi
incomprensibilmente brusco - presentò all’interlocutore islamico il
problema del rapporto tra religione e violenza. Questa citazione, purtroppo,
ha potuto prestarsi ad essere fraintesa. Per il lettore attento del mio testo,
però, risulta chiaro che non volevo in nessun modo far mie le parole negative
pronunciate dall'imperatore medievale in questo dialogo e che il loro
contenuto polemico non esprime la mia convinzione personale. La mia intenzione
era ben diversa: partendo da ciò che Manuele II successivamente dice in modo
positivo, con una parola molto bella, circa la ragionevolezza che deve guidare
nella trasmissione della fede, volevo spiegare che non religione e violenza,
ma religione e ragione vanno insieme. Il tema della mia conferenza –
rispondendo alla missione dell’Università – fu quindi la relazione tra
fede e ragione: volevo invitare al dialogo della fede cristiana col mondo
moderno ed al dialogo di tutte le culture e religioni. Spero che in diverse
occasioni della mia visita - per esempio, quando a Monaco ho sottolineato
quanto sia importante rispettare ciò che per gli altri è sacro (1) - sia
apparso con chiarezza il mio rispetto profondo per le grandi religioni e, in
particolare, per i musulmani, che “adorano l’unico Dio” e con i quali
siamo impegnati a “difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la
giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà” (Nostra
Aetate, 3). Confido quindi che, dopo le reazioni del primo momento, le
mie parole nell'Università di Regensburg possano costituire una spinta
e un incoraggiamento a un dialogo positivo, anche autocritico, sia tra le
religioni come tra la ragione moderna e la fede dei cristiani.
(1)
Pubblichiamo i punti salienti dell'omelia del Papa,
pronunciata a Monaco il 10 settembre:
[...] Il fatto sociale e il Vangelo non si possono scindere
tra loro così facilmente. Dove portiamo agli uomini soltanto conoscenze,
abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco. Allora
sopravvengono ben presto i meccanismi della violenza, e la capacità di
distruggere e di uccidere diventa la capacità prevalente, la capacità per
raggiungere il potere – un potere che una volta o l'altra dovrebbe portare
il diritto, ma che non ne sarà mai capace. In questo modo ci si allontana
sempre di più dalla riconciliazione, dall'impegno comune per la giustizia e
l'amore. I criteri, secondo i quali la tecnica entra a servizio del diritto e
dell'amore, si smarriscono; ma è proprio da questi criteri, che tutto
dipende: criteri che non sono soltanto teorie, ma che illuminano il cuore
portando così la ragione e l'agire sulla retta via.
Le popolazioni dell'Africa e dell'Asia ammirano le
prestazioni tecniche dell’Occidente e la nostra scienza, ma al contempo si
spaventano di fronte ad un tipo di ragione che esclude totalmente Dio dalla
visione dell'uomo, ritenendo questa la forma più sublime della ragione, da
imporre anche alle loro culture. La vera minaccia per la loro identità non la
vedono nella fede cristiana, ma invece nel disprezzo di Dio e nel cinismo che
considera il dileggio del sacro un diritto della libertà ed eleva l'utilità
a supremo criterio morale per i futuri successi della ricerca. Cari amici,
questo cinismo non è il tipo di tolleranza e di apertura culturale che i
popoli aspettano e che tutti noi desideriamo! La tolleranza di cui abbiamo
urgente bisogno comprende il timor di Dio – il rispetto di ciò che per
altri è cosa sacra. Questo rispetto per ciò che gli altri ritengono sacro
presuppone tuttavia che noi stessi impariamo nuovamente il timor di Dio.
Questo senso di rispetto può essere rigenerato nel mondo occidentale soltanto
se cresce di nuovo la fede in Dio, se Dio sarà di nuovo presente per noi ed
in noi.
La nostra fede non la imponiamo a nessuno. Un simile genere
di proselitismo è contrario al cristianesimo. La fede può svilupparsi
soltanto nella libertà. Facciamo però appello alla libertà degli uomini di
aprirsi a Dio, di cercarlo, di prestargli ascolto. Noi qui riuniti chiediamo
al Signore con tutto il cuore di pronunciare nuovamente il suo "Effatà!",
di guarire la nostra debolezza d'udito per Dio, per il suo operare e per la
sua parola, di renderci capaci di vedere e di ascoltare. Gli chiediamo di
aiutarci a ritrovare la parola della preghiera, alla quale ci invita nella
liturgia e la cui formula essenziale ci ha insegnato nel Padre nostro.
Il mondo ha bisogno di Dio. Noi abbiamo bisogno di Dio. Di
quale Dio abbiamo bisogno? Nella prima lettura, il profeta si rivolge a un
popolo oppresso dicendo: “La vendetta di Dio verrà” (vgl 35,4). Noi
possiamo facilmente intuire come la gente si immaginava tale vendetta. Ma il
profeta stesso rivela poi in che cosa essa consiste: nella bontà risanatrice
di Dio. E la spiegazione definitiva della parola del profeta, la troviamo in
Colui che è morto per noi sulla Croce: in Gesù, il Figlio di Dio
incarnato che qui ci guarda così insistentemente. La sua
“vendetta” è la Croce: il “No” alla violenza, “l’amore fino alla
fine”. È questo il Dio di cui abbiamo bisogno. Non veniamo meno al rispetto
di altre religioni e culture, non veniamo meno al profondo rispetto per
la loro fede, se confessiamo ad alta voce e senza mezzi termini quel Dio che
alla violenza ha opposto la sua sofferenza; che di fronte al male e al suo
potere innalza, come limite e superamento, la sua misericordia. A Lui
rivolgiamo la nostra supplica, perché Egli sia in mezzo a noi e ci aiuti ad
essergli testimoni credibili. Amen!
[...]