Alle 16 di oggi, il Santo Padre
Benedetto XVI si reca in auto al Palazzo Presidenziale
di Jerusalem per la Visita di cortesia al Presidente
dello Stato di Israele, S.E. il Sig. Shimon Peres.
Nel Palazzo Presidenziale ha luogo l’incontro privato
tra il Papa e il Presidente; seguono le foto, la
presentazione dei familiari e lo scambio dei doni.
Quindi il Santo Padre Benedetto XVI e il Presidente
Shimon Peres si dirigono verso il giardino interno del
Palazzo, dove li attendono le personalità politiche e
religiose. Lungo il percorso si svolge una breve
cerimonia per la piantagione di un albero. Al termine,
dopo l’esecuzione di un brano musicale, e il discorso
del Presidente, il Papa pronuncia il discorso che
riportiamo di seguito:
come gentile atto di ospitalità, il Presidente Peres
ci ha accolti qui nella sua residenza, offrendo a me la
possibilità di salutare tutti voi e di condividere, al
tempo stesso, con voi qualche breve considerazione.
Signor Presidente, La ringrazio per la cortese
accoglienza e per le sue calorose parole di saluto, che
di cuore contraccambio. Ringrazio inoltre i musicisti
che ci hanno intrattenuto con la loro elegante
esecuzione.
Signor Presidente, nel messaggio augurale che Le inviai
in occasione del Suo insediamento, avevo di buon grado
ricordato la Sua illustre testimonianza nel pubblico
servizio contrassegnato da un forte impegno nel
perseguire la giustizia e la pace. Oggi desidero
assicurare a Lei insieme al suo Governo appena formato,
come pure a tutti gli abitanti dello Stato di Israele,
che il mio pellegrinaggio ai Luoghi Santi è un
pellegrinaggio di preghiera in favore del dono prezioso
dell’unità e della pace per il Medio Oriente e per tutta
l’umanità. In verità, ogni giorno prego affinché la pace
che nasce dalla giustizia ritorni in Terra Santa e
nell’intera regione, portando sicurezza e rinnovata
speranza per tutti.
La pace è prima di tutto un dono divino. La pace infatti
è la promessa dell’Onnipotente all’intero genere umano e
custodisce l’unità. Nel libro del profeta Geremia
leggiamo: “Io conosco i progetti che ho fatto a vostro
riguardo – oracolo del Signore – progetti di pace e non
di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza”
(29,11). Il profeta ci ricorda la promessa
dell’Onnipotente che “si lascerà trovare”, che
“ascolterà”, che “ci radunerà insieme”. Ma vi è anche
una condizione: dobbiamo “cercarlo”, e “cercarlo con
tutto il cuore” (cfr ibid. 12-14).
Ai leader religiosi oggi presenti vorrei dire che il
contributo particolare delle religioni nella ricerca di
pace si fonda primariamente sulla ricerca appassionata e
concorde di Dio. Nostro è il compito di proclamare e
testimoniare che l’Onnipotente è presente e conoscibile
anche quando sembra nascosto alla nostra vista, che Egli
agisce nel nostro mondo per il nostro bene, e che il
futuro della società è contrassegnato dalla speranza
quando vibra in armonia con l’ordine divino.
È la presenza dinamica di Dio che raduna insieme i cuori
ed assicura l’unità. Di fatto, il fondamento ultimo
dell’unità tra le persone sta nella perfetta unicità e
universalità di Dio, che ha creato l’uomo e la donna a
propria immagine e somiglianza per condurci entro la sua
vita divina, così che tutti possano essere una cosa
sola.
Pertanto, i leader religiosi devono essere coscienti che
qualsiasi divisione o tensione, ogni tendenza
all’introversione o al sospetto fra credenti o tra le
nostre comunità può facilmente condurre ad una
contraddizione che oscura l’unicità dell’Onnipotente,
tradisce la nostra unità e contraddice l’Unico che
rivela se stesso come “ricco di amore e di fedeltà” (Es
34, 6; Sal 138,2; Sal 85, 11).
Cari Amici, Gerusalemme, che da lungo tempo è stata un
crocevia di popoli di diversa origine, è una città che
permette ad Ebrei, Cristiani e Musulmani sia di
assumersi il dovere che di godere del privilegio di dare
insieme testimonianza della pacifica coesistenza a lungo
desiderata dagli adoratori dell’unico Dio; di svelare il
piano dell’Onnipotente, annunciato ad Abramo, per
l’unità della famiglia umana; e di proclamare la vera
natura dell’uomo quale cercatore di Dio. Impegniamoci
dunque ad assicurare che, mediante l’ammaestramento e la
guida delle nostre rispettive comunità, le sosterremo
nell’essere fedeli a ciò che veramente sono come
credenti, sempre consapevoli dell’infinita bontà di Dio,
dell’inviolabile dignità di ogni essere umano e
dell’unità dell’intera famiglia umana.
La Sacra Scrittura ci offre anche una sua comprensione
della sicurezza. Secondo il linguaggio ebraico,
sicurezza –
batah – deriva da fiducia e non si
riferisce soltanto all’assenza di minaccia ma anche al
sentimento di calma e di confidenza. Nel libro del
profeta Isaia leggiamo di un tempo di benedizione
divina: “Infine in noi sarà infuso uno spirito
dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino e il
giardino sarà considerato una selva. Nel deserto
prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel
giardino. Praticare la giustizia darà pace, onorare la
giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre” (32,
15-17). Sicurezza, integrità, giustizia e pace: nel
disegno di Dio per il mondo esse sono inseparabili.
Lungi dall’essere semplicemente il prodotto dello sforzo
umano, esse sono valori che promanano dalla relazione
fondamentale di Dio con l’uomo, e risiedono come
patrimonio comune nel cuore di ogni individuo.
Vi è una via soltanto per proteggere e promuovere tali
valori: esercitarli! viverli! Nessun individuo, nessuna
famiglia, nessuna comunità o nazione è esente dal dovere
di vivere nella giustizia e di operare per la pace.
Naturalmente, ci si aspetta che i leader civili e
politici assicurino una giusta e adeguata sicurezza per
il popolo a cui servizio essi sono stati eletti.
Questo obiettivo forma una parte della giusta promozione
dei valori comuni all’umanità e pertanto non possono
contrastare con l’unità della famiglia umana. I valori e
i fini autentici di una società, che sempre tutelano la
dignità umana, sono indivisibili, universali e
interdipendenti (cfr Discorso alle Nazioni Unite, 18
aprile 2008). Non si possono pertanto realizzare quando
cadono preda di interessi particolari o di politiche
frammentarie. Il vero interesse di una nazione viene
sempre servito mediante il perseguimento della giustizia
per tutti.
Gentili Signore e Signori, una sicurezza durevole è
questione di fiducia, alimentata nella giustizia e
nell’integrità, suggellata dalla conversione dei cuori
che ci obbliga a guardare l’altro negli occhi e a
riconoscere il “Tu” come un mio simile, un mio fratello,
una mia sorella. In tale maniera non diventerà forse la
società stessa un “giardino ricolmo di frutti” (cfr Is
32,15), segnato non da blocchi e ostruzioni, ma dalla
coesione e dall’armonia? Non può forse divenire una
comunità di nobili aspirazioni, dove a tutti di buon
grado viene dato accesso all’educazione, alla dimora
familiare, alla possibilità d’impiego, una società
pronta ad edificare sulle fondamenta durevoli della
speranza?
Per concludere, desidero rivolgermi alle comuni famiglie
di questa città, di questa terra. Quali genitori
vorrebbero mai violenza, insicurezza o divisione per il
loro figlio o per la loro figlia? Quale umano obiettivo
politico può mai essere servito attraverso conflitti e
violenze? Odo il grido di quanti vivono in questo Paese
che invocano giustizia, pace, rispetto per la loro
dignità, stabile sicurezza, una vita quotidiana libera
dalla paura di minacce esterne e di insensata violenza.
So che un numero considerevole di uomini, donne e
giovani stanno lavorando per la pace e la solidarietà
attraverso programmi culturali e iniziative di sostegno
pratico e compassionevole; umili abbastanza per
perdonare, essi hanno il coraggio di tener stretto il
sogno che è loro diritto.
Signor Presidente, La ringrazio per la cortesia
dimostratami e La assicuro ancora una volta delle mie
preghiere per il Governo e per tutti i cittadini di
questo Stato. Possa un’autentica conversione dei cuori
di tutti condurre ad un sempre più deciso impegno per la
pace e la sicurezza attraverso la giustizia per
ciascuno.
Shalom!
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