Nelle stesse ore in cui si apre nella capitale
italiana la conferenza internazionale sulla guerra in Libano – con
rappresentanti di Nazioni Unite, Banca Mondiale, Stati Uniti, Canada,
Europa, Russia, paesi musulmani e Vaticano – la posizione di Benedetto
XVI si distacca in tutta la sua nitidezza e originalità.
Per coglierla, basta leggere le brevi parole da lui pronunciate domenica
23 luglio in due diversi momenti, entrambi di preghiera.
Il primo momento è stato l’Angelus di mezzogiorno, l’unico nel
quale Benedetto XVI ha dato le coordinate politiche essenziali della
posizione della Santa Sede sul conflitto.
Il papa ha detto che una pace stabile nella regione ha questi tre
capisaldi:
“il diritto dei libanesi all'integrità e sovranità del loro paese,
il diritto degli israeliani a vivere in pace nel loro stato e il diritto
dei palestinesi ad avere una patria libera e sovrana”.
Ha chiesto alle parti in conflitto un cessate il fuoco e l'apertura di
negoziati “con il sostegno della comunità internazionale”.
E ha insistito in particolare sul dovere dell’aiuto “umanitario”
alle popolazioni vittime della guerra, sia in Libano che in Galilea.
Ma il punto chiave del messaggio di Benedetto XVI all’Angelus è stato
un altro. È stato il suo invito a fare di quella domenica “una
speciale giornata di preghiera e di penitenza per implorare da Dio il
dono della pace”. Invito esteso non solo ai cristiani cattolici, ma
“a tutti i credenti”.
Sul finire del suo breve messaggio il papa ha così ricordato santa
Brigida, la cui festa cadeva in quel giorno:
“Santa Brigida venne dalla Svezia in Italia, visse a Roma e si recò
anche in pellegrinaggio in Terra Santa. Con la sua testimonianza ella ci
parla di apertura verso popoli e civiltà diverse. Chiediamole di
aiutare l’umanità di oggi a creare grandi spazi di pace. Ottenga in
particolare dal Signore la pace in quella Terra Santa verso la quale
ebbe profondo affetto e venerazione”.
* * *
Benedetto XVI mostra dunque di non aver dubbi: l’apporto specifico che
la Chiesa può dare alla pace nel mondo non è politico, ma
essenzialmente religioso. Con al centro la croce di Gesù.
E infatti nel pomeriggio – nel suo secondo breve intervento – solo
su questo è tornato ad insistere: su Gesù e sulla sua sequela.
Il papa si è recato a Rhemes Saint-Georges, in una piccola parrocchia
di montagna, e alle persone che gremivano la chiesetta ha dettato una
meditazione sul brano di san Paolo letto nelle messe di quella domenica.
Il brano era tratto dalla Lettera agli Efesini, 2, 13-18:
“Ora in Cristo Gesù voi che un tempo eravate i lontani siete
diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra
pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di
separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo
della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare
in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per
riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della
croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia. Egli è venuto perciò ad
annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano
vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al
Padre in un solo Spirito”.
E così Benedetto XVI l’ha commentato. La meditazione è durata sette
minuti. Il papa non leggeva ma improvvisava. Ecco la trascrizione
integrale delle sue parole, assolutamente da leggere:
Come essere forze di pace nel mondo
di Benedetto XVI
Solo una breve parola di meditazione sulla lettura che abbiamo
ascoltato. Ci colpisce nel sottofondo della situazione drammatica del
Vicino Oriente la bellezza della visione illustrata dall’apostolo
Paolo: Cristo è la nostra pace. Ha riconciliato gli uni e gli altri,
ebrei e pagani, unendoli nel suo corpo. Ha superato l’inimicizia nel
suo corpo, sulla croce. Con la sua morte ha superato l’inimicizia e ci
ha uniti tutti nella sua pace.
Ci colpisce, però, ancor più della bellezza di questa visione, il
contrasto con la realtà che viviamo e vediamo. E non possiamo far
altro, in un primo momento, che dire al Signore: “Ma Signore, che cosa
ci dice il tuo apostolo: ‘Sono riconciliati’?”. Noi vediamo, in
realtà, che non sono riconciliati... C’è ancora guerra tra
cristiani, musulmani, ebrei; e ci sono altri che fomentano la guerra e
tutto è ancora pieno di inimicizia, di violenza. Dove sta l’efficacia
del tuo sacrificio? Dove è nella storia questa pace della quale ci
parla il tuo apostolo?
Non possiamo noi uomini risolvere il mistero della storia, il mistero
della libertà umana di dire "no" alla pace di Dio. Non
possiamo risolvere tutto il mistero della relazione Dio-uomo, del suo
agire e del nostro rispondere. Dobbiamo accettare il mistero. Ci sono
tuttavia elementi di risposta che il Signore ci dà.
Un primo elemento – questa riconciliazione del Signore, questo suo
sacrificio – non è rimasto senza efficacia. C’è la grande realtà
della comunione della Chiesa universale, di tutti i popoli, la rete
della comunione eucaristica, che trascende le frontiere di culture, di
civiltà, di popoli, di tempi. C’è questa comunione, ci sono queste
“isole di pace” nel Corpo di Cristo. Ci sono. E sono forze di pace
nel mondo. Se guardiamo alla storia, possiamo vedere i grandi santi
della carità che hanno creato “oasi” di questa pace di Dio nel
mondo, che hanno sempre di nuovo acceso la sua luce, ed erano sempre di
nuovo anche capaci di riconciliare e di creare la pace. Ci sono i
martiri che hanno sofferto con Cristo, hanno dato questa testimonianza
della pace, dell’amore che mette un limite alla violenza.
E vedendo che la realtà della pace c’è – anche se l’altra
realtà è rimasta – possiamo andare più in profondità nel messaggio
di questa Lettera di san Paolo agli Efesini. Il Signore ha vinto sulla
croce. Non ha vinto con un nuovo impero, con una forza più potente
delle altre e capaci di distruggerle; ha vinto non in modo umano, come
noi immaginiamo, con un impero più forte dell’altro. Ha vinto con un
amore capace di giungere fino alla morte. Questo è il nuovo modo di
vincere di Dio: alla violenza non oppone una violenza più forte. Alla
violenza oppone proprio il contrario: l’amore sino alla fine, la sua
croce. Questo è il modo umile di vincere di Dio: con il suo amore – e
solo così è possibile – mette un limite alla violenza. Questo è un
modo di vincere che ci appare molto lento, ma è il vero modo di vincere
il male, di vincere la violenza e dobbiamo affidarci a questo modo
divino di vincere.
Affidarci vuol dire entrare attivamente in questo amore divino,
partecipare a questo lavoro di pacificazione, per essere in linea con
quanto il Signore dice: “Beati i pacificatori, gli operatori di pace,
perché sono loro i figli di Dio”. Dobbiamo portare, per quanto
possiamo, il nostro amore a tutti i sofferenti, sapendo che il giudice
del giudizio ultimo si identifica con i sofferenti. Quindi, quanto
facciamo ai sofferenti lo facciamo al giudice ultimo della nostra vita.
Questo è importante: che in questo momento possiamo portare questa sua
vittoria al mondo, partecipando attivamente alla sua carità.
Oggi in un mondo multiculturale e multireligioso, molti sono tentati di
dire: “Meglio per la pace nel mondo tra le religioni, le culture, non
parlare troppo delle specificità del cristianesimo, cioè di Gesù,
della Chiesa, dei sacramenti. Accontentiamoci delle cose che possono
essere più o meno comuni…”. Ma non è vero. Proprio in questo
momento – nel momento di un grande abuso del nome di Dio – abbiamo
bisogno del Dio che vince sulla croce, che vince non con la violenza, ma
con il suo amore. Proprio in questo momento abbiamo bisogno del volto di
Cristo, per conoscere il vero volto di Dio e per portare così
riconciliazione e luce a questo mondo. Perciò insieme con l’amore,
con il messaggio dell’amore, con tutto quanto possiamo fare per i
sofferenti in questo mondo, dobbiamo portare anche la testimonianza di
questo Dio, della vittoria di Dio proprio mediante la non violenza della
sua croce.
Ritorniamo così al punto di partenza. Quanto possiamo fare è rendere
la testimonianza dell’amore, la testimonianza della fede; è
soprattutto elevare un grido a Dio: possiamo pregare! Siamo sicuri che
il Padre nostro ascolta il grido dei suoi figli. Nella messa,
preparandoci alla santa comunione, a ricevere il Corpo di Cristo che ci
unisce, preghiamo con la Chiesa: “Liberaci, o Signore, da tutti i
mali, concedi la pace ai nostri giorni”. Questa sia la nostra
preghiera in questo momento: “Liberaci da tutti i mali e donaci la
pace”. Non domani o dopodomani: donaci, Signore, la pace oggi! Amen.
| indietro | | inizio
pagina |