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ATTO DI VENERAZIONE ALL’IMMACOLATA A PIAZZA DI SPAGNA
08.12.2009

[Ne parla Mario Morcellini a Radio Vaticana]
[Nota SIR del 9 dicembre]

Alle ore 15.45 di oggi, Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, il Santo Padre Benedetto XVI lascia il Vaticano e si reca a Piazza di Spagna per il tradizionale atto di venerazione all’Immacolata. Lungo il percorso, il Papa compie una breve sosta davanti alla Chiesa della Santissima Trinità e riceve l’omaggio dell’Associazione Commercianti Via Condotti. Al Suo arrivo in Piazza di Spagna, verso le ore 16.15, il Santo Padre benedice un cesto di rose che viene poi deposto ai piedi della Colonna dell’Immacolata. Quindi il Santo Padre pronuncia il seguente discorso:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Nel cuore delle città cristiane, Maria costituisce una presenza dolce e rassicurante. Con il suo stile discreto dona a tutti pace e speranza nei momenti lieti e tristi dell’esistenza. Nelle chiese, nelle cappelle, sulle pareti dei palazzi: un dipinto, un mosaico, una statua ricorda la presenza della Madre che veglia costantemente sui suoi figli.
Anche qui, in Piazza di Spagna, Maria è posta in alto, quasi a vegliare su Roma.

Cosa dice Maria alla città? Cosa ricorda a tutti con la sua presenza? Ricorda che “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20) – come scrive l’apostolo Paolo. Ella è la Madre Immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio.

Quanto abbiamo bisogno di questa bella notizia!

Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Per questo la città ha bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la vittoria della Grazia sul peccato, e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente più difficili.

Nella città vivono – o sopravvivono – persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all’ultimo, finché la notizia e l’immagine attirano l’attenzione. E’ un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La città prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pietà, o con una falsa pietà. C’è invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto.

La città, cari fratelli e sorelle, siamo tutti noi! Ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male. Nel cuore di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno di noi deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso!

I mass media tendono a farci sentire sempre “spettatori”, come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti “attori” e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri.

Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, che in certi luoghi della città è irrespirabile. E’ vero: ci vuole l’impegno di tutti per rendere più pulita la città. E tuttavia c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. E’ l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia…

La città è fatta di volti, ma purtroppo le dinamiche collettive possono farci smarrire la percezione della loro profondità. Vediamo tutto in superficie. Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili.

Maria Immacolata ci aiuta a riscoprire e difendere la profondità delle persone, perché in lei vi è perfetta trasparenza dell’anima nel corpo. E’ la purezza in persona, nel senso che spirito, anima e corpo sono in lei pienamente coerenti tra di loro e con la volontà di Dio.

La Madonna ci insegna ad aprirci all’azione di Dio, per guardare gli altri come li guarda Lui: a partire dal cuore. E a guardarli con misericordia, con amore, con tenerezza infinita, specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati. “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia”.

Voglio rendere omaggio pubblicamente a tutti coloro che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare questa legge evangelica dell’amore, che manda avanti il mondo. Sono tanti, anche qui a Roma, e raramente fanno notizia. Uomini e donne di ogni età, che hanno capito che non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la società.

Cari amici Romani, e voi tutti che vivete in questa città! Mentre siamo affaccendati nelle attività quotidiane, prestiamo orecchio alla voce di Maria. Ascoltiamo il suo appello silenzioso ma pressante. Ella dice ad ognuno di noi: dove ha abbondato il peccato, possa sovrabbondare la grazia, a partire proprio dal tuo cuore e dalla tua vita! E la città sarà più bella, più cristiana, più umana.

Grazie, Madre Santa, di questo tuo messaggio di speranza. Grazie della tua silenziosa ma eloquente presenza nel cuore della nostra città. Vergine Immacolata, Salus Populi Romani, prega per noi!


© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana


La preghiera di Benedetto XVI alla statua dell'Immacolata: la Madonna disintossica i cuori spesso induriti dal male amplificato dai media

Molte sono state le reazioni alle parole di Benedetto XVI sul ruolo che oggi spesso giocano i media nella nostra società. Rosario Tronnolone ha sentito il prof. Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma:

R. - Avevamo bisogno di una diagnosi di questo genere, perché da molti mesi, e forse addirittura da molti anni, gli studiosi stanno cercando di attirare l’attenzione sul fatto che i media hanno orchestrato una gigantesca campagna, che noi chiamiamo “gigantografia del male”. È vero che il male è tra di noi, ma quello che sta succedendo è impressionante, nel senso che non c’è più proporzione diretta tra il racconto del male e la sua dimensione statistica.

D. - Come lei diceva, questa gigantografia finisce con il deresponsabilizzare in realtà le coscienze...

R. - Ha tre effetti e tutti e tre molto rischiosi e molto negativi, soprattutto se non c’è una presa di coscienza. Ecco, quindi, ancora una volta il plauso. Non è la prima volta che un Papa condanna gli eccessi dei media, ma le parole che Papa Benedetto XVI ha trovato sono davvero singolari e precise. E’ come se il racconto della cronaca nera fosse diventato l’unico modo con cui si racconta il cambiamento della società e degli individui. Il secondo elemento riguarda il pubblico: se noi vediamo cornici del male ovunque, siamo spinti a ritirarci nella vita privata e nel quotidiano in casa, quello che succede è che si innesca la paura dell’altro. Il terzo elemento è il segno che lascia sul nostro tempo: come se le promesse di un mondo più giusto e di un rapporto più civile tra gli uomini fossero ormai eliminate dal nostro scenario.

D. - Tra le critiche che il Santo Padre ha mosso ai media, c’è anche quello dello sfruttamento degli invisibili che raggiungono un momento di popolarità, più o meno positiva, per essere poi abbandonati al nulla…

R. - È il rovescio della medaglia. E’ chiaro che costruire l’eccezione e l’irregolarità significa dare cinque minuti di notorietà ad un soggetto che per ragioni di cronaca nera o per il surrealismo dei generi televisivi ottiene l’attenzione della scena. Sono soggetti che meno di altri sono in condizione poi di ritornare alla vita quotidiana. L’ebbrezza del video, la voglia di stare in prima pagina, soprattutto per soggetti che sono culturalmente meno preparati, può diventare - anch’essa - un’arma di perdita di personalità.

D. - Il Santo Padre ha invece invitato a guardare i volti delle persone che ci sono accanto…

R. - Gli "invisibili" mi rendo conto che, dal punto di vista mediato, rappresentano una sfida. Non è vero che non possono far notizia, non è vero perché ci sono dei mezzi di comunicazione - come la rete, ma anche come la radio - nei quali il gettito roboante della cronaca nera è meno frequente che in televisione e sui quotidiani. Questo significa che, industrialmente, un racconto diverso è possibile e dipende soltanto dalla professionalità e dalla cultura dei "media men".

D. - Il Santo Padre ha parlato di tutte quelle persone che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare invece la legge evangelica dell’amore. Perché questo non fa notizia?

R. - La santità dei tempi moderni, che ovviamente sfugge alle prime pagine, è proprio quella che in qualche modo tende a dilatarsi nella vita quotidiana. È vero che è la routine la grande sfida per l’uomo moderno. Siamo tutti bravi a dare il meglio di noi nel giorno di festa, ma sono i giorni feriali che mettono alla prova la nostra soggettività e la nostra forza spirituale. Al tempo stesso, però, in un tempo in cui fanno notizia soltanto dimensioni e personaggi apparentemente negativi, abbiamo un estremo bisogno di un riequilibrio della comunicazione. Se questo riequilibrio non ci sarà, le cornici psicologiche dei giovani ne verranno alterate. Alcuni messaggi comunicativi sono davvero tossici per la coscienza e per lo sguardo nei confronti dell’altro.


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Nota SIR 9 dicembre 2009 - MEDIA E CULTURA - Una certezza serena
Benedetto XVI: serve la "bella notizia"

La ripetitività è una delle caratteristiche più evidenti del sistema della comunicazione (e del consumo) globalizzato. La smentita, recita un vecchio adagio della professione giornalistica, è una notizia data due volte. Oggi la ripetitività è strutturale: una notizia ripetuta continuamente ed intensamente per un periodo breve, nella percezione del singolo utente, genera fatti molteplici. Così un omicidio, riproposto dagli angoli visuali più diversi, diventa tanti omicidi, generando un evidente effetto nell’opinione pubblica, un effetto ad un tempo di ansia e di banalizzazione. Se poi aggiungiamo alla cronaca (nera) la fiction, la dieta mediatica quotidiana di grandi e piccini sovrabbonda di un “male raccontato, ripetuto, amplificato”.

Lo ha ricordato l’8 dicembre, con grande semplicità, il Papa, al centro del suo discorso dell’Immacolata. L'analisi di Benedetto XVI è stata breve ed intensa, mettendo in luce un effetto di assuefazione, per cui “il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono”.

Che fare allora? Nessun anatema, nessuna censura. Piuttosto un appello (implicito) alla responsabilità, alla consapevolezza, all’educazione. E una risposta più radicale. Serve la “bella notizia”. Che non è buonismo o moralismo di maniera: la comunicazione ha le sue leggi tecniche. La “bella notizia” è Maria che ripete agli uomini ed alle donne del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio”.

È un appello alla realtà. Ed è questa in fondo la caratteristica del cristiano nella moderna “città”, nel vortice di tanti meccanismi disumanizzanti, in un grande frullatore che rende tutto precario, frammentario.

Ritorna l’appello che Benedetto XVI ha ripetuto in diversi contesti, a tenere conto, nel mondo di oggi, per muoversi nella società di oggi, non solo dell’ecologia ambientale, ma anche di quella umana. È la certezza serena, da vivere quotidianamente, conoscendo bene i meccanismi, della “bella notizia”, ascoltata, vissuta, testimoniata, messa in pratica: “Non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la società”. Una serenità che diventa vita vissuta.

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