Alle ore 15.45 di oggi, Solennità
dell’Immacolata Concezione della Beata
Vergine Maria, il Santo Padre Benedetto
XVI lascia il Vaticano e si reca a
Piazza di Spagna per il tradizionale
atto di venerazione all’Immacolata.
Lungo il percorso, il Papa compie una
breve sosta davanti alla Chiesa della
Santissima Trinità e riceve
l’omaggio dell’Associazione Commercianti
Via Condotti.
Al Suo arrivo in Piazza di Spagna, verso
le ore 16.15, il Santo Padre benedice un
cesto di rose che viene poi deposto ai
piedi della Colonna dell’Immacolata.
Quindi il Santo Padre pronuncia il
seguente discorso:
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle!
Nel cuore delle città cristiane, Maria
costituisce una presenza dolce e
rassicurante. Con il suo stile discreto
dona a tutti pace e speranza nei momenti
lieti e tristi dell’esistenza. Nelle
chiese, nelle cappelle, sulle pareti dei
palazzi: un dipinto, un mosaico, una
statua ricorda la presenza della Madre
che veglia costantemente sui suoi figli.
Anche qui, in Piazza di Spagna, Maria è
posta in alto, quasi a vegliare su Roma.
Cosa dice Maria alla città? Cosa ricorda
a tutti con la sua presenza? Ricorda che
“dove abbondò il peccato, sovrabbondò la
grazia” (Rm 5,20) – come scrive
l’apostolo Paolo. Ella è la Madre
Immacolata che ripete anche agli uomini
del nostro tempo: non abbiate paura,
Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla
radice, liberandoci dal suo dominio.
Quanto abbiamo bisogno di questa bella
notizia!
Ogni giorno, infatti, attraverso i
giornali, la televisione, la radio, il
male viene raccontato, ripetuto,
amplificato, abituandoci alle cose più
orribili, facendoci diventare
insensibili e, in qualche maniera,
intossicandoci, perché il negativo non
viene pienamente smaltito e giorno per
giorno si accumula. Il cuore si
indurisce e i pensieri si incupiscono.
Per questo la città ha bisogno di Maria,
che con la sua presenza ci parla di Dio,
ci ricorda la vittoria della Grazia sul
peccato, e ci induce a sperare anche
nelle situazioni umanamente più
difficili.
Nella città vivono – o sopravvivono –
persone invisibili, che ogni tanto
balzano in prima pagina o sui
teleschermi, e vengono sfruttate fino
all’ultimo, finché la notizia e
l’immagine attirano l’attenzione. E’ un
meccanismo perverso, al quale purtroppo
si stenta a resistere. La città prima
nasconde e poi espone al pubblico. Senza
pietà, o con una falsa pietà. C’è invece
in ogni uomo il desiderio di essere
accolto come persona e considerato una
realtà sacra, perché ogni storia umana è
una storia sacra, e richiede il più
grande rispetto.
La città, cari fratelli e sorelle, siamo
tutti noi! Ciascuno contribuisce alla
sua vita e al suo clima morale, in bene
o in male. Nel cuore di ognuno di noi
passa il confine tra il bene e il male e
nessuno di noi deve sentirsi in diritto
di giudicare gli altri, ma piuttosto
ciascuno deve sentire il dovere di
migliorare se stesso!
I mass media tendono a farci sentire
sempre “spettatori”, come se il male
riguardasse solamente gli altri, e certe
cose a noi non potessero mai accadere.
Invece siamo tutti “attori” e, nel male
come nel bene, il nostro comportamento
ha un influsso sugli altri.
Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento
dell’aria, che in certi luoghi della
città è irrespirabile. E’ vero: ci vuole
l’impegno di tutti per rendere più
pulita la città. E tuttavia c’è un altro
inquinamento, meno percepibile ai sensi,
ma altrettanto pericoloso. E’
l’inquinamento dello spirito; è quello
che rende i nostri volti meno
sorridenti, più cupi, che ci porta a non
salutarci tra di noi, a non guardarci in
faccia…
La città è fatta di volti, ma purtroppo
le dinamiche collettive possono farci
smarrire la percezione della loro
profondità. Vediamo tutto in superficie.
Le persone diventano dei corpi, e questi
corpi perdono l’anima, diventano cose,
oggetti senza volto, scambiabili e
consumabili.
Maria Immacolata ci aiuta a riscoprire e
difendere la profondità delle persone,
perché in lei vi è perfetta trasparenza
dell’anima nel corpo. E’ la purezza in
persona, nel senso che spirito, anima e
corpo sono in lei pienamente coerenti
tra di loro e con la volontà di Dio.
La Madonna ci insegna ad aprirci
all’azione di Dio, per guardare gli
altri come li guarda Lui: a partire dal
cuore. E a guardarli con misericordia,
con amore, con tenerezza infinita,
specialmente quelli più soli,
disprezzati, sfruttati. “Dove abbondò il
peccato, sovrabbondò la grazia”.
Voglio rendere omaggio pubblicamente a
tutti coloro che in silenzio, non a
parole ma con i fatti, si sforzano di
praticare questa legge evangelica
dell’amore, che manda avanti il mondo.
Sono tanti, anche qui a Roma, e
raramente fanno notizia. Uomini e donne
di ogni età, che hanno capito che non
serve condannare, lamentarsi,
recriminare, ma vale di più rispondere
al male con il bene. Questo cambia le
cose; o meglio, cambia le persone e, di
conseguenza, migliora la società.
Cari amici Romani, e voi tutti che
vivete in questa città! Mentre siamo
affaccendati nelle attività quotidiane,
prestiamo orecchio alla voce di Maria.
Ascoltiamo il suo appello silenzioso ma
pressante. Ella dice ad ognuno di noi:
dove ha abbondato il peccato, possa
sovrabbondare la grazia, a partire
proprio dal tuo cuore e dalla tua vita!
E la città sarà più bella, più
cristiana, più umana.
Grazie, Madre Santa, di questo tuo
messaggio di speranza. Grazie della tua
silenziosa ma eloquente presenza nel
cuore della nostra città. Vergine
Immacolata,
Salus Populi Romani,
prega per noi!
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La preghiera di Benedetto XVI alla statua dell'Immacolata: la Madonna
disintossica i cuori spesso induriti dal male amplificato dai media
Molte sono state le reazioni alle parole
di Benedetto XVI sul ruolo che oggi
spesso giocano i media nella nostra
società. Rosario Tronnolone ha sentito
il prof. Mario Morcellini, preside della
facoltà di Scienze della Comunicazione
dell’Università La Sapienza di Roma:
R. - Avevamo bisogno di una diagnosi di
questo genere, perché da molti mesi, e
forse addirittura da molti anni, gli
studiosi stanno cercando di attirare
l’attenzione sul fatto che i media hanno
orchestrato una gigantesca campagna, che
noi chiamiamo “gigantografia del male”.
È vero che il male è tra di noi, ma
quello che sta succedendo è
impressionante, nel senso che non c’è
più proporzione diretta tra il racconto
del male e la sua dimensione statistica.
D. - Come lei diceva, questa
gigantografia finisce con il
deresponsabilizzare in realtà le
coscienze...
R. - Ha tre effetti e tutti e tre molto
rischiosi e molto negativi, soprattutto
se non c’è una presa di coscienza. Ecco,
quindi, ancora una volta il plauso. Non
è la prima volta che un Papa condanna
gli eccessi dei media, ma le parole che
Papa Benedetto XVI ha trovato sono
davvero singolari e precise. E’ come se
il racconto della cronaca nera fosse
diventato l’unico modo con cui si
racconta il cambiamento della società e
degli individui. Il secondo elemento
riguarda il pubblico: se noi vediamo
cornici del male ovunque, siamo spinti a
ritirarci nella vita privata e nel
quotidiano in casa, quello che succede è
che si innesca la paura dell’altro. Il
terzo elemento è il segno che lascia sul
nostro tempo: come se le promesse di un
mondo più giusto e di un rapporto più
civile tra gli uomini fossero ormai
eliminate dal nostro scenario.
D. - Tra le critiche che il Santo Padre
ha mosso ai media, c’è anche quello
dello sfruttamento degli invisibili che
raggiungono un momento di popolarità,
più o meno positiva, per essere poi
abbandonati al nulla…
R. -
È
il rovescio della medaglia. E’
chiaro che costruire l’eccezione e
l’irregolarità significa dare cinque
minuti di notorietà ad un soggetto che
per ragioni di cronaca nera o per il
surrealismo dei generi televisivi
ottiene l’attenzione della scena. Sono
soggetti che meno di altri sono in
condizione poi di ritornare alla vita
quotidiana. L’ebbrezza del video, la
voglia di stare in prima pagina,
soprattutto per soggetti che sono
culturalmente meno preparati, può
diventare - anch’essa - un’arma di
perdita di personalità.
D. - Il Santo Padre ha invece invitato a
guardare i volti delle persone che ci
sono accanto…
R. - Gli "invisibili" mi rendo conto
che, dal punto di vista mediato,
rappresentano una sfida. Non è vero che
non possono far notizia, non è vero
perché ci sono dei mezzi di
comunicazione - come la rete, ma anche
come la radio - nei quali il gettito
roboante della cronaca nera è meno
frequente che in televisione e sui
quotidiani. Questo significa che,
industrialmente, un racconto diverso è
possibile e dipende soltanto dalla
professionalità e dalla cultura dei
"media men".
D. - Il Santo Padre ha parlato di tutte
quelle persone che in silenzio, non a
parole ma con i fatti, si sforzano di
praticare invece la legge evangelica
dell’amore. Perché questo non fa
notizia?
R. - La santità dei tempi moderni,
che ovviamente sfugge alle prime
pagine, è proprio quella che in
qualche modo tende a dilatarsi nella
vita quotidiana.
È
vero che è la routine la grande
sfida per l’uomo moderno. Siamo
tutti bravi a dare il meglio di noi
nel giorno di festa, ma sono i
giorni feriali che mettono alla
prova la nostra soggettività e la
nostra forza spirituale. Al tempo
stesso, però, in un tempo in cui
fanno notizia soltanto dimensioni e
personaggi apparentemente negativi,
abbiamo un estremo bisogno di un
riequilibrio della comunicazione. Se
questo riequilibrio non ci sarà, le
cornici psicologiche dei giovani ne
verranno alterate. Alcuni messaggi
comunicativi sono davvero tossici
per la coscienza e per lo sguardo
nei confronti dell’altro.
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Nota SIR 9 dicembre 2009 - MEDIA
E CULTURA - Una certezza serena
Benedetto XVI: serve la "bella
notizia"
La ripetitività è una delle
caratteristiche più evidenti del
sistema della comunicazione (e del
consumo) globalizzato. La smentita,
recita un vecchio adagio della
professione giornalistica, è una
notizia data due volte. Oggi la
ripetitività è strutturale: una
notizia ripetuta continuamente ed
intensamente per un periodo breve,
nella percezione del singolo utente,
genera fatti molteplici. Così un
omicidio, riproposto dagli angoli
visuali più diversi, diventa tanti
omicidi, generando un evidente
effetto nell’opinione pubblica, un
effetto ad un tempo di ansia e di
banalizzazione. Se poi aggiungiamo
alla cronaca (nera) la fiction, la
dieta mediatica quotidiana di grandi
e piccini sovrabbonda di un “male
raccontato, ripetuto, amplificato”.
Lo ha ricordato l’8 dicembre, con
grande semplicità, il Papa, al
centro del suo discorso
dell’Immacolata. L'analisi di
Benedetto XVI è stata breve ed
intensa, mettendo in luce un effetto
di assuefazione, per cui “il cuore
si indurisce e i pensieri si
incupiscono”.
Che fare allora? Nessun anatema,
nessuna censura. Piuttosto un
appello (implicito) alla
responsabilità, alla consapevolezza,
all’educazione. E una risposta più
radicale. Serve la “bella notizia”.
Che non è buonismo o moralismo di
maniera: la comunicazione ha le sue
leggi tecniche. La “bella notizia” è
Maria che ripete agli uomini ed alle
donne del nostro tempo: non abbiate
paura, Gesù ha vinto il male; l’ha
vinto alla radice, liberandoci dal
suo dominio”.
È un appello alla realtà. Ed è
questa in fondo la caratteristica
del cristiano nella moderna “città”,
nel vortice di tanti meccanismi
disumanizzanti, in un grande
frullatore che rende tutto precario,
frammentario.
Ritorna l’appello che Benedetto XVI
ha ripetuto in diversi contesti, a
tenere conto, nel mondo di oggi, per
muoversi nella società di oggi, non
solo dell’ecologia ambientale, ma
anche di quella umana. È la certezza
serena, da vivere quotidianamente,
conoscendo bene i meccanismi, della
“bella notizia”, ascoltata, vissuta,
testimoniata, messa in pratica: “Non
serve condannare, lamentarsi,
recriminare, ma vale di più
rispondere al male con il bene.
Questo cambia le cose; o meglio,
cambia le persone e, di conseguenza,
migliora la società”. Una serenità
che diventa vita vissuta.