VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
NELLA REPUBBLICA CECA
(26-28 SETTEMBRE 2009)
INCONTRO ECUMENICO
DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Sala del Trono dell’Arcivescovado di Praga
Domenica, 27 settembre 2009
Presenti diverse confessioni cristiane. C'erano anche due
rappresentanti della comunità ebraica.
Signori Cardinali,
Eccellenze,
fratelli e sorelle in Cristo,
ringrazio il Signore Onnipotente per l’opportunità che mi viene data di
incontrare voi, che siete i rappresentanti delle diverse comunità Cristiane di
questo Paese. Ringrazio il Dottor Černý, Presidente del Consiglio Ecumenico
delle Chiese nella Repubblica Ceca, per le gentili parole di benvenuto che mi ha
indirizzato a vostro nome.
Cari amici, l’Europa continua ad essere sottoposta a molti cambiamenti. È
difficile credere che solo due decenni sono passati da quando il crollo dei
precedenti regimi ha dato avvio a una difficile ma produttiva transizione verso
strutture politiche più partecipative.
In questo periodo, i cristiani si sono uniti assieme ad altri uomini di buona
volontà nell'aiutare a ricostruire un ordine politico giusto, e continuano oggi
ad impegnarsi nel dialogo per aprire nuove vie verso la comprensione reciproca,
la collaborazione in vista della pace e il progresso del bene comune.
Ciononostante, stanno emergendo sotto nuove forme tentativi tesi a
marginalizzare l’influsso del cristianesimo nella vita pubblica, talora sotto il
pretesto che i suoi insegnamenti sono dannosi al benessere della società.
Questo fenomeno ci chiede di fermarci a riflettere. Come ho suggerito nella mia
Enciclica sulla speranza cristiana, la separazione artificiale del Vangelo dalla
vita intellettuale e pubblica dovrebbe condurci ad impegnarci in una reciproca
“autocritica dell’età moderna” e “autocritica del cristianesimo moderno”,
particolarmente riguardo alla speranza che essi possono offrire all’umanità (cfr
Spe salvi, 22).
Possiamo chiederci: cosa ha da dire oggi il Vangelo alla Repubblica Ceca e più
in generale all’intera Europa, in un periodo segnato dal proliferare di diverse
visioni del mondo?
Il cristianesimo ha molto da offrire sul piano pratico e morale, poiché il
Vangelo non cessa mai di ispirare uomini e donne a porsi al servizio dei loro
fratelli e sorelle. Pochi potrebbero contestare ciò. Tuttavia, quanti fissano il
loro sguardo su Gesù di Nazareth con occhi di fede sanno che Dio offre una
realtà più profonda e nondimeno inseparabile dall’"economia" della carità
all’opera in questo mondo (cfr Caritas in veritate, 2): Egli offre la salvezza.
Il termine salvezza è ricco di significati, tuttavia esprime qualche cosa di
fondamentale ed universale dell’anelito umano verso la felicità e la pienezza.
Esso allude al desiderio ardente di riconciliazione e di comunione che
spontaneamente sgorga nelle profondità dello spirito umano. È la verità centrale
del Vangelo e l’obiettivo verso cui è diretto ogni sforzo di evangelizzazione e
di cura pastorale. Ed è il criterio sul quale i cristiani tornano sempre a
focalizzarsi, nel loro impegno per sanare le ferite delle divisioni del passato.
A tal fine – come il Dr. Černý ha notato – la Santa Sede ha organizzato un
Convegno internazionale nel 1999 su Jan Hus per facilitare l’analisi della
complessa e travagliata storia religiosa in questa nazione e più in generale in
Europa (cfr Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno Internazionale su Giovanni
Hus, 1999). Prego perché tali iniziative ecumeniche portino frutto non solo per
proseguire il cammino dell’unità dei cristiani, ma per il bene dell’intera
società europea.
Acquistiamo fiducia sapendo che la proclamazione da parte della Chiesa della
salvezza in Gesù Cristo è sempre antica e sempre nuova, imbevuta della saggezza
del passato e ricolma di speranza per il futuro.
Quando l’Europa si pone in ascolto della storia del cristianesimo, ascolta la
sua stessa storia. Le sue nozioni di giustizia, libertà e responsabilità
sociale, assieme alle istituzioni culturali e giuridiche stabilite per difendere
queste idee e trasmetterle alle generazioni future, sono plasmate dalla sua
eredità cristiana. In verità, la memoria del passato anima le sue aspirazioni
per il futuro.
Ciò spiega perché, in effetti, i cristiani attingano all’esempio di figure come
sant’Adalberto e sant’Agnese di Boemia. Il loro impegno per la diffusione del
Vangelo fu motivato dalla convinzione che i cristiani non devono ripiegarsi su
di sé, timorosi del mondo, ma piuttosto condividere con fiducia il tesoro di
verità loro affidato. Allo stesso modo i cristiani di oggi, aprendosi alla
situazione attuale e riconoscendo tutto ciò che vi è di buono nella società,
devono avere il coraggio di invitare uomini e donne alla radicale conversione
che deriva dall’incontro con Cristo e introduce in una nuova vita di grazia.
Da questo punto di vista noi comprendiamo più chiaramente perché i cristiani
siano tenuti ad unirsi ad altri nel ricordare all’Europa le sue radici. Non
perché queste radici siano da tempo avvizzite. Al contrario! È per il fatto che
esse continuano – in maniera tenue ma al tempo stesso feconda – a provvedere al
Continente il sostegno spirituale e morale che permette di stabilire un dialogo
significativo con persone di altre culture e religioni. Proprio perché il
Vangelo non è un'ideologia, non pretende di bloccare dentro schemi rigidi le
realtà socio politiche che si evolvono. Piuttosto, esso trascende le
vicissitudini di questo mondo e getta nuova luce sulla dignità della persona
umana in ogni epoca. Cari amici, chiediamo a Dio di infondere in noi uno spirito
di coraggio per condividere le verità salvifiche eterne che hanno permesso, e
continueranno a permettere, il progresso sociale e culturale di questo
Continente.
La salvezza operata da Gesù con la sua passione, morte, risurrezione ed
ascensione in cielo non solo trasforma noi che crediamo in lui, ma ci spinge a
condividere questa Buona Notizia con altri.
La nostra capacità di attingere alla verità insegnata da Gesù Cristo, illuminata
dai doni dello Spirito di conoscenza, saggezza e intelletto (cfr Is 11,1-2; Es
35,31) ci sproni a lavorare strenuamente in favore dell'unità che Egli desidera
per tutti i suoi figli rinati nel Battesimo, e anzi per l’intero genere umano.
Con questi sentimenti, e con affetto fraterno per voi e per i membri delle
vostre rispettive comunità, esprimo il mio profondo ringraziamento a tutti voi e
vi affido a Dio Onnipotente, che è la nostra fortezza, il nostro rifugio e la
nostra liberazione (cfr Sal 144,2). Amen!
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Da annotare, infine, il saluto di Benedetto XVI ai due rappresentanti della
comunità ebraica di Praga presenti all’incontro. Comunità oggi di circa 4 mila
persone, rispetto alle 90 mila che risiedevano nella capitale boema prima della
Seconda Guerra mondiale e che finirono in massima parte uccise nei campi di
sterminio nazisti. [Radio Vaticana 28 settembre 2009]
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