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    Discorso di Benedetto XVI al patriarca armeno Mesrob II, pronunciato durante la visita al Patriarcato armeno apostolico di Istanbul, 30 novembre 2006

Non poteva mancare la visita del Papa alla comunità armena apostolica che ha accolto Benedetto XVI con grande gioia. Si tratta di una delle comunità cristiane più antiche distinta dagli ortodossi, in senso stretto, che si separarono da Roma nel 1054. Gli armeni apostolici si distaccarono nel 451 non accettando il Concilio di Calcedonia, che condannava l’eresia monofisita, cioè la tesi secondo la quale Cristo è solo Dio e non anche vero uomo. Nel dibattito conciliare, gli armeni apostolici, pur non negando l’umanità di Gesù, tendevano ad accentuarne la divinità. Una pura questione terminologica nel consueto irrigidimento delle parti provocò lo scisma. Dopo oltre 15 secoli, durante il Pontificato di Giovanni Paolo II, la Chiesa cattolica e la Chiesa armena apostolica hanno sottoscritto nel 1996 una dichiarazione congiunta in cui si ritengono superati gli equivoci del Concilio di Calcedonia e si afferma la fede in Cristo, vero Dio e vero uomo. Benedetto XVI nel suo discorso nella cattedrale armena apostolica sottolinea la necessità di curare le ferite della separazione, perché le tragiche divisioni che sono sorte lungo il tempo fra i seguaci di Cristo, - ha rilevato - contraddicono apertamente alla volontà del Signore che vuole l’unità:

Carissimo Fratello in Cristo,

sono lieto di avere questa opportunità di incontrare Vostra Beatitudine in questo stesso luogo dove il Patriarca Kalustian ha accolto i miei predecessori Papa Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II. Con grande affetto saluto l'intera comunità armena apostolica a cui Ella presiede come pastore e padre spirituale. Estendo il mio saluto fraterno anche a Sua Santità Karekin II, Catholicos della Santa Etchmiadzin, e alla gerarchia della Chiesa Armena Apostolica. Rendo grazie a Dio per la fede e la testimonianza cristiana del popolo armeno, trasmesse da una generazione all'altra, spesso in circostanze davvero tragiche come quelle sperimentate durante il secolo passato.

Il nostro incontro è ben più che un semplice gesto di cortesia ecumenica e di amicizia. È un segno della nostra speranza condivisa nelle promesse di Dio e del nostro desiderio di vedere adempiuta la preghiera che Gesù elevò per i suoi discepoli alla vigilia della sua passione e morte: "Perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21). Gesù diede la propria vita sulla croce per radunare nell'unità i figli di Dio dispersi, per abbattere i muri di divisione. Mediante il sacramento del Battesimo, siamo stati incorporati nel Corpo di Cristo, la Chiesa. Le tragiche divisioni che, lungo il tempo, sono sorte fra i seguaci di Cristo contraddi-cono apertamente alla volontà del Signore, sono di scandalo al mondo e danneggiano la santissima causa della predicazione del Vangelo a ogni creatura (cfr Unitatis redintegratio, 1). Proprio mediante la testimonianza della propria fede e del proprio amore, i cristiani sono chiamati ad offrire un segno raggiante di speranza e di consolazione a questo mondo, così segnato da conflitti e da tensioni. Dobbiamo perciò continuare a fare tutto il possibile per curare le ferite della separazione ed affrettare l'opera di ricostruzione dell'unità dei cristiani. Faccio voti affinché siamo guidati, in questo compito urgente, dalla luce e dalla forza dello Spirito Santo.

A tale proposito, posso solo elevare un sentito grazie al Signore per la sempre più profonda relazione fraterna sviluppatasi fra la Chiesa Apostolica Armena e la Chiesa Cattolica. Nel XIII secolo Nerses di Lambron, uno dei grandi Dottori della Chiesa Armena, scrisse le seguenti parole di incoraggiamento: "Ora, poiché tutti abbiamo bisogno della pace con Dio, facciamo sì che l'armonia tra fratelli ne sia il fondamento. Abbiamo pregato Dio per la pace e continuiamo a farlo. Ecco, egli la sta offrendo a noi come un dono: accogliamolo! Abbiamo chiesto al Signore di rendere salda la sua santa Chiesa, ed egli ha positivamente ascoltato la nostra invocazione. Saliamo, dunque la montagna della fede del Vangelo" (Il primato della carità, Ed. Qiqajon, p. 81). Queste parole di Nerses non hanno perduto niente del loro potere. Continuiamo a pregare insieme per l'unità di tutti i cristiani, così che, ricevendo tale dono dall'alto con cuori disponibili, noi possiamo essere testimoni sempre più convincenti della verità del Vangelo e migliori servitori della missione della Chiesa.

   
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