«RU486. La "Kill Pill",
un'inquietante deriva»
Venerdi 26 Febbraio 2010
È in arrivo a giorni negli ospedali italiani
la pillola che uccide. Ne parla al SIR Lucio Romano,
ginecologo e copresidente di Scienza & Vita e ne coglie l'inquietante deriva
culturale, ideologizzata e riduttivistica, che tende a portare alla privatizzazione e alla
deresponsabilizzante banalizzazione dell'aborto
[Vedi
precedente riflessione, anche sulla base del
diritto]
|
Dopo l'autorizzazione dell'Aifa
(Agenzia italiana del farmaco), lo scorso dicembre, all'immissione in
commercio della Ru486 che sarà così utilizzabile in alternativa
all'aborto chirurgico, è atteso a giorni negli ospedali italiani
l'arrivo della pillola abortiva. E intanto è acceso il dibattito: day
hospital o ricovero? L'impiego del farmaco, si legge nella delibera,
deve avvenire nel rigoroso rispetto della legge 194, quindi tramite
ricovero in una struttura sanitaria fino all'espulsione del prodotto del
concepimento e sotto la sorveglianza di un medico. Nel testo manca
tuttavia la precisazione che l'intera procedura abortiva debba svolgersi
in regime di "ricovero ordinario", ossia senza possibilità di ricorso al
day hospital. Fino ad oggi le Regioni Lombardia, Toscana e Veneto hanno
deliberato per il ricovero ordinario per tutta la durata
dell'interruzione di gravidanza. Emilia Romagna, Piemonte e Provincia
autonoma di Trento sembrano invece preferire la via del day hospital. Le
altre Regioni attendono indicazioni che potrebbero assumere la forma di
linee guida nazionali. Intanto il governo ha annunciato la richiesta di
un ulteriore parere al Consiglio superiore di Sanità (la massima
autorità sanitaria in Italia, ndr), che già si era espresso in materia.
Il SIR ha raccolto l'opinione di Lucio Romano, ginecologo e copresidente
di Scienza & Vita.
Qual è la sua posizione al riguardo?
"Come già sottolineato dal Consiglio superiore di Sanità in ben due
pareri - nel 2004 e nel 2005 in occasione della sperimentazione della
pillola abortiva presso l'ospedale Sant'Anna di Torino - la
somministrazione della Ru486 deve avvenire in regime di ricovero
ordinario ospedaliero. Significa quindi che non deve essere
assolutamente fatto ricorso al regime del day hospital. In questa
vicenda emerge purtroppo un'inquietante deriva culturale, ideologizzata
e riduttivistica, che tende a portare alla privatizzazione e alla
deresponsabilizzante banalizzazione dell'aborto, facendo torto al
rispetto della vita, della salute e della dignità della donna, oltre che
al suo diritto ad essere presa in carico in un momento drammatico che
porterà sempre con sé, e si troverà invece a vivere in solitudine".
Che cosa intende dire?
"Taluni potrebbero effettuare - come già accaduto in fase di
sperimentazione - la somministrazione della Ru486 lasciando poi solo
alla donna la decisione di firmare per la propria dimissione,
assumendosi in tal modo tutta la responsabilità di un procedimento di
ordine abortivo che si concluderà a domicilio. La somministrazione del
mifepristone (Ru486 è il suo nome commerciale) induce la morte
dell'embrione, e va seguita dalla somministrazione di una prostaglandina
per indurne l'espulsione. Un processo durante il quale è importante
assicurare alla donna il massimo di assistenza e vicinanza, fermo
restando che si tratta comunque di una procedura abortiva di
soppressione di una vita umana".
Si ha l'impressione che chi vuole fare passare la Ru486, rispetto
all'aborto chirurgico, come una forma di emancipazione e
autodeterminazione della donna, non ne consideri le possibili ricadute
psicologiche…
"Sì, c'è una sorta di sipario calato ad arte, ma come dimostra la
letteratura medica sulle sindromi depressive post aborto, già presenti
nell'intervento chirurgico ma connesse anche all'aborto chimico, per la
donna l'interruzione volontaria di una gravidanza rimane sempre un
dramma. Vissuto poi nella solitudine, questo evento - che è un vero e
proprio lutto - non potrà non ripercuotersi negativamente sul suo stato
di salute psicologico ed emotivo".
Non sempre, inoltre, vengono spiegati con chiarezza i rischi della
procedura e le possibilità, ancorché scarse, di insuccesso…
"L'intendimento è quello di dare luogo alla privatizzazione dell'aborto.
La prima proposta di introduzione nel nostro Paese della Ru486 era
accompagnata dal preciso programma di far sì che l'aborto avvenisse a
casa, banalizzando una metodica che alla lunga temo verrà presentata
come misura contraccettiva. È già in atto, del resto, la sperimentazione
della stessa molecola non solo nella cosiddetta 'contraccezione di
emergenza', ma anche nella composizione chimica delle nuove pillole
anticoncezionali che sostituiranno la classica estroprogestinica. Tra
marzo ed aprile dovrebbe essere introdotta in Italia la pillola per la
cosiddetta 'contraccezione d'emergenza del quinto giorno', la cui
molecola appartiene allo stesso gruppo farmacologico della Ru486".
Uno scenario inquietante. Come intervenire?
"Solo con un'informazione critica, corretta e chiara per far capire
all'opinione pubblica e in particolare alle donne la gravità dell'aborto
in sé, i rischi connessi alla Ru486, la pericolosa deriva culturale cui
si sta andando incontro. Rimango molto perplesso anche per un altro
aspetto: questa procedura appare in qualche modo in contrasto con lo
spirito della legge 194, voluta per porre fine alla solitudine della
donna. Proporle l'impiego della Ru486 mi sembra un volerla di nuovo
relegare in quella condizione da cui, secondo i sostenitori della 194,
quel provvedimento aveva inteso liberarla".
[Fonte: SIR]
| indietro | | inizio
pagina |
|