CONGREGAZIONE PER IL
CULTO DIVINO
E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI
ISTRUZIONE
su alcune cose
che si devono osservare ed evitare
circa la Santissima Eucaristia
INDICE
Proemio
[1-13]
Capitolo I
La regolamentazione della sacra
Liturgia [14-18]
1. Il Vescovo diocesano, grande
Sacerdote del suo gregge [19-25]
2. Le Conferenze dei Vescovi [26-28]
3. I Sacerdoti [29-33]
4. I Diaconi [34-35]
Capitolo II
La partecipazione dei fedeli laici
alla celebrazione dell’Eucaristia
1. Una partecipazione attiva e
consapevole [36-42]
2. I compiti dei fedeli laici nella celebrazione della Messa [43-47]
Capitolo
III
La retta celebrazione della santa
Messa
1. La materia della Santissima
Eucaristia [48-50]
2. La Preghiera eucaristica [51-56]
3. Le altri parti della Messa [57-74]
4. L’unione dei vari riti con la celebrazione della Messa [75-79]
Capitolo IV
La santa Comunione
1. Disposizioni per ricevere la santa
Comunione [80-87]
2. La distribuzione della santa Comunione [88-96]
3. La Comunione dei Sacerdoti [97-99]
4. La Comunione sotto le due specie [100-107]
Capitolo V
Altri aspetti riguardanti
l’Eucaristia
1. Il luogo della celebrazione della
santa Messa [108-109]
2. Circostanze varie relative alla santa Messa [110-116]
3. I vasi sacri [117-120]
4. Le vesti liturgiche [121-128]
Capitolo VI
La conservazione della Santissima
Eucaristia e il suo culto fuori della Messa
1. La conservazione della Santissima
Eucaristia [129-133]
2. Altre forme di culto della Santissima Eucaristia fuori della
Messa [134-141]
3. Le processioni e i Congressi eucaristici [142-145]
Capitolo
VII
I compiti straordinari dei fedeli
laici [146-153]
1. Il ministro straordinario della
santa Comunione [154-160]
2. La predicazione [161]
3. Le celebrazioni particolari che si svolgono in assenza del
Sacerdote [162-167]
4. Coloro che sono stati dimessi dallo stato clericale [168]
Capitolo
VIII
I rimedi [169-171]
1. Graviora delicta [172]
2. Atti gravi [173]
3. Altri abusi [174-175]
4. Il Vescovo diocesano [176-180]
5. La Sede Apostolica [181-182]
6. Segnalazioni di abusi in materia liturgica [183-184]
Conclusione
[185-186]
PROEMIO
[1.] Nella Santissima Eucaristia la
Madre Chiesa riconosce con ferma fede, accoglie con gioia, celebra e
venera con atteggiamento adorante il sacramento della Redenzione,[1]
annunciando la morte di Cristo Gesù, proclamando la sua
resurrezione, nell’attesa della sua venuta nella gloria,[2]
come Signore e Dominatore invincibile, Sacerdote eterno e Re
dell’universo, per offrire alla maestà infinita del Padre
onnipotente il regno di verità e di vita.[3]
[2.] La dottrina della Chiesa sulla
Santissima Eucaristia, in cui è contenuto l’intero bene
spirituale della Chiesa, ovvero Cristo stesso, nostra Pasqua,[4]
fonte e culmine[5] di
tutta la vita cristiana, il cui influsso causale è alle origini
stesse della Chiesa,[6]
è stata esposta con premurosa sollecitudine e grande autorevolezza
nel corso dei secoli negli scritti dei Concili e dei Sommi
Pontefici. Recentemente, inoltre, nella Lettera Enciclica «Ecclesia
de Eucharistia» il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha
nuovamente esposto sul medesimo argomento alcuni aspetti di grande
importanza per il contesto ecclesiale della nostra epoca.[7]
In particolare, il Sommo Pontefice,
affinché la Chiesa tuteli debitamente anche al giorno d’oggi un
così grande mistero nella celebrazione della sacra Liturgia, ha
dato disposizione a questa Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti[8]
di preparare, d’intesa con la Congregazione per la Dottrina della
Fede, la presente Istruzione, in cui fossero trattate alcune
questioni concernenti la disciplina del sacramento
dell’Eucaristia. Quanto appare in questa Istruzione va, pertanto,
letto in continuità con la citata Lettera Enciclica «Ecclesia
de Eucharistia».
Tuttavia, non si ha l’intenzione di
offrire in essa l’insieme delle norme relative alla Santissima
Eucaristia, quanto piuttosto di riprendere con tale Istruzione
alcuni elementi, che risultano tuttora validi nella normativa già
esposta e stabilita, per rafforzare il senso profondo delle norme
liturgiche,[9] e
indicarne altri che spieghino e completino i precedenti,
illustrandoli ai Vescovi, ma anche ai Sacerdoti, ai Diaconi e a
tutti i fedeli laici, affinché ciascuno li metta in pratica secondo
il proprio ufficio e le proprie possibilità.
[3.] Le norme contenute in questa
Istruzione si considerino inerenti alla materia liturgica
nell’ambito del Rito romano e, con le opportune varianti, degli
altri Riti della Chiesa latina giuridicamente riconosciuti.
[4.] «Non c’é dubbio che
la riforma liturgica del Concilio abbia portato grandi vantaggi per
una più consapevole, attiva e fruttuosa partecipazione dei fedeli
al santo Sacrificio dell’altare».[10]
Tuttavia, «non mancano delle ombre».[11]
Non si possono, pertanto, passare sotto silenzio gli abusi, anche
della massima gravità, contro la natura della Liturgia e dei
sacramenti, nonché contro la tradizione e l’autorità della
Chiesa, che non di rado ai nostri giorni in diversi ambiti
ecclesiali compromettono le celebrazioni liturgiche. In alcuni
luoghi gli abusi commessi in materia liturgica sono all’ordine del
giorno, il che ovviamente non può essere ammesso e deve cessare.
[5.] L’osservanza delle norme
emanate dall’autorità della Chiesa esige conformità di pensiero
e parola, degli atti esterni e della disposizione d’animo. Una
osservanza puramente esteriore delle norme, come è evidente,
contrasterebbe con l’essenza della sacra Liturgia, nella quale
Cristo Signore vuole radunare la sua Chiesa perché sia con lui «un
solo corpo e un solo spirito».[12]
L’atto esterno deve essere, pertanto, illuminato dalla fede e
dalla carità che ci uniscono a Cristo e gli uni agli altri e
generano l’amore per i poveri e gli afflitti. Le parole e i riti
della Liturgia sono, inoltre, espressione fedele maturata nei secoli
dei sentimenti di Cristo e ci insegnano a sentire come lui:[13]
conformando a quelle parole la nostra mente, eleviamo al Signore i
nostri cuori. Quanto detto nella presente Istruzione intende
condurre a tale conformità dei sentimenti nostri con quelli di
Cristo, espressi nelle parole e nei riti della Liturgia.
[6.] Tali abusi, infatti, «contribuiscono
ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolica su questo mirabile
Sacramento».[14] In
questo modo si impedisce pure «ai fedeli di rivivere in un certo
senso l’esperienza dei due discepoli di Emmaus: “E i loro occhi
si aprirono e lo riconobbero”».[15]
Davanti alla potenza e alla divinità[16]
di Dio e allo splendore della sua bontà, particolarmente visibile
nel sacramento dell’Eucaristia, si addice, infatti, che tutti i
fedeli nutrano e manifestino quel senso dell’adorabile maestà di
Dio, che hanno ricevuto attraverso la passione salvifica del Figlio
Unigenito.[17]
[7.] Gli abusi non di rado si
radicano in un falso concetto di libertà. Dio, però, ci concede in
Cristo non quella illusoria libertà in base alla quale facciamo
tutto ciò che vogliamo, ma la libertà, per mezzo della quale
possiamo fare ciò che è degno e giusto.[18]
Ciò vale invero non soltanto per quei precetti derivati
direttamente da Dio, ma anche, considerando convenientemente
l’indole di ciascuna norma, per le leggi promulgate dalla Chiesa.
Da ciò la necessità che tutti si conformino agli ordinamenti
stabiliti dalla legittima autorità ecclesiastica.
[8.] Si deve, inoltre, notare con
grande amarezza la presenza di «iniziative ecumeniche che, pur
generose nelle intenzioni, indulgono qua e là a prassi eucaristiche
contrarie alla disciplina nella quale la Chiesa esprime la sua fede».
Il dono dell’Eucaristia, tuttavia, «è troppo grande per
sopportare ambiguità e diminuzioni». È, pertanto, opportuno
correggere e definire con maggiore accuratezza alcuni elementi, di
modo che anche in questo ambito «l’Eucaristia continui a
risplendere in tutto il fulgore del suo mistero».[19]
[9.] Gli abusi trovano, infine, molto
spesso fondamento nell’ignoranza, giacché per lo più si rigetta
ciò di cui non si coglie il senso più profondo, né si conosce
l’antichità. Infatti, «dell’afflato e dello spirito» della
stessa sacra Scrittura «sono permeate» appieno «le preghiere, le
orazioni e gli inni e da essa derivano il loro significato le azioni
e i segni sacri».[20]
Quanto ai segni visibili, «di cui la sacra Liturgia si serve per
significare le realtà divine invisibili, essi sono stati scelti da
Cristo o dalla Chiesa».[21]
Infine, le strutture e le forme delle sacre celebrazioni, secondo la
tradizione di ciascun rito sia d’Oriente sia d’Occidente, sono
in sintonia con la Chiesa universale anche per quanto riguarda usi
universalmente accolti dalla ininterrotta tradizione apostolica,[22]
che è compito proprio della Chiesa trasmettere fedelmente e con
cura alle future generazioni. Tutto ciò viene sapientemente
custodito e salvaguardato dalle norme liturgiche.
[10.] La stessa Chiesa non ha alcuna
potestà rispetto a ciò che è stato stabilito da Cristo e che
costituisce parte immutabile della Liturgia.[23]
Se fosse, infatti, spezzato il legame che i sacramenti hanno con
Cristo stesso, che li ha istituiti, e con gli eventi su cui la
Chiesa è fondata,[24]
ciò non sarebbe di nessun giovamento per i fedeli, ma nuocerebbe a
loro gravemente. La sacra Liturgia, infatti, è intimamente
collegata con i principi della dottrina[25]
e l’uso di testi e riti non approvati comporta, di conseguenza,
che si affievolisca o si perda il nesso necessario tra la lex
orandi e la lex credendi.[26]
[11.] Troppo grande è il Mistero
dell’Eucaristia «perché qualcuno possa permettersi di trattarlo
con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro
e la dimensione universale».[27]
Chi al contrario, anche se Sacerdote, agisce così, assecondando
proprie inclinazioni, lede la sostanziale unità del rito romano,
che va tenacemente salvaguardata,[28]
e compie azioni in nessun modo consone con la fame e sete del Dio
vivente provate oggi dal popolo, né svolge autentica attività
pastorale o corretto rinnovamento liturgico, ma priva piuttosto i
fedeli del loro patrimonio e della loro eredità. Atti arbitrari,
infatti, non giovano a un effettivo rinnovamento,[29]
ma ledono il giusto diritto dei fedeli all’azione liturgica che è
espressione della vita della Chiesa secondo la sua tradizione e la
sua disciplina. Inoltre, introducono elementi di deformazione e
discordia nella stessa celebrazione eucaristica che, in modo
eminente e per sua natura, mira a significare e realizzare
mirabilmente la comunione della vita divina e l’unità del popolo
di Dio.[30] Da essi
derivano insicurezza dottrinale, perplessità e scandalo del popolo
di Dio e, quasi inevitabilmente, reazioni aspre: tutti elementi che
nel nostro tempo, in cui la vita cristiana risulta spesso
particolarmente difficile in ragione del clima di «secolarizzazione»,
confondono e rattristano notevolmente molti fedeli.[31]
[12.] Tutti i fedeli, invece, godono
del diritto di avere una liturgia vera e in particolar modo una
celebrazione della santa Messa che sia così come la Chiesa ha
voluto e stabilito, come prescritto nei libri liturgici e dalle
altre leggi e norme. Allo stesso modo, il popolo cattolico ha il
diritto che si celebri per esso in modo integro il sacrificio della
santa Messa, in piena conformità con la dottrina del Magistero
della Chiesa. È, infine, diritto della comunità cattolica che per
essa si compia la celebrazione della Santissima Eucaristia in modo
tale che appaia come vero sacramento di unità, escludendo
completamente ogni genere di difetti e gesti che possano generare
divisioni e fazioni nella Chiesa.[32]
[13.] Tutte le norme e i richiami
esposti in questa Istruzione si connettono, sia pure in vario modo,
con il compito della Chiesa, a cui spetta di vigilare sulla retta e
degna celebrazione di questo grande mistero. Dei vari gradi con cui
le singole norme si raccordano con la legge suprema di tutto il
diritto ecclesiastico, che è la cura per la salvezza delle anime,
tratta l’ultimo capitolo della presente Istruzione.[33]
Capitolo
I
LA
REGOLAMENTAZIONE DELLA SACRA LITURGIA
[14.] «Regolamentare la sacra
Liturgia compete unicamente all’autorità della Chiesa, la quale
risiede nella Sede Apostolica e, a norma del diritto, nel Vescovo
Sacrae».[34]
[15.] Il Romano Pontefice, «Vicario
di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale, in forza
del suo ufficio ha potestà ordinaria, suprema, piena, immediata e
universale sulla Chiesa, che può sempre esercitare liberamente»,[35]
anche comunicando con i pastori e i fedeli.
[16.] È di competenza della Sede
Apostolica ordinare la sacra Liturgia della Chiesa universale,
pubblicare i libri liturgici e autorizzarne le versioni nelle lingue
correnti, nonché vigilare perché gli ordinamenti liturgici,
specialmente quelli attraverso i quali è regolata la celebrazione
del Santissimo Sacrificio della Messa, siano osservati fedelmente
ovunque.[36]
[17.] La Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti «si occupa di tutto ciò che,
salva la competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede,
spetta alla Sede Apostolica circa la regolamentazione e la
promozione della sacra Liturgia, in primo luogo dei Sacramenti. Essa
favorisce e tutela la disciplina dei sacramenti, specialmente per
quanto attiene alla loro valida e lecita celebrazione». Infine, «esercita
attenta vigilanza perché siano osservate esattamente le
disposizioni liturgiche, se ne prevengano gli abusi e, laddove essi
siano scoperti, vengano eliminati».[37]
In questa materia, secondo la tradizione di tutta la Chiesa, è
predominante la sollecitudine per la celebrazione della santa Messa
e per il culto che si tributa alla Santissima Eucaristia anche fuori
della Messa.
[18.] I fedeli hanno il diritto che
l’autorità ecclesiastica regoli pienamente ed efficacemente la
sacra Liturgia, in modo tale che essa non sembri mai «proprietà
privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella
quale si celebrano i Misteri».[38]
1. Il Vescovo diocesano, grande
Sacerdote del suo gregge
[19.] Il Vescovo diocesano,
primo dispensatore dei misteri di Dio, è moderatore, promotore e
custode di tutta la vita liturgica nella Chiesa particolare a lui
affidata.[39] Infatti,
«il Vescovo, insignito della pienezza del sacramento dell’Ordine,
è l’“economo della grazia del supremo sacerdozio”[40]
specialmente nell’Eucaristia, che offre egli stesso o fa offrire,[41]
e della quale la Chiesa continuamente vive e cresce».[42]
[20.] Si ha, infatti, una
precipua manifestazione della Chiesa ogni volta che si celebra la
Messa, specialmente nella chiesa cattedrale, «nella partecipazione
piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio, […] all’unica
preghiera, all’unico altare, cui presiede il Vescovo»,circondato
dai suoi Sacerdoti, Diaconi e ministri.[43]
Inoltre, ogni«legittima celebrazione dell’Eucaristia è diretta
dal Vescovo, al quale è affidato l’ufficio di prestare e regolare
il culto della religione cristiana alla Divina Maestà secondo i
precetti del Signore e le leggi della Chiesa, dal suo particolare
giudizio ulteriormente determinate per la sua diocesi».[44]
[21.] Infatti, al Vescovo «diocesano
spetta, entro i limiti della sua competenza, dare norme in materia
liturgica nella Chiesa a lui affidata, alle quali tutti sono tenuti».[45]
Tuttavia, il Vescovo vigili sempre che non venga meno quella libertà,
che è prevista dalle norme dei libri liturgici, di adattare, in
modo intelligente, la celebrazione sia all’edificio sacro sia al
gruppo dei fedeli sia alle circostanze pastorali, cosicché
l’intero rito sacro sia effettivamente rispondente alla sensibilità
delle persone.[46]
[22.] Il Vescovo regge la Chiesa
particolare a lui affidata[47]
ed è suo compito regolamentare, dirigere, spronare, talvolta anche
riprendere,[48]
adempiendo il sacro ufficio che egli ha ricevuto mediante
l’ordinazione episcopale[49]
per l’edificazione del suo gregge nella verità e nella santità.[50]
Illustri il genuino senso dei riti e dei testi liturgici e alimenti
nei Sacerdoti, nei Diaconi e nei fedeli lo spirito della sacra
Liturgia,[51] perché
tutti siano condotti ad un’attiva e fruttuosa celebrazione
dell’Eucaristia,[52]
e assicuri parimenti che tutto il corpo ecclesiale proceda unanime,
nell’unità della carità, sul piano diocesano, nazionale,
universale.[53]
[23.] I fedeli«devono aderire al
Vescovo come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù Cristo al Padre,
affinché tutte le cose siano concordi nell’unità e crescano per
la gloria di Dio».[54]
Tutti, anche i membri degli Istituti di vita consacrata e delle
Società di vita apostolica, e di tutte quante le associazioni o
movimenti ecclesiali di qualsiasi genere, sono soggetti
all’autorità del Vescovo diocesano in tutto ciò che riguarda la
materia liturgica,[55]
salvo i diritti legittimamente concessi. Compete, dunque, al Vescovo
diocesano il diritto e il dovere di vigilare e verificare, riguardo
alla materia liturgica,le chiese e gli oratori situati nel suo
territorio, come anche quelle fondate o dirette dai membri dei sopra
menzionati istituti, se ad esse abitualmente accedono i fedeli.[56]
[24.] Da parte sua, il popolo
cristiano ha il diritto che il Vescovo diocesano vigili affinché
non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, specialmente
riguardo al ministero della parola, alla celebrazione dei sacramenti
e dei sacramentali, al culto di Dio e dei santi.[57]
[25.] Le commissioni, i consiglio
comitati costituiti dal Vescovo, perché contribuiscano «a
promuovere la Liturgia, la musica e l’arte sacra nella sua diocesi»,
agiranno secondo il pensiero e le direttive del Vescovo e dovranno
poter contare sulla sua autorità e sulla sua ratifica per svolgere
convenientemente il proprio compito[58]
e perché sia mantenuto l’effettivo governo del Vescovo nella sua
diocesi. Riguardo a tutti questi gruppi, agli altri istituti e a
qualsiasi iniziativa in materia liturgica, i Vescovi si chiedano,
come già da tempo risulta urgente, se sia stata finora fruttuosa[59]
la loro attività e valutino attentamente quali correttivi o
miglioramenti vadano inseriti nella loro struttura e nella loro
attività,[60] affinché
trovino nuovo vigore. Si tenga sempre presente che gli esperti vanno
scelti tra coloro, la cui solidità nella fede cattolica e la cui
preparazione in materia teologica e culturale siano riconosciute.
2. Le Conferenze dei Vescovi
[26.] Ciò vale anche per quelle
commissioni attinenti alla medesima materia che, su sollecitazione
del Concilio,[61] sono
istituite dalla Conferenza dei Vescovi e i cui membri è necessario
che siano Vescovi e siano ben distinti dagli esperti coadiutori.
Qualora il numero di membri di una Conferenza dei Vescovi non
risulti sufficiente perché si possa senza difficoltà trarre da
loro e istituire una commissione liturgica, si nomini un consiglio o
gruppo di esperti che, sempre sotto la presidenza di un Vescovo,
adempia per quanto possibile a tale compito, evitando però il nome
di «Commissione liturgica».
[27.] La Sede Apostolica ha
notificato fin dal 1970[62]
la cessazione di tutti gli esperimenti relativi alla celebrazione
della santa Messa ed ha ribadito tale cessazione nel 1988.[63]
Pertanto, i singoli Vescovi e le loro Conferenze non hanno alcuna
facoltà di permettere gli esperimenti riguardo ai testi e ad altro
che non sia prescritto nei libri liturgici. Per poter praticare in
avvenire tali esperimenti è necessario il permesso della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,
dato per iscritto e richiesto dalle Conferenze dei Vescovi. Esso,
tuttavia, non verrà concesso se non per grave causa. Quanto alle
iniziative di inculturazione in materia liturgica, si osservino
rigorosamente e integralmente le norme specificamente stabilite.[64]
[28.] Tutte le norme attinenti alla
materia liturgica, stabilite a norma del diritto da una Conferenza
dei Vescovi per il proprio territorio, vanno sottoposte alla recognitio
della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti, senza la quale non posseggono alcuna forza obbligante.[65]
3. I Sacerdoti
[29.] I Sacerdoti, validi,
provvidi e necessari collaboratori dell’ordine episcopale,[66]
chiamati a servire il popolo di Dio, costituiscono con il loro
Vescovo un unico presbiterio,[67]
sebbene destinato a uffici diversi. «Nelle singole comunità locali
di fedeli rendono, per così dire, presente il Vescovo, cui sono
uniti con animo fiducioso e grande, ne condividono, secondo il loro
grado, gli uffici e la sollecitudine e li esercitano con dedizione
quotidiana». E «per questa loro partecipazione nel sacerdozio e
nella missione, i Sacerdoti riconoscano nel Vescovo il loro padre e
gli obbediscano con rispettoso amore».[68]
Inoltre, «sempre intenti al bene dei figli di Dio, cerchino di
portare il loro contributo al lavoro pastorale di tutta la diocesi,
anzi, di tutta la Chiesa».[69]
[30.] Grande è la responsabilità «che
hanno nella celebrazione eucaristica soprattutto i Sacerdoti, ai
quali compete di presiederla in persona Christi, assicurando
una testimonianza e un servizio di comunione non solo alla comunità
che direttamente partecipa alla celebrazione, ma anche alla Chiesa
universale, che è sempre chiamata in causa dall’Eucaristia.
Occorre purtroppo lamentare che, soprattutto a partire dagli anni
della riforma liturgica dopo il Concilio Vaticano II, per un
malinteso senso di creatività e di adattamento, non sono mancati
abusi, che sono stati motivo di sofferenza per molti».[70]
[31.] In coerenza con quanto da loro
promesso nel rito della sacra ordinazione e rinnovato di anno in
anno nel corso della Messa crismale, i Sacerdoti celebrino «devotamente
e con fede i misteri di Cristo a lode di Dio e santificazione del
popolo cristiano, secondo la tradizione della Chiesa, specialmente
nel sacrificio dell’Eucaristia e nel sacramento della
riconciliazione».[71]
Non svuotino il significato profondo del proprio ministero,
deformando la celebrazione liturgica con cambiamenti, riduzioni o
aggiunte arbitrarie.[72]
Come disse, infatti, S. Ambrogio: «La Chiesa non è ferita in se
stessa, […] ma in noi. Guardiamoci, dunque, dal far divenire i
nostri sbagli una ferita per la Chiesa».[73]
Si badi, quindi, che la Chiesa di Dio non riceva offesa da parte dei
Sacerdoti, i quali hanno offerto se stessi al ministero con tanta
solennità. Vigilino, anzi, fedelmente sotto l’autorità del
Vescovo, affinché simili deformazioni non siano commesse da altri.
[32.] «Il parroco faccia in modo che
la Santissima Eucaristia sia il centro dell’assemblea parrocchiale
dei fedeli, si adoperi perché i fedeli si nutrano mediante la
celebrazione devota dei sacramenti e in special modo perché si
accostino frequentemente al sacramento della Santissima Eucaristia e
della penitenza; si impegni inoltre a fare in modo che i fedeli
siano formati alla preghiera, da praticare anche nella famiglia, e
partecipino consapevolmente e attivamente alla sacra Liturgia, di
cui il parroco deve essere il moderatore nella sua parrocchia, sotto
l’autorità del Vescovo diocesano, e sulla quale è tenuto a
vigilare perché non si insinuino abusi».[74]
Sebbene sia opportuno che nella preparazione efficace delle
celebrazioni liturgiche, specialmente della santa Messa, egli sia
coadiuvato da vari fedeli, non deve tuttavia in nessun modo cedere
loro quelle prerogative in materia che sono proprie del loro
ufficio.
[33.] Infine, tutti «i Sacerdoti
abbiano cura di coltivare adeguatamente la scienza e l’arte
liturgica, affinché, per mezzo del loro ministero liturgico, le
comunità cristiane ad essi affidate, elevino una lode sempre più
perfetta a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo».[75]
Soprattutto, siano pervasi di quella meraviglia e di quello stupore
che la celebrazione del mistero pasquale nell’Eucaristia procura
nel cuore dei fedeli.[76]
4. I Diaconi
[34.] I Diaconi, «ai quali sono
imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il servizio»,[77]
uomini di buona reputazione,[78]
devono agire, con l’aiuto di Dio, in modo tale da essere
riconosciuti come veri discepoli di colui,[79]
«che non venne per farsi servire, ma per servire»[80]
e fu in mezzo ai suoi discepoli«come colui che serve».[81]
E fortificati dal dono dello Spirito Santo ricevuto mediante
l’imposizione delle mani, servano il popolo di Dio in comunione
con il Vescovo e il suo presbiterio.[82]
Considerino perciò il Vescovo come padre e siano di aiuto a lui e
al suo Presbiterio«nel ministero della parola, dell’altare e
della carità».[83]
[35.] Non trascurino mai «di
custodire il mistero della fede, come dice l’Apostolo, in una
coscienza pura[84] per
annunziare tale fede con le parole e le opere, secondo il Vangelo e
la tradizione della Chiesa»,[85]
servendo con tutto il cuore fedelmente e con umiltà la sacra
Liturgia come fonte e culmine della vita della Chiesa, «affinché
tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il Battesimo, si
riuniscano insieme, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al
Sacrificio e alla mensa del Signore».[86]
Pertanto, tutti i Diaconi, per quanto li riguarda, si impegnino a
far sì che la sacra Liturgia sia celebrata a norma dei libri
liturgici debitamente approvati.
Capitolo
II
LA
PARTECIPAZIONE DEI FEDELI LAICI
ALLA CELEBRAZIONE DELL’EUCARISTIA
1. Una partecipazione attiva e
consapevole
[36.] La celebrazione della Messa, in
quanto azione di Cristo e della Chiesa, costituisce il centro di
tutta la vita cristiana per la Chiesa sia universale sia
particolare, e per i singoli fedeli,[87]
che«sono interessati in diverso modo, secondo la diversità di
ordini, di compiti, e di partecipazione attiva.[88]
In questo modo il popolo cristiano, “stirpe eletta, sacerdozio
regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato”,[89]
manifesta il proprio coerente e gerarchico ordine».[90]
«Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o
gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di
grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e
l’altro, ognuno a suo modo, partecipano dell’unico sacerdozio di
Cristo».[91]
[37.] Tutti i fedeli, liberati
dai propri peccati e incorporati nella Chiesa con il Battesimo,dal
carattere loro impresso sono abilitati al culto della religione
cristiana,[92]
affinché in virtù del loro regale sacerdozio,[93]
perseverando nella preghiera e lodando Dio,[94]
si manifestino come vittima viva, santa, gradita a Dio e provata in
tutte le loro azioni,[95]
diano dovunque testimonianza di Cristo e a chi la richieda rendano
ragione della loro speranza di vita eterna.[96]
Pertanto, anche la partecipazione dei
fedeli laici alla celebrazione dell’Eucaristia e degli altri riti
della Chiesa non può essere ridotta ad una mera presenza, per di
più passiva, ma va ritenuta un vero esercizio della fede e della
dignità battesimale.
[38.] L’ininterrotta dottrina della
Chiesa sulla natura non soltanto conviviale, ma anche e soprattutto
sacrificale dell’Eucaristia va giustamente considerata tra i
principali criteri per una piena partecipazione di tutti i fedeli a
un così grande sacramento.[97]
«Spogliato del suo valore sacrificale, il mistero viene vissuto
come se non oltrepassasse il senso e il valore di un qualsiasi
incontro conviviale e fraterno».[98]
[39.] Per promuovere ed evidenziare
la partecipazione attiva, la recente riforma dei libri liturgici ha
favorito, secondo le intenzioni del Concilio, le acclamazioni del
popolo, le risposte, la salmodia, le antifone, i canti, nonché le
azioni o i gesti e l’atteggiamento del corpo e ha provveduto a far
osservare a tempo debito il sacro silenzio, prevedendo nelle
rubriche anche le parti spettanti ai fedeli.[99]
Ampio spazio si dà, inoltre, ad una appropriata libertà di
adattamento fondata sul principio che ogni celebrazione risponda
alle necessità, alla capacità, alla preparazione dell’animo e
all’indole dei partecipanti, secondo le facoltà stabilite dalle
norme liturgiche. Nella scelta dei canti, delle melodie, delle
orazioni e delle letture bibliche, nel pronunciare l’omelia, nel
comporre la preghiera dei fedeli, nel rivolgere talora le monizioni
e nell’ornare secondo i vari tempi la chiesa esiste ampia
possibilità di introdurre in ogni celebrazione una certa varietà
che contribuisca a rendere maggiormente evidente la ricchezza della
tradizione liturgica e a conferire accuratamente una connotazione
particolare alla celebrazione, tenendo conto delle esigenze
pastorali, così da favorire la partecipazione interiore. Va,
tuttavia, ricordato che l’efficacia delle azioni liturgiche non
sta nella continua modifica dei riti, ma nell’approfondimento
della parola di Dio e del mistero celebrato.[100]
[40.] Tuttavia, benché la
celebrazione della Liturgia possieda indubbiamente tale connotazione
di partecipazione attiva di tutti i fedeli, non ne consegue, come
per logica deduzione, che tutti debbano materialmente compiere
qualcosa oltre ai previsti gesti ed atteggiamenti del corpo, come se
ognuno debba necessariamente assolvere ad uno specifico compito
liturgico. La formazione catechetica provveda, piuttosto, con cura a
correggere nozioni e usi superficiali in merito diffusi in alcuni
luoghi negli ultimi anni e a risvegliare sempre nei fedeli un
rinnovato senso di grande ammirazione davanti alla profondità di
quel mistero di fede che è l’Eucaristia, nella cui celebrazione
la Chiesa passa «dal vecchio al nuovo» ininterrottamente.[101]
Nella celebrazione dell’Eucaristia, infatti, come pure in tutta la
vita cristiana, che da essa trae forza e ad essa tende, la Chiesa,
come san Tommaso Apostolo, si prostra in adorazione davanti al
Signore crocifisso, morto, sepolto e risorto «nella grandezza del
suo divino splendore e esclama in eterno: “Signore mio e Dio
mio!”».[102]
[41.] Per suscitare, promuovere e
alimentare il senso interiore della partecipazione liturgica
risultano particolarmente utili la celebrazione assidua ed estesa
della Liturgia delle Ore, l’uso dei sacramentali e gli esercizi
della pietà popolare cristiana. Tali esercizi, «che, sebbene non
riguardino a rigore di diritto la sacra Liturgia, sono invero
provvisti di particolare importanza e dignità», vanno ritenuti,
soprattutto quando risultano elogiati e approvati dallo stesso
Magistero,[103]
dotati di un qualche legame con il contesto liturgico, come è
specialmente per la preghiera del Rosario.[104]
Poiché, inoltre, queste opere di pietà guidano il popolo cristiano
alla partecipazione ai sacramenti, e in particolar modo
all’Eucaristia, «nonché alla meditazione dei misteri della
nostra redenzione e all’imitazione degli insigni esempi dei santi
in cielo, esse allora ci rendono partecipi del culto liturgico non
senza giovamento di salvezza».[105]
[42.] È necessario comprendere che
la Chiesa non si riunisce per umana volontà, ma è convocata da Dio
nello Spirito Santo, e risponde per mezzo della fede alla sua
vocazione gratuita: il termine ekklesía rimanda, infatti, a klesis,
che significa “chiamata”.[106]
Il sacrificio eucaristico non va poi ritenuto come
«concelebrazione» in senso univoco del Sacerdote insieme con il
popolo presente.[107]
Al contrario, l’Eucaristia celebrata dai Sacerdoti è un dono
«che supera radicalmente il potere dell’assemblea […]. La
comunità che si riunisce per la celebrazione dell’Eucaristia
necessita assolutamente di un Sacerdote ordinato che la presieda per
poter essere veramente assemblea eucaristica. D’altra parte, la
comunità non è in grado di darsi da sola il ministro ordinato».[108]
È assolutamente necessaria la volontà comune di evitare ogni
ambiguità in materia e portare rimedio alle difficoltà insorte
negli ultimi anni. Pertanto, si usino soltanto con cautela locuzioni
quali «comunità celebrante» o «assemblea celebrante», o in
altre lingue moderne «celebrating assembly», «asamblea
celebrante», «assemblée célébrante», e simili.
2. I compiti dei fedeli laici
nella celebrazione della Messa
[43.] È giusto e lodevole che per il
bene della comunità e di tutta la Chiesa di Dio alcuni fedeli laici
svolgano secondo la tradizione alcuni compiti attinenti alla
celebrazione della sacra Liturgia.[109]
Conviene che siano più persone a distribuirsi tra loro o a svolgere
i vari uffici o le varie parti dello stesso ufficio.[110]
[44.] Oltre ai ministeri istituiti
dell’accolito e del lettore,[111]
tra i suddetti uffici particolari vi sono quelli dell’accolito[112]
e del lettore[113]
per incarico temporaneo, ai quali sono congiunti gli altri uffici
descritti nel Messale Romano,[114]
nonché i compiti di preparare le ostie, di pulire i lini e simili.
Tutti«sia ministri ordinati sia fedeli laici, esercitando il loro
ministero o ufficio, compiano solo e tutto ciò che è di loro
competenza»[115] e
tanto nella stessa celebrazione liturgica quanto nella sua
preparazione facciano sì che la Liturgia della Chiesa si svolga con
dignità e decoro.
[45.] Si deve evitare il rischio di
oscurare la complementarietà tra l’azione dei chierici e quella
dei laici, così da sottoporre il ruolo dei laici a una sorta, come
si suol dire, di «clericalizzazione», mentre i ministri sacri
assumono indebitamente compiti che sono propri della vita e
dell’azione dei fedeli laici.[116]
[46.] Il fedele laico chiamato
a prestare il suo aiuto nelle celebrazioni liturgiche occorre che
sia debitamente preparato e che si distingua per vita cristiana,
fede, condotta e fedeltà al Magistero della Chiesa. È bene che
costui abbia ricevuto una congrua formazione liturgica, secondo la
sua età, condizione, genere di vita e cultura religiosa.[117]
Non si scelga nessuno, la cui designazione possa destare meraviglia
tra i fedeli.[118]
[47.] È veramente ammirevole che
persista la nota consuetudine che siano presenti dei fanciulli o dei
giovani, chiamati di solito «ministranti», che prestino servizio
all’altare alla maniera dell’accolito, e abbiano ricevuto,
secondo le loro capacità, una opportuna catechesi riguardo al loro
compito.[119] Non si
deve dimenticare che dal novero di questi fanciulli è scaturito nel
corso dei secoli un cospicuo numero di ministri sacri.[120]
Si istituiscano o promuovano per essi delle associazioni, anche con
la partecipazione e l’aiuto dei genitori, con le quali si provveda
più efficacemente alla cura pastorale dei ministranti. Quando tali
associazioni assumono carattere internazionale, spetta alla
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
erigerle o esaminare e approvare i loro statuti.[121]
A tale servizio dell’altare si possono ammettere fanciulle o donne
a giudizio del Vescovo diocesano e nel rispetto delle norme
stabilite.[122]
Capitolo
III
LA RETTA
CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA
1. La materia della Santissima
Eucaristia
[48.] Il pane utilizzato nella
celebrazione del santo Sacrificio eucaristico deve essere azimo,
esclusivamente di frumento e preparato di recente, in modo che non
ci sia alcun rischio di decomposizione.[123]
Ne consegue, dunque, che quello preparato con altra materia, anche
se cereale, o quello a cui sia stata mescolata materia diversa dal
frumento, in quantità tale da non potersi dire, secondo la comune
estimazione, pane di frumento, non costituisce materia valida per la
celebrazione del sacrificio e del sacramento eucaristico.[124]
È un grave abuso introdurre nella confezione del pane
dell’Eucaristia altre sostanze, come frutta, zucchero o miele. Va
da sé che le ostie devono essere confezionate da persone che non
soltanto si distinguano per onestà, ma siano anche esperte nel
prepararle e fornite di strumenti adeguati.[125]
[49.] In ragione del segno espresso,
conviene che qualche parte del pane eucaristico ottenuto dalla
frazione sia distribuito almeno a qualche fedele al momento della
Comunione. «Le ostie piccole non sono comunque affatto escluse,
quando il numero dei comunicandi, o altre ragioni pastorali lo
esigano»;[126] si
usino, anzi, di solito particole per lo più piccole, che non
richiedano ulteriore frazione.
[50.] Il vino utilizzato nella
celebrazione del santo sacrificio eucaristico deve essere naturale,
del frutto della vite, genuino, non alterato, né commisto a
sostanze estranee.[127]
Nella stessa celebrazione della Messa va mescolata ad esso una
modica quantità di acqua. Con la massima cura si badi che il vino
destinato all’Eucaristia sia conservato in perfetto stato e non
diventi aceto.[128]
È assolutamente vietato usare del vino, sulla cui genuinità e
provenienza ci sia dubbio: la Chiesa esige, infatti, certezza
rispetto alle condizioni necessarie per la validità dei sacramenti.
Non si ammetta, poi, nessun pretesto a favore di altre bevande di
qualsiasi genere, che non costituiscono materia valida.
2. La Preghiera
eucaristica
[51.] Si usino soltanto le Preghiere
eucaristiche che si trovano nel Messale Romano o legittimamente
approvate dalla Sede Apostolica secondo i modi e i termini da essa
definiti. «Non si può tollerare che alcuni Sacerdoti si arroghino
il diritto di comporre preghiere eucaristiche»[129]
o modificare il testo di quelle approvate dalla Chiesa,né adottarne
altre composte da privati.[130]
[52.] La recita della Preghiera
eucaristica, che per sua stessa natura è come il culmine
dell’intera celebrazione, è propria del Sacerdote, in forza della
sua ordinazione. È, pertanto, un abuso far sì che alcune parti
della Preghiera eucaristica siano recitate da un Diacono, da un
ministro laico oppure da uno solo o da tutti i fedeli insieme. La
Preghiera eucaristica deve, dunque, essere interamente recitata dal
solo Sacerdote.[131]
[53.] Mentre il Sacerdote celebrante
recita la Preghiera eucaristica,«non si sovrappongano altre
orazioni o canti, e l’organo o altri strumenti musicali
tacciano»,[132]
salvo che per le acclamazioni del popolo debitamente approvate, di
cui si veda più avanti.
[54.] Il popolo, tuttavia, prende
parte sempre attivamente e mai in modo meramente passivo:al
Sacerdote«si associ con fede e in silenzio, ed anche con gli
interventi stabiliti nel corso della Preghiera eucaristica, quali
sono le risposte nel dialogo del Prefazio, il Santo,
l’acclamazione dopo la consacrazione e l’Amen dopo la dossologia
finale, ed altre acclamazioni approvate dalla Conferenza dei Vescovi
e confermate dalla Santa Sede».[133]
[55.] In alcuni luoghi è invalso
l’abuso per cui il Sacerdote spezza l’ostia al momento della
consacrazione durante la celebrazione della santa Messa. Tale abuso
si compie, però, contro la tradizione della Chiesa e va riprovato e
molto urgentemente corretto.
[56.] Non si ometta nella Preghiera
eucaristica il ricordo del nome del Sommo Pontefice e del Vescovo
diocesano, per conservare un’antichissima tradizione e manifestare
la comunione ecclesiale. Infatti, «lo stesso radunarsi insieme
della comunità eucaristica è anche comunione con il proprio
Vescovo e con il Romano Pontefice».[134]
3. Le altre parti
della Messa
[57.] È diritto della comunità dei
fedeli che ci siano regolarmente, soprattutto nella celebrazione
domenicale, una adeguata e idonea musica sacra e, sempre, un altare,
dei paramenti e sacri lini che splendano, secondo le norme, per
dignità, decoro e pulizia.
[58.] Parimenti, tutti i fedeli hanno
il diritto che la celebrazione dell’Eucaristia sia diligentemente
preparata in tutte le sue parti, in modo tale che in essa sia
degnamente ed efficacemente proclamata e illustrata la parola di
Dio, sia esercitata con cura, secondo le norme, la facoltà di
scelta dei testi liturgici e dei riti, e nella celebrazione della
Liturgia sia debitamente custodita e alimentata la loro fede nelle
parole dei canti.
[59.] Si ponga fine al riprovevole
uso con il quale i Sacerdoti, i Diaconi o anche i fedeli mutano e
alterano a proprio arbitrio qua e là i testi della sacra Liturgia
da essi pronunciati. Così facendo, infatti, rendono instabile la
celebrazione della sacra Liturgia e non di rado ne alterano il senso
autentico.
[60.] Nella celebrazione della Messa
la Liturgia della Parola e la Liturgia eucaristica sono strettamente
congiunte tra loro e formano un solo atto di culto. Pertanto, non è
lecito separare una parte dall’altra, celebrandole in tempi e
luoghi differenti.[135]
Inoltre, non è lecito eseguire singole sezioni della santa Messa in
vari momenti anche di uno stesso giorno.
[61.] Nello scegliere le letture
bibliche da proclamare nella celebrazione della Messa, si seguano le
norme che si trovano nei libri liturgici,[136]
affinché realmente«la mensa della Parola di Dio sia imbandita ai
fedeli con maggiore abbondanza e vengano ad essi aperti più
largamente i tesori della Bibbia».[137]
[62.] Non è permesso omettere o
sostituire di propria iniziativa le letture bibliche prescritte né
sostituire specialmente «le letture e il salmo responsoriale, che
contengono la parola di Dio, con altri testi non biblici».[138]
[63.] La lettura del Vangelo,
che«costituisce il culmine della Liturgia della Parola»,[139]
è riservata, secondo la tradizione della Chiesa, nella celebrazione
della sacra Liturgia al ministro ordinato.[140]
Non è pertanto consentito a un laico, anche religioso, proclamare
il Vangelo durante la celebrazione della santa Messa e neppure negli
altri casi in cui le norme non lo permettano esplicitamente.[141]
[64.] L’omelia, che si tiene nel
corso della celebrazione della santa Messa ed è parte della stessa
Liturgia,[142] «di
solito è tenuta dallo stesso Sacerdote celebrante o da lui affidata
a un Sacerdote concelebrante, o talvolta, secondo l’opportunità,
anche al Diacono, mai però a un laico.[143]
In casi particolari e per un giusto motivo l’omelia può essere
tenuta anche da un Vescovo o da un Presbitero che partecipa alla
celebrazione anche se non può concelebrare».[144]
[65.] Va ricordato che, in base a
quanto prescritto dal canone 767, § 1, si ritiene abrogata ogni
precedente norma che abbia consentito a fedeli non ordinati di
tenere l’omelia durante la celebrazione eucaristica.[145]
Tale prassi è, di fatto, riprovata e non può, pertanto, essere
accordata in virtù di alcuna consuetudine.
[66.] Il divieto di ammissione dei
laici alla predicazione durante la celebrazione della Messa vale
anche per i seminaristi, per gli studenti di discipline teologiche,
per quanti abbiano ricevuto l’incarico di «assistenti
pastorali», e per qualsiasi altro genere, gruppo, comunità o
associazione di laici.[146]
[67.] Soprattutto, si deve prestare
piena attenzione affinché l’omelia si incentri strettamente sul
mistero della salvezza, esponendo nel corso dell’anno liturgico
sulla base delle letture bibliche e dei testi liturgici i misteri
della fede e le regole della vita cristiana e offrendo un commento
ai testi dell’Ordinario o del Proprio della Messa o di qualche
altro rito della Chiesa.[147]
Va da sé che tutte le interpretazioni della sacra Scrittura debbano
essere ricondotte a Cristo come supremo cardine dell’economia
della salvezza, ma ciò avvenga tenendo anche conto dello specifico
contesto della celebrazione liturgica. Nel tenere l’omelia si
abbia cura di irradiare la luce di Cristo sugli eventi della vita.
Ciò però avvenga in modo da non svuotare il senso autentico e
genuino della parola di Dio, trattando, per esempio, solo di
politica o di argomenti profani o attingendo come da fonte a nozioni
provenienti da movimenti pseudo-religiosi diffusi nella nostra
epoca.[148]
[68.] Il Vescovo diocesano vigili con
attenzione sull’omelia,[149]
facendo anche circolare tra i ministri sacri norme, lineamenti e
sussidi e promovendo incontri e altre iniziative apposite, affinché
essi abbiano spesso occasione di riflettere con maggiore accuratezza
sulla natura dell’omelia e trovino un aiuto per quanto concerne la
sua preparazione.
[69.] Non si ammetta nella santa
Messa, come nelle altre celebrazioni liturgiche, un Credo o
Professione di fede, che non sia inserito nei libri liturgici
debitamente approvati.
[70.] Le offerte che i fedeli
sono soliti presentare durante la santa Messa per la Liturgia
eucaristica non si riducono necessariamente al pane e al vino per la
celebrazione dell’Eucaristia, ma possono comprendere anche altri
doni che vengono portati dai fedeli sotto forma di denaro o altri
beni utili per la carità verso i poveri. I doni esteriori devono,
tuttavia, essere sempre espressione visibile di quel vero dono che
il Signore aspetta da noi: un cuore contrito e l’amore di Dio e
del prossimo, per mezzo del quale siamo conformati al sacrificio di
Cristo che offrì se stesso per noi. Nell’Eucaristia, infatti,
risplende in sommo grado il mistero di quella carità che Gesù
Cristo ha rivelato nell’Ultima Cena lavando i piedi dei discepoli.
Tuttavia, a salvaguardia della dignità della sacra Liturgia occorre
che le offerte esteriori siano presentate in modo adeguato.
Pertanto, il denaro, come pure le altre offerte per i poveri, siano
collocati in un luogo adatto, ma fuori della mensa eucaristica.[150]
Ad eccezione del denaro e, nel caso, in ragione del segno, di una
minima parte degli altri doni, è preferibile che tali offerte
vengano presentate al di fuori della celebrazione della Messa.
[71.] Si mantenga l’uso del Rito
romano di scambiare la pace prima della santa Comunione, come
stabilito nel Rito della Messa. Secondo la tradizione del Rito
romano, infatti, questo uso non ha connotazione né di
riconciliazione né di remissione dei peccati, ma piuttosto la
funzione di manifestare pace, comunione e carità prima di ricevere
la Santissima Eucaristia.[151]
È, invece, l’atto penitenziale da eseguire all’inizio della
Messa, in particolare secondo la sua prima forma, ad avere carattere
di riconciliazione tra i fratelli.
[72.] Conviene«che ciascuno
dia la pace soltanto a coloro che gli stanno più vicino, in modo
sobrio».«Il Sacerdote può dare la pace ai ministri, rimanendo
tuttavia sempre nel presbiterio, per non disturbare la celebrazione.
Così ugualmente faccia se, per qualche motivo ragionevole, vuol
dare la pace ad alcuni fedeli». Nec fiat cantus quidam ad pacem
comitandam sed sine mora procedatur ad «Agnus Dei». «Per ciò che
riguarda il modo di compiere lo stesso gesto di pace, esso è
stabilito dalle Conferenze dei Vescovi […] secondo l’indole e le
usanze dei popoli» e confermato da parte della Sede Apostolica.[152]
[73.] Nella celebrazione della santa
Messa la frazione del pane eucaristico, che va fatta soltanto ad
opera del Sacerdote celebrante, con l’aiuto, se è il caso, di un
Diacono o del concelebrante, ma non di un laico, inizia dopo lo
scambio della pace, mentre si recita l’«Agnello di Dio». Il
gesto della frazione del pane, infatti,«compiuto da Cristo
nell’ultima Cena, che sin dal tempo apostolico ha dato il nome a
tutta l’azione eucaristica, significa che i molti fedeli, nella
Comunione derivante dall’unico pane di vita, che è il Cristo
morto e risorto per la salvezza del mondo, costituiscono un solo
corpo (1 Cor 10, 17)».[153]
Il rito, pertanto, deve essere eseguito con grande rispetto.[154]
Sia però breve. Si corregga molto urgentemente l’abuso invalso in
alcuni luoghi di prolungare senza necessità tale rito, anche con
l’aiuto di laici contrariamente alle norme, e di attribuirgli una
esagerata importanza.[155]
[74.] Se vi fosse l’esigenza di
fornire informazioni o testimonianze di vita cristiana ai fedeli
radunati in Chiesa, è generalmente preferibile che ciò avvenga al
di fuori della Messa. Tuttavia, per una grave causa, si possono
offrire tali informazioni o testimonianze quando il Sacerdote abbia
pronunciato la preghiera dopo la Comunione. Questo uso, tuttavia,
non diventi consueto. Tali informazioni e testimonianze, inoltre,
non abbiano un senso tale da poter essere confuse con l’omelia,[156]
né si può a causa loro totalmente sopprimere l’omelia stessa.
4. L’unione dei
vari riti con la celebrazione della Messa
[75.] Per una ragione teologica
inerente alla celebrazione eucaristica o ad un rito particolare, i
libri liturgici talora prescrivono o permettono la celebrazione
della santa Messa unitamente a un altro rito, specialmente dei
sacramenti.[157]
Negli altri casi, tuttavia, la Chiesa non ammette tale collegamento,
soprattutto quando si tratta di circostanze aventi indole
superficiale e vana.
[76.] Inoltre, secondo
l’antichissima tradizione della Chiesa romana, non è lecito unire
il sacramento della Penitenza con la santa Messa in modo tale che
diventi un’unica azione liturgica. Ciò non impedisce, tuttavia,
che dei Sacerdoti, salvo coloro che celebrano o concelebrano la
santa Messa, ascoltino le confessioni dei fedeli che lo desiderino,
anche mentre si celebra la Messa nello stesso luogo, per venire
incontro alle necessità dei fedeli.[158]
Ciò tuttavia si svolga nella maniera opportuna.
[77.] In nessun modo si combini la
celebrazione della santa Messa con il contesto di una comune cena,
né la si metta in rapporto con analogo tipo di convivio. Salvo che
in casi di grave necessità, non si celebri la Messa su di un tavolo
da pranzo[159] o in
un refettorio o luogo utilizzato per tale finalità conviviale, né
in qualunque aula in cui sia presente del cibo, né coloro che
partecipano alla Messa siedano a mensa nel corso stesso della
celebrazione. Se per grave necessità si dovesse celebrare la Messa
nello stesso luogo in cui dopo si deve cenare, si interponga un
chiaro spazio di tempo tra la conclusione della Messa e l’inizio
della cena e non si esibisca ai fedeli nel corso della Messa del
cibo ordinario.
[78.] Non è lecito collegare la
celebrazione della Messa con eventi politici o mondani o con
circostanze che non rispondano pienamente al Magistero della Chiesa
cattolica. Si deve, inoltre, evitare del tutto di celebrare la Messa
per puro desiderio di ostentazione o di celebrarla secondo lo stile
di altre cerimonie, tanto più se profane, per non svuotare il
significato autentico dell’Eucaristia.
[79.] Infine, va considerato nel modo
più severo l’abuso di introdurre nella celebrazione della santa
Messa elementi contrastanti con le prescrizioni dei libri liturgici,
desumendoli dai riti di altre religioni.
Capitolo
IV
LA
SANTA COMUNIONE
1. Disposizioni per ricevere la
santa Comunione
[80.] L’Eucaristia sia proposta ai
fedeli anche «come antidoto, che ci libera dalle colpe quotidiane e
ci preserva dai peccati mortali»,[160]
come è posto in luce nelle diverse parti della Messa. Quanto
all’atto penitenziale collocato all’inizio della Messa, esso ha
lo scopo di disporre i partecipanti perché siano in grado di
celebrare degnamente i santi misteri;[161]
tuttavia, «è privo dell’efficacia del sacramento della
Penitenza»[162] e,
per quanto concerne la remissione dei peccati gravi, non si può
ritenere un sostituto del sacramento della Penitenza. I pastori di
anime curino con diligenza l’istruzione catechetica, in modo che
ai fedeli sia trasmesso l’insegnamento cristiano a questo
riguardo.
[81.] La consuetudine della Chiesa
afferma, inoltre, la necessità che ognuno esamini molto a fondo se
stesso,[163]
affinché chi sia conscio di essere in peccato grave non celebri la
Messa né comunichi al Corpo del Signore senza avere premesso la
confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e
manchi l’opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi che
è tenuto a porre un atto di contrizione perfetta, che include il
proposito di confessarsi quanto prima.[164]
[82.] Inoltre, «la Chiesa ha
dato delle norme che mirano insieme a favorire l’accesso frequente
e fruttuoso dei fedeli alla mensa eucaristica e a determinare le
condizioni oggettive in cui ci si deve astenere del tutto dal
distribuire la Comunione».[165]
[83.] È certamente la cosa migliore
che tutti coloro che partecipano ad una celebrazione della santa
Messa e sono forniti delle dovute condizioni ricevano in essa la
santa Comunione. Talora, tuttavia, avviene che i fedeli si accostino
alla sacra mensa in massa e senza il necessario discernimento. È
compito dei pastori correggere con prudenza e fermezza tale abuso.
[84.] Inoltre, se si celebra la santa
Messa per una grande folla o, per esempio, nelle grandi città,
occorre che si faccia attenzione affinché per mancanza di
consapevolezza non accedano alla santa Comunione anche i non
cattolici o perfino i non cristiani, senza tener conto del Magistero
della Chiesa in ambito dottrinale e disciplinare. Spetta ai pastori
avvertire al momento opportuno i presenti sulla verità e sulla
disciplina da osservare rigorosamente.
[85.] I ministri cattolici
amministrano lecitamente i sacramenti ai soli fedeli cattolici, i
quali parimenti li ricevono lecitamente dai soli ministri cattolici,
salvo le disposizioni del can. 844 §§ 2, 3 e 4, e del can. 861 §
2.[166] Inoltre, le
condizioni stabilite dal can. 844 § 4, alle quali non può essere
derogato in alcun modo,[167]
non possono essere separate tra loro; è, pertanto, necessario che
tutte siano sempre richieste simultaneamente.
[86.] I fedeli siano accortamente
guidati alla pratica di accedere al sacramento della Penitenza al di
fuori della celebrazione della Messa, soprattutto negli orari
stabiliti, di modo che la sua amministrazione si svolga con
tranquillità e a loro effettivo giovamento, senza che siano
impediti da una attiva partecipazione alla Messa. Coloro che sono
soliti comunicarsi ogni giorno o molto spesso siano istruiti in modo
da accedere al sacramento della Penitenza nei tempi opportuni,
secondo le possibilità di ciascuno.[168]
[87.] Si premetta sempre alla Prima
Comunione dei bambini la confessione sacramentale e l’assoluzione.[169]
La Prima Comunione, inoltre, sia sempre amministrata da un Sacerdote
e mai al di fuori della celebrazione della Messa. Salvo casi
eccezionali, è poco appropriato amministrarla il Giovedì Santo
«in Cena Domini». Si scelga piuttosto un altro giorno, come le
domeniche II-VI di Pasqua o la solennità del Santissimo Corpo e
Sangue di Cristo o le domeniche «per annum», in quanto la domenica
è giustamente considerata il giorno dell’Eucaristia.[170]
A ricevere l’Eucaristia non «accedano i bambini che non abbiano
raggiunto l’età della ragione o che»il parroco «abbia giudicato
non sufficientemente pronti».[171]
Tuttavia, qualora avvenga che un bambino, in via del tutto
eccezionale rispetto all’età, sia ritenuto maturo per ricevere il
sacramento, non gli si rifiuti la Prima Comunione, a condizione che
sia stato sufficientemente preparato.
2. La distribuzione della santa
Comunione
[88.] I fedeli di solito ricevano la
Comunione sacramentale dell’Eucaristia nella stessa Messa e al
momento prescritto dal rito stesso della celebrazione, vale a dire
immediatamente dopo la Comunione del Sacerdote celebrante.[172]
Spetta al Sacerdote celebrante, eventualmente coadiuvato da altri
Sacerdoti o dai Diaconi, distribuire la Comunione e la Messa non
deve proseguire, se non una volta ultimata la Comunione dei fedeli.
Soltanto laddove la necessità lo richieda, i ministri straordinari
possono, a norma del diritto, aiutare il Sacerdote celebrante.[173]
[89.] Affinché, anche«per mezzo dei
segni, la Comunione appaia meglio come partecipazione al Sacrificio
che si celebra»,[174]
è da preferirsi che i fedeli possano riceverla con ostie consacrate
nella stessa Messa.[175]
[90.] «I fedeli si comunicano in
ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza dei
Vescovi»,e confermato da parte della Sede Apostolica. «Quando
però si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di
ricevere il Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire
dalle stesse norme».[176]
[91.] Nella distribuzione della santa
Comunione è da ricordare che«i ministri sacri non possono negare i
sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti
nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di
riceverli».[177]
Pertanto, ogni cattolico battezzato, che non sia impedito dal
diritto, deve essere ammesso alla sacra comunione. Non è lecito,
quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice
ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in
ginocchio oppure in piedi.
[92.] Benché ogni fedele abbia
sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in
bocca,[178] se un
comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la
conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole
ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra
ostia. Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il
comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che
nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se
c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa
Comunione sulla mano dei fedeli.[179]
[93.] È necessario che si mantenga
l’uso del piattino per la Comunione dei fedeli, per evitare che la
sacra ostia o qualche suo frammento cada.[180]
[94.] Non è consentito ai fedeli di
«prendere da sé e tanto meno passarsi tra loro di mano in mano»[181]
la sacra ostia o il sacro calice. In merito, inoltre, va rimosso
l’abuso che gli sposi durante la Messa nuziale si distribuiscano
in modo reciproco la santa Comunione.
[95.] Il fedele laico «che ha già
ricevuto la Santissima Eucaristia, può riceverla una seconda volta
nello stesso giorno, soltanto entro la celebrazione eucaristica alla
quale partecipa, salvo il disposto del can. 921 § 2».[182]
[96.] Va disapprovato l’uso di
distribuire, contrariamente alle prescrizioni dei libri liturgici, a
mo’ di Comunione durante la celebrazione della santa Messa o prima
di essa ostie non consacrate o altro materiale commestibile o meno.
Tale uso, infatti, non si concilia con la tradizione del Rito romano
e reca in sé il rischio di ingenerare confusione tra i fedeli
riguardo alla dottrina eucaristica della Chiesa. Se in alcuni luoghi
vige, per concessione, la consuetudine particolare di benedire il
pane e distribuirlo dopo la Messa, si fornisca con grande cura una
corretta catechesi di questo gesto. Non si introducano, invece,
altre usanze similari, né si utilizzino mai a tale scopo ostie non
consacrate.
3. La Comunione dei Sacerdoti
[97.] Ogni volta che celebra la santa
Messa, il Sacerdote deve comunicarsi all’altare al momento
stabilito dal Messale; i concelebranti, invece, prima di procedere
alla distribuzione della Comunione. Il Sacerdote celebrante o
concelebrante non attenda mai per comunicarsi il termine della
Comunione del popolo.[183]
[98.] La Comunione dei Sacerdoti
concelebranti si svolga secondo le norme prescritte nei libri
liturgici, facendo sempre uso di ostie consacrate durante la stessa
Messa,[184] e
ricevendo tutti i concelebranti la Comunione sotto le due specie. Si
noti che, quando il Sacerdote o il Diacono amministra ai
concelebranti la sacra ostia o il calice, non dice nulla, vale a
dire non pronuncia le parole «Il Corpo di Cristo» o «Il Sangue di
Cristo».
[99.] La Comunione sotto le due
specie è sempre permessa «ai Sacerdoti,che non possono celebrare o
concelebrare».[185]
4. La Comunione sotto
le due specie
[100.] Al fine di manifestare ai
fedeli con maggior chiarezza la pienezza del segno nel convivio
eucaristico, sono ammessi alla Comunione sotto le due specie nei
casi citati nei libri liturgici anche i fedeli laici, con il
presupposto e l’incessante accompagnamento di una debita catechesi
circa i principi dogmatici fissati in materia dal Concilio Ecumenico
Tridentino.[186]
[101.] Per amministrare la santa
Comunione ai fedeli laici sotto le due specie si dovrà tenere
appropriatamente conto delle circostanze, sulle quali spetta
anzitutto ai Vescovi diocesani dare una valutazione. Ciò si escluda
assolutamente quando esista rischio, anche minimo, di profanazione
delle sacre specie.[187]
Per un più ampio coordinamento, occorre che le Conferenze dei
Vescovi pubblichino, con la conferma da parte della Sede Apostolica,
mediante la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti, le norme relative soprattutto al «modo di distribuire
ai fedeli la santa Comunione sotto le due specie e all’estensione
della facoltà».[188]
[102.] Non si amministri ai fedeli
laici il calice, laddove sia presente un numero di comunicandi tanto
grande[189] che
risulterebbe difficile stimare la quantità di vino necessario per
l’Eucaristia e esisterebbe il rischio che «rimanga una quantità
di Sangue di Cristo superiore al giusto da assumere al termine della
celebrazione»,[190]
né parimenti laddove l’accesso al calice può essere regolato con
difficoltà o fosse richiesta una quantità sufficiente di vino,
della quale solo difficilmente si può avere garanzia di provenienza
e qualità, o laddove non sia disponibile un congruo numero di
ministri sacri né di ministri straordinari della sacra Comunione
provvisti di appropriata preparazione, o laddove una parte notevole
del popolo perseveri, per varie ragioni, nel rifiutarsi di accedere
al calice, facendo così venir meno in un certo qual modo il segno
dell’unità.
[103.] Le norme del Messale Romano
ammettono il principio che, nei casi in cui la Comunione è
distribuita sotto le due specie, «il Sangue di Cristo può essere
bevuto direttamente al calice, per intinzione, con la cannuccia o
con il cucchiaino».[191]
Quanto all’amministrazione della Comunione ai fedeli laici, i
Vescovi possono escludere la modalità della Comunione con la
cannuccia o il cucchiaino, laddove non sia uso locale, rimanendo
comunque sempre vigente la possibilità di amministrare la Comunione
per intinzione. Se però si usa questa modalità, si ricorra ad
ostie che non siano né troppo sottili, né troppo piccole e il
comunicando riceva dal Sacerdote il Sacramento soltanto in bocca.[192]
[104.] Non si permetta al comunicando
di intingere da sé l’ostia nel calice, né di ricevere in mano
l’ostia intinta. Quanto all’ostia da intingere, essa sia fatta
di materia valida e sia consacrata, escludendo del tutto l’uso di
pane non consacrato o di altra materia.
[105.] Se non fosse sufficiente un
solo calice per distribuire la Comunione sotto le due specie ai
Sacerdoti concelebranti o ai fedeli, nulla osta che il Sacerdote
celebrante usi più calici.[193]
Va, infatti, ricordato che tutti i Sacerdoti che celebrano la santa
Messa sono tenuti a comunicarsi sotto le due specie. In ragione del
segno, è lodevole servirsi di un calice principale più grande
insieme ad altri calici di minori dimensioni.
[106.] Ci si astenga, tuttavia, dal
riversare dopo la consacrazione il Sangue di Cristo da un vaso in un
altro, per evitare qualunque cosa che possa risultare irrispettosa
di così grande mistero. Per ricevere il Sangue del Signore non si
utilizzino in nessun caso brocche, crateri o altri vasi non
integralmente rispondenti alle norme stabilite.
[107.] Secondo la normativa stabilita
dai canoni, «chi getta via le specie consacrate, oppure le asporta
o le conserva a scopo sacrilego, incorre nella scomunica latae
sententiae riservata alla Sede Apostolica; il chierico inoltre
può essere punito con altra pena, non esclusa la dimissione dallo
stato clericale».[194]
All’interno di questo caso si deve considerare annoverabile
qualunque azione volontariamente e gravemente volta a dispregio
delle sacre specie. Se, pertanto, qualcuno agisce contro le suddette
norme, gettando ad esempio le sacre specie nel sacrario o in luogo
indegno o a terra, incorre nelle pene stabilite.[195]
Tengano, inoltre, tutti presente che, al termine della distribuzione
della santa Comunione durante la celebrazione della Messa, vanno
osservate le prescrizioni del Messale Romano, e soprattutto che
quanto eventualmente resta del Sangue di Cristo deve essere subito
interamente consumato dal Sacerdote o, secondo le norme, da un altro
ministro, mentre le ostie consacrate avanzate vengano o
immediatamente consumate all’altare dal Sacerdote o portate in un
luogo appositamente destinato a conservare l’Eucaristia.[196]
Capitolo
V
ALTRI ASPETTI
RIGUARDANTI L’EUCARISTIA
1. Il luogo della celebrazione
della santa Messa
[108.] «La celebrazione eucaristica
venga compiuta nel luogo sacro, a meno che in un caso particolare la
necessità non richieda altro; nel qual caso, la celebrazione deve
essere compiuta in un luogo decoroso».[197]
Su tale necessità sarà, di norma, il Vescovo diocesano a valutare
secondo il caso per la propria diocesi.
[109.] Non è mai consentito a un
Sacerdote celebrare nel tempio o luogo sacro di una religione non
cristiana.
2. Circostanze varie
relative alla santa Messa
[110.] «Sempre memori che nel
mistero del Sacrificio eucaristico viene esercitata
ininterrottamente l’opera della redenzione, i Sacerdoti celebrino
frequentemente; anzi se ne raccomanda caldamente la celebrazione
quotidiana, la quale, anche quando non si possa avere la presenza
dei fedeli, è un atto di Cristo e della Chiesa, nella cui
celebrazione i Sacerdoti adempiono il loro principale compito».[198]
[111.] Un Sacerdote sia ammesso a
celebrare o concelebrare l’Eucaristia «anche se sconosciuto al
rettore della chiesa, purché esibisca la lettera commendatizia»
della Sede Apostolica o del suo Ordinario o del suo Superiore, data
almeno entro l’anno, «oppure si possa prudentemente ritenere che
non sia impedito di celebrare».[199]
I Vescovi provvedano che abitudini contrarie siano eliminate.
[112.] La Messa si celebra o in
lingua latina o in altra lingua, purché si faccia ricorso a testi
liturgici approvati a norma del diritto. Salvo le celebrazioni della
Messa che devono essere svolte nella lingua del popolo secondo gli
orari e i tempi stabiliti dall’autorità ecclesiastica, è
consentito sempre e ovunque ai Sacerdoti celebrare in latino.[200]
[113.] Quando la Messa è
concelebrata da più Sacerdoti, nel pronunciare la Preghiera
eucaristica si usi la lingua conosciuta sia da tutti i Sacerdoti
concelebranti sia dal popolo riunito. Qualora avvenga che vi siano
tra i Sacerdoti alcuni che non conoscono la lingua della
celebrazione, cosicché non possono debitamente pronunciare le parti
della Preghiera eucaristica che sono loro proprie, essi non
concelebrino, ma preferibilmente assistano secondo le norme alla
celebrazione indossando l’abito corale.[201]
[114.] «Nelle Messe domenicali della
parrocchia, in quanto ‘comunità eucaristica’, è normale poi
che si ritrovino i vari gruppi, movimenti, associazioni, le stesse
piccole comunità religiose in essa presenti».[202]
Benché sia possibile, a norma del diritto, celebrare la Messa per
gruppi particolari, ciononostante tali gruppi non sono dispensati
dalla fedele osservanza delle norme liturgiche.[203]
[115.] Va riprovato l’abuso di
sospendere in modo arbitrario la celebrazione della santa Messa per
il popolo, contro le norme del Messale Romano e la sana tradizione
del Rito romano, con il pretesto di promuovere «il digiuno
eucaristico».
[116.] Non si moltiplichino le Messe,
contro la norma del diritto, e, quanto alle offerte per
l’intenzione della Messa, si osservino tutte le regole comunque
vigenti in forza del diritto.[204]
3. I vasi sacri
[117.] I vasi sacri destinati ad
accogliere il Corpo e il Sangue del Signore, siano rigorosamente
foggiati a norma di tradizione e dei libri liturgici.[205]
È data facoltà alle Conferenze dei Vescovi di stabilire, con la
conferma della Santa Sede, se sia opportuno che i vasi sacri siano
fabbricati anche con altri materiali solidi. Tuttavia, si richiede
strettamente che tali materiali siano davvero nobili secondo il
comune giudizio di ciascuna regione,[206]
di modo che con il loro uso si renda onore al Signore e si eviti
completamente il rischio di sminuire agli occhi dei fedeli la
dottrina della presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche.
È pertanto riprovevole qualunque uso, per il quale ci si serva
nella celebrazione della Messa di vasi comuni o piuttosto scadenti
quanto alla qualità o privi di qualsiasi valore artistico, ovvero
di semplici cestini o altri vasi in vetro, argilla, creta o altro
materiale facilmente frangibile. Ciò vale anche per i metalli e
altri materiali facili ad alterarsi.[207]
[118.] I vasi sacri, prima di essere
usati, devono essere benedetti dal Sacerdote secondo i riti
prescritti nei libri liturgici.[208]
È lodevole che la benedizione sia impartita dal Vescovo diocesano,
che valuterà se i vasi siano adatti all’uso a cui sono destinati.
[119.] Il Sacerdote, ritornato
all’altare dopo la distribuzione della Comunione, stando in piedi
all’altare o a un tavolo purifica la patena o la pisside al di
sopra del calice, secondo le prescrizioni del Messale, e asciuga il
calice con il purificatoio. Se è presente il Diacono, questi torna
all’altare insieme al Sacerdote e purifica lui i vasi. È tuttavia
consentito, specialmente se sono numerosi, lasciare i vasi sacri da
purificare opportunamente coperti sull’altare o sulla credenza sul
corporale e che il Sacerdote o il Diacono li purificano subito dopo
la Messa, una volta congedato il popolo. Parimenti, l’accolito
istituito aiuta il Sacerdote o il Diacono a purificare e sistemare i
vasi sacri sia all’altare sia alla credenza. In assenza del
Diacono l’accolito istituito porta alla credenza i vasi sacri e li
purifica, li asciuga e li sistema come al solito.[209]
[120.] I pastori abbiano cura di
mantenere costantemente puliti i lini della mensa sacra, e in
particolare quelli destinati ad accogliere le sacre specie, e di
lavarli piuttosto di frequente secondo la prassi tradizionale. È
lodevole che l’acqua del primo lavaggio, che va eseguito a mano,
si versi nel sacrario della chiesa o a terra in un luogo
appropriato. Successivamente, si può effettuare un nuovo lavaggio
nel modo consueto.
4. Le vesti liturgiche
[121.] «La varietà dei colori nelle
vesti sacre ha lo scopo di esprimere, anche con mezzi esterni, da un
lato la caratteristica particolare dei misteri della fede che
vengono celebrati, e dall’altro il senso della vita cristiana in
cammino lungo il corso dell’anno liturgico».[210]
In realtà, la differenza«di compiti nella celebrazione della sacra
Liturgia, si manifesta esteriormente con la diversità delle vesti
sacre. Conviene che tali vesti sacre contribuiscano anche al decoro
della stessa azione sacra».[211]
[122.] «Il camice è stretto ai
fianchi dal cingolo, a meno che non sia fatto in modo da aderire al
corpo anche senza cingolo. Prima di indossare il camice, se questo
non copre l’abito comune attorno al collo, si usi l’amitto».[212]
[123.] «Nella Messa e nelle altre
azioni sacre direttamente collegate con essa, veste propria del
Sacerdote celebrante è la casula o pianeta, se non viene indicato
diversamente, da indossarsi sopra il camice e la stola».[213]
Parimenti, il Sacerdote che porta la casula secondo le rubriche non
tralasci di indossare la stola. Tutti gli Ordinari provvedano che
ogni uso contrario sia eliminato.
[124.] Nel Messale Romano si dà
facoltà ai Sacerdoti che concelebrano la Messa accanto al
celebrante principale, il quale indossi sempre la casula del colore
prescritto, di poter omettere, in presenza di una giusta causa, come
ad esempio il numero piuttosto elevato di concelebranti e la
mancanza di paramenti, «la casula o la pianeta, facendo uso della
stola sopra il camice».[214]
Qualora tuttavia fosse possibile prevedere tale situazione, si
provveda in merito per quanto possibile. Coloro che concelebrano
possono anch’essi, oltre al celebrante principale, vestire per
necessità la casula di colore bianco. Per il resto, si osservino le
norme dei libri liturgici.
[125.] Veste propria del Diacono è
la dalmatica, da indossarsi sopra il camice e la stola. Al fine di
preservare una insigne tradizione della Chiesa, è lodevole non
valersi della facoltà di omettere la dalmatica.[215]
[126.] È riprovevole l’abuso per
cui i ministri sacri, anche quando partecipa un solo ministro,
celebrano la santa Messa, contrariamente alle prescrizioni dei libri
liturgici, senza vesti sacre o indossando la sola stola sopra la
cocolla monastica o il normale abito religioso o un vestito
ordinario.[216] Gli
Ordinari provvedano a correggere quanto prima tali abusi e a far sì
che in tutte le chiese e gli oratori sotto la propria giurisdizione
sia presente un congruo numero di vesti liturgiche realizzate
secondo le norme.
[127.] Nei libri liturgici si dà
speciale facoltà di utilizzare nei giorni più solenni le sacre
vesti festive, ovvero di maggiore dignità, anche se non siano del
colore del giorno.[217]
Tale facoltà, tuttavia, riguardando propriamente vesti tessute
molti anni or sono al fine di preservare il patrimonio della Chiesa,
viene estesa impropriamente a innovazioni in modo tale che,
lasciando da parte gli usi tramandati, si assumono forme e colori
secondo gusti soggettivi e si menoma il senso di tale norma a
detrimento della tradizione. In occasione di un giorno festivo,
vesti sacre di color oro o argento possono sostituire, secondo
opportunità, quelle di altro colore, ma non le vesti violacee e
nere.
[128.] La Santa Messa e le altre
celebrazioni liturgiche, che sono azioni di Cristo e del popolo di
Dio gerarchicamente costituito, siano ordinate in modo tale che i
sacri ministri e i fedeli laici vi possano chiaramente partecipare
secondo la propria condizione. È preferibile dunque«che i
presbiteri presenti alla celebrazione eucaristica, se non sono
scusati da una giusta causa, esercitino di solito il ministero del
proprio Ordine e quindi partecipino come concelebranti, indossando
le sacre vesti. Diversamente indossano il proprio abito corale o la
cotta sopra la veste talare».[218]
Non è decoroso, salvo motivate eccezioni, che essi partecipino alla
Messa, quanto all’aspetto esterno, alla maniera di fedeli laici.
Capitolo
VI
LA
CONSERVAZIONE DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA
E IL SUO CULTO FUORI DELLA MESSA
1. La conservazione della
Santissima Eucaristia
[129.] «La celebrazione
dell’Eucaristia nel Sacrificio della Messa è veramente
l’origine e il fine del culto eucaristico fuori della Messa. Dopo
la Messa si conservano le sacre specie soprattutto perché i fedeli,
e in modo particolare i malati e gli anziani che non possono essere
presenti alla Messa, si uniscano, per mezzo della Comunione
sacramentale, a Cristo e al suo sacrificio, immolato e offerto nella
Messa».[219] Questa
conservazione, inoltre, permette anche la pratica di adorare questo
grande Sacramento e di prestare ad esso il culto di latria, che si
deve a Dio. È necessario, pertanto, che si promuovano certe forme
cultuali di adorazione non solo privata ma anche pubblica e
comunitaria istituite o approvate validamente dalla stessa Chiesa.[220]
[130.] «Secondo la struttura di
ciascuna chiesa e le legittime consuetudini locali, il Santissimo
Sacramento sia conservato nel tabernacolo in una parte della chiesa
di particolare dignità, elevata, ben visibile e decorosamente
ornata», nonché, in virtù della tranquillità del luogo, dello
spazio davanti al tabernacolo e della presenza di panche o sedie e
inginocchiatoi, «adatta alla preghiera».[221]
Si attenda, inoltre, con cura a tutte le prescrizioni dei libri
liturgici e alla norma del diritto,[222]
specialmente al fine di evitare il pericolo di profanazione.[223]
[131.] Oltre a quanto prescritto dal
can. 934 § 1, è vietato conservare il Santissimo Sacramento in un
luogo non soggetto alla sicura autorità del Vescovo diocesano o
dove esista pericolo di profanazione. In questo caso, il Vescovo
diocesano revochi immediatamente la facoltà di conservazione
dell’Eucaristia precedentemente concessa.[224]
[132.] Nessuno porti a casa o in
altro luogo la Santissima Eucaristia, contrariamente alla norma del
diritto. Si tenga, inoltre, presente che il sottrarre o ritenere a
fine sacrilego o il gettar via le specie consacrate sono atti che
rientrano in quei graviora delicta, la cui assoluzione è
riservata alla Congregazione per la Dottrina della Fede.[225]
[133.] Il Sacerdote o il Diacono o il
ministro straordinario che, in assenza o sotto impedimento del
ministro ordinario, trasporta la Santissima Eucaristia per
amministrare la Comunione a un malato, si rechi dal luogo in cui il
Sacramento è conservato fino al domicilio del malato lungo un
tragitto possibilmente diretto e tralasciando ogni altra
occupazione, in modo da evitare qualsiasi rischio di profanazione e
riservare la massima riverenza al Corpo di Cristo. Si osservi sempre
il rito dell’amministrazione della Comunione ai malati come
prescritto nel Rituale Romano. [226]
2. Alcune forme di culto della
Santissima Eucaristia fuori della Messa
[134.] «Il culto all’Eucaristia
fuori della Messa è di valore inestimabile nella vita della Chiesa.
Tale culto è strettamente congiunto con la celebrazione del
Sacrificio eucaristico».[227]
Pertanto, si promuova con impegno la pietà sia pubblica sia privata
verso la Santissima Eucaristia anche al di fuori della Messa,
affinché dai fedeli sia reso culto di adorazione a Cristo veramente
e realmente presente,[228]
il quale è «Sommo Sacerdote dei beni futuri»[229]
e Redentore dell’universo. «Spetta ai Pastori incoraggiare, anche
con la testimonianza personale, il culto eucaristico,
particolarmente le esposizioni del Santissimo Sacramento, nonché la
sosta adorante davanti a Cristo presente sotto le specie
eucaristiche».[230]
[135.] I fedeli «durante il giorno
non omettano di fare la visita al Santissimo Sacramento, in quanto
prova di gratitudine, segno d’amore e debito di riconoscenza a
Cristo Signore là presente».[231]
L’adorazione di Gesù presente nel Santissimo Sacramento, infatti,
in quanto Comunione di desiderio, unisce fortemente il fedele a
Cristo, come risplende dall’esempio di numerosi santi.[232]
«Se non vi si oppone una grave ragione, la chiesa nella quale viene
conservata la Santissima Eucaristia, resti aperta ai fedeli almeno
per qualche ora al giorno, affinché possano trattenersi in
preghiera dinanzi al Santissimo Sacramento». [233]
[136.] L’Ordinario incoraggi molto
vivamente l’adorazione eucaristica, sia breve sia prolungata o
quasi continua, con il concorso del popolo. Negli ultimi anni,
infatti, in molti «luoghi l’adorazione quotidiana del Santissimo
Sacramento ha guadagnato ampio spazio e diviene fonte inesauribile
di santità», benché vi siano anche luoghi «dove va registrata
una quasi totale noncuranza del culto dell’adorazione
eucaristica».[234]
[137.] L’esposizione della
Santissima Eucaristia sia compiuta sempre secondo le prescrizioni
dei libri liturgici.[235]
Non si escluda anche la recita del Rosario, mirabile «nella sua
semplicità ed elevatezza»,[236]
dinanzi al Santissimo Sacramento conservato o esposto. Tuttavia,
soprattutto quando si fa l’esposizione, si ponga in luce
l’indole di questa preghiera come contemplazione dei misteri della
vita di Cristo Redentore e del disegno di salvezza del Padre
onnipotente, utilizzando in particolare letture desunte dalla sacra
Scrittura.[237]
[138.] Comunque, il Santissimo
Sacramento non deve mai rimanere esposto, anche per brevissimo
tempo, senza sufficiente custodia. Si faccia, dunque, in modo che,
in tempi stabiliti, alcuni fedeli siano sempre presenti almeno a
turno.
[139.] Se il Vescovo diocesano ha
ministri sacri o altri destinabili a tale funzione, è diritto dei
fedeli fare spesso visita al Santissimo Sacramento per
l’adorazione e prendere parte almeno qualche volta nel corso
dell’anno all’adorazione della Santissima Eucaristia esposta.
[140.] È particolarmente
raccomandabile che nelle città o almeno nei comuni di maggiori
dimensioni il Vescovo diocesano designi una chiesa per
l’adorazione perpetua, in cui però si celebri frequentemente, e
per quanto possibile anche quotidianamente, la santa Messa,
interrompendo rigorosamente l’esposizione nel momento in cui si
svolge la funzione.[238]
È opportuno che l’ostia da esporre durante l’adorazione sia
consacrata nella Messa che precede immediatamente il tempo
dell’adorazione e sia posta nell’ostensorio sopra l’altare
dopo la Comunione.[239]
[141.] Il Vescovo diocesano riconosca
e, secondo le possibilità, incoraggi i fedeli nel loro diritto di
costituire confraternite ed associazioni per la pratica
dell’adorazione anche perpetua. Nei casi in cui tali associazioni
assumono indole internazionale, spetta alla Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti erigerle o approvare i
loro statuti.[240]
3. Le processioni e i
Congressi eucaristici
[142.] «Spetta al Vescovo diocesano
stabilire delle direttive circa le processioni, con cui provvedere
alla loro partecipazione e dignità»,[241]
e promuovere l’adorazione dei fedeli.
[143.] «Ove, a giudizio del Vescovo
diocesano, è possibile, si svolga, quale pubblica testimonianza di
venerazione verso la Santissima Eucaristia e specialmente nella
solennità del Corpo e Sangue di Cristo, la processione condotta
attraverso le pubbliche vie»,[242]
perché la devota «partecipazione dei fedeli alla processione
eucaristica nella solennità del Corpo e Sangue di Cristo è una
grazia del Signore che ogni anno riempie di gioia chi vi
partecipa».[243]
[144.] Benché in alcuni luoghi ciò
non risulti possibile, occorre tuttavia che non vada perduta la
tradizione di svolgere le processioni eucaristiche. Si cerchino,
piuttosto, nuove maniere di praticarle nelle circostanze attuali,
come ad esempio presso i santuari, all’interno di proprietà
ecclesiastiche o, con il permesso dell’autorità civile, nei
giardini pubblici.
[145.] Va considerata di grande
valore l’utilità pastorale dei Congressi eucaristici, i quali
«occorre siano segno vero di fede e carità».[244]
Siano essi preparati con diligenza e svolti secondo quanto
stabilito,[245]
affinché sia dato ai fedeli di venerare i sacri misteri del Corpo e
del Sangue del Figlio di Dio in modo da sentire incessantemente in
se stessi il frutto della redenzione.[246]
Capitolo
VII
I COMPITI
STRAORDINARI DEI FEDELI LAICI
[146.] Il sacerdozio ministeriale non
può essere in nessun modo sostituito. Se, infatti, in una comunità
manca il Sacerdote, essa è priva dell’esercizio della funzione
sacramentale di Cristo, Capo e Pastore, che appartiene all’essenza
stessa della vita della comunità.[247]
Infatti, «il ministro, che può celebrare in persona Christi
il sacramento dell’Eucaristia, è solo il Sacerdote validamente
ordinato».[248]
[147.] Se tuttavia il bisogno della
Chiesa lo richiede, in mancanza dei ministri sacri, i fedeli laici
possono, a norma del diritto, supplirlo in alcune mansioni
liturgiche.[249]
Questi fedeli sono chiamati e delegati a svolgere determinati
compiti, di maggiore e di minore importanza, sostenuti dalla grazia
del Signore. Molti fedeli laici si sono già dedicati e si dedicano
tuttora sollecitamente a tale servizio, soprattutto nelle terre di
missione, dove la Chiesa ha ancora poca diffusione o si trova in
condizioni di persecuzione,[250]
ma anche in altre regioni colpite dalla scarsità di Sacerdoti e
Diaconi.
[148.] In particolar modo, di grande
importanza va considerata l’istituzione dei catechisti, che hanno
fornito e forniscono con grande impegno un aiuto unico e
assolutamente necessario alla diffusione della fede e della Chiesa.[251]
[149.] In alcune diocesi di più
antica evangelizzazione molto di recente sono stati incaricati come
«assistenti pastorali» dei fedeli laici, moltissimi dei quali
hanno senza dubbio giovato al bene della Chiesa, sostenendo
l’azione pastorale propria del Vescovo, dei Sacerdoti e dei
Diaconi. Si badi, tuttavia, che il profilo di tale compito non sia
troppo assimilato alla forma del ministero pastorale dei chierici.
Si deve, cioè, curare che gli «assistenti pastorali» non si
assumano funzioni che spettano propriamente al ministero dei sacri
ministri.
[150.] L’attività
dell’assistente pastorale sia volta ad agevolare il ministero dei
Sacerdoti e dei Diaconi, suscitare vocazioni al sacerdozio e al
diaconato e preparare con zelo, a norma del diritto, i fedeli laici
in ciascuna comunità a svolgere i vari compiti liturgici secondo la
molteplicità dei carismi.
[151.] Soltanto in caso di vera
necessità si dovrà ricorrere all’aiuto dei ministri straordinari
nella celebrazione della Liturgia. Ciò, infatti, non è previsto
per assicurare una più piena partecipazione dei laici, ma è per
sua natura suppletivo e provvisorio.[252]
Se, inoltre, per necessità si ricorre agli uffici dei ministri
straordinari, si moltiplichino le preghiere speciali e continue al
Signore, perché mandi presto un Sacerdote al servizio della
comunità e susciti con abbondanza le vocazioni agli Ordini sacri.[253]
[152.] Tali funzioni meramente
sostitutive non risultino, poi, pretesto di alterazione dello stesso
ministero dei Sacerdoti, di modo che costoro trascurino la
celebrazione della santa Messa per il popolo loro affidato, la
personale sollecitudine verso i malati e la premura di battezzare i
bambini, assistere ai matrimoni e celebrare le esequie cristiane, le
quali spettano anzitutto ai Sacerdoti con l’aiuto dei Diaconi. Non
avvenga, pertanto, che i Sacerdoti nelle parrocchie scambino
indifferentemente le funzioni di servizio pastorale con i Diaconi o
i laici, confondendo in tal modo la specificità di ognuno.
[153.] Inoltre, non è consentito ai
laici assumere le funzioni o i paramenti del Diacono o del
Sacerdote, né altre vesti simili ad essi.
1. Il ministro
straordinario della sacra Comunione
[154.] Come è stato già ricordato,
«ministro, in grado di celebrare in persona Christi il
sacramento dell’Eucaristia, è il solo Sacerdote validamente
ordinato».[254]
Perciò il nome di «ministro dell’Eucaristia» spetta
propriamente al solo Sacerdote. Anche a motivo della sacra
Ordinazione, i ministri ordinari della santa Comunione sono i
Vescovi, i Sacerdoti e i Diaconi,[255]
ai quali, dunque, spetta distribuire la santa Comunione ai fedeli
laici nella celebrazione della santa Messa. Si manifesti, così,
correttamente e con pienezza il loro compito ministeriale nella
Chiesa e si adempia il segno sacramentale.
[155.] Oltre ai ministri ordinari
c’è l’accolito istituito, che è per istituzione ministro
straordinario della santa Comunione anche al di fuori della
celebrazione della Messa. Se inoltre ragioni di autentica necessità
lo richiedano, il Vescovo diocesano può delegare, a norma del
diritto,[256] allo
scopo anche un altro fedele laico come ministro straordinario, ad
actum o ad tempus, servendosi nella circostanza della
appropriata formula di benedizione. Questo atto di deputazione,
tuttavia, non ha necessariamente forma liturgica, né in alcun modo,
se la avesse, può essere assimilato a una sacra Ordinazione.
Soltanto in casi particolari e imprevisti, può essere dato un
permesso ad actum da parte del Sacerdote che presiede la
celebrazione eucaristica.[257]
[156.] Questo ufficio venga inteso in
senso stretto secondo la sua denominazione di ministro straordinario
della santa Comunione, e non «ministro speciale della santa
Comunione» o «ministro straordinario dell’Eucaristia» o
«ministro speciale dell’Eucaristia», definizioni che ne
amplificano indebitamente e impropriamente la portata.
[157.] Se è di solito presente un
numero di ministri sacri sufficiente anche alla distribuzione della
santa Comunione, non si possono deputare a questo compito i ministri
straordinari della santa Comunione. In simili circostanze, coloro
che fossero deputati a tale ministero, non lo esercitino. È
riprovevole la prassi di quei Sacerdoti che, benché presenti alla
celebrazione, si astengono comunque dal distribuire la Comunione,
incaricando di tale compito i laici.[258]
[158.] Il ministro straordinario
della santa Comunione, infatti, potrà amministrare la Comunione
soltanto quando mancano il Sacerdote o il Diacono, quando il
Sacerdote è impedito da malattia, vecchiaia o altro serio motivo o
quando il numero dei fedeli che accedono alla Comunione è tanto
grande che la celebrazione stessa della Messa si protrarrebbe troppo
a lungo.[259]
Tuttavia, ciò si ritenga nel senso che andrà considerata
motivazione del tutto insufficiente un breve prolungamento, secondo
le abitudini e la cultura del luogo.
[159.] Non è in nessun modo
consentito al ministro straordinario della santa Comunione delegare
all’amministrazione dell’Eucaristia qualcun altro, come ad
esempio un genitore, il marito o il figlio del malato che si deve
comunicare.
[160.] Il Vescovo diocesano riesamini
la prassi degli ultimi anni in materia e la corregga secondo
opportunità o la determini con maggior chiarezza. Se per effettiva
necessità tali ministri straordinari vengono deputati in maniera
estesa, occorre che il Vescovo diocesano pubblichi delle norme
particolari, con cui, tenendo presente la tradizione della Chiesa,
stabilisca delle direttive a norma del diritto in merito
all’esercizio di questo compito.
2. La predicazione
[161.] Come è stato già detto,
l’omelia è per la sua importanza e natura riservata al Sacerdote
o al Diacono durante la Messa.[260]
Per quanto attiene ad altre forme di predicazione, se in particolari
circostanze la necessità lo richiede o in specifici casi
l’utilità lo esige, si possono a norma del diritto ammettere a
predicare in chiesa o in un oratorio al di fuori della Messa, i
fedeli laici.[261]
Ciò può avvenire soltanto per l’esiguità del numero di ministri
sacri in alcuni luoghi al fine di supplire ad essi e non lo si può
mutare da caso di assoluta eccezionalità a fatto ordinario, né
deve essere inteso come autentica promozione del laicato.[262]
Va, inoltre, ricordato che la facoltà di permettere ciò, sempre ad
actum, spetta agli Ordinari del luogo e non ad altri, neppure
Sacerdoti o Diaconi.
3. Celebrazioni particolari che si
svolgono in assenza del Sacerdote
[162.] La Chiesa, nel giorno che
prende il nome di «domenica», si raduna insieme fedelmente per
commemorare, specialmente con la celebrazione della Messa, la
resurrezione del Signore e tutto il mistero pasquale.[263]
Infatti, «nessuna comunità cristiana si edifica, se non si radica
ed incardina nella celebrazione della Santissima Eucaristia».[264]
Il popolo cristiano ha, dunque, il diritto che sia celebrata
l’Eucaristia in proprio favore la domenica, nelle feste di
precetto, negli altri giorni principali di festa e, per quanto
possibile, anche quotidianamente. Se, pertanto, di domenica in una
parrocchia o altra comunità di fedeli è difficile avere la
celebrazione della Messa, il Vescovo diocesano valuti insieme con il
presbiterio gli opportuni rimedi.[265]
Tra queste soluzioni, le principali saranno quelle di chiamare altri
Sacerdoti allo scopo o che i fedeli vadano nella chiesa di un luogo
vicino per prendervi parte al mistero eucaristico.[266]
[163.] Tutti i Sacerdoti, ai quali
sono stati affidati il sacerdozio e l’Eucaristia «per il bene»
degli altri,[267]
abbiano a mente che è loro dovere offrire a tutti i fedeli
l’opportunità di poter soddisfare il precetto di prendere parte
alla Messa di domenica.[268]
Per parte loro, i fedeli laici hanno il diritto che nessun
Sacerdote, se non in presenza di effettiva impossibilità, si
rifiuti mai di celebrare la Messa per il popolo o rifiuti che essa
sia celebrata da un altro, se non si può soddisfare in altro modo
il precetto di prendere parte alla Messa di domenica e negli altri
giorni stabiliti.
[164.] «Se per la mancanza del
ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la
partecipazione alla celebrazione eucaristica»,[269]
il popolo cristiano ha il diritto che il Vescovo diocesano provveda,
secondo le possibilità, che sia compiuta una celebrazione per la
comunità stessa la domenica sotto la propria autorità e secondo le
norme stabilite dalla Chiesa. Tali celebrazioni domenicali,
tuttavia, vanno sempre considerate del tutto straordinarie.
Pertanto, sarà cura di tutti, sia Diaconi sia fedeli laici, ai
quali è assegnato un compito da parte del Vescovo diocesano
all’interno di tali celebrazioni, «mantenere viva nella comunità
una vera “fame” dell’Eucaristia, che conduca a non perdere
nessuna occasione di avere la celebrazione della Messa, anche
approfittando della presenza occasionale di un Sacerdote non
impedito a celebrarla dal diritto della Chiesa».[270]
[165.] Occorre evitare con cura ogni
forma di confusione tra questo tipo di riunioni e la celebrazione
eucaristica.[271] I
Vescovi diocesani, pertanto, valutino con prudenza se in tali
riunioni si debba distribuire la santa Comunione. Per un più ampio
coordinamento, la questione sia opportunamente determinata
nell’ambito della Conferenza dei Vescovi, in modo da pervenire a
una risoluzione, con la conferma da parte della Sede Apostolica,
mediante la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti. Sarà preferibile, inoltre, in assenza del Sacerdote e
del Diacono, che le varie parti siano distribuite tra più fedeli
anziché sia un solo fedele laico a guidare l’intera celebrazione.
In nessun caso è appropriato dire che un fedele laico «presiede»
la celebrazione.
[166.] Parimenti, il Vescovo
diocesano, al quale soltanto spetta la questione, non conceda con
facilità che tali celebrazioni, soprattutto se in esse si
distribuisce anche la santa Comunione, avvengano nei giorni feriali
e soprattutto in luoghi in cui si è potuto o si potrà celebrare la
Messa la domenica precedente o successiva. I Sacerdoti sono
fermamente pregati di celebrare, secondo le possibilità,
quotidianamente la santa Messa per il popolo in una delle chiese a
loro affidate.
[167.] «Similmente, non si può
pensare di sostituire la santa Messa domenicale con celebrazioni
ecumeniche della Parola o con incontri di preghiera in comune con
cristiani appartenenti alle […] Comunità ecclesiali, oppure con
la partecipazione ai loro riti liturgici».[272]
Se poi il Vescovo diocesano, spinto da necessità, ha permesso ad
actum la partecipazione dei cattolici, i pastori badino che tra
i fedeli cattolici non si ingeneri confusione quanto alla necessità
di prendere parte anche in queste occasioni alla Messa di precetto,
in un’altra ora della giornata.[273]
4. Coloro che sono stati dimessi
dallo stato clericale
[168.] Al «chierico che a norma del
diritto perde lo stato clericale […] è proibito esercitare la
potestà di ordine».[274]
A costui, pertanto, non è consentito celebrare sotto alcun pretesto
i sacramenti, salvo esclusivamente il caso di eccezionalità
previsto dal diritto,[275]
né è consentito ai fedeli ricorrere a lui per la celebrazione,
quando non vi è giusta causa che permetta ciò a norma del can.
1335.[276] Tali
persone, inoltre, non tengano l’omelia,[277]
né assumano mai alcun incarico o compito nella celebrazione della
sacra Liturgia, di modo che non si ingeneri confusione tra i fedeli
e non ne risulti offuscata la verità.
Capitolo
VIII
I RIMEDI
[169.] Quando si compie un abuso
nella celebrazione della sacra Liturgia, si opera un’autentica
contraffazione della Liturgia cattolica. Ha scritto san Tommaso:
«incorre nel vizio di falsificazione chi per conto della Chiesa
manifesta a Dio un culto contro la modalità istituita per autorità
divina dalla Chiesa e consueta in essa».[278]
[170.] Al fine di porre rimedio a
tali abusi, ciò «che in sommo grado urge è la formazione biblica
e liturgica del popolo di Dio, dei pastori e dei fedeli»,[279]
di modo che la fede e la disciplina della Chiesa in merito alla
sacra Liturgia siano correttamente presentate e comprese. Se
tuttavia gli abusi persistono, occorrerà procedere, a norma del
diritto, a tutela del patrimonio spirituale e dei diritti della
Chiesa, facendo ricorso a tutti i mezzi legittimi.
[171.] Tra i vari abusi vi sono
quelli che costituiscono obiettivamente graviora delicta, gli
atti gravi e altri che vanno nondimeno evitati e attentamente
corretti. Tenendo conto di tutto ciò che è stato in particolar
modo trattato nel Capitolo I di questa Istruzione, occorrerà
prestare ora attenzione a quanto segue.
1. Graviora delicta
[172.] I graviora delicta
contro la santità del Santissimo Sacrificio e sacramento
dell’Eucaristia vanno trattati seguendo le «Norme relative ai graviora
delicta riservati alla Congregazione per la Dottrina della
Fede»,[280] vale a
dire:
- sottrazione o ritenzione a fine
sacrilego o il gettar via le specie consacrate;[281]
- tentata azione liturgica del
Sacrificio eucaristico o sua simulazione;[282]
- concelebrazione proibita del
Sacrificio eucaristico insieme a ministri di Comunità ecclesiali i
quali non hanno la successione apostolica, né riconoscono la
dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale;[283]
- consacrazione a fine sacrilego di
una materia senza l’altra nella celebrazione eucaristica o anche
di entrambe al di fuori della celebrazione eucaristica.[284]
2. Atti gravi
[173.] Sebbene il giudizio sulla
gravità della questione vada formulato secondo la dottrina comune
della Chiesa e le norme da essa stabilite, come atti gravi vanno
sempre obiettivamente considerati quelli che mettono a rischio la
validità e dignità della Santissima Eucaristia, ovvero quelli che
contrastano con i casi precedentemente illustrati ai nn. 48-52, 56,
76-77, 79, 91-92, 94, 96, 101-102, 104, 106, 109, 111, 115, 117,
126, 131-133, 138, 153 e 168. Si deve, inoltre, fare attenzione alle
prescrizioni del Codice di Diritto Canonico e in particolare a
quanto stabilito dai cann. 1364, 1369, 1373, 1376, 1380, 1384, 1385,
1386 e 1398.
3. Altri abusi
[174.] Inoltre, le azioni commesse
contro quelle norme, di cui si tratta altrove in questa Istruzione e
nelle norme stabilite dal diritto, non vanno considerate con
leggerezza, ma le si annoveri tra gli altri abusi da evitare e
correggere con sollecitudine.
[175.] Quanto esposto nella presente
Istruzione, come risulta chiaro, non riporta tutte le violazioni
contro la Chiesa e la sua disciplina, quali sono definite nei
canoni, nelle leggi liturgiche e nelle altre norme della Chiesa
secondo la dottrina del Magistero o la sana tradizione. Se qualche
errore viene commesso, andrà corretto a norma del diritto.
4. Il Vescovo
diocesano
[176.] Il Vescovo diocesano,
«essendo il principale dispensatore dei misteri di Dio, si adoperi
di continuo perché i fedeli affidati alle sue cure crescano in
grazia mediante la celebrazione dei sacramenti e perché conoscano e
vivano il mistero pasquale».[285]
A lui spetta, «entro i limiti della sua competenza, dare norme in
materia liturgica, alle quali tutti sono tenuti».[286]
[177.] «Poiché deve difendere
l’unità della Chiesa universale, il Vescovo è tenuto a
promuovere la disciplina comune a tutta la Chiesa e perciò a urgere
l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche. Vigili che non si
insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel
ministero della parola, nella celebrazione dei sacramenti e dei
sacramentali, nel culto di Dio e dei Santi».[287]
[178.] Pertanto, ogni qualvolta
l’Ordinario del luogo o di un Istituto religioso oppure di una
Società di vita apostolica abbia notizia, quanto meno verosimile, a
proposito di un delitto o di un abuso riguardante la Santissima
Eucaristia, indaghi con cautela, in prima persona o mediante altro
chierico idoneo, sui fatti, le circostanze e l’imputabilità.
[179.] I delitti contro la fede e i graviora
delicta commessi durante la celebrazione dell’Eucaristia e
degli altri sacramenti siano segnalati senza indugio alla
Congregazione per la Dottrina della Fede, che li esamina «e,
all’occorrenza, procede a dichiarare o ad infliggere le sanzioni
canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio».[288]
[180.] Diversamente, l’Ordinario
proceda a norma dei sacri canoni, applicando, ove fosse il caso, le
pene canoniche e tenendo presente in modo particolare quanto
stabilito dal can. 1326. Qualora si tratti di azioni gravi, informi
la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
5. La Sede Apostolica
[181.] Ogni qualvolta la
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha
notizia, quanto meno verosimile, di un delitto o abuso relativo alla
Santissima Eucaristia, ne informa l’Ordinario, affinché indaghi
sul fatto. Qualora esso risulti grave, l’Ordinario invii al più
presto allo stesso Dicastero un esemplare degli atti relativi
all’indagine eseguita e, eventualmente, sulla pena inflitta.
[182.] Nei casi di maggiore
difficoltà l’Ordinario non trascuri per il bene della Chiesa
universale, della cui sollecitudine anche egli partecipa in virtù
della sacra Ordinazione, di trattare la questione dopo avere
consultato il parere della Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti. Da parte sua, questa Congregazione, in
virtù delle facoltà ad essa concesse dal Romano Pontefice,
sosterrà l’Ordinario secondo il caso, accordandogli le necessarie
dispense[289] o
comunicandogli istruzioni e prescrizioni, alle quali egli ottemperi
con diligenza.
6. Segnalazioni di
abusi in materia liturgica
[183.] In modo assolutamente
particolare tutti, secondo le possibilità, facciano sì che il
Santissimo Sacramento dell’Eucaristia sia custodito da ogni forma
di irriverenza e aberrazione e tutti gli abusi vengano completamente
corretti. Questo è compito della massima importanza per tutti e per
ciascuno, e tutti sono tenuti a compiere tale opera, senza alcun
favoritismo.
[184.] Ogni cattolico, sia Sacerdote
sia Diacono sia fedele laico, ha il diritto di sporgere querela su
un abuso liturgico presso il Vescovo diocesano o l’Ordinario
competente a quegli equiparato dal diritto o alla Sede Apostolica in
virtù del primato del Romano Pontefice.[290]
È bene, tuttavia, che la segnalazione o la querela sia, per quanto
possibile, presentata dapprima al Vescovo diocesano. Ciò avvenga
sempre con spirito di verità e carità.
Conclusione
[185.] «Ai germi di disgregazione
tra gli uomini, che l’esperienza quotidiana mostra tanto radicati
nell’umanità a causa del peccato, si contrappone la forza
generatrice di unità del corpo di Cristo. L’Eucaristia,
costruendo la Chiesa, proprio per questo crea comunità fra gli
uomini».[291]
Pertanto, questa Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti si augura che, anche mediante l’attenta
applicazione di quanto richiamato alla mente nella presente
Istruzione, l’umana fragilità intralci in misura minore
l’azione del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia e, rimossa
ogni irregolarità, bandito ogni uso riprovato, per intercessione
della Beata Vergine Maria, «donna eucaristica»,[292]
la presenza salvifica di Cristo nel Sacramento del suo Corpo e del
suo Sangue risplenda su tutti gli uomini.
[186.] Tutti i fedeli partecipino,
secondo le possibilità, pienamente, consapevolmente e attivamente
alla Santissima Eucaristia,[293]
la venerino con tutto il cuore nella devozione e nella vita. I
Vescovi, i Sacerdoti e i Diaconi, nell’esercizio del sacro
ministero, si interroghino in coscienza sulla autenticità e sulla
fedeltà delle azioni da loro compiute a nome di Cristo e della
Chiesa nella celebrazione della sacra Liturgia. Ogni ministro sacro
si interroghi, anche con severità, se ha rispettato i diritti dei
fedeli laici, che affidano a lui con fiducia se stessi e i loro
figli, nella convinzione che tutti svolgono correttamente per i
fedeli quei compiti che la Chiesa, per mandato di Cristo, intende
adempiere nel celebrare la sacra Liturgia.[294]
Ciascuno ricordi sempre, infatti, di essere servitore della sacra
Liturgia.[295]
Nonostante qualunque cosa in
contrario.
Questa Istruzione, redatta, per
disposizione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, dalla
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
d’intesa con la Congregazione per la Dottrina della Fede, è stata
approvata dallo stesso Pontefice il 19 marzo 2004, nella solennità
di san Giuseppe, il quale ne ha disposto la pubblicazione e
l’immediata osservanza da parte di tutti coloro a cui spetta.
Roma, dalla Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il 25 marzo 2004, nella
solennità dell’Annunciazione del Signore.
Francis Card.
Arinze
Prefetto
Domenico Sorrentino
Arcivescovo Segretario
NOTE
[1]
Cf. Missale Romanum, ex decreto sacrosancti Oecumenici
Concilii Vaticani II instauratum, auctoritate Pauli Pp. VI
promulgatum, Ioannis Pauli Pp. II cura recognitum, editio
typica tertia, diei 20 aprilis 2000, Typis Vaticanis, 2002,
Missa votiva de Dei misericordia, oratio super oblata, p. 1159.
[2]
Cf. 1 Cor 11, 26; Missale Romanum, Prex Eucharistica,
acclamatio post consecrationem, p. 576; Giovanni Paolo II, Lett.
Enc., Ecclesia de Eucharistia, 17 aprile 2003, nn. 5, 11,
14, 18: AAS 95 (2003) pp. 436, 440-441, 442, 445.
[3]
Cf. Is 10, 33; 51, 22; Missale Romanum, In sollemnitate
Domini nostri Iesu Christi, universorum Regis, Praefatio, p.
499.
[4]
Cf.1 Cor 5, 7; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e
la vita dei sacerdoti, Presbyterorum ordinis, 7 dicembre
1965, n. 5; Giovanni Paolo II, Esort. Apost., Ecclesia in
Europa, 28 giugno 2003, n. 75: AAS 95 (2003) pp. 649-719,
qui p. 693.
[5]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen
gentium, 21 novembre 1964, n. 11.
[6]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
17 aprile 2003, n. 21: AAS 95 (2003) p. 447.
[7]
Cf. Ibidem: AAS 95 (2003) pp. 433-475.
[8]
Cf. Ibidem, n. 52: AAS 95 (2003) p. 468.
[10]
Ibidem, n. 10: AAS 95 (2003) p. 439.
[11]
Ibidem;cf. Giovanni Paolo II,Lett. Apost., Vicesimus
quintus annus, 4 dicembre 1988, nn. 12-13: AAS 81 (1989) pp.
909-910; cf. anche Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra
Liturgia, Sacrosanctum Concilium, 4 dicembre 1963, n. 48.
[12]
Missale Romanum, Prex Eucharistica III, p. 588; cf. 1 Cor
12, 12-13; Ef 4, 4.
[14]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 10: AAS 95 (2003) p. 439.
[15]
Ibidem, n. 6: AAS 95 (2003) p. 437; cf. Lc 24, 31.
[17]
Cf. Missale Romanum, Praefatio I de Passione Domini, p. 528.
[18]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Veritatis splendor, 6
agosto 1993, n. 35: AAS 85 (1993) pp. 1161-1162; Giovanni Paolo
II, Omelia tenuta presso Camden Yards, 9 ottobre 1995, n. 7: Insegnamenti
di Giovanni Paolo II, XVII, 2 (1995), Libreria Editrice
Vaticana, 1998, p. 788.
[19]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 10: AAS 95 (2003) p. 439.
[20]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 24; cf. Congr. per il Culto Div. e la Disc.
dei Sacram., Istr., Varietates legitimae, 25 gennaio
1994, nn. 19 e 23: AAS 87 (1995) pp. 295-296, 297.
[21]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 33.
[22]
Cf. S. Ireneo, Adversus Haereses, III, 2: SCh.,
211, 24-31; S. Agostino, Epistula ad Ianuarium, 54,
I: PL 33, 200: «Illa autem quae non scripta, sed tradita
custodimus, quae quidem toto terrarum orbe servantur, datur
intellegi vel ab ipsis Apostolis, vel plenariis conciliis,
quorum est in Ecclesia saluberrima auctoritas, commendata atque
statuta retineri»; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Redemptoris
missio, 7 dicembre 1990, nn. 53-54: AAS 83 (1991) pp.
300-302; Congr. per la Dottr. della Fede, Lett. ai Vescovi della
Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della Chiesa intesa come
comunione, Communionis notio, 28 maggio 1992, nn.
7-10: AAS 85 (1993) pp. 842-844; Congr. per il Culto Div. e la
Disc. dei Sacram., Istr., Varietates legitimae, n. 26:
AAS 87 (1995) pp. 298-299.
[23]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 21.
[24]
Cf. Pio XII, Cost. Ap., Sacramentum Ordinis, 30 novembre
1947: AAS 40 (1948) p. 5; Congr. per la Dottr. della Fede,
Dichiar., Inter insigniores, 15 ottobre 1976,
parte IV: AAS 69 (1977) pp. 107-108; Congr. per il Culto Div. e
la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates legitimae, n. 25:
AAS 87 (1995) p. 298.
[25]
Cf. Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei, 20 novembre 1947:
AAS 39 (1947) p. 540.
[26]
Cf. S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum, 3 aprilis 1980: AAS 72 (1980) p. 333.
[27]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 52: AAS 95 (2003) p. 468.
[28]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia,
Sacrosanctum Concilium, nn. 4, 38; Decr. sulle Chiese
Orientali Cattoliche, Orientalium Ecclesiarum, 21
novembre 1964, nn. 1, 2, 6; Paolo VI, Cost. Ap., Missale
Romanum: AAS 61 (1969) pp. 217-222; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 399; Congr. per il Culto Div. e
la Disc. dei Sacram., Istr., Liturgiam authenticam, 28
marzo 2001, n. 4: AAS 93 (2001) pp. 685-726, qui p. 686.
[29]
Cf. Giovanni Paolo II, Esort. Ap., Ecclesia in Europa, n.
72: AAS 95 (2003) p. 692.
[30]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
25 maggio 1967, n. 23: AAS 95 (2003) pp. 448-449; S. Congr. dei
Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n.
6: AAS 59 (1967) p. 545.
[31]
Cf. S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum: AAS 72 (1980) pp. 332-333.
[32]
Cf. 1 Cor 11, 17-34; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, n. 52: AAS 95 (2003) pp. 467-468.
[33]
Cf. Codice di Diritto Canonico, 25 gennaio 1983, can.
1752.
[34]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 22 § 1. Cf. Codice di Diritto
Canonico, can. 838 § 1.
[35]
Codice di Diritto Canonico,can. 331; cf. Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 22.
[36]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 838 § 2.
[37]
Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus, 28
giugno 1988: AAS 80 (1988) pp. 841-924; qui artt. 62, 63, e 66,
pp. 876-877.
[38]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 52: AAS 95 (2003) p. 468.
[39]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull’ufficio pastorale dei
Vescovi nella Chiesa, Christus Dominus, 28 ottobre 1965,
n. 15; cf. anche Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 41; Codice di Diritto Canonico,can.
387.
[40]
Orazione per la consacrazione episcopale nel rito bizantino: Euchologion
to mega, Roma, 1873, p. 139.
[41]
Cf. S. Ignazio di Antiochia, Ad Smyrn.8, 1: ed. F.X. Funk,
I, p. 282.
[42]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 26; cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium,
n. 7: AAS 59 (1967) p. 545; cf. anche Giovanni Paolo II, Esort.
Ap., Pastores gregis, 16 ottobre 2003, nn. 32-41: L’
Osservatore romano, 17 ottobre 2003, pp. 6-8.
[43]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 41; cf. S. Ignazio di Antiochia, Ad Magn.
7; Ad Philad. 4; Ad Smyrn. 8: ed. F.X. Funk, I,
pp. 236, 266, 281; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 22;
cf. anche Codice di Diritto Canonico,can. 389.
[44]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 26.
[45]
Codice di Diritto Canonico, can. 838 § 4.
[46]
Cf. Cons. ad exsequ. Const. Lit., Dubium: Notitiae 1
(1965) p. 254.
[47]
Cf. At 20, 28; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm.sulla
Chiesa, Lumen gentium, nn. 21 e 27; Decr.
sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa, Christus
Dominus, n. 3.
[48]
Cf. S. Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae
instaurationes, 5 settembre 1970: AAS 62 (1970) p. 694.
[49]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm.sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 21; Decr. sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa, Christus
Dominus, n. 3.
[50]
Cf. Caeremoniale Episcoporum ex decreto sacrosancti
Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum, auctoritate Ioannis
Pauli Pp. II promulgatum, editio typica, diei
14 septembris 1984, Typis Polyglottis Vaticanis, 1985, n. 10.
[51]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 387.
[53]
Cf. S. Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae
instaurationes: AAS 62 (1970) p. 694.
[54]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 27; cf. 2 Cor 4, 15.
[55]
Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 397 § 1; 678 § 1.
[56]
Cf. ibidem,can. 683 § 1.
[57]
Cf. ibidem, can. 392.
[58]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Vicesimus quintus annus,
n. 21: AAS 81 (1989) p. 917; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla
Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 45-46; Pio
XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) p. 562.
[59]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Apost., Vicesimus quintus annus,
n. 20: AAS 81 (1989) p. 916.
[61]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 44; Congr. per i Vescovi, Lett. ai Presidenti
delle Conferenze dei Vescovi inviata anche a nome della Congr.
per l’Evangelizzazione dei Popoli, 21 giugno 1999, n. 9: AAS
91 (1999) p. 999.
[62]
Cf. Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae
instaurationes, n. 12: AAS 62 (1970) pp. 692-704, qui
p. 703.
[63]
Cf. Congr. per il CultoDiv., Dichiarazione circa le Preghiere
eucaristiche e gli esperimenti liturgici, 21 marzo
1988: Notitiae 24 (1988) pp. 234-236.
[64]
Cf. Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates
legitimae: AAS 87 (1995) pp. 288-314.
[65]
Cf. Codice di Diritto Canonico,can. 838 § 3; S. Congr.
dei Riti, Istr. Inter Oecumenici, 26 settembre 1964, n.
31: AAS 56 (1964) p. 883; Congr. per il Culto Div. e la Disc.
dei Sacram., Istr., Liturgiam authenticam, nn. 79-80: AAS
93 (2001) pp. 711-713.
[66]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei
sacerdoti, Presbyterorum ordinis, 7 dicembre 1965, n. 7;
Pontificale Romanum, ed. 1962: Ordo consecrationis sacerdotalis,
in Praefatione; Pontificale Romanum ex decreto sacrosancti
Oecumenici Concilii Vaticani II renovatum, auctoritate Pauli Pp.
VI editum, Ioannis Pauli Pp. II cura recognitum: De
Ordinatione Episcopi, presbyterorum et diaconorum, editio typica
altera, diei 29 iunii 1989, Typis Polyglottis Vaticanis, 1990,
cap. II, De Ordin. presbyterorum, Praenotanda, n. 101.
[67]
Cf. S. Ignatio di Antiochia, Ad Philad. 4: ed. F.X. Funk,
I, p. 266; S. Cornelio I citato in S. Cipriano, Epist.
48, 2: ed. G. Hartel, III, 2, p. 610.
[68]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 28.
[70]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 52; cf. n. 29: AAS 95 (2003) pp. 467-468; 452-453.
[71]
Pontificale Romanum, De Ordinatione Episcopi,
presbyterorum et diaconorum, editio typica altera: De
Ordinatione presbyterorum, n. 124; cf. Missale
Romanum, Feria V in Hebdomada Sancta: Ad Missam chrismatis,
Renovatio promissionum sacerdotalium, p. 292
[72]
Cf. Conc. Ecum. Trid., Sessione VII, 3 marzo 1547, Decr. sui
Sacramenti, can. 13: DS 1613; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla
Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 22; Pio XII,
Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) pp. 544, 546-547,
562; Codice di Diritto Canonico, can. 846, § 1; Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 24.
[73]
S. Ambrogio, De Virginitate, n. 48: PL 16, 278.
[74]
Codice di Diritto Canonico, can. 528 § 2.
[75]
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei
sacerdoti, Presbyterorum ordinis, n. 5.
[76]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 5: AAS 95 (2003) p. 436.
[77]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 29; cf. Constitutiones Ecclesiae Aegypticae, III, 2:
ed. F.X. Funk, Didascalia, II, p. 103; Statuta
Ecclesiae Ant., 37-41: ed. D. Mansi 3, 954.
[82]
Cf. Caeremoniale Episcoporum, nn. 9, 23. Cf. Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 29.
[83]
Cf. Pontificale Romanum, De Ordinatione Episcopi, presbyterorum
et diaconorum, editio typica altera, cap. III, De Ordin.
diaconorum, n. 199.
[85]
Cf. Pontificale Romanum, De Ordinatione Episcopi, presbyterorum
et diaconorum, editio typica altera, cap. III, De Ordin.
diaconorum, n. 200.
[86]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 10.
[87]
Cf. ibidem, n. 41; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla
Chiesa, Lumen gentium, n. 11; Decr. sul ministero e la
vita dei sacerdoti, Presbyterorum ordinis, nn. 2, 5, 6;
Decr. sull’ufficio pastorale dei Vescovi, Christus Dominus,
n. 30; Decr. sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio,
21 novembre 1964, n. 15; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, nn. 3 e, 6: AAS 59 (1967) pp. 542, 544-545;
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 16.
[88]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 26; Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 91.
[89]
1 Pt 2, 9; cf. 2, 4-5.
[90]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 91; cf. Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium,
n. 14.
[91]
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 10.
[92]
Cf. S. Tommasod’Aquino, Summa Theol., III, q. 63, a. 2.
[93]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen
gentium, n. 10; cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, n. 28: AAS 95 (2003) p. 452.
[96]
Cf. 1 Pt 3, 15; 2, 4-10.
[97]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
nn. 12-18: AAS 95 (2003) pp. 441-445; Id.,Lett., Dominicae
Cenae, 24 febbraio 1980, n. 9: AAS 72 (1980) pp. 129-133.
[98]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 10: AAS 95 (2003) p. 439.
[99]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, nn. 30-31.
[100]
Cf. S. Congr. per il Culto Divino, Istr., Liturgicae
instaurationes, n. 1: AAS 62 (1970) p. 695.
[101]
Cf. Missale Romanum, Feria secunda post Dominica V in
Quadragesima, Collecta, p. 258.
[102]
Giovanni Paolo II,Lett. Ap., Novo Millennio ineunte, 6
gennaio 2001, n. 21: AAS 93 (2001) p. 280; cf. Gv 20, 28.
[103]
Cf. Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) p.
586; cf. anche Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen
gentium, n. 67; Paolo VI, Esort. Ap., Marialis cultus,
11 febbraio 1974, n. 24: AAS 66 (1974) pp. 113-168, qui p.
134; Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Direttorio
su pietà popolare e Liturgia, 17 dicembre 2001.
[104]
Cf. Giovanni Paolo II, Ep. Ap., Rosarium Virginis Mariae,
16 ottobre 2002: AAS 95 (2003) pp. 5-36.
[105]
Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) pp.
586-587.
[106]
Cf. Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates
legitimae, n. 22: AAS 87 (1995) p. 297.
[107]
Cf. Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) p.
553.
[108]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 29: AAS 95 (2003) p. 453; cf. Conc. Ecum. Lateran. IV.,
11-30 novembre 1215, cap. 1: DS802; Conc. Ecum. Trid., Sess.
XXIII, 15 luglio 1563, Dottrina e canonisulla sacr. ordin., cap.
4: DS 1767-1770; Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS
39 (1947) p. 553.
[109]
Cf. Codice di Diritto Canonico,can. 230 § 2; cf. anche
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 97.
[110]
Cf. anche Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 109.
[111]
Cf. Paolo VI, Motu proprio, Ministeria quaedam, 15 agosto
1972, nn. VI-XII: Pontificale Romanum ex decreto sacrosancti
Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum, auctoritate Pauli
Pp. VI promulgatum, De institutione lectorum et
acolythorum, de admissione inter candidatos ad diaconatum et
presbyteratum, de sacro caelibatu amplectendo, editio typica,
diei 3 decembris 1972, Typis Polyglottis Vaticanis, 1973, p. 10:
AAS 64 (1972) pp. 529-534, qui pp. 532-533; Codice di Diritto
Canonico, can. 230 § 1; Missale Romanum, Institutio
Generalis, nn. 98-99, 187-193.
[112]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 187-190, 193;
Codice di Diritto Canonico, can. 230 §§ 2-3.
[113]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 24; S. Congr. per i Sacr. e per il Culto Div.,
Istr., Inaestimabile donum, nn. 2 e 18: AAS 72 (1980) pp.
334, 338; Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 101,
194-198; Codice di Diritto Canonico, can. 230 § 2-3.
[114]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 100-107.
[115]
Ibidem, n. 91; cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra
Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 28.
[116]
Cf. Giovanni Paolo II, Discorso alla Conferenza dei Vescovi
delle Antille, 7 maggio 2002, n. 2: AAS 94 (2002) pp. 575-577;
Esort. Ap. post-sinodale, Christifideles laici, 30
dicembre 1988, n. 23: AAS 81 (1989) pp. 393-521, qui pp.
429-431; Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, 15 agosto 1997, Principi teologici, n. 4: AAS 89
(1997) pp. 860-861.
[117]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 19.
[118]
Cf. S. Congr. per il Culto Divino, Istr., Immensae caritatis,
29 gennaio 1973: AAS 65 (1973) p. 266.
[119]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., De Musica sacra, 3
settembre 1958, n. 93c: AAS 50 (1958) p. 656.
[120]
Cf. Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi Legisl., Responsio ad
propositum dubium, 11 luglio 1992: AAS 86 (1994) pp. 541-542;
Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Lett. ai
Presidenti delle Conf. dei Vescovi sul servizio liturgico dei
laici, 15 marzo 1994: Notitiae 30 (1994) 333-335,
347-348.
[121]
Cf. Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus, art. 65:
AAS 80 (1988) p. 877.
[122]
Cf. Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi Legisl., Responsio ad
propositum dubium, 11 luglio 1992: AAS 86 (1994) pp. 541-542;
Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Lett. ai
Presidenti delle Conf. dei Vescovi sul servizio liturgico dei
laici, 15 marzo 1994: Notitiae 30 (1994) 333-335,
347-348; Lett. a qualche Vescovo, 27 luglio 2001: Notitiae
38 (2002) 46-54.
[123]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 924 § 2: Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 320.
[124]
Cf. S. Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Dominus
Salvator noster, 26 marzo 1929, n. 1: AAS 21 (1929)
pp. 631-642, qui p. 632.
[125]
Cf. ibidem, n. II: AAS 21 (1929) p. 635.
[126]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 321.
[127]
Cf. Lc 22, 18; Codice di Diritto Canonico,can. 924
§§ 1, 3; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 322.
[128]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 323.
[129]
Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Vicesimus quintus annus,
n. 13: AAS 81 (1989) p. 910.
[130]
S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum, n. 5: AAS 72 (1980) p. 335.
[131]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 28: AAS 95 (2003) p. 452; Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 147; S. Congr. per il CultoDiv., Istr., Liturgicae
instaurationes, n. 4: AAS 62 (1970) p. 698; S. Congr.
per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum,
n. 4: AAS 72 (1980) p. 334.
[132]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 32.
[133]
Ibidem, n. 147; cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, n. 28: AAS 95 (2003) p. 452; cf. anche Congr.
per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum,
n. 4: AAS 72 (1980) pp. 334-335.
[134]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 39: AAS 95 (2003) p. 459.
[135]
Cf. S. Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae
instaurationes, n. 2b: AAS 62 (1970) p. 696.
[136]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 356-362.
[137]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 51.
[138]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 57; cf. Giovanni Paolo
II, Lett. Ap., Vicesimus quintus annus, n. 13: AAS
81 (1989) p. 910; Congr. per la Dottr. della Fede, Dichiarazione
sulla unicità e universalità salvifica di Cristo e della
Chiesa, Dominus Iesus, 6 agosto 2000: AAS 92 (2000) pp.
742-765.
[139]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 60.
[140]
Cf. ibidem, nn. 59-60.
[141]
Cf. per es. Rituale Romanum, ex decreto sacrosancti
Oecumenici Concilii Vaticani II renovatum, auctoritate Pauli Pp.
VI editum Ioannis Pauli Pp. II cura recognitum: Ordo
celebrandi Matrimonium, editio typica altera, diei 19 martii
1990, Typis Polyglottis Vaticanis, 1991, n. 125; Rituale Romanum,
ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II
instauratum, auctoritate Pauli Pp. VI promulgatum, Ordo
Unctionis infirmorum eorumque pastoralis curae, editio typica,
diei 7 decembris 1972, Typis Polyglottis Vaticanis, 1972, n. 72.
[142]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 767 § 1.
[143]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 66; cf. anche
Codice di Diritto Canonico, can. 6, §§ 1, 2; e can. 767 §
1, in merito a ciò si tengano presenti anche le prescrizioni
della Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, Disposizioni pratiche, art. 3 § 1: AAS 89 (1997)
p. 865.
[144]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 66; cf. anche
Codice di Diritto Canonico, can. 767 § 1.
[145]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, Disposizioni pratiche, art. 3 § 1: AAS 89 (1997)
p. 865; cf. anche Codice di Diritto Canonico, can.
6, §§ 1, 2; Pont. Comm. per l’Interpr. autent. del Codice di
Diritto Canonico, Responsio ad propositum dubium, 20 giugno
1987: AAS 79 (1987) p. 1249.
[146]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, Disposizioni pratiche, art. 3 § 1: AAS 89 (1997)
pp. 864-865.
[147]
Cf. Conc. Ecum. Trid., Sess. XXII, 17 settembre 1562, Il Ss.mo
Sacrificio della Messa, cap. 8: DS1749; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 65.
[148]
Cf. Giovanni Paolo II, Discorso ad alcuni Vescovi degli Stati
Uniti d’America in occasione della visita «ad limina
Apostolorum», 28 maggio 1993, n. 2: AAS 86 (1994) p. 330.
[149]
Cf. Codice di Diritto Canonico,can. 386 § 1.
[150]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 73.
[151]
Cf. ibidem, n. 154.
[152]
Cf. ibidem, nn. 82, 154.
[153]
Cf.Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 83.
[154]
Cf. S. Congr. per il Culto Divino, Istr., Liturgicae
instaurationes, n. 5: AAS 62 (1970) p. 699.
[155]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 83, 240, 321.
[156]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, Disposizioni pratiche, art. 3 § 2: AAS 89 (1997)
p. 865.
[157]
Cf. specialmente Institutio generalis de Liturgia Horarum,
nn. 93-98; Rituale Romanum, ex decreto sacrosancti Oecumenici
Concilii Vaticani II instauratum, auctoritate Ioannis Pauli Pp.
II promulgatum: De Benedictionibus, editio typica, diei 31
maii 1984, Typis Polyglottis Vaticanis, 1984, Praenotanda, n.
28; Ordo coronandi imaginem beatae Mariae Virginis, editio
typica, diei 25martii 1981, Typis Polyglottis Vaticanis, 1981,
nn. 10 e 14, pp. 10-11; S. Congr. per il Culto Divino, Istr.,
sulle Messe nei gruppi particolari, Actio pastoralis, 15
maggio 1969: AAS 61 (1969) pp. 806-811; Direttorio per le Messe
dei fanciulli, Pueros baptizatos, 1 novembre 1973: AAS 66
(1974) pp. 30-46; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 21.
[158]
Cf. Giovanni Paolo II, Motu proprio, Misericordia Dei,
7 aprile 2002, n. 2: AAS 94 (2002) p. 455; Cf. Congr. per il
Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Responsa ad dubia proposita: Notitiae
37 (2001) pp. 259-260.
[159]
Cf. S. Congr. per il CultoDiv., Istr., Liturgicae
instaurationes, n. 9: AAS 62 (1970) p. 702.
[160]
Conc. Ecum. Trid., Sess. XIII, 11 ottobre 1551, Decr. sulla Ss.
Eucaristia, cap. 2: DS 1638; cf. Sess. XXII, 17 settembre 1562,
Il Ss. Sacrificio della Messa, cap. 1-2: DS 1740, 1743; S. Congr.
dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 35: AAS 59
(1967) p. 560.
[161]
Cf. Missale Romanum, Ordo Missae, n. 4, p. 505.
[162]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 51.
[164]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 916; Conc. Ecum.
Trid., Sess. XIII, 11 ottobre 1551, Decr. sulla Ss. Eucaristia,
cap. 7: DS 1646-1647; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, n. 36: AAS 95 (2003) pp. 457-458; S.
Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 35:
AAS 59 (1967) p. 561.
[165]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 42: AAS 95 (2003) p. 461.
[166]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 844 § 1; Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, nn.
45-46: AAS 95 (2003) pp. 463-464; cf. anche Pont. Cons. per la
Promoz. dell’Unità dei Cristiani, Direttorio per
l’applicazione dei principi e norme sull’ecumenismo, La
recherche de l’unité, 25 marzo 1993, nn. 130-131: AAS 85
(1993) pp. 1039-1119, qui p. 1089.
[167]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 46: AAS 95 (2003) pp. 463-464.
[168]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium,
n. 35: AAS 59 (1967) p. 561.
[169]
Cf. Codice di Diritto Canonico,can. 914; S. Congr. per la
Disc. dei Sacram., Dichiaraz., Sanctus Pontifex, 24
maggio 1973: AAS 65 (1973) p. 410; S. Congr. per i Sacram. e per
il Culto Div. e S. Congr. per il Clero, Lett. ai Presidenti
delle Conf. dei Vescovi, In quibusdam, 31 marzo 1977:
Enchiridion Documentorum Instaurationis Liturgicae, II, Roma
1988, pp. 142-144; S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div. e
S. Congr. per il Clero, Responsum ad propositum dubium, 20
maggio 1977:AAS 69 (1977) p. 427.
[170]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, 31 maggio
1998, nn. 31-34: AAS 90 (1998) pp. 713-766, qui pp. 731-734.
[171]
Cf. Codice di Diritto Canonico,can. 914.
[172]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 55.
[173]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium,
n. 31: AAS 59 (1967) p. 558; Pont. Cons. per l’Interpr. dei
Testi Legislativi, Responsio ad propositum dubium, 1 giugno
1988: AAS 80 (1988) p. 1373.
[174]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 85.
[175]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 55; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, n. 31: AAS 59 (1967) p. 558; Missale Romanum,
Institutio Generalis, nn. 85, 157, 243.
[176]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 160.
[177]
Codice di Diritto Canonico,can. 843 § 1; cf. can. 915.
[178]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 161.
[179]
Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Dubium: Notitiae
35 (1999) pp. 160-161.
[180]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 118.
[182]
Codice di Diritto Canonico, can. 917; cf. Pont. Comm. per
l’Interpretazione Autentica del Codice di Diritto Canonico,
Responsio ad propositum dubium, 11 luglio 1984: AAS 76 (1984) p.
746.
[183]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 55; Missale Romanum, Institutio
Generalis, nn. 158-160, 243-244, 246.
[184]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 237-249; cf.
anche nn. 85, 157.
[185]
Cf. ibidem, n. 283a.
[186]
Cf. Conc. Ecum. Trid., Sessio XXI, 16 luglio 1562, Decr. sulla
comunione eucaristica, capp. 1-3: DS 1725-1729; Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium,
n. 55; Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 282-283.
[187]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 283.
[189]
Cf. S. Congr. per il CultoDiv., Istr., Sacramentali
Communione, 29 giugno 1970: AAS 62 (1970) p. 665;
Istr., Liturgicae instaurationes, n. 6a: AAS 62
(1970) p. 699.
[190]
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 285a.
[192]
Cf. ibidem, nn. 285b et 287.
[193]
Cf. ibidem, nn. 207 et 285a.
[194]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1367.
[195]
Cf. Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi Legisl., Responsio ad
propositum dubium, 3 luglio 1999: AAS 91 (1999) p. 918.
[196]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 163, 284.
[197]
Codice di Diritto Canonico,can. 932 § 1; cf. S. Congr. per
il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes, n.
9: AAS 62 (1970) p. 701.
[198]
Codice di Diritto Canonico, can. 904; cf. Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 3;
Decr. sul ministero e la vita dei sacerdoti, Presbyterorum
ordinis, n. 13; cf. anche Conc. Ecum. Trid., Sess. XXII, 17
settembre 1562, Il Ss. Sacrificio della Messa, cap. 6: DS 1747;
Paolo VI, Lett. Enc., Mysterium fidei, 3 settembre 1965:
AAS 57 (1965) pp. 753-774, qui pp. 761-762; cf. Giovanni Paolo
II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 11:
AAS 95 (2003) pp. 440-441; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, n. 44: AAS 59 (1967) p. 564; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 19.
[199]
Cf.Codice di Diritto Canonico, can. 903; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 200.
[200]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 36 § 1; Codice di Diritto Canonico,
can. 928.
[201]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 114.
[202]
Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, n. 36: AAS 90
(1998) pp. 713-766, qui p. 735; cf. anche S. Congr. dei Riti,
Istr., Eucharisticum mysterium, n. 27: AAS 59 (1967) p.
556.
[203]
Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, soprattutto n.
36: AAS 90 (1998) pp. 735-736; S. Congr. per il Culto Divino,
Istr., Actio pastoralis, 15 maggio 1969: AAS 61 (1969)
pp. 806-811.
[204]
Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 905, 945-958; cf.
Congr. per il Clero, Decr., Mos iugiter, 22 febbraio
1991: AAS 83 (1991) pp. 443-446.
[205]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 327-333.
[206]
Cf. ibidem, n. 332.
[207]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 332; S. Congr. per
i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum,
n. 16: AAS 72 (1980) p. 338.
[208]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 333; Appendix IV. Ordo
benedictionis calicis et patenae intra Missam adhibendus,
pp. 1255-1257; Pontificale Romanum ex decreto sacrosancti
Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum, auctoritate Pauli
Pp. VI promulgatum, Ordo Dedicationis ecclesiae et
altaris, editio typica, diei 29 maii 1977, Typis Polyglottis
Vaticanis, 1977, cap. VII, pp. 125-132.
[209]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 163, 183, 192.
[212]
Cf. ibidem, n. 336.
[213]
Cf. ibidem, n. 337.
[214]
Cf. ibidem, n. 209.
[215]
Cf. ibidem, n. 338.
[216]
Cf. S. Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae
instaurationes, n. 8c: AAS 62 (1970) p. 701.
[217]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 346g.
[218]
Ibidem, n. 114; cf. nn. 16-17.
[219]
S. Congr. per il Culto Div., Decr., Eucharistiae sacramentum,
21 giugno 1973: AAS 65 (1973) 610.
[221]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium,
n. 54: AAS 59 (1967) p. 568; Istr., Inter Oecumenici, 26
settembre 1964, n. 95: AAS 56 (1964) p. 898; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 314.
[222]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett., Dominicae Cenae, n. 3: AAS
72 (1980) pp. 117-119; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, n. 53: AAS 59 (1967) p. 568; Codice di Diritto
Canonico, can. 938 § 2; Rituale Romanum, De sacra
Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam,
Praenotanda, n. 9; Missale Romanum, Institutio Generalis, nn.
314-317.
[223]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 938 §§ 3-5.
[224]
S. Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Nullo unquam,
26 maggio 1938, n. 10d: AAS 30 (1938) p. 206.
[225]
Cf. Giovanni Paolo II, Motu proprio, Sacramentorum
sanctitatis tutela, 30 aprile 2001: AAS 93 (2001) pp.
737-739; Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi
della Chiesa Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi
interessati: sui delitti più gravi riservati alla stessa
Congregazione per la Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786.
[226]
Cf. Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii
eucharistici extra Missam, nn. 26-78.
[227]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 25: AAS 95 (2003) pp. 449-450.
[228]
Cf. Conc. Ecum. Trid., Sess. XIII, 11 ottobre 1551, Decr. sulla
Ss. Eucharistia, cap. 5: DS 1643; Pio XII, Lett. Enc., Mediator
Dei: AAS 39 (1947) p. 569; Paolo VI, Lett. Enc., Mysterium
Fidei: AAS 57 (1965) pp. 769-770; S. Congr. dei Riti, Istr.,
Eucharisticum mysterium, n. 3f: AAS 59 (1967) p. 543; S.
Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum, n. 20: AAS 72 (1980) p. 339; Giovanni Paolo II, Lett.
Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 25: AAS 95
(2003) pp. 449-450.
[229]
Cf. Ebr 9, 11; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, n. 3: AAS 95 (2003) p. 435.
[230]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 25: AAS 95 (2003) p. 450.
[231]
Paolo VI, Lett. Enc., Mysterium fidei, 3 settembre 1965:
AAS 57 (1965) p. 771.
[232]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 25: AAS 95 (2003) pp. 449-450.
[233]
Codice di Diritto Canonico,can. 937.
[234]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 10: AAS 95 (2003) p. 439.
[235]
Cf. Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii
eucharistici extra Missam, nn. 82-100; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 317; Codice di Diritto Canonico,can.
941 § 2.
[236]
Giovanni Paolo II, Lett.. Ap., Rosarium Virginis Mariae,
16 ottobre 2002: AAS 95 (2003) pp. 5-36; qui n. 2, p. 6.
[237]
Cf. Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Lettera
della Congregazione, 15 gennaio 1997: Notitiae 34 (1998)
pp. 506-510; Penit. Apost., Lett. a qualche sacerdote, 8 marzo
1996: Notitiae 34 (1998) 511.
[238]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium,
n. 61: AAS 59 (1967) p. 571; Rituale Romanum, De sacra
Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam, n.
83; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 317; Codice di
Diritto Canonico,can. 941 § 2.
[239]
Cf. Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii
eucharistici extra Missam, n. 94.
[240]
Cf. Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus, art. 65:
AAS 80 (1988) p. 877.
[241]
Codice di Diritto Canonico, can. 944 § 2; cf. Rituale
Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii eucharistici
extra Missam, Praenotanda, n. 102; Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 317.
[242]
Codice di Diritto Canonico, can. 944 § 1; cf. Rituale
Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii eucharistici
extra Missam, Praenotanda, nn. 101-102; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 317.
[243]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 10: AAS 95 (2003) p. 439.
[244]
Cf. Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii
eucharistici extra Missam, Praenotanda, n. 109.
[245]
Cf. ibidem, nn. 109-112.
[246]
Cf. Missale Romanum, In sollemnitate sanctissimi Corporis et
Sanguinis Christi, Collecta, p. 489.
[247]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, Principi teologici, n. 3: AAS 89 (1997) p. 859.
[248]
Codice di Diritto Canonico, can. 900 § 1; cf. Conc. Ecum.
Lateran. IV., 11-30 novembre 1215, cap. 1: DS 802; Clemente VI,
Lett. ad Mekhitar, Catholicon Armeniorum, Super quibusdam,
29 settembre 1351: DS 1084; Conc. Ecum. Trid., Sess. XXIII,
15 luglio 1563, Dottrina e canoni sulla sacr. ordin., cap. 4: DS
1767-1770; Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39
(1947) p. 553.
[249]
Cf.Codice di Diritto Canonico, can. 230 § 3; Giovanni
Paolo II, Discorso al Simposio sulla «partecipazione dei fedeli
laici al ministero pastorale dei sacerdoti», 22 aprile 1994, n.
2: L’Osservatore Romano, 23 aprile 1994; Congr.
per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Proemio: AAS 89 (1997) pp. 852-856.
[250]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Redemptoris missio,
nn. 53-54: AAS 83 (1991) pp. 300-302; Congr. per il
Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio, Proemio:
AAS 89 (1997) pp. 852-856.
[251]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decreto sull’attività missionaria
della Chiesa, Ad gentes, 7 dicembre 1965, n. 17; Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Redemptoris missio, n. 73: AAS 83
(1991) p. 321.
[252]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, Disposizioni pratiche, art. 8 § 2: AAS 89 (1997)
p. 872.
[253]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 32: AAS 95 (2003) p. 455.
[254]
Codice di Diritto Canonico, can. 900 § 1.
[255]
Cf. ibidem, can. 910 § 1; cf. anche Giovanni Paolo II,
Lett., Dominicae Cenae, n. 11: AAS 72 (1980) p. 142;
Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Disposizioni pratiche, art. 8 § 1: AAS 89 (1997) pp. 870-871.
[256]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 230 § 3.
[257]
Cf. S. Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Immensae
caritatis, proemio: AAS 65 (1973) p. 264; Paolo VI, Motu
proprio, Ministeria quaedam, 15 agosto 1972: AAS 64
(1972) p. 532; Missale Romanum, Appendix III: Ritus ad
deputandum ministrum sacrae Communionis ad actum distribuendae,
p. 1253; Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, Disposizioni pratiche, art. 8 § 1: AAS 89 (1997)
p. 871.
[258]
Cf. S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum, n. 10: AAS 72 (1980) p. 336; cf. Pont. Comm.
per l’Interpretazione Autentica del Codice di Diritto
Canonico, Responsio ad propositum dubium, 11 luglio 1984: AAS 76
(1984) p. 746.
[259]
Cf. S. Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Immensae
caritatis, n. 1: AAS 65 (1973) pp. 264-271, qui pp. 265-266;
Pont. Comm. per l’Interpr. autent. del Codice di Diritto
Canonico, Responsio ad propositum dubium, 1 giugno 1988: AAS 80
(1988) p. 1373; Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae
de mysterio, Disposizioni pratiche, art. 8 § 2: AAS 89
(1997) p. 871.
[260]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 767 § 1.
[261]
Cf. ibidem, can. 766.
[262]
Cf. Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, Disposizioni pratiche, art. 2 §§ 3-4: AAS 89
(1997) p. 865.
[263]
Cf. Giovanni Paolo II, Ep. Ap., Dies Domini, specialmente
nn. 31-51: AAS 90 (1998) pp. 713-766, qui pp. 731-746; Giovanni
Paolo II, Lett. Ap., Novo Millennio ineunte, 6
gennaio 2001, nn. 35-36: AAS 93 (2001) pp. 290-292; Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 41: AAS
95 (2003) pp. 460-461.
[264]
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei
sacerdoti, Presbyterorum ordinis, n. 6; cf. Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, nn. 22,
33: AAS 95 (2003) pp. 448, 455-456.
[265]
Cf. S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium,
n. 26: AAS 59 (1967) pp. 555-556; Congr. per il Culto Divino,
Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del
sacerdote, Christi Ecclesia, 2 giugno 1988, nn. 5 e 25: Notitiae
24 (1988) pp. 366-378, qui pp. 367, 372.
[266]
Cf. Congr. per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni
domenicali in assenza del sacerdote, Christi Ecclesia, 2
giugno 1988, n. 18: Notitiae 24 (1988) pp. 366-378, qui
p. 370.
[267]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett., Dominicae Cenae, n. 2: AAS
72 (1980) p. 116.
[268]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, n. 49: AAS
90 (1998) p. 744; Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
41: AAS 95 (2003) pp. 460-461; Codice di Diritto Canonico,
cann. 1246-1247.
[269]
Codice di Diritto Canonico, can. 1248 § 2; cf. Congr.
per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni domenicali
in assenza del sacerdote, Christi Ecclesia, 2 giugno
1988, nn. 1-2: Notitiae 24 (1988) pp. 366-378, qui p.
366.
[270]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 33: AAS 95 (2003) pp. 455-456.
[271]
Cf. Congr. per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni
domenicali in assenza del sacerdote, Christi Ecclesia, 2
giugno 1988, n. 22: Notitiae 24 (1988) pp. 366-378, qui
p. 371.
[272]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 30: AAS 95 (2003) pp. 453-454; cf. anche Pont. Cons. per
la Promoz. dell’Unità dei Cristiani, Direttorio per
l’applicazione dei principi e norme sull’ecumenismo, La
recherche de l’unité, n. 115: AAS 85 (1993) p. 1085.
[273]
Cf. Pont. Cons. per la Promoz. dell’Unità dei Cristiani,
Direttorio per l’applicazione dei principi e norme
sull’ecumenismo, La recherche de l’unité, n. 101:
AAS 85 (1993) pp. 1081-1082.
[274]
Codice di Diritto Canonico,can. 292; cf. Pont. Cons. per
l’Interpr. dei Testi Legislativi, Dichiarazione sulla retta
interpretazione del can. 1335, seconda parte, C.I.C., 15 maggio
1997, n. 3: AAS 90 (1998) p. 64.
[275]
Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 976; 986 § 2.
[276]
Cf. Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi Legislativi,
Dichiarazione sulla retta interpretazione del can. 1335, seconda
parte, C.I.C., 15 maggio 1997, nn. 1-2: AAS 90 (1998) pp. 63-64.
[277]
Per ciò che riguarda i sacerdoti che hanno ottenuto la dispensa
dal celibato, cf. S. Congr. per la Dottrina della Fede, Norme
sulla dispensa dal celibato sacerdotale, Normae substantiales,
14 ottobre 1980, art. 5; cf. anche Congr. per il Clero ed altre,
Istr., Ecclesiae de mysterio, Disposizioni pratiche, art.
3 § 5: AAS 89 (1997) p. 865.
[278]
S. Tommaso d’Aquino, Summa Theol., II, 2, q. 93,
a. 1.
[279]
Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Vicesimus quintus annus,
n. 15: AAS 81 (1989) p. 911; cf. anche Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn.
15-19.
[280]
Cf. Giovanni Paolo II, Motu proprio, Sacramentorum
sanctitatis tutela, 30 aprile 2001: AAS 93 (2001) pp.
737-739; Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi
della Chiesa Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi
interessati: sui delitti più gravi riservati alla stessa
Congregazione per la Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786.
[281]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1367; Pont.
Cons. per l’Interpr. dei Testi Legislativi, Responsio ad
propositum dubium, 3 luglio 1999: AAS 91 (1999) p. 918; Congr.
per la Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa
Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi interessati: sui
delitti più gravi riservati alla stessa Congregazione per la
Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786.
[282]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1378 § 2 n.
1 et 1379; Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi
della Chiesa Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi
interessati: sui delitti più gravi riservati alla stessa
Congregazione per la Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786.
[283]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 908 et 1365;
Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa
Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi interessati: sui
delitti più gravi riservati alla stessa Congregazione per la
Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786.
[284]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 927; Congr.
per la Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa
Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi interessati: sui
delitti più gravi riservati alla stessa Congregazione per la
Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786.
[285]
Codice di Diritto Canonico,can. 387.
[286]
Ibidem, can. 838 § 4.
[288]
Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus, art. 52: AAS
80 (1988) p. 874.
[289]
Cf. ibidem, n. 63: AAS 80 (1988) p. 876.
[290]
Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1417 § 1.
[291]
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia,
n. 24: AAS 95 (2003) p. 449.
[292]
Ibidem, nn. 53-58: AAS 95 (2003) pp. 469-472.
[293]
Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 14; cf. anche nn. 11, 41 e 48.
[294]
Cf. S. Tommaso d’Aquino, Summa Theol., III, q. 64, a. 9
ad primum.
[295]
Cf. Missale Romanum, Institutio Generalis, n.
24.
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